Città delle illusioni - Le guin Ursula Kroeber 3 стр.


— Lo ricorderò, Signore, se mai incontrerò un Nemico.

— Non ne incontrerai, a meno che non vada tu da loro.

L'apprensione che c'era sul volto di Falk svanì, lasciando il posto a uno sguardo calmo e attento. Ciò che aveva aspettato stava arrivando. — Vuoi dire che devo lasciare la Casa — disse.

— Tu stesso ci hai pensato — disse Zove pacificamente.

— Sì, è vero. Ma non c'è mezzo per farlo. Voglio vivere qui. Parth e io…

Esitò, e Zove lo interruppe, deciso e garbato. — Io onoro l'amore cresciuto tra te e Parth, la vostra gioia e la vostra fedeltà. Ma quando sei arrivato qui tu eri in cammino verso un altro posto, Falk. Sei benvenuto qui; sei sempre stato il benvenuto. Il tuo legame con mia figlia deve essere senza figli; anche così, mi ha dato molta gioia. Ma io credo che il mistero di ciò che tu sei, e della tua venuta qui, sia molto importante, non una cosa trascurabile che si può dimenticare; credo che tu stia percorrendo un cammino che porta lontano, molto lontano da qui; e che tu abbia una missione da compiere…

— Quale missione? Chi può dirmelo con tanta sicurezza?

— Ciò che è stato tolto a noi, e rubato a te, l'hanno gli Shing. Puoi starne certo.

Nella voce di Zove c'era un'asprezza dolorosa e sarcastica che Falk non aveva mai udito.

— Ma coloro che non dicono mai la verità daranno una risposta vera alle mie domande? E come riconoscerò ciò che cerco quando lo incontrerò?

Zove restò in silenzio un attimo e poi, con il suo solito tono calmo e controllato, disse: — Io resto attaccato alla mia idea, figlio mio, che in te sia riposta qualche speranza per il destino dell'uomo. Non mi pare di dover abbandonare questa idea. Ma solo tu puoi decidere qual è la tua verità; e se a te pare che la tua strada termini qui, allora questa, forse, è la verità.

— Se parto — disse Falk di getto — lascerai che Parth venga con me?

— No, figliolo.

Un bambino stava cantando in giardino — la figlia di Garra, che ora aveva quattro anni — tracciava goffe capriole sul sentiero e cantava parole dolci e acute senza senso. Nel cielo, nelle lunghe formazioni a V delle grandi migrazioni, uno stormo dopo l'altro di oche selvatiche si muoveva verso il sud.

— Devo andare con Metock e Thurro a prendere la sposa di Thurro — disse Falk. — Avevamo pensato di partire presto, prima che il tempo peggiori. Se decido di partire, partirò dalla Casa di Ransifel.

— In inverno?

— Senza dubbio ci sono altre case a ovest di quella di Ransifel, dove posso chiedere riparo, se ne avrò bisogno.

Non disse, e Zove non glielo chiese, perché voleva andare proprio verso ovest.

— Può darsi, non lo so. Non so se essi diano ospitalità agli stranieri, come facciamo noi. Se parti sarai solo, e dovrai essere solo. Fuori di questa Casa non c'è posto sicuro per te in tutta la Terra.

Aveva parlato, come sempre, con assoluta sincerità… e la sincerità lo obbligava a controllarsi e a soffrire. In tono rapido e rassicurante, Falk disse: — Lo so, Signore. Non è la sicurezza che rimpiango…

— Ti dirò ciò che penso di te. Credo che tu venga da un mondo perduto; che tu non sia nato sulla Terra. Credo che tu sia arrivato qui, il primo Alieno che ci tornava dopo mille anni o più, per portarci un messaggio, o un segno. Gli Shing ti hanno chiuso la bocca, e ti hanno abbandonato nelle foreste, perché nessuno potesse dire che ti avevano ucciso. Tu sei venuto da noi. Se te ne vai, soffrirò e avrò paura per te, sapendo in che solitudine ti troverai. Ma avrò una speranza, per te e per noi! Se avevi parole da dire agli uomini, le ricorderai, alla fine. Deve esserci una speranza, un segno: noi non possiamo andare avanti così per sempre.

— Forse la mia razza non è amica del genere umano — disse Falk fissando Zove con i suoi occhi gialli. — Chissà cos'ero venuto a fare.

— Troverai qualcuno che lo sa. Poi lo farai. Io non ho paura. Se tu sei al servizio del Nemico, anche tutti noi lo siamo già: tutto è perduto e non resta nulla da perdere. Ma se non è così, allora tu possiedi ciò che gli uomini hanno perduto: un destino, una missione da compiere; e seguendo questo destino puoi portare la speranza a tutti noi…

2

Zove aveva sessanta anni, Parth venti; ma quel freddo pomeriggio nei Campi Lunghi ella pareva vecchia in un modo che nessun uomo può arrivare a essere: senza età. Non la confortavano le idee di un grandioso trionfo ultra-stellare, né la vittoria della verità. Il dono profetico posseduto dal padre, in lei era soltanto mancanza di illusioni. Aveva saputo che Falk partiva. Disse solo: — Non tornerai più.

— Tornerò, Parth.

Lei lo strinse tra le braccia, senza credergli.

Egli tentò di entrare in contatto con i pensieri di lei, pur avendo scarsa abilità nella comunicazione telepatica. L'unica capace veramente di Udire, in tutta la casa, era la cieca Kretyan; nessuno di loro aveva molto approfondito la comunicazione diretta del pensiero. Le tecniche del discorso mentale non erano andate perdute, ma non venivano praticate. Il maggior pregio della più intensa e perfetta forma di comunicazione era divenuto un pericolo per gli uomini. Il discorso mentale tra due intelligenze può essere incoerente, o folle, e naturalmente può contenere errori o convinzioni infondate; ma è impossibile compiere truffe o errori nell'usarlo. Tra il pensiero e la parola pronunciata c'è un passaggio, di cui può approfittare l'intenzione scorretta, distorcendo il significato del simbolo o usandolo ambiguamente — e per questo varco entra facilmente la menzogna. Tra pensiero concepito e pensiero comunicato telepaticamente non c'è invece nessun passaggio: è un'unica azione. Non v'è posto per la menzogna.

Nell'Era della Lega, a quanto mostravano i racconti e le frammentarie testimonianze che Falk aveva studiato, l'uso del discorso mentale era largamente diffuso, e l'abilità telepatica aveva raggiunto comunemente livelli assai raffinati. Era un'abilità che gli abitanti della Terra avevano raggiunto tardi, imparandone le tecniche da qualche razza; l'Ultima Arte, la chiamava un libro. Da certi indizi si capiva che la Lega dei Mondi aveva dovuto affrontare difficoltà e discordie, provocate anche dal prevalere di una forma di comunicazione che impediva la menzogna. Ma tutto questo era nebuloso e semileggendario, come tutta la storia umana. Indubbiamente, dopo l'arrivo degli Shing e il crollo della Lega, la dispersa comunità degli uomini era divenuta meno fiduciosa nel prossimo, ed era tornata al linguaggio parlato. Un uomo libero può parlare liberamente, ma uno schiavo o un fuggiasco ha bisogno di nascondere i suoi pensieri, e mentire. Questo Falk aveva imparato nella Casa di Zove, e per questo motivo egli aveva poca pratica nel sintonizzarsi con le menti altrui. Ma ora tentava di mettersi in contatto con quella di Parth, perché lei vedesse che non mentiva.

Ma lei non voleva ascoltare. — No, non voglio entrare in telepatia — disse forte.

— Tu mi nascondi i tuoi pensieri.

— Certo. Non voglio che tu veda la mia pena. Che vantaggio c'è a essere sinceri? Se tu mi avessi mentito, ieri, crederei ancora che tu debba solo andare a Ransifel ed essere di ritorno tra dieci giorni. Avrei ancora dieci giorni e dieci notti. Adesso non mi resta né un giorno né un'ora. Tutto finito. Che vantaggio c'è?

— Parth, mi aspetterai un anno?

— No.

— Solo un anno.

— Un anno e un giorno e tu ritornerai su un cavallo d'argento, per portarmi nel tuo regno e farmi regina. No, non starò ad aspettare, Falk. Assurdo aspettare un uomo che finirà morto nella foresta, o ucciso dai Vagabondi nella prateria, o senza cervello nella città degli Shing, oppure lontano cento anni su un'altra stella. Cosa devo aspettare? Non c'è bisogno che tu creda che mi prenderò un altro. Resterò qui, nella casa di mio padre. Voglio tinger fili neri e tesser tela nera da indossare. Nero e morte, ma non stare ad aspettare qualcuno o qualcosa. Mai.

— Non avevo il diritto di chiederlo — disse lui umile e afflitto.

Lei pianse sommessamente. — Io non ti rimprovero nulla, Falk.

Erano seduti sul pendio che dominava i Campi Lunghi. Capre e pecore erano sparse su un miglio di pascolo cintato che li separava dalla foresta. Puledri di un anno si rincorrevano e si impennavano intorno alle giumente. Tirava un vento grigio di novembre.

Le loro mani erano unite. Parth toccò l'anello d'oro che lui portava alla sinistra. — Un anello è un dono — disse. — A volte ho pensato, tu no? che potresti avere una moglie. Pensa, se lei ti sta aspettando… — Scosse il capo.

— Andiamo, cosa significa per me quel che è accaduto allora, quel che io sono stato? Perché dovrei andarmene da qui? Tutto ciò che io sono ora è opera tua, Parth, viene da te, è un tuo dono.

— Liberamente dato — disse la ragazza. — Prendilo e vai. Va' via. — Si erano abbracciati, e nessuno dei due voleva liberarsi per primo.

La Casa era lontana, dietro i tronchi neri e il groviglio dei rami senza foglie. Gli alberi chiudevano la vista dietro il sentiero.

La giornata era grigia e fredda, silenziosa tranne che per il soffiare monotono del vento tra i rami, sospiro senza senso, senza destinazione, incessante. Metock apriva la via, con un passo lungo e sciolto. Falk lo seguiva, e il giovane Thurro era l'ultimo. Indossavano abiti leggeri e caldi, camicie col cappuccio e pantaloni di stoffa non tessuta, detta "invernale" sopra la quale non occorreva altra copertura, anche in mezzo alla neve. Portavano zaini pieni di regali e oggetti da barattare, sacchi a pelo, e cibo secco concentrato sufficiente a resistere anche a un mese di tormenta. Buckeye, che non aveva mai lasciato la Casa da quando era nata, aveva una gran paura dei rischi che si possono correre nella foresta, e aveva riempito gli zaini in proporzione. Ognuno di loro portava una pistola laser; e Falk aveva qualcosa in più degli altri — un paio di libbre di cibo in più, medicine, una bussola, una seconda pistola, abiti di ricambio, un rotolo di corda, un piccolo libro che Zove gli aveva regalato due anni prima — in tutto i suoi beni terreni ammontavano a quindici libbre di oggetti vari. Agile e instancabile Metock procedeva a grandi balzi, a circa dieci metri veniva Falk e dietro c'era Thurro. Procedevano veloci, con poco rumore, e dietro di loro gli alberi si richiudevano sull'esile sentiero, ingombro di foglie.

Dovevano raggiungere Ransifel in tre giorni. La sera del secondo giorno si trovarono in una terra assai diversa da quella che circondava la Casa di Zove. La foresta era meno fitta, il terreno più sconnesso. Radure grigiastre sul fianco di colline che dominavano torrenti dal moto estremamente rapido. Si accamparono in uno di questi luoghi aperti, su un pendio esposto a sud, per essere al riparo dal vento di settentrione che soffiava sempre più forte, con una punta di gelo. Thurro raccolse bracciate di legna secca mentre gli altri due aprivano una piazzuola nell'erba grigia e costruivano un semplice riparo di pietre. Mentre lavoravano Metock disse: — Questo pomeriggio abbiamo passato lo spartiacque. I fiumi ora scendono a ovest, verso il Fiume Interno, finalmente.

Falk si drizzò per guardare verso ovest, ma c'erano subito le colline e il cielo si chiudeva basso, bloccando la visuale.

— Metock — disse — ho pensato che non c'è ragione che io venga fino a Ransifel. Forse sono già sulla strada giusta. Sembra che ci sia un sentiero diretto a ovest lungo il grande fiume che abbiamo passato oggi pomeriggio. Tornerò indietro e lo seguirò.

Metock gli lanciò un'occhiata; non usò la telepatia, ma il suo pensiero era molto chiaro: "Stai pensando di scappare… verso cosa?

Falk usò la telepatia per rispondere: — No, dannazione, non è vero!

— Ti chiedo scusa — disse forte il Fratello Maggiore, con il suo tono severo e scrupoloso. Era lieto che Falk se ne andasse, e non tentava di nasconderlo. A Metock nulla importava veramente, tranne la sicurezza della Casa; ogni straniero era una minaccia, anche se lui quello straniero lo conosceva da cinque anni, era suo compagno di caccia e l'amante di sua sorella. Ma proseguì: — Ti accoglieranno bene a Ransifel. Perché non parti da lì?

— E perché non da qui?

— Sta a te scegliere. — Metock finì di sistemare l'ultima pietra e Falk cominciò a preparare il fuoco. — Forse quello che abbiamo incontrato era un sentiero; non so da dove parta né dove vada. Domattina troveremo una vera pista, la vecchia Hirand Road. Casa Hirand si trova molto lontano verso ovest, almeno una settimana di cammino a piedi; sono sessanta o settant'anni che nessuno ci va. Non so perché. Ma la pista era ancora ben chiara l'ultima volta che son passato da queste parti. Quell'altra può essere una pista di animali e portarti a girare in tondo, o finire in un pantano.

— Va bene, proverò la Hirand Road.

Ci fu una pausa, poi Metock domandò: — Perché vai verso ovest?

— Perché Es Toch si trova a ovest.

Quel nome raramente pronunciato suonava strano lì, sotto il cielo aperto. Thurro, arrivando con la legna, si guardò attorno imbarazzato. Metock non fece altre domande.

Quella notte all'accampamento sulle colline fu l'ultima che Falk passò con coloro che gli erano fratelli, la sua gente. Il giorno dopo si rimisero sulla pista subito dppo il sorger del sole, e molto prima di mezzogiorno giunsero a una larga pista, cosparsa di vegetazione, che puntava a sinistra di quella per Ransifel. Cominciava con una specie di porta, formata da due grandi pini. Quando essi vi sostarono l'aria era calma e scura sotto i rami.

— Torna da noi, ospite e fratello — disse il giovane Thurro turbato, oltre che dall'imminente matrimonio, dall'aspetto scuro e incerto della via che Falk stava per prendere. Metock disse soltanto: — Lasciami la tua borraccia, vuoi? — e in cambio diede a Falk la sua, che era d'argento lavorato. Poi si separarono, gli uni diretti a nord, e l'altro a ovest.

Dopo aver camminato per un poco, Falk si fermò e si guardò alle spalle. Gli altri erano già fuori vista; la pista di Ransifel era nascosta dagli alberi giovani e dalla sterpaglia che cresceva tutt'attorno alla Hirand Road. Quella pista sembrava ancora utilizzata, anche se non frequentemente, ma non era stata ripulita e sgombrata da molti anni. Intorno a Falk non si scorgeva nulla, tranne la foresta, il mondo selvaggio. Era solo, sotto le ombre di alberi senza fine. Il terreno era ammorbidito dalle foglie che erano cadute per millenni; i grandi alberi, pini e abeti, rendevano l'aria scura e calma. Qualche fiocco di neve roteava nel vento morente.

Falk allentò un poco la cinghia dello zaino e proseguì per tutta la giornata. Quando scese la sera gli sembrò di aver lasciato la casa da molto, molto tempo, un'epoca incommensurabilmente lontana, dietro di lui, e di esser sempre vissuto solo.

Le sue giornate si fecero tutte uguali. Luce grigia invernale; il soffiare del vento; colline e vallate coperte di bosco, lunghi pendii, fiumi immersi nella sterpaglia, terre basse acquitrinose. Anche se invasa dalla vegetazione, la Hirand Road si poteva seguire con facilità, perché procedeva a lunghi rettilinei o larghe curve, evitando i pantani e le cime. Tra le colline, Falk comprese di star seguendo il corso di una strada antica molto importante, perché era stata tagliata diritta nel corpo della terra, e duemila anni non erano bastati per cancellarla completamente. Ma gli alberi ora vi crescevano dentro, e tutt'intorno pini e abeti, e vaste macchie di agrifoglio sui pendii, boschi senza fine di faggi, querce, noci, ontani, frassini, tutti dominati dal grande castagno, che solo ora perdeva le ultime foglie giallo scuro, seminando di grossi ricci tutta la pista. La sera cucinava lo scoiattolo, o il coniglio, o la gallina selvatica che aveva cacciato a caso tra l'abbondantissima selvaggina che sgambettava e volava nel regno degli alberi; raccoglieva noci di varie qualità e arrostiva le castagne sui carboni del fuoco. Le notti però erano cattive. Due incubi lo seguivano per tutto il giorno e immancabilmente lo raggiungevano prima di mezzanotte. Uno era quello di essere seguito in quella oscurità da una persona che non riusciva mai a vedere. L'altro era peggiore: sognava di essersi dimenticato di prender con sé qualcosa, una cosa importante, essenziale, senza la quale sarebbe stato perduto. Da questo sogno si svegliava, e capiva che era vero: era perduto perché era se stesso che aveva dimenticato. Allora, se non pioveva, accendeva il fuoco e vi si accucciava accanto, troppo assonnato e spaventato dai sogni per aprire il libro che portava con sé, il Vecchio Canone, e cercare conforto nelle parole che proclamavano che quando tutte le vie eran perdute, la Via restava chiara. Un uomo tutto solo è una cosa miserabile. Ed egli, inoltre, sapeva di non essere nemmeno un uomo, ma qualcosa a metà che cercava di ritrovarsi per intero con un viaggio senza meta attraverso un continente, sotto le stelle indifferenti. Le giornate erano tutte uguali, ma venivano come un sollievo dopo le notti.

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