Mendicanti e superuomini - Кресс Нэнси (Ненси) 17 стр.


8

Billy Washington — East Oleanta

Il pavimento dell’Albergo Rappresentante di Stato Anita Clara Taguchi era ricoperto di foglie. Era agosto inoltrato, le foglie non cadevano ancora. Questo voleva dire che quelle foglie erano un rimasuglio dell’anno prima e che nessun robot era passato a scoparle via. In tutti quei mesi io non mi ero mai avvicinato all’albergo. Adesso ero lì.

La cosa buffa era che per qualche giorno non ho nemmeno notato le foglie, io. Non ho notato niente. Avevo la testa annebbiata, barcollavo verso l’Olo-terminale dell’albergo che stava sul bancone rosso e non vedevo niente altro. Lizzie era troppo malata.

L’Olo-terminale si è acceso appena mi sono avvicinato, come aveva fatto per gli ultimi quattro giorni. "Posso esserle di aiuto?"

Ho appoggiato tutte e due la mani sul bancone, io. Come se poteva servire a qualcosa. — Ho bisogno dell’unità medica. È un’emergenza.

"Mi dispiace, signore, l’Unità Medica del Legislatore della Contea Thomas Scott Drinkwater è temporaneamente fuori servizio. È stato comunicato ad Albany è a breve termine verrà un tecnico…"

— Non voglio Albany, io! Voglio un’unità medica! La mia bambina è gravemente malata!

"Mi dispiace, signore, l’Unità Medica del Legislatore della Contea Thomas Scott Drinkwater è temporaneamente fuori servizio. È stato comunicato ad Albany…"

— Allora fammi avere un’altra unità medica, tu! È un’emergenza! Lizzie si sta tossendo fuori le budella!

"Mi dispiace, signore non ci sono unità mediche disponibili immediatamente a causa della temporanea inagibilità della Ferrovia Magnetica Senatore Walker Vance Morehouse. Non appena la ferrovia sarà stata riparata verrà inviata prontamente un’altra unità medica da…"

— La ferrovia a gravità non è inagibile è rotta! — ho gridato io all’Olo-terminale. L’avrei fatto a pezzi a mani nude se mi serviva a qualche cosa. — Fammi parlare con un essere umano!

"Mi dispiace, i rappresentanti ufficiali da voi eletti non sono temporaneamente disponibili. Se vuole lasciare un messaggio la prego di specificare se è indirizzato al Senatore degli Stati Uniti Mark Todd Ingalls, al Senatore degli Stati Uniti Walker Vance…"

— Spegni! Maledizione, spegniti!

Lizzie stava male da tre giorni. La ferrovia a gravità si era rotta da cinque. L’unità medica era guasta da chissà quanto tempo; nessuno si era più ammalato dopo l’attacco di cuore di Doug Kane. I politici erano teste di cavolo da quanto chiunque poteva ricordare.

Lizzie era gravemente malata. Oh, Gesù, Lizzie era gravemente malata.

Ho stretto forte gli occhi, io, e mi è crollata giù la testa e quando ho riaperto gli occhi che cosa ho visto? Foglie che nessun robot pulitore aveva spazzato via da quasi un anno e di cui non si occupava nessun altro. Foglie morte, fragili come le mie vecchie ossa.

— C’è un Olo-terminale con un codice di priorità al caffè — ha detto una voce. — Il sindaco può contattare direttamente il vostro legislatore della contea.

— Pensi che non ci ho già provato? Sembro così stupido? — Mi sentivo sollevato per poter strillare contro qualcuno, indipendentemente da chi era. Ho visto poi che si trattava della ragazza Mulo vestita come una Viva, quella che era arrivata col treno una settimana prima. Era l’unica persona, lei, che si trovava nell’Albergo Rappresentante di Stato Anita Clara Taguchi. Visto che i guasti alla ferrovia a gravità diventano sempre peggio, non ci sono un gran che di viaggiatori. Nessuno sapeva perché quel Mulo si trovava a East Oleanta e nessuno sapeva perché era vestita come una Viva. A qualcuno non piace proprio.

Non avevo per niente tempo per parlare con un Mulo pazzo. Lizzie era gravemente malata. Ho strascicato i piedi attraverso le foglie sul pavimento, ma dove potevo andare. Senza un’unità medica…

— Aspetta — mi ha detto il Mulo. — Io ti ho sentito, io. Hai detto…

— Non cercare di parlare come una Viva, che non lo sei! Mi hai sentito, tu! — Non so dove che ho preso la rabbia per strillarle contro in quel modo. Sì che lo so. Lizzie era gravemente malata e quel Mulo era semplicemente lì.

— Hai ragione. Non c’è motivo per fare inutili sotterfugi, vero? Mi chiamo Victoria Turner.

A me non me ne fregava niente di come si chiamava, anche se mi ricordavo che aveva detto a qualcun altro che si chiamava Darla Jones. Stavo lasciando Lizzie ansimare e rantolare per prendere fiato, col visino bruciante come un falò. Mi sono messo a correre, io. Le foglie sotto ai miei stivali sussurravano come fantasmi.

— Forse ti posso aiutare — ha detto il Mulo,

— Vai all’inferno! — ho risposto io, ma poi mi sono fermato e l’ho guardata. Dopo tutto era un Mulo. Doveva essere qui per qualche motivo, proprio come quell’altra ragazzina nei boschi la scorsa estate, quella che aveva salvato la vita a Doug Kane, doveva essere lì per qualche motivo. Non riuscivo a immaginare il perché ma, dopotutto, non sono un Mulo. Eppure a volte i Muli sanno fare cose che non ti aspetti.

La ragazza si è alzata. Aveva uno strappo sulla tuta gialla, come tutti gli altri da quando il deposito aveva semplicemente smesso di aprire per le distribuzioni, ma era pulita. Le tute non si sporcano e non si spiegazzano, non si sa come lo sporco non ci si attacca sopra oppure si lava via senza fatica. Ma quella ragazzina non era proprio una ragazzina, lei. Quando l’ho guardata meglio mi sono accorto che era una donna, forse dell’età di Annie. Erano gli occhi viola modificati geneticamente e il fisico che mi aveva fatto pensare che era una ragazza.

Le ho detto: — Come mi potresti aiutare, "tu"?

— Non lo saprò finché non avrò visto il paziente, giusto? — ha risposto lei seccamente e non erano sciocchezze. Quanto meno era una cosa sensata. Io l’ho portata nell’appartamento di Annie sulla Jay Street.

Annie ha aperto la porta. Riuscivo a sentire Lizzie che tossiva, facendo un rumore che quasi mi si strappavano via anche le mie di budella. Annie ha spinto il suo grosso corpo in corridoio e si è chiusa la porta alle spalle.

— Chi è questa? Perché l’hai portata qui, Billy Washington? Sei impazzito! Abbiamo già visto quanto aiuto ci potete dare voi Muli quando va tutto storto!

Non avevo mai visto Annie così arrabbiata. Aveva le labbra premute strette come se erano cementate e le dita curve in artigli quasi che voleva sfregiare quella Victoria Turner sul suo bel faccino da Mulo modificato geneticamente. Victoria Turner ha fissato Annie freddamente, lei, e non è indietreggiata di nemmeno un centimetro.

— Mi ha portato qui perché io potrei essere in grado di aiutare la bambina malata. Sei sua madre? Per favore spostati così che possa provarci.

Io sono indietreggiato ma poi sono avanzato di nuovo perché la faccia di Annie aveva un’espressione che mi faceva male. Era furente, terrorizzata ed esausta. Annie non aveva abbandonato Lizzie né per lavarsi né per dormire in due interi giorni.

Annie ha allungato una mano alle sue spalle e ha aperto la porta.

Lizzie stava sdraiata sul divano dove di solito dormivo io. Stava bruciando ma Annie cercava di tenerle addosso una coperta. Lizzie continuava a scalciarla via. C’erano acqua e cibo presi al caffè ma Lizzie non aveva toccato niente, lei. Si agitava e gridava e a volte le sue grida non avevano senso. Aveva vomitato solo una volta ma tossiva in continuazione, forti colpi di tosse devastanti che mi spezzavano il cuore.

Victoria Turner ha appoggiato una mano sulla fronte di Lizzie e gli occhi viola le si sono spalancati. Lizzie non sembrava rendersi conto, lei, che lì c’era qualcun altro. Ha tossito un’altra volta, un piccolo colpo, e ha cominciato a gemere. Ho sentito la disperazione iniziare a salire su dalle budella, del genere che si prova quando non c’è speranza e non sai come farai a sopportarlo. Non avevo più provato quel genere di disperazione da quando era morta mia moglie Rosie, dodici anni prima. Non avevo mai pensato di doverla provare di nuovo.

Victoria Turner ha tirato fuori una specie di sciarpa dalla tasca e si è inginocchiata accanto a Lizzie. Non sembrava affatto avere paura, lei. Uno dei pensieri che avevo avuto quella notte, che Dio mi perdoni, era stato: la malattia è contagiosa? Potrebbe prenderla anche Annie e morire? Annie…

— Tossisci per me, tesoro — ha detto Victoria Turner. — Forza, tossisci nella sciarpa.

Nel giro di qualche minuto Lizzie lo ha fatto ma non perché glielo avevano chiesto. Grossi grumi viscidi sono venuti fuori dai polmoni torturati, grigio verdastri. Victoria Turner li ha presi, nella sciarpa e li ha esaminati attentamente. Io ho dovuto guardare da un’altra parte. Quelli erano i polmoni di Lizzie che se ne venivano via a pezzi, i polmoni di Lizzie che stavano marcendo.

— Eccellente — ha detto Victoria Turner — verde. È di origine batterica. Adesso lo sappiamo. Sei fortunata, Lizzie.

Fortunata! Ho visto Annie incurvare di nuovo le unghie e ho capito anche perché: quel Mulo si stava "divertendo". Era una specie di eccitazione. Come una storia all’Olo-visione.

— L’origine batterica è positiva — ha detto Victoria Turner guardando me — perché la medicazione può essere molto meno specifica. Bisogna adeguare gli antivirali, quanto meno grossolanamente. Ma gli antibiotici a largo spettro sono facili da produrre.

Annie ha detto in modo duro: — Che cosa ha Lizzie?

— Non ne ho la più pallida idea. Ma questo se ne occuperà quasi certamente. — Da un’altra tasca ha tirato fuori un pezzo di plastica piatto, l’ha aperto e ha appiccicato un cerotto azzurro e rotondo sul collo di Lizzie. — Dovreste però costringerla a ingerire più acqua. Non bisogna rischiare la disidratazione.

Annie fissava, lei, il cerotto azzurro sul collo di Lizzie. Sembrava uno di quelli che metteva l’unità medica, ma come facevamo noi a sapere di preciso che cosa c’era dentro? In realtà non sapevamo proprio niente.

Lizzie ha sospirato e si è tranquillizzata. Nessuno ha detto niente. Dopo qualche minuto Lizzie si è addormentata.

— È la cosa migliore per lei — ha detto in modo sicuro Victoria Turner. Mi sono accorto un’altra volta che la cosa le piaceva. — Nemmeno Miranda Sharifi in persona potrebbe pareggiare i benefici del sonno.

Io mi ricordavo di avere sentito quel nome, ma non mi veniva in mente dove.

Annie sembrava una donna diversa, lei. Ha guardato Lizzie, che dormiva pacificamente, e il cerotto e si è come rimpicciolita e calmata, come una vela che crolla. Ha fissato il pavimento, lei. — Grazie, dottoressa. Non avevo capito.

La dottoressa Turner è parsa sorpresa, lei, e poi ha sorrìso. Come se c’era qualcosa di divertente. — Prego. Forse, in cambio, potete fare qualcosa per me.

Annie l’ha guardata con circospezione: i Muli non chiedono mai favori ai Vivi. I Muli pagano le tasse per noi e noi gli diamo i voti. Non ci diciamo però più del necessario e non ci chiediamo favori a vicenda. Non è così che vanno le cose.

— Sto cercando una persona — ha detto la dottoressa Turner. — Avrei dovuto incontrarla qui ma apparentemente abbiamo confuso i dati. Una donna, una ragazza a dire il vero, alta più o meno così, capelli scuri, una testa un po’ grossa.

Ho pensato subito alla ragazza dei boschi e ho cercato velocemente di apparire come uno che non sta pensando a niente. Quella ragazza veniva dall’Eden, ne ero certo, io e l’Eden non aveva niente a che fare con i Muli, È per i "Vivi". La dottoressa Turner mi stava osservando attentamente, lei. Annie ha scosso la testa, fredda come il ghiaccio, anche se io sapevo che probabilmente si ricordava quell’altra ragazzina, quella con la testa grossa che lei aveva detto di avere visto alla riunione in paese quando Jack Sawicki aveva chiamato il supervisore distrettuale per i procioni con la rabbia.

Annie ha detto, cortese ma non troppo: — Come mai non hai trovato la tua amica? Lei non lo sa dove sei?

— Mi sono addormentata — ha detto la dottoressa Turner, il che non spiegava niente. Lo ha detto anche in modo un po’ buffo. — Mi sono addormentata sul treno a gravità. Penso però che potrebbe essere qui in giro da qualche parte.

— Non ho mai visto nessuno fatto così — ha detto con fermezza Annie.

— E tu, Billy? — ha chiesto la dottoressa Turner. Probabilmente conosceva il mio nome anche prima che Annie lo diceva. Si trovava a East Oleanta da una settimana, mangiava al caffè, parlava con tutti quelli che volevano parlare con lei, che non erano tanti.

— Non ho mai visto nessuno del genere, io — ho detto. Mi ha fissato duramente. Non mi ha creduto.

— Allora permettetemi di chiedervi un’altra cosa. Il nome "Eden" vi dice qualcosa?

Una folata di vento avrebbe potuto farmi ribaltare.

Annie ha detto, però, fredda come il gennaio: — Si trova nella Bibbia. Era dove vivevano Adamo ed Eva.

— Giusto — ha detto la dottoressa Turner. — Prima della Cacciata. — Si è alzata in piedi e si è stiracchiata. Il corpo sotto la tuta era troppo ossuto, quanto meno per me. Una donna doveva avere qualcosa di morbido sopra le ossa.

— Tornerò a visitare Lizzie domani — ha detto la dottoressa Turner e io ho visto che Annie non voleva che lei ritornava, e poi invece sì. Era una dottoressa. Lizzie adesso dormiva tranquillamente. Perfino dalla porta mi sembrava un po’ più fresca.

Quando la dottoressa se n’è andata, Annie e io ci siamo guardati a vicenda. Poi il volto di Annie si è trasformato semplicemente e ha cominciato a piangere. Prima ancora di pensarci l’ho abbracciata. Annie mi ha abbracciato a sua volta e al tocco dei suoi seni morbidi contro il petto, sono diventato un po’ matto. Non ho pensato. Ho semplicemente alzato la sua faccia verso la mia e l’ho baciata.

E Annie Francy ha ricambiato il mio bacio.

E non si trattava di quelle stronzate stile figlia grata. Piangeva, indicava Lizzie e mi baciava con le morbide labbra da bacca spingendo il seno contro di me. Annie Francy. lo l’ho baciata ancora, la mente non mi funzionava nemmeno — le parole mi sono venute solo in seguito — e poi era come se ci eravamo appena visti invece di conoscerci da anni, invece di avere io sessantotto anni e Annie trentacinque, invece di vedere tutte le cose che si rompevano a East Oleanta come stavano facendo. Annie Francy mi ha baciato e io ero come un giovanotto, io, e lo ero. Le ho passato le mani sul corpo e l’ho portata in camera da letto, lasciando Lizzie a dormire in pace come un angelo, poi ho chiuso la porta. Annie stava ridendo e piangendo, nel modo che mi ero dimenticato che sanno fare le donne, e ha steso il grosso e magnifico corpo sul letto con me, come se anche io avevo trentacinque anni.

Abbiamo dormito fino alla mattina. Io mi sono svegliato prima di Annie. La luce era grigio pallida, debole. Per lungo tempo me ne sono stato seduto sul bordo del letto a guardare Annie. Sapevo che era una storia di una volta sola. Me lo sentivo anche prima che lei si addormentava in quel breve spazio di tempo quando ci siamo stretti forte, dopo. Me lo sentivo, io, dalla sue braccia, dalla posizione del suo collo e dal suo respiro. Quello che avevo bisogno io erano le parole per dirle che andava bene così. Che era stato più di quanto non mi ero mai aspettato anche se meno di quello che avevo sognato. Quello non glielo avrei detto. Si sogna sempre di più.

Annie però non si svegliava e così io sono andato a controllare Lizzie. Era seduta e aveva un’espressione stordita. — Billy, ho fame.

— È un buon segno, Lizzie. Cosa vuoi mangiare?

— Qualcosa di caldo. Ho freddo. Qualcosa di caldo dal caffè.

Aveva una voce piagnucolosa e puzzava terribilmente ma a me non mi importava. Ero così contento che aveva freddo quando soltanto ieri bruciava dalla febbre. Quella dottoressa Mulo era davvero in gamba, come un’unità medica.

— Non andare a svegliare tua madre. Resta seduta qui finché non ti porto da mangiare. Dov’è il tuo gettone-pasto, Lizzie?

Назад Дальше