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Billy Washington: East Oleanta, Stato di New York
Quando ho scoperto del procione che c’aveva la rabbia la prima cosa che ho fatto è stato di correre dritto filato giù nel caffè per dircelo ad Annie Francy. Ho corso per tutta la strada, io. Non è più così facile. Tutto quello che riuscivo a pensare era che forse Lizzie era già al sicuro, lei, con Annie in cucina, forse Lizzie non era nel bosco. Forse.
— Corri, vecchio! Corri, vecchio cazzone! — mi strillò un ragazzino da un vicolo fra l’albergo e il deposito. Stavano sempre lì i delinquentelli, quando il tempo era bello. Me lo ero dimenticato, io, altrimenti me ne passavo per la via più lunga, quella del fiume. Ma quel pomeriggio erano troppo pigri, o troppo pochi, per darmi la caccia. Non gli ho detto un cazzo di niente del procione.
Alla servo-entrata del caffè, dove ci dovrebbero entrare solo i robot, bussai, il più forte che potevo, gridando come un ossesso. — Annie Francy! Fammi entrare!
I cespugli alla mia destra si sono agitati e mi è venuto quasi un collasso, a me. I procioni vengono lì per prendere la roba che casca giù dai robot da trasporto. Ma era solo un serpente. — Annie! Sono io… Billy! Fammi entrare!
La bassa porta si è aperta. Io mi sono trascinato dentro a ginocchioni. Era stata Lizzie, proprio lei, che era riuscita a capire come fare aprire la servo-entrata senza un segnale da robot. Annie non ci sarebbe mai riuscita.
Erano lì tutte e due. Annie stava pelando mele e Lizzie armeggiava con il robot che avrebbe dovuto pelare le mele. Che ormai non funzionava più da un mese. Non che Lizzie lo poteva mettere a posto. Era sveglia, lei, ma aveva ancora solo undici anni.
— Billy Washington! — mi ha detto Annie. — Stai tremando tutto! Che è successo?
— Procioni con la rabbia — ho boccheggiato io. Il cuore mi stava battendo forte come una cascata. — Quattro. Registrati sul monitor della zona. Vicino al fiume, dove Lizzie… Lizzie va a giocare…
— Sssttt! — ha detto Annie. — Ssssttt, caro. Lizzie è qui, adesso. È al sicuro, lei.
Annie mi ha abbracciato mentre io me ne stavo a boccheggiare sul pavimento come una specie di orsacchiotto afflitto. Lizzie mi ha guardato, lei, coi grossi occhi neri sbarrati e scintillanti. Pensava probabilmente che un procione con la rabbia era una cosa interessante. Non ne ha mai visto uno, lei. Io sì.
Annie era grande e morbida, una donna color del cioccolato con due seni che sembravano cuscini. Non mi aveva mai voluto dire quanti anni aveva, lei, ma tutto quello che avevo dovuto fare era stato chiederlo al terminale al caffè o all’albergo. Aveva trentacinque anni. Lizzie non assomigliava manco per niente a sua madre. Aveva la pelle più chiara ed era ossuta, lei, con i capelli rossastri legati in treccine. Non aveva ancora né i fianchi né il seno. Quello che aveva era il cervello. Annie era molto preoccupata per questo. Lei non riusciva a ricordarsi di un tempo quando eravamo solo persone, non Vivi. Io me lo ricordavo, io. A sessantotto anni si ricordano un sacco di cose. Io mi ricordavo di un tempo quando Annie poteva essere orgogliosa del cervello di Lizzie.
Io mi ricordavo di un tempo quando essere stretto da una donna come Annie significava più che boccheggiare per il cuore malconcio.
— Stai meglio, caro? — ha detto Annie. Mi ha tolto le braccia e a me mi sono mancate subito. Sono un vecchio pazzo, io. — Adesso dicci tutto da capo, piano piano.
Io avevo ripreso fiato. — Quattro procioni con la rabbia. Il monitor della zona urlava a morte. Devono essere venuti giù, quelli, dalle montagne. Il monitor li faceva vedere vicino al fiume che si muovevano verso il paese. I bio-allarmi lampeggiavano rosso scuro. Poi il monitor si è spento e non c’è stato verso di farlo riaccendere di nuovo. Jack Sawicki l’ha preso a calci, lui, e l’ho fatto anche io. Quei procioni potrebbero essere dappertutto.
— È stato mandato il robot di guardia per ammazzarli, prima che il monitor si è rotto?
— Anche il robot di guardia è rotto.
— Merda. — Annie ha fatto una smorfia. — La prossima volta voto contro quel Samuelson.
— Pensi che fa una differenza? Sono tutti uguali. Ma tu tieni dentro Lizzie, tu, fino che qualcuno non fa qualcosa contro quei procioni, Lizzie, tu rimani dentro, mi hai sentito?
Lizzie ha annuito. Poi, visto che era Lizzie, si è messa a discutere. — Ma chi, Billy?
— Chi, cosa?
— Chi farà qualcosa contro i procioni? Se il robot di guardia è rotto?
Nessuno le ha risposto. Annie ha preso in mano il coltello e ha ricominciato a pelare le mele. Io mi sono accomodato meglio contro il muro. Niente sedie, ovviamente: nella cucina del caffè non ci doveva stare nessuno, a parte i robot. Annie ci aveva fatto irruzione per la prima volta nel settembre scorso. Non aveva mai dato fastidio ai robot mentre che preparavano la roba da mangiare per la catena del cibo. Si era presa solo un po’ di zucchero qui, un po’ di soia sintetica lì, un po’ di frutta fresca dai rifornimenti del servo-bidone e si era messa a cucinare delle cose. Cose deliziose; nessuno sapeva cucinare come Annie. Torte di frutta che ti facevano venire l’acquolina in bocca solo a guardarle. Polpettoni fumanti e piccanti. Biscotti leggeri come l’aria.
Lei aggiungeva quella roba direttamente nei cestini della catena del cibo che finivano nel caffè per venire presi con i gettoni-pasto della gente. Quei pazzi probabilmente non se n’erano manco accorti, loro, di quanto erano più buoni i suoi piatti rispetto alla solita roba che girava sul nastro trasportatore giorno e notte. E ovviamente, con l’olo-terminale che andava a tutta birra e la musica da ballo che suonava tutto il tempo, nessuno aveva mai sentito lei e Lizzie lì dietro, anche se avessero fatto saltare per aria l’intera, maledetta cucina.
Ad Annie piaceva cucinare, diceva lei. Le piaceva tenersi occupata. A volte pensavo che per essere una che cercava di tirar su Lizzie come una buona Viva, Annie stessa era più che un po’ Mulo. Ovviamente io non glielo avevo mai detto a lei, Annie. Io ci tenevo alla mia testa.
Annie ha cominciato a canticchiare mentre pelava le mele. Ma Lizzie non l’ha smessa con le domande. Ha detto di nuovo: — "Chi" farà qualcosa contro i procioni?
Annie ha corrugato la fronte. — Forse arriverà qualcuno ad aggiustare il robot di guardia.
I grossi occhi di Lizzie sono rimasti immobili. Fa venire i brividi quando fissa con uno sguardo così duro senza mai strizzare gli occhi. — Non è venuto nessuno ad aggiustare il robot che pela le mele. Non è arrivato nessuno ad aggiustare il robot pulitore nel caffè. Tu hai detto ieri che pensavi che i Muli non ci mandavano nessuno, nemmeno se si rompeva il robot principale della soia sintetica.
— Be’, non lo pensavo davvero, io — ha detto Annie. Si è messa a pelare più in fretta. — Se "quello" si rompe nessuno mangia più in paese!
— Si potrebbe dividere. Dividere il cibo che la gente ha preso dalla catena del cibo prima che quella si rompeva.
Io e Annie ci siamo guardati a vicenda. Una volta io avevo visto un paese dove si era rotto il caffè. Erano finite morte sei persone. E quello quando la ferrovia a gravità funzionava regolarmente, e la gente si era potuta trasferire in un altro paese del distretto.
— Sì, tesoro — ha detto Annie. — La gente può dividere.
— Ma tu e Billy non pensate che lo farebbe.
Annie non ha risposto. Non le piace dire bugie a Lizzie. Io ho detto: — No, Lizzie. Moltissime persone non dividerebbero.
Lizzie mi ha puntato addosso i suoi occhi neri e scintillanti. — Perché non dividerebbero?
Io ho detto: — Perché la gente non ha più l’abitudine a dividere. Adesso si aspetta di avere la roba. Ha il diritto alla roba… ecco perché eleggiamo i politici. I politici Muli pagano le tasse, loro, e le tasse sono i caffè e i depositi, le unità mediche e i bagni che permettono ai Vivi di andare avanti a vivere sul serio.
Lizzie ha detto: — Ma la gente divideva di più quando eri giovane tu, Billy? Allora divideva di più?
— A volte. Per lo più la gente lavorava per quello che voleva.
— Basta così — ha detto Annie in modo tagliente. — Non continuare a riempirle la testa con quello che è passato, Billy Washington. Lei è una Viva. Non continuare a parlare anche tu come se eri un Mulo! E tu Lizzie, smettila di parlare di questo.
Ma nessuno può fermare Lizzie una volta che lei è partita. È come una ferrovia a gravità. Come era la ferrovia a gravità, prima di quest’anno. — A scuola mi dicono che sono fortunata perché sono una Viva. Posso vivere come un’aristocratica mentre i Muli si fanno tutto il lavoro. I Muli servono i Vivi, i Vivi hanno il potere, noi, con i voti. Ma se noi ci abbiamo il potere, come è che non possiamo farci aggiustare il robot pulitore, il robot per pelare le mele e il robot di guardia?
— Da quando in qua vai a scuola? — ho detto io scherzando, cercando di far deragliare Lizzie, cercando di evitare che Annie si arrabbiava di più. — Io pensavo che tu giocavi e basta, al fiume con Susie Mastro e Carlena Terrei. Sei una Viva galla, tu!
Lei mi ha guardato come se anche io ero un robot rotto.
Annie ha detto per tagliar corto: — Tu "sei" fortunata a essere una Viva. E dirai così a chiunque te lo chiede, per caso.
— Chi, per esempio?
— "Chiunque." E poi non dovresti comunque andare troppo a scuola. Non vedi mai gli altri bambini se ci vai tanto. Vuoi diventare uno scherzo di natura? — L’ha guardata con la fronte aggrottata.
Lizzie si è rivolta di nuovo a me. — Billy, chi farà qualcosa contro quei procioni con la rabbia se nessuno rimette a posto il robot di guardia?
Io ho lanciato un’occhiata ad Annie. Mi sono alzato in piedi, io, sbuffando. — Non so, Lizzie. Tu vedi solo di restare dentro, d’accordo?
Lizzie ha detto: — Ma se uno di quei procioni con la rabbia morde qualcuno?
Ho avuto il buon senso, io, di rimanermene zitto. Alla fine Annie ha detto: — L’unità medica funziona ancora.
— E se si rompe?
— Non si romperà.
— E se si rompe "davvero"?
— Non lo farà!
— Come fai a "saperlo"? — ha chiesto Lizzie e alla fine io ho capito che si trattava di una specie di gara di scooter privata fra mamma e figlia. Non la capivo, io, ma riuscivo a vedere che Lizzie era in testa. Ha detto di nuovo: — Come fai tu a sapere che non si romperà anche l’unità medica?
— Perché se lo farà la Congressista Land ci manderà qualcuno per ripararla, lei. L’unità medica è parte delle sue tasse.
— Non ha mandato nessuno per riparare il robot pulitore. Nemmeno il robot che pela le mele. E neanche…
— L’unità medica è una cosa diversa! — ha ribadito seccamente Annie. Ha mozzato con un colpo talmente duro una mela che la la polpa è schizzata via dal tavolino che io avevo rubato per lei al caffè.
Lizzie ha detto: — Perché l’unità medica è una cosa così diversa?
— Perché sì e basta! Se si rompe l’unità medica le persone potrebbero morire. Nessun politico lascia che i Vivi muoiono. Sennò non viene più rieletto!
Lizzie si è messa a riflettere. Io ho pensato che la gara di scooter era terminata e ho ripreso a respirare più tranquillamente. Ultimamente mi pareva che combattevano tutto il tempo. Lizzie stava crescendo, lei, e io odiavo questa cosa. Mi rendeva più difficile tenerla al sicuro.
Lei ha detto: — Ma la gente potrebbe anche morire per i procioni con la rabbia. E allora come mai tu hai detto che probabilmente il Supervisore Distrettuale Samuelson non manderà nessuno a riparare il robot di guardia, ma la Congressista Land manderebbe qualcuno per riparare l’unità medica?
Mi sono messo a ridere. Non ho potuto farne a meno… era così sveglia, lei. Annie mi ha guardato male e ho provato subito dispiacere per avere riso. Annie ha detto seccamente: — E allora forse mi ero sbagliata, io! Forse qualcuno riparerà il robot di guardia! Forse io non capisco niente, io!
Lizzie ha detto tranquilla: — Ma anche Billy ha detto che nessuno lo riparerà. Billy, come mai tu…
Io le ho risposto: — Perché anche i Muli non hanno più tutti i soldi che avevano per pagare le tasse. Oggi come oggi si rompono troppe cose. Devono scegliere, loro, che cosa va riparato.
Lizzie ha detto: — Ma perché i politici Muli hanno meno soldi per le tasse? E come mai si rompe così tanta roba?
Annie ha rovesciato le mele pelate in una ciotola della catena del cibo e ci ha buttato sopra una pastella come se era fango.
— Perché anche gli altri paesi hanno l’energia economica, adesso. Venti anni fa noi eravamo gli unici che potevano farne e adesso non più. Ma la rottura delle cose…
Annie è esplosa: — Credi alle bugie che i politici ci dicono nei notiziari? La Land, Samuelson e Drinkwater? Stronzate! Tutte bugie, tutte le volte che aprono quelle boccacce dicono bugie… vogliono solo smetterla di pagare le giuste tasse! Le tasse che noi ci siamo guadagnati con i nostri voti! E io ti ho sempre detto di non riempire la testa della bambina con quelle bugie di seconda mano da Muli, Billy Washington!
— Non sono bugie — ho detto io, ma odiavo di fare arrabbiare Annie con me più di quanto odiavo quando lei si arrabbiava con Lizzie. Mi faceva male al cuore. Vecchio pazzo.
Lizzie se n’è accorta. Era fatta così, lei: tutta insisti e insisti un momento, tutta dolcezza quello dopo. Mi ha abbracciato. — Non importa, Billy. Non è arrabbiata con te, lei. Nessuno è arrabbiato con "te". Noi ti vogliamo bene.
L’ho stretta forte, io. Era come stringere un uccellino… ossa sottili e un cuore palpitante nella mano. Profumava di mele.
La mia defunta moglie Rosie e io non avevamo mai voluto bambini. Non so che cosa pensavamo.
Tutto quello che ho detto a voce alta, però, è stato: — Tu non uscire, tu, finché quei procioni con la rabbia non sono stati uccisi da qualcuno.
Annie mi ha lanciato un’occhiataccia. Mi ci è voluto un momento per capire che lei aveva paura che Lizzie ricominciava tutto da capo: "uccisi da chi, Billy"? Ma Lizzie non ha ricominciato. Ha soltanto detto, dolce come un frutto di bosco: — Non uscirò. Resterò dentro.
Adesso però era Annie che non voleva più lasciare perdere. Io non capisco le mamme. Annie ha detto: — E resti lontana dalla scuola per un po’, Lizzie. Non sei un Mulo, tu.
Lizzie non ha risposto.
Annie voleva soltanto quello che era meglio per Lizzie. Io lo sapevo. Lizzie doveva vivere a East Oleanta, unirsi a una loggia, andare alle gare di scooter, gironzolare per il caffè, scegliersi qui i suoi amanti, fare qui dei bambini. Annie voleva che Lizzie era integrata. Come una Viva galla, non una specie di scherzo di natura, finto Mulo che nessuno accettava. Qualunque mamma lo avrebbe voluto. Annie poteva intrufolarsi nella cucina del Caffè Congressista Janet Carol Land per cucinare un po’, ma era comunque una Viva, fino in fondo.
E Lizzie non lo era.
Molto tempo fa, quando io andavo a scuola e il paese era diverso, ho imparato una cosa. Adesso è tutto confuso, ma continua a girarmi per la mente. Era un periodo prima dei Muli e dei Vivi. Prima dei Caffè e dei Depositi. Prima che i politici pagavano le tasse per noi, invece che al contrario. Era da quando facevano ancora gli Insonni e si poteva leggere su di loro nei giornali. Quando c’erano i giornali. Questa cosa era sulla modificazione genetica, ma significava un’altra cosa che non era modificata geneticamente. Era naturale. Lizzie impara a scuola che i Muli sono inferiori, loro, perché i Muli devono essere modificati geneticamente in modo da svolgere il lavoro per fornire tutte le cose che hanno bisogno i Vivi. Ma questa parola non era del genere naturale che fa noi Vivi superiori ai Muli. Riguardava un altro genere naturale, un genere che si crea da solo, ma che ti fa diverso dagli altri Vivi naturali che hai attorno. La parola spiegava perché Lizzie faceva così tante domande da Mulo, lei, quando non era un Mulo e non aveva nessuna modificazione genetica da Mulo, eppure quella parola l’aveva nei geni. Come era possibile? Come dicevo, ero confuso, io, riguardo alla parola e a come funzionasse. Però la ricordavo.