La mano sinistra delle tenebre - Le guin Ursula Kroeber 10 стр.


Staccarono le mie mani dai remi, mi issarono a braccia per togliermi dalla barca, e mi posarono, come un pesce morto, sul ponte del guardiacoste. Sentii che mi guardavano, ma non riuscii a capire bene quel che dicevano, se non una voce, quella del capitano, lo riconobbi dal tono di voce; lui disse — non è ancora la Sesta Ora — e di nuovo, rispondendo a un'altra voce — e questo che cosa importa, a me? Il re lo ha esiliato, io seguirò gli ordini del re, e non di uomini inferiori.

Così, opponendosi agli ordini trasmessi per radio dagli uomini di Tibe rimasti a riva, e opponendosi alle argomentazioni del suo secondo, che temeva certo una ritorsione, quell'ufficiale della Guardia Costiera di Kuseben mi portò attraverso il Golfo di Charisune, e mi posò a riva, sano e salvo, nel Porto di Shelt, in Orgoreyn. Se questo lo avesse fatto per shifgrethor, contro gli uomini di Tibe che erano capaci di uccidere un uomo disarmato, o per gentilezza d'animo, non lo so. Nusuth. - Ciò che è ammirevole è inesplicabile.

Mi alzai in piedi quando la costa Orgota diventò grigia nella nebbia del mattino, e mi costrinsi a muovere le gambe, e camminai, dalla nave alle strade del porto di Shelt, ma quando fui là, in un punto che non ricordo, caddi di nuovo. Quando mi svegliai mi ritrovai nell'Ospedale Commensale della Zona Costiera di Charisune Numero 4, Ventiquattresima Commensalità, Sennethny. Di questo fui subito certo, perché era inciso, o intagliato, in caratteri Orgota all'estremità del letto, sulla lampada accanto al letto, sulla tazza di metallo sul comodino, sugli hieb degli infermieri, sulle coperte del letto, e sul pigiama che io indossavo. Un medico venne e mi disse:

— Perché avete resistito al dothe?

— Io non ero in dothe — dissi. — Ero in un campo sonico.

— I vostri sintomi erano quelli di una persona che ha resistito alla fase di rilassamento del dothe. — Era un vecchio medico deciso, dall'atteggiamento dominatore, e alla fine mi fece ammettere che avrei potuto anche usando la forza del dothe per combattere la paralisi, remando, senza rendermi chiaramente conto di averlo fatto; e poi quel mattino, durante la fase di thangen nella quale è necessario rimanere immobili, mi ero alzato e avevo camminato e così, per poco, non mi ero ucciso. Quando tutto questo fu stabilito in modo per lui soddisfacente, mi disse che avrei potuto lasciare l'ospedale tra un paio di giorni, e proseguì verso il letto successivo. Dietro di lui venne l'Ispettore.

Dietro ogni uomo, in Orgoreyn, viene l'Ispettore.

— Nome?

Non gli chiesi il suo. Dovevo imparare a vivere senza ombre, come si vive in Orgoreyn; non offendermi inutilmente. Ma non gli diedi il mio nome completo, tralasciai il nome della mia terra, che non è affare di nessun uomo di Orgoreyn.

— Therem Harth? Non è un nome Orgota. Quale Commensalità?

— Karhide.

— Quella non è una commensalità di Orgoreyn. Dove sono i vostri documenti di ingresso e d'identificazione?

Dov'erano i miei documenti?

Ero stato considerevolmente girato e rigirato da molte persone, nelle strade di Shelt, prima che qualcuno mi avesse portato all'ospedale, dove ero giunto senza documenti, senza effetti personali, senza soprabito, senza scarpe, e senza denaro. Quando udii questo, lasciai perdere la collera e risi; in fondo all'abisso non c'era più collera. L'Ispettore si offese per la mia risata.

— Non vi rendete conto, dunque, di essere uno straniero indigente e privo d'identificazione? Come intendete ritornare a Karhide?

— In una bara.

— Vi è proibito di dare risposte inappropriate a delle domande ufficiali. Se non avete intenzione di ritornare nel vostro paese, sarete mandato alle Fattorie Volontarie, dove c'è sempre un posto per criminali, vagabondi, stranieri, e persone non identificate. Non c'è altro posto, in Orgoreyn, per gli indigenti e i sovversivi. Farete meglio a dichiarare la vostra intenzione di ritornare a Karhide entro tre giorni, o io sarò…

— Sono proscritto da Karhide.

Il medico, che nell'udire il mio nome si era voltato, interrompendo la sua visita all'altro paziente, prese in disparte l'Ispettore e iniziò con lui una rapida conversazione sottovoce. L'Ispettore cominciò ad apparire più acido di una pessima birra, e quando ritornò da me disse, impiegando molto tempo per pronunciare ogni parola, e fissandomi con aria astiosa:

— Allora presumo che vorrete dichiararmi la vostra intenzione di fare domanda del permesso di ottenere una residenza permanente nella Grande Commensalità di Orgoreyn, in attesa di ottenere e a patto di conservare un utile impiego, quale dito di una Commensalità o di una Contea?

Dissi — Sì — Il divertimento era svanito del tutto, con quella parola, permanente, una parola definitiva, se mai ce n'erano.

Dopo cinque giorni mi fu concessa la residenza permanente, in attesa della mia registrazione quale dito della Contea di Mishnory (che io avevo richiesto), e mi furono dati dei documenti provvisori d'identificazione per il viaggio fino a quella città. Avrei sofferto la fame in quei cinque giorni, se il vecchio medico non mi avesse tenuto nell'ospedale. Gli piaceva avere tra i suoi pazienti un Primo Ministro di Karhide, e il Primo Ministro gli fu molto grato.

Lavorai, per arrivare a Mishnory, come scaricatore di corriere, in una carovana partita da Shelt, che trasportava pesce fresco. Un viaggio rapido e pieno di odore di pesce, che terminò nei grandi Mercati di Mishnory Sud, dove ben presto io trovai lavoro nelle celle frigorifere. C'è sempre lavoro in quei luoghi d'estate, con il carico e la confezione e la tenuta e la spedizione dei prodotti deperibili. Ebbi tra le mani principalmente pesce, e alloggiai in un'isola vicina ai Mercati, in compagnia dei miei colleghi delle celle frigorifere; l'Isola del Pesce, la chiamavano; il nostro odore si sentiva dappertutto, e impregnava l'aria e le pareti. Ma il lavoro mi piaceva, perché grazie a esso rimanevo quasi tutto il giorno nel magazzino refrigerato. Mishnory d'estate è un bollente bagno di vapore. Le porte delle colline sono chiuse; il fiume è bollente; gli uomini sudano. Nel mese di Ockre ci furono dieci giorni e dieci notti durante i quali la temperatura non scese sotto i trentadue gradi, e un giorno il calore arrivò a 42 gradi. Costretto a uscire dal mio fresco rifugio greveolente di pesce, e a tuffarmi in quella fornace incandescente, alla fine della mia giornata di lavoro, avevo camminato per un paio di miglia fino al Lungofiume Kunderer, dove ci sono alberi e si può vedere il grande fiume, anche se è impossibile scendere fino a esso. Era diventata un'abitudine. Restavo là pigramente per molto tempo, e ritornavo infine all'Isola del Pesce attraverso la notte rovente, e soffocante. Nella mia parte di Mishnory gli abitanti rompevano le lampade stradali, per mantenere al buio e nelle tenebre le loro azioni. Ma le auto degli Ispettori perlustravano e frugavano incessantemente quelle strade buie, con i fari e con le altre luci, sottraendo ai poveri l'unica intimità che possedevano, quella della notte.

La nuova Legge sulle Registrazioni di Stranieri, promulgata nel mese di Kus, una mossa nel quadro della lotta d'ombre con Karhide, invalidò la mia precedente registrazione e mi fece perdere il lavoro, e passai un mezzo-mese aspettando nelle anticamere di una teoria infinita di Ispettori. I miei compagni di lavoro mi prestarono del denaro e del pesce rubato nei depositi, per farmi mangiare; così riuscii a ottenere una nuova registrazione prima di morire di fame. Ma avevo appreso la lezione. Mi piacevano quegli uomini duri e leali, ma essi vivevano in una trappola dalla quale era impossibile uscire, e io avevo un lavoro da fare tra persone che mi piacevano assai meno. Feci così le chiamate che avevo rimandato per tre mesi.

Il giorno dopo stavo lavando la mia camicia nella lavanderia, che si trovava nel cortile dell'Isola del Pesce, insieme a diversi altri, tutti nudi o seminudi, quando attraverso il vapore e il fetore di pesce e sporcizia e il rumore e lo sciacquio dell'acqua sentii qualcuno chiamarmi, con il nome della mia terra, che nessuno aveva ancora pronunciato in Orgoreyn: e vidi che nella lavanderia c'era il Commensale Yegey, che aveva lo stesso aspetto che gli avevo notato durante il Ricevimento per l'Ambasciatore dell'Arcipelago, tenuto nel Salone delle Cerimonie del Palazzo di Erhenrang, sette mesi prima.

— Venite, venite fuori di qui, Estraven — disse con la voce alta, forte, nasale dei ricchi di Mishnory. — Oh, lasciate perdere quella dannata camicia.

— Non ne ho un'altra.

— Allora tiratela fuori da quella brodaglia e venite. Fa caldo, qui.

Gli altri lo fissarono con acre curiosità, riconoscendo in lui un ricco, ma non sapendo che si trattava di un Commensale. Non mi piaceva che lui fosse venuto qui; avrebbe dovuto mandare qualcuno a cercarmi. Pochissimi Orgota hanno un sia pur minimo senso della decenza. Volevo farlo uscire di là al più presto. La camicia non mi serviva a nulla, bagnata, così dissi a un ragazzo senza focolare che bighellonava nel cortile di conservarla per me, fino a quando non fossi tornato… di conservarla portandola sul suo corpo. I miei debiti e l'affitto erano tutti pagati, e i documenti li tenevo nella tasca dello hieb; senza camicia, lasciai l'isola nei Mercati, e andai con Yegey, per ritornare tra le case dei potenti.

In qualità di suo «segretario», fui registrato per la terza volte nei registri di Orgoreyn, non più come dito, ma come dipendente.

I nomi non servivano, loro dovevano avere delle etichette, e dire il genere prima di vedere la cosa. Ma questa volta l'etichetta era giusta, io ero dipendente, e presto fui indotto a maledire il proposito che mi aveva portato là, a mangiare il pane di un altro uomo. Perché per un mese ancora non mi diedero alcun segno di essere più vicino a raggiungere il proposito di quanto non lo fossi stato nell'Isola del Pesce.

Nel pomeriggio piovoso dell'ultimo giorno dell'estate Yegey mi mandò a chiamare nel suo studio, dove lo trovai intento a conversare con il Commensale del Distretto di Sekeve, Obsle, che io avevo conosciuto quando egli aveva diretto la Commissione Orgota per il Commercio Navale, a Erhenrang. Piccolo e borioso, con dei piccoli occhi triangolari in un viso piatto e grasso, faceva uno strano contrasto con Yegey, tutto delicatezza e ossa. Il gentiluomo e lo scaricatore di porto, sembravano, ma erano qualcosa di più. Erano due dei Trentatré che governavano Orgoreyn; eppure, anche in questo caso, erano qualcosa di più.

Dopo uno scambio di cortesie e un bicchiere d'acquaviva Sithi, Obsle sospirò e mi disse:

— Adesso ditemi perché avete fatto quel che avete fatto a Sassinoth, Estraven, perché se mai c'è stato un uomo che io credevo incapace di errare nello scegliere il tempo di un'azione, o nel soppesare lo shifgrethor, quell'uomo eravate voi.

— La paura è stata più forte della prudenza in me, Commensale.

— Paura di che diavolo? Di che cosa avete paura, Estraven?

— Di quel che sta accadendo ora. La continuazione della lotta di prestigio nella Valle di Sinoth; l'umiliazione di Karhide, la collera che scaturisce dall'umiliazione; l'uso di quella collera da parte del Governo Karhidi.

— L'uso? A quale fine?

Obsle non conosceva le buone maniere; Yegey, delicato e formale, intervenne:

— Commensale, Lord Estraven è mio ospite, e non deve subire un interrogatorio…

— Lord Estraven risponderà alle domande quando e come gli parrà opportuno, come ha sempre fatto — disse Obsle, sorridendo, un ago nascosto in una montagna di grasso. — Lui sa di essere tra amici, qui.

— Prendo i miei amici dove li trovo, Commensale, ma non cerco più di tenerli per molto.

— Lo credo bene. Però possiamo tirare assieme una slitta senza essere kemmeri, come diciamo a Sekeve… eh? Che diavolo, lo so per quale motivo siete stato esiliato, mio caro: perché Karhide vi piaceva più del suo re.

— Direi piuttosto perché il re mi piaceva più di suo cugino.

— O perché Karhide vi piaceva più di Orgoreyn — disse Yegey. — Mi sbaglio, Lord Estraven?

— No, Commensale.

— Voi pensate, allora — disse Obsle, — che Tibe voglia governare Karhide come noi governiamo Orgoreyn… con efficienza?

— Sì. Io penso che Tibe, usando la disputa per la Valle di Sinoth come pungolo, e affilandolo a seconda delle necessità, possa nel giro di un anno operare in Karhide un cambiamento più grande di quello che l'ultimo millennio abbia visto. Egli ha un modello sul quale lavorare, il Sarf. Ed egli sa come giocare sulle paure di Argaven. Questo è più facile che tentare di suscitare il coraggio di Argaven, come ho fatto io. Se Tibe riuscirà nel suo intento, voi signori scoprirete di avere un nemico degno di voi.

Obsle annuì.

— Rinuncio allo shifgrethor — disse Yegey. — Cosa state cercando di concludere, Estraven?

— Questo: il Grande Continente potrà contenere due Orgoreyn?

— Ah, ah, ah, lo stesso pensiero, la stessa idea — disse Obsle.

— La stessa idea: me l'avete piantata in testa già da molto tempo, Estraven, e non sono più riuscito a sradicarla. La nostra ombra si fa troppo lunga. Coprirà anche Karhide. Una faida tra due Clan, sì; un assalto tra due città, sì; una disputa di frontiera e qualche stalla bruciata e qualche assassinio, sì; ma una faida tra due nazioni? Un assalto che coinvolge cinquanta milioni di anime? Oh, per il dolce latte di Meshe, ecco un'immagine che ha messo il fuoco nei miei sogni, di notte, e mi ha fatto destare coperto di sudore… Non siamo sicuri, non siamo sicuri. Voi lo sapete, Yegey; l'avete detto a modo vostro, già molte volte.

— Ormai sono tredici volte che voto contro l'accentuazione della disputa per la Valle di Sinoth. Ma con quale beneficio? La fazione del Dominio detiene venti voti sicuri, e ogni mossa di Tibe rafforza il controllo del Sarf sopra quei venti. Lui costruisce un recinto attraverso la valle, mette delle guardie lungo il recinto, armate di fucili da assalto… fucili da assalto! Credevo che li conservassero nei musei. Lui dà in pasto alla fazione del Dominio una sfida, ogni volta che i suoi membri ne hanno bisogno.

— E così rafforza Orgoreyn. Ma anche Karhide. Ogni risposta che voi date alle sue provocazioni, ogni umiliazione che infliggete a Karhide, ogni vittoria del vostro prestigio, serve a rendere più forte Karhide, finché essa non sarà vostra eguale… interamente controllata da un centro, come è ora Orgoreyn. E in Karhide non tengono i fucili da assalto nei musei. Le guardie del Re li portano, insieme alle pistole.

Yegey riempì i nostri bicchieri d'acquaviva. I nobili Orgota bevono quel fuoco prezioso, che viene portato per cinquemila miglia, sui mari nebbiosi, da Sith lontana, come se fosse birra. Obsle si asciugò le labbra e batté le palpebre.

— Ebbene — disse, — tutto questo è come io pensavo, e come io penso, in gran parte. E io penso che abbiamo una slitta da tirare insieme. Ma ho una domanda, prima che noi prendiamo le funi, Estraven. Voi avete calato completamente il cappuccio sopra i miei occhi. Adesso ditemi: che cos'erano tutte quelle storie oscure, confuse e vaghe riguardanti un Inviato dall'altra faccia della luna?

Genly Ai, allora, aveva chiesto il permesso di entrare in Orgoreyn.

— L'Inviato? È quel che dice di essere.

— E cioè…

— Un inviato di un altro mondo.

— Ora, Estraven, lasciate perdere le vostre dannate metafore oscure da karhidiano. Rinuncio allo shifgrethor, lo metto da parte. Volete rispondere?

— L'ho già fatto.

— È un essere alieno? — disse Obsle.

E Yegey:

— E ha ottenuto udienza da Re Argaven?

Risposi di sì a entrambi. Essi tacquero per un minuto, e poi entrambi cominciarono a parlare contemporaneamente, senza cercare di nascondere o dissimulare il loro interesse. Yegey amava aggirare gli ostacoli e descrivere lunghi giri viziosi, ma Obsle arrivò direttamente al punto.

— Che cos'era, allora, nei vostri piani? Avete puntato su di lui, a quanto sembra, e avete perso. Perché?

— Perché Tibe mi ha fatto inciampare. Io tenevo fissi gli occhi sulle stelle, e non ho fatto attenzione al fango nel quale stavo entrando.

— Avete affrontato l'astronomia, mio caro?

— Faremmo tutti meglio ad affrontare l'astronomia, Obsle!

Назад Дальше