Il contadino provò a fare come diceva il vecchio, arava un solco andando su, un altro tornando giù e il lavoro andava avanti più velocemente. Il giorno dopo quel vecchio ripassò per la stessa strada e vide il contadinello che arava in su e in giù. “Chi ti ha insegnato ad arare così bene?” domandò il vecchio. “Ma sei stato tu, nonno, ieri sera quando sei passato di qui”. Il vecchio sorrise e disse: “Bravo. E io ti dico che un giorno lavorerai e per tutto da mangiare avrai”. Poi il vecchio passò sotto la finestra della tessitrice, stette un po’ a guardare la navetta che correva svelta in su e in giù e le domandò: “Chi ti ha insegnato a tessere così bene?” “Nessuno, ho imparato da sola.” rispose la tessitrice, senza neanche guardarlo in faccia. Il vecchio si oscurò in volto, scosse la testa e disse: “E allora ti dico che un anno intero lavorerai e più di un fazzoletto non tesserai”. E se ne andò.
I tredici briganti
Dice che una volta c’erano due fratelli. Uno faceva il ciabattino[43] ed era ricco, l’altro il contadino ed era senza nulla. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci. “I briganti!”, pensò il contadino, e si nascose; li vide avvicinarsi alla quercia e il capo disse: – Apritiquercia[44]! – Il tronco s’aperse e a uno a uno i tredici briganti ci entrarono. Il contadino restò nascosto[45] ad aspettare. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo. – Chiuditiquercia[46]! – disse, e la quercia si richiuse. Quando i briganti se ne furono andati, il contadino volle provare anche lui. S’avvicinò all’albero e disse: – Apritiquercia! L’albero s’aperse e lui passò. C’era una scala che andava sottoterra; scese e si trovò[47] in una caverna. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata: un monte di monete d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi, un altro d’oro, un altro di brillanti, un altro di marenghi, ancora uno d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi; e così via, fino a tredici. Il contadino cominciò a guardare, a empirsi gli occhi di quel luccichio: empiti gli occhi cominciò a empirsene le tasche della giacca, poi le tasche dei calzoni, poi si strinse bene in fondo i calzoni e a lenti passi tintinnanti[48] tornò a casa. – Che t’è successo[49]? – gli disse la moglie vedendolo arrivare a quel modo. Lui cominciò a rovesciare le tasche e i pantaloni, e le raccontò tutto. Per misurare i soldi, gli serviva uno stoppello; ma lui non l’aveva; così mandò a chiederlo in prestito al fratello. Il ciabattino pensò: “Cosa mai avrà da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo? Voglio vedere un po”, e impastò una lisca di pesce sul fondo dello stoppello. Quando gli restituirono lo stoppello andò subito a vedere cosa c’era rimasto attaccato e figuratevi[50] come rimase quando vide un marengo! Andò subito a trovare il fratello. – Dimmi chi t’ha dato questi soldi! – E il contadino gli raccontò. Il ciabattino allora gli disse: – Be’, fratello, mi ci devi portare anche a me. Io ho figli, e ho più bisogno di soldi di te!
Allora i due fratelli presero due somari e quattro sacchi, andarono all’albero, dissero: – Apritiquercia! – riempirono i sacchi e via. A casa, si divisero l’oro, i brillanti e i marenghi e ormai ne avevano da campare di rendita. Perciò si dissero: – Ora non facciamoci più vedere laggiù, se no ci lasciamo la pelle[51]! Il ciabattino aveva detto: – Intesi, – ma solo per ingannare suo fratello e andare una volta da solo a far man bassa[52], perché era uno che non aveva mai abbastanza. Andò, aspettò che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li contò mentre se ne andavano. Ma invece di tredici erano dodici, perché uno era rimasto a far la guardia[53], dato che[54] s’erano accorti che qualcuno veniva nella caverna a derubarli. Il brigante saltò fuori, sorprese il ciabattino, lo squartò come un maiale e così squartato l’appese a due rami. La moglie non vedendolo più tornare, andò dal contadino. – Cognato mio, disgrazia. Fratello tuo è andato alla quercia un’altra volta e non è più tornato! Il contadino aspettò la notte e andò alla quercia. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del fratello, lo slegò, lo caricò sull’asino, e lo portò a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli. Per non seppellirlo squartato chiamarono un altro ciabattino suo collega, e lo fecero cucire. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò una taverna e si mise a far la taverniera[55]. Intanto i briganti s’erano messi a girare il paese, per vedere a chi erano rimasti i soldi. Uno andò dal ciabattino che aveva cucito il morto e gli disse: – Compare, sei capace di dar due punti a questa scarpa[56]? – Eh! – fece lui, – ho cucito un ciabattino, volete che non cucia una ciabatta? Un mio collega che hanno squartato. Il marito della taverniera. Così i banditi seppero che la taverniera profittava delle ricchezze rubate. Presero una botte grande e ci si nascosero dentro in undici; la botte la misero su un carro e gli altri due si misero a tirare il carro. Scesero alla taverna e dissero: – Buona donna, fate posare qui questa botte? E ce lo fate da mangiare? – Accomodatevi, – disse la taverniera, e si mise a cucinare i maccheroni per i due carrettieri. Intanto la figlia, giocando li vicino, senti rumore nella botte. Si mise ad ascoltare e senti dire: – Ora gliela diamo la buona notte a questa qui! – Saltò su e corse a dirlo a sua madre. Sua madre non stette li a sprecare sale e olio: prese una caldaia d’acqua bollente e la rovesciò nella botte. I briganti morirono spellati. Poi andò a servire i maccheroni agli altri due. Gli mescè vino oppiato e quando s’addormentarono gli tagliò le teste. – Adesso va’ a chiamare il giudice, – disse a sua figlia. Arrivò il giudice, capì che erano tredici briganti e diede un premio alla taverniera, perché aveva schiantato quella malerba.
Упражнения1. Выберите правильный вариант:
1. Il fratello che non aveva nulla faceva il boscaiolo.
2. Il fratello che non aveva nulla faceva il ciabattino.
3. Il fratello che non aveva nulla faceva il contadino.
4. Il fratello che non aveva nulla faceva il mugnaio.
2. Подберите антонимы:
ricco – pesante —
dolce – vivo —
basso – forte —
buono – scuro —
3. Вставьте пропущенное слово:
1. Cosa mai avrà da _______ mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo.
2. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi _______.
3. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò _______ e si mise a far la taverniera.
4. Andò, aspettò che i briganti uscissero dalla _______, ma non li contò mentre se ne andavano.
4. Выберите нужный глагол:
Per misurare i soldi, gli _______ uno stoppello; ma lui non l’aveva; così mandò a chiederlo in prestito al fratello.
1. bisognava
2. serviva
3. portava
4. sapeva
5. Выберите нужный предлог:
di – a – su – da
1. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno ____ uno, e l’ultimo fu il capo.
2. Appeso ____ rami, vide il corpo squartato ____ fratello, lo slegò, lo caricò ____ asino, e lo portò ____ casa, tra gran pianti _____ moglie e ____ figli.
3. Andò subito ____ trovare il fratello.
4. Una caverna, _____ terra ____ soffitto, piena ____ roba ammonticchiata.
6. Поставьте глаголы в нужную форму:
1. Il brigante (saltare) fuori, (sorprendere) il ciabattino, lo (squartare) come un maiale e così squartato lo (appendere) a due rami.
2. (Arrivare) il giudice, (capire) che (essere) tredici briganti e (dare) un premio alla taverniera, perché (schiantare) quella malerba.
3. Allora i due fratelli (prendere) due somari e quattro sacchi, (andare) all’albero.
4. Sua madre non (stare) li a sprecare sale e olio: (prendere) una caldaia d’acqua bollente e la (rovesciare) nella botte.
7. Ответьте на вопросы:
1. Che cosa fece la taverniera con i briganti?
2. Perché il ciabattino ingannò il suo fratello?
3. Che cosa vide il contadino nella caverna?
4. Che cosa fece i briganti con il ciabattino?
5. Raccontare il testo.
Ответы:1. Il fratello che non aveva nulla faceva il contadino.
3.
1. Cosa mai avrà da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo.
2. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci.
3. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò una taverna e si mise a far la taverniera.
4. Andò, aspettò che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li contò mentre se ne andavano.
4. serviva.
5.
1. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo.
2. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del fratello, lo slegò, lo caricò sull’asino, e lo portò a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli.
3. Andò subito a trovare il fratello.
4. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata.
Il lupo e le tre ragazze
C’erano tre sorelle, a lavorare in un paese. Gli venne la notizia che la loro mamma, che abitava a Borgoforte, stava mal da morte[57]. Allora la sorella maggiore si preparò due sporte con dentro quattro fiaschi e quattro torte e partí per Borgoforte. Per strada trovò il lupo che le disse: – Dove corri cosí forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le è preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no[58], alle corte[59], ch’io ti mangi è la tua sorte. La ragazza diede tutto al lupo, e tornò dalle sorelle a gambe levate[60]. Allora la seconda riempí la sporta e partí per Borgoforte. Trovò il lupo. – Dove corri cosí forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le è preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? – Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no, alle corte, ch’io ti mangi è la tua sorte. Anche la seconda sorella vuotò le sporte e tornò via di corsa. Allora la più piccola disse: – Adesso ci vado un po’ io, – preparò le sporte e partí. Trovò il lupo. – Dove corri cosí forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le è preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? – Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no, alle corte, ch’io ti mangi è la tua sorte. Allora la più piccola prese una torta e la buttò al lupo che stava a bocca aperta. Era una torta che lei aveva preparato prima apposta, con dentro tanti chiodi. Il lupo la prese al volo e la morse e si punse tutto il palato. Sputò la torta, fece un balzo indietro[61], e scappò dicendo alla bambina: – Me la pagherai! Di corsa, per certe scorciatoie che sapeva solo lui, il lupo arrivò a Borgoforte prima della bambina. Entrò in casa della madre ammalata, la mangiò in un boccone[62], e si mise a letto al suo posto. Arrivò la bambina, vide la mamma che faceva appena capolino[63] dalle lenzuola, e le disse: – Come sei diventata nera, mamma! Sono stati tutti i mali che ho avuto, bambina, – disse il lupo. Come t’è venuta la testa grossa, mamma! – Sono stati tutti i pensieri che ho avuto, bambina. – Lascia che t’abbracci, mamma, – disse la bambina e il lupo “ahm!”, se la mangiò in un boccone. Inghiottita che ebbe la bambina, il lupo scappò fuori. Ma appena sulla via i paesani, a vedere un lupo uscire da una casa, gli si misero dietro con forche e badili, gli chiusero tutte le strade e l’ammazzarono. Gli tagliarono subito la pancia e ne uscirono madre e figlia ancora vive. La mamma guarí e la bambina tornò dalle sorelle a dire: – Avete visto che io ce l’ho fatta!
La fiaba dei gatti
Una donna aveva una figlia e una figliastra, e questa figliastra la teneva come un ciuco da fatica, e un giorno la mandò a cogliere cicorie. La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso. Tira il cavolfiore, tira, tira, e quando lo sradicò, in terra s’aperse come un pozzo. C’era una scaletta e lei discese. Trovò una casa piena di gatti, tutti affaccendati. C’era un gatto che faceva il bucato, un gatto che tirava acqua da un pozzo, uno che cuciva, un gatto che rigovernava, un gatto che faceva il pane. La ragazza si fece dare la scopa[64] da un gatto e l’aiutò a spazzare, a un altro prese in mano i panni sporchi e l’aiutò a lavare, all’altro ancora tirò la corda del pozzo, e a uno infornò le pagnotte. A mezzogiorno venne fuori[65] una gran gatta, che era la mamma di tutti i gatti, e suonò la campanella: – Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare! Dissero i gatti: – Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato più di noi. – Brava, – disse la gatta, – vieni e mangia con noi. – Si misero a tavola, la ragazza in mezzo ai[66] gatti e Mamma Gatta le diede carne, maccheroni e un galletto arrosto; ai suoi figli invece diede solo fagioli. Ma alla ragazza dispiaceva di mangiare da sola e vedendo che i gatti avevano fame, spartì con loro tutto quello che Mamma Gatta le dava. Quando si alzarono, la ragazza sparecchiò tavola, sciacquò i piatti dei gatti, scopò la stanza e mise in ordine[67]. Poi disse alla Mamma Gatta: – Gatta mia, ora bisogna che me ne vada, se no mia mamma mi sgrida. Disse la gatta: – Aspetta, figlia mia, che voglio darti una cosa. – Là sotto c’era un grande ripostiglio, da una parte era pieno di roba di seta, dalle vesti agli scarpini, dall’altra pieno di roba fatta in casa, gonnelle[68], giubbetti, grembiuli, fazzoletti di bambagie, scarpe di vacchetta. Disse la gatta: – Scegli quel che vuoi. La povera ragazza che andava scalza e stracciata, disse: – Datemi un vestito fatto in casa, un paio di scarpe di vacchetta e un fazzoletto da mettere al collo. – No, – disse la gatta, – sei stata buona coi miei gattini e io ti voglio fare un bel regalo. – Prese il più bell’abito di seta, un bel fazzoletto grande, un paio di scarpini di raso, la vesti e disse: – Ora che esci, nel muro ci sono certi pertugi; tu ficcaci le dita, e poi alza la testa in aria. La ragazza, quando uscì, ficcò le dita dentro quei buchi e tirò fuori la mano tutta inanellata, un anello più bello dell’altro in ogni dito. Alzò il capo, e le cadde una stella in fronte. Tornò a casa ornata come una sposa. Disse la matrigna: – E chi te le ha date tutte queste bellezze? – Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m’hanno fatto dei regali, – e le raccontò com’era andata. La madre, l’indomani, non vedeva l’ora di[69] mandarci quella mangiapane di sua figlia. Le disse: – Va’ figlia mia, così avrai anche tu tutto come tua sorella. – Io non ne ho voglia, – diceva lei, – non ho voglia di camminare, fa freddo, voglio stare vicino al camino. Ma la madre la fece uscire a suon di bastonate[70]. Quella ciondolona cammina cammina, trova il cavolfiore, lo tira, e scese dai gatti. Al primo che vide gli tirò la coda, al secondo le orecchie, al terzo strappò, a quello che cuciva sfilò l’ago, a quello che tirava l’acqua buttò il secchio nel pozzo: insomma non fece altro che[71] dispetti per tutta la mattina, e loro miagolavano, miagolavano. A mezzogiorno, venne Mamma Gatta con la campanella: – Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare! – Mamma, – dissero i gatti, – noi volevamo lavorare, ma questa ragazza ci ha tirato la coda, ci ha fatto un sacco di dispetti e non ci ha lasciato far niente! – Bene, – disse Mamma Gatta, – andiamo a tavola. – Alla ragazza diede una galletta d’orzo bagnata nell’aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne. Ma la ragazza non faceva altro che rubare il mangiare dei gatti. Quando s’alzarono da tavola, senza badare a sparecchiare niente, disse a Mamma Gatta: – Be’, adesso dammi la roba che hai dato a mia sorella. Mamma Gatta allora la fece entrare nel ripostiglio e le chiese cosa voleva. – Quella veste là che e la più bella! Quegli scarpini, che hanno i tacchi più alti! Allora, – disse la gatta, – spogliati e mettiti questa roba di lana unta e bisunta e queste scarpe chiodate di vacchetta tutte scalcagnate. – Le annodò un cencio di fazzoletto al collo e la congedò dicendo: – Adesso vattene[72], e mentre esci, ficca le dita nei buchi e poi alza la testa in aria. La ragazza uscì, ficce le dita nei buchi e le si attorcigliarono tanti lombrichi, e più faceva per staccarseli, più s’attorcigliavano. Alzò il capo in aria e le cadde un sanguinaccio che le pendeva in bocca e lei doveva dargli sempre un morso perché s’accorciasse. Quando arrivò a casa così conciata, più brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che morì. E la ragazza a furia di[73] mangiar sanguinaccio, morì lei pure. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la sposò un bel giovane. Così stettero belli e contenti, drizza le orecchie che ancora li senti.
1. Выберите правильный вариант:
1. La figliastra era pigra.
2. La figliastra era laboriosa.
3. La figliastra era disutile.
4. La figliastra era furba.
2. Подберите синонимы:
mangiapane – lavaggio —
allegro – carro —
lavoro – scala —
casa – asino —
3. Вставьте пропущенное слово:
1. Trovò una casa piena di gatti, tutti _____________.
2. Quando si alzarono, la ragazza sparecchiò tavola, sciacquò i piatti dei gatti, scopò _________ e mise in ordine.
3. Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ________ ha lavorato più di noi.
4. Mentre la __________ buona e laboriosa, se la sposò un bel giovane.
4. Выберите нужный глагол:
Alla ragazza ________ una galletta d’orzo bagnata nell’aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne.
1. prese
2. diede
3. fece
4. pose
5. Выберите нужный предлог:
a – di – in
1. La ragazza va e va, e invece _______ cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso.
2. Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati _____ lavorare e m’hanno fatto ____ regali.
3. Quando arrivò ______ casa così conciata, più brutta ____ una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che morì.
4. Alzò il capo, e le cadde una stella ____ fronte.
6. Поставьте глаголы в нужную форму:
1. Quella ciondolona (camminare) (camminare), (trovare) il cavolfiore, lo (tirare), e (scendere) dai gatti.
2. Quando (arrivare) a casa così conciata, più brutta di una scoppiettata, la mamma ne (avere) tanta rabbia che (morire).
3. Gatta mia, ora (bisognare) che (andarsene), se no mia mamma mi (sgridare).
4. La ragazza (farsi) dare la scopa da un gatto e lo (aiutare) a spazzare, a un altro (prendere) in mano i panni sporchi e lo (aiutare) a lavare, all’altro ancora (tirare) la corda del pozzo, e a uno (infornare) le pagnotte.
7. Ответьте на вопросы:
1. Che cosa dovè cogliere la figliastra?
2. Perché la seconda ragazza non aveva voglia di camminare?
3. Quanti gatti c’erano nella casa?
4. Perché Mamma Gatta premiò la figliastra?
5. Raccontare il testo.
Ответы:1. La figliastra era laboriosa.
3.
1. Trovò una casa piena di gatti, tutti affaccendati.
2. Quando si alzarono, la ragazza sparecchiò tavola, sciacquò i piatti dei gatti, scopò la stanza e mise in ordine.
3. Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato più di noi.
4. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la sposò un bel giovane.
4. diede.
5.
1. La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso.
2. Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m’hanno fatto dei regali.
3. Quando arrivò a casa così conciata, più brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che morì.
4. Alzò il capo, e le cadde una stella in fronte
Le tre casette
Una povera donna morendo chiamò le tre figliole e così parlò: – Figlie mie, fra poco sarò morta e voi rimarrete sole al mondo. Quando non ci sarò più, fate così: andate dai vostri zii e fatevi costruire una casetta per ciascuna. Vogliatevi bene. Addio. – E spirò. Le tre ragazze uscirono piangendo. Si misero per via e incontrarono un loro zio, stuoiaio. Disse Caterina, la più grande: – Zio, nostra mamma è morta; voi che siete così buono, fatemi una casetta di stuoie. E lo zio stuoiaio le fece la casetta di stuoie. Le altre due sorelle andarono innanzi e incontrarono un loro zio, falegname. Disse Giulia, la seconda: – Zio, nostra mamma è morta; voi che siete così buono, fatemi una casetta di legno. E lo zio falegname le fece la casetta di legno. Rimase solo Marietta, la più piccina, e continuando la sua via s’imbatté in un suo zio, fabbro. – Zio, – gli disse, – la mamma è morta; voi che siete così buono, fatemi una casetta di ferro. E lo zio fabbro le fece la casetta di ferro. Sulla sera venne il lupo. Andò alla casetta di Caterina e picchiò all’uscio. Caterina chiese: – Chi è? – Sono un povero pulcino, tutto bagnato; aprimi per carità. – Vattene; sei il lupo e mi vuoi mangiare. Il lupo diede una spinta alle stuoie, entrò e si mangiò Caterina in un boccone. Il giorno dopo le due sorelle andarono a far visita a Caterina. Trovarono le stuoie sfondate, e la casetta vuota. – Oh, poverette noi! – dissero. – Di certo la nostra sorella maggiore l’ha mangiata il lupo. Verso sera tornò il lupo e andò alla casetta della Giulia. Bussò, e lei: – Chi è? – Sono un pulcino smarrito, dammi asilo per pietà. – No, sei il lupo, e mi vorresti mangiare come mia sorella. Il lupo diede una spinta alla casetta di legno, spalancò l’uscio, e della Giulia ne fece un boccone. Al mattino la Marietta va a far visita alla Giulia, non la trova e dice tra sé[74]: “Il lupo l’ha mangiata! Povera me, sono rimasta sola a questo mondo”. In sul far della notte[75] il lupo venne alla casetta della Marietta. – Chi è? – Sono un povero pulcino intirizzito, ti prego, lasciami entrare. – Vattene che sei il lupo e come hai mangiato le mie sorelle vorresti mangiare me. Il lupo dà uno spintone all’uscio, ma l’uscio era di ferro come tutta la casa e il lupo si ruppe una spalla. Urlando dal dolore corse dal fabbro. – Aggiustami la spalla, – gli disse. – Io aggiusto il ferro, non le ossa, – disse il fabbro. – Ma io le ossa me le sono rotte col ferro, quindi sei tu che me le devi aggiustare, – disse il lupo. Allora il fabbro prese il martello e i chiodi e gli aggiustò la spalla. Il lupo tornò da Marietta e si mise a parlarle vicino all’uscio chiuso: – Senti, Mariettina, per colpa tua mi son rotto una spalla, ma ti voglio bene lo stesso. Se domattina vieni con me, andiamo per ceci in un campo qua vicino. La Marietta rispose: – Sì, sì, – ma, furba com’era, aveva capito che il lupo voleva solo farla uscir di casa per mangiarsela. Perciò l’indomani si alzò prima che facesse giorno, andò al campo dei ceci e ne raccolse una grembiulata. Tornò a casa, mise a cuocere i ceci e gettò le bucce dalla finestra. Alle nove venne il lupo. – Mariettina bella, vieni con me per ceci. – No, che non ci vengo, balordo: i ceci li ho già raccolti, guarda sotto la finestra e vedrai le bucce, annusa il fumo che viene dal camino e sentirai l’odore, e a te non resta che leccarti le labbra[76]. Il lupo era fuori di sé dalla stizza, ma disse: – Fa niente[77], domattina ti vengo a prendere alle nove e andremo per lupini. – Sì, sì, – disse la Marietta, – alle nove t’aspetto. Invece anche stavolta s’alzò per tempo[78], andò al campo di lupini, ne colse una grembiulata e li portò a casa a cuocere. Quando venne il lupo a prenderla, mostrò le bucce fuor dalla finestra. Il lupo tra sé giurava vendetta, ma a lei disse: – Ah, birichina, me l’hai fatta! E sì che io ti voglio tanto bene! Domani, vedi, dovresti venire con me in un campo che so io. Ci sono delle zucche che sono una meraviglia, e ne faremo una scorpacciata. – Sí, che ci verrò, – disse la Marietta. Al mattino, corse al campo delle zucche prima di giorno, ma questa volta il lupo non aspettò le nove; e corse anche lui al campo delle zucche per mangiarsi la Marietta in un boccone. Appena la Marietta vide il lupo da lontano, non sapendo dove scappare, fece un buco in una grossa zucca e ci si appiattò dentro. Il lupo, che sentiva odor di cristiano, annusa tra le zucche, gira e rigira e non la trova. Allora pensò: “Sarà già tornata a casa. Me ne farò una scorpacciata di zucche io da solo”, e cominciò a mangiar zucche a crepapelle[79]. La Marietta tremava sentendo il lupo che si avvicinava alla sua zucca, pensando che l’avrebbe mangiata con lei dentro. Ma quando arrivò alla zucca di Marietta il lupo era ormai sazio. – Questa qui che è così grossa, – disse, – voglio portarla in regalo alla Marietta per farmela amica. – Addentò la zucca e reggendola coi denti. galoppò alla casetta di ferro e la buttò dentro la finestra. – Mariettina mia! – disse. – Guarda che bel regalo che t’ho portato. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, sgusciò fuori dalla zucca, chiuse la finestra, e dietro i vetri fece le corna al lupo. – Grazie, amico lupo, – gli disse, – io ero nascosta nella zucca e tu m’hai portata fino a casa. Il lupo, a sentir questo, sbatteva la testa contro le pietre. La sera nevicava. La Marietta si scaldava al focolare, quando senti un rumore giù per la canna del camino. “Questo è il lupo che viene a mangiarmi”, pensò. Prese un paiolo d’acqua e lo mise sul fuoco a bollire. Piano piano, piano piano, il lupo scende per il camino, spicca un salto credendo di saltare addosso alla ragazza e invece casca nell’acqua bollente e resta cotto. Così la scaltra Marietta si liberò dal nemico e visse tranquilla per tutta la sua vita.
Упражнения1. Выберите правильный вариант:
1. Il lupo ha mangiato la sorella maggiore.
2. Il lupo ha mangiato la seconda sorella.
3. Il lupo ha mangiato tutte le tre sorelle.
4. Il lupo ha mangiato Caterina e Giulia.
2. Perché il lupo non poteva rompere la casa di Marietta?
1. La casa era di ferro.
2. Il lupo era molto debole.
3. La casa era di mattone.
4. la casa era di pietra.
3. Вставьте пропущенные слова:
1. Allora il fabbro prese ________ e i chiodi e gli aggiustò la spalla.
2. Così la scaltra Marietta si liberò dal nemico e visse _________ per tutta la sua vita.
3. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, sgusciò fuori dalla zucca, chiuse la finestra, e dietro i vetri fece ________ al lupo.
4. Perciò l’indomani si alzò prima che facesse giorno, andò al campo dei ceci e ne raccolse una _____________.
4. Выберите нужный глагол:
Tornò a casa, mise a cuocere i ceci e _________ le bucce dalla finestra.
1. buttò
2. gettò
3. ruppe
4. portò
5. Выберите нужный предлог:
di – a – per – in
1. Perciò l’indomani si alzò prima che facesse giorno, andò ___ campo ____ ceci e ne raccolse una grembiulata.
2. Il lupo, ___ sentir questo, sbatteva la testa contro le pietre.
3. ____ mattino, corse ____ campo ____ zucche prima ___ giorno, ma questa volta il lupo non aspettò le nove; e corse anche lui ___ campo ___ zucche ____ mangiarsi la Marietta ___ un boccone.
4. Sono un povero pulcino, tutto bagnato; aprimi ____ carità.
6. Поставьте глаголы в нужную форму:
1. Il lupo (dare) uno spintone all’uscio, ma l’uscio (essere) di ferro come tutta la casa e il lupo (rompersi) una spalla.
2. Così la scaltra Marietta (liberarsi) dal nemico e (vivere) tranquilla per tutta la sua vita.
3. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, (sgusciare) fuori dalla zucca, (chiudere) la finestra, e dietro i vetri (fare) le corna al lupo.
4. Le altre due sorelle (andare) innanzi e (incontrare) un loro zio, falegname.
7. Ответьте на вопросы:
1. Che cosa si ruppe il lupo?
2. Perché il lupo non potette rompere la casa di Marietta?
3. Dove si nascose Marietta?
4. Come si chiama la sorella maggiore?
5. Raccontare il testo.
Ответы:1. Il lupo ha mangiato Caterina e Giulia.
2. La casa era di ferro.
3.
1. Allora il fabbro prese il martello e i chiodi e gli aggiustò la spalla.
2. Così la scaltra Marietta si liberò dal nemico e visse tranquilla per tutta la sua vita.
3. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, sgusciò fuori dalla zucca, chiuse la finestra, e dietro i vetri fece le corna al lupo.
4. Perciò l’indomani si alzò prima che facesse giorno, andò al campo dei ceci e ne raccolse una grembiulata.
4. gettò
5.
1. Perciò l’indomani si alzò prima che facesse giorno, andò al campo dei ceci e ne raccolse una grembiulata.
2. Il lupo, a sentir questo, sbatteva la testa contro le pietre.
3. Al mattino, corse al campo delle zucche prima di giorno, ma questa volta il lupo non aspettò le nove; e corse anche lui al campo delle zucche per mangiarsi la Marietta in un boccone.
4. Sono un povero pulcino, tutto bagnato; aprimi per carità.
Il contadino astrologo
Un Re aveva perduto un anello prezioso. Cerca qua, cerca là, non si trova. Mise fuori un bando[80] che se un astrologo gli sa dire dov’è, lo fa ricco per tutta la vita. C’era un contadino senza un soldo, che non sapeva né leggere né scrivere, e si chiamava Gàmbara. “Sarà tanto difficile far l’astrologo? – si disse. – Mi ci voglio provare”. E andò dal Re. Il Re lo prese in parola[81], e lo chiuse a studiare in una stanza. Nella stanza c’era solo un letto e un tavolo con un gran libraccio d’astrologia, e penna, carta e calamaio. Gàmbara si sedette al tavolo e cominciò a scartabellare il libro senza capirci niente e a farci dei segni con la penna. Siccome non sapeva scrivere, venivano fuori dei segni ben strani[82], e i servi che entravano due volte al giorno a portargli da mangiare, si fecero l’idea che fosse un astrologo molto sapiente. Questi servi erano stati loro a rubare l’anello, e con la coscienza sporca che avevano, quelle occhiatacce che loro rivolgeva Gàmbara ogni volta che entravano, per darsi aria[83] d’uomo d’autorità, parevano loro occhiate di sospetto. Cominciarono ad aver paura d’essere scoperti, e non la finivano più con le riverenze, le attenzioni: “Sì signor astrologo! Comandi, signor astrologo!” Gàmbara, che astrologo non era, ma contadino, e perciò malizioso, subito aveva pensato che i servi dovessero saperne qualcosa dell’anello. E pensò di farli cascare in un inganno. Un giorno, all’ora in cui gli portavano il pranzo, si nascose sotto il letto. Entrò il primo dei servi e non vide nessuno. Di sotto il letto, Gàmbara disse forte: – E uno! – il servo lasciò il piatto e si ritirò spaventato. Entrò il secondo servo, e sentì quella voce che pareva venisse di sottoterra: – E due! – e scappò via anche lui. Entrò il terzo: – E tre! I servi si consultarono: – Ormai siamo scoperti, se l’astrologo ci accusa al Re, siamo spacciati. Così decisero d’andare dall’astrologo e confessargli il furto. Noi siamo povera gente, – gli fecero, – e se dite al Re quel che avete scoperto, siamo perduti. Eccovi questa borsa d’oro: vi preghiamo di non tradirci. Gàmbara prese la borsa e disse: – lo non vi tradirò, però voi fate quel che vi dico. Prendete l’anello e fatelo inghiottire a quel tacchino che c’è laggiù in cortile. Poi lasciate fare a me. Il giorno dopo Gàmbara si presentò al Re e gli disse che dopo lunghi studi era riuscito a sapere dov’era l’anello. – E dov’è? – L’ha inghiottito un tacchino. Fu sventrato il tacchino e si trovò l’anello. Il Re colmò di ricchezze l’astrologo e diede un pranzo in suo onore, con tutti i Conti, i Marchesi, i Baroni e i Grandi del Regno. Tra le tante pietanze fu portato in tavola un piatto di gamberi. Bisogna sapere che in quel paese non si conoscevano i gamberi, e quella era la prima volta che se ne vedevano, regalo d’un Re d’altro paese. – Tu che sei astrologo, – disse il Re al contadino, – dovresti sapermi dire come si chiamano questi che sono qui nel piatto. Il poveretto di bestie così non ne aveva mai viste né sentite nominare. E disse tra sé, a mezza voce: – Ah, Gàmbara, Gàmbara. Sei finito male. – Bravo! – disse il Re, che non sapeva il vero nome dei contadino. – Hai indovinato: quello è il nome: gamberi! Sei il più grande astrologo del mondo.