La velocità del buio - Moon Elizabeth 9 стр.


— Non ho potuto fare a meno di notarvi. La sua amica era talmente irritata. Lei è un po'… diversa, vero? — Mette in mostra un po' più di denti.

Non so cosa rispondere. Ma dovrei dire qualcosa, altra gente nella fila ci sta guardando.

— Non vorrei essere scortese — insiste la donna, strizzando gli occhi. — Solo che… ho notato il modo in cui lei parlava.

La vita di Emmy è la vita di Emmy. Non è la vita di questa donna. Lei non ha il diritto di sapere cosa c'è in Emmy che non va… ammesso che ci sia qualcosa.

— Dev'essere dura per gente come voi — dice la donna. Volge la testa, fissa le persone della fila che ci stanno guardando e fa un risolino. Non so cosa trovi di buffo in questa situazione. Io non credo ci sia nulla di buffo. — Gestire un rapporto è già difficile per il resto di noi — continua la donna, che adesso non sorride più. Ha invece la stessa espressione della dottoressa Fornum quando mi sta spiegando qualcosa che vuole farmi fare. — Per voi dev'essere peggio.

L'uomo dietro di lei ha in viso una strana espressione, ma non potrei dire se è d'accordo con la donna o no. Vorrei che qualcuno le dicesse di star buona. Se glielo dicessi io, sarebbe scortesia.

— Spero di non averla disturbata — insiste lei a voce più alta, alzando le sopracciglia. Sta aspettando che io le dia la risposta giusta.

Io penso che non ci sia una risposta giusta. — Io non la conosco — dico, mantenendo la mia voce molto bassa e calma. Ciò che voglio dire è: "Io non la conosco e non voglio parlare di Emmy o Marjory o di argomenti personali con qualcuno che non conosco".

La faccia della donna si contrae, e io mi volto in fretta. Dietro di me sento un — Però! — soffocato, e ancora più dietro una voce maschile che mormora: — Le sta bene. — Credo sia l'uomo dietro la donna, ma non voglio volgermi a guardare. Prima di me adesso ci sono solo due persone: io tengo gli occhi fissi in avanti senza vedere nulla in particolare e cerco di sentire di nuovo la musica, ma non ci riesco. Non sento altro che rumori.

Quando esco, il caldo e l'umidità sembrano più opprimenti di quando sono entrato. Sento tanti, troppi odori: delle confezioni di dolcetti buttate via, delle bucce di frutta, dei deodoranti e dei profumi della gente, dell'asfalto rovente, dei tubi di scarico delle macchine. Appoggio i miei sacchetti sul cofano dell'auto mentre apro lo sportello per salire.

— Ehi — dice qualcuno. Sobbalzo e mi volto: è Don. Non mi aspettavo di vederlo qui. Non mi aspettavo di vedere neanche Marjory. Mi chiedo se altri colleghi della scuola di scherma facciano la spesa qui. — Ciao, amico — dice lui. Porta una camicia di maglia a righe e calzoni scuri. Non ho mai visto Don vestito così: quando viene da Tom porta o una T-shirt e i jeans o il costume.

— Ciao, Don — saluto. Non desidero parlare con lui, anche se è un amico. Fa troppo caldo e devo portare la mia spesa a casa e riporla. Prendo il primo sacchetto e lo metto sul sedile posteriore.

— È qui che vieni a far la spesa? — chiede lui. È una domanda sciocca, visti i sacchetti delle cose che ho acquistate. O pensa che le abbia rubate?

— Vengo tutti i martedì — dico.

Assume un'espressione disapprovante. Forse pensa che martedì non sia un giorno adatto per fare la spesa… ma allora lui cosa ci fa qui? — Verrai a esercitarti alla scherma domani? — domanda.

— Sì — dico. Carico l'ultimo sacchetto e chiudo lo sportello posteriore.

— Andrai a quel torneo? — Mi sta guardando in un modo da farmi desiderare di distogliere gli occhi dai suoi.

— Sì — rispondo — ma adesso devo andare a casa. Il latte dovrebbe essere mantenuto a una temperatura di cinque gradi o meno, e qui nel parcheggio ce ne saranno più di trenta. Il mio latte potrebbe rovinarsi.

— Segui un'autentica routine, eh? — dice Don.

Non concepisco cosa potrebbe essere una routine falsa.

— Fai le stesse cose tutti i giorni?

— Non le stesse cose tutti i giorni — spiego — ma piuttosto le stesse cose negli stessi giorni.

— Oh, davvero? Bene, ci vediamo domani, ragazzo metodico — dice, e scoppia a ridere. È una risata strana, come se Don non si stesse divertendo affatto. Io apro lo sportello ed entro in auto; lui non aggiunge altro e non se ne va. Quando accendo il motore si stringe nelle spalle, una contrazione brusca come se qualcosa lo avesse punto.

— Arrivederci — dico io educatamente.

— Già, ciao. — Rimane ritto lì mentre io parto. Nello specchio retrovisore lo vedo rimaner fermo finché non svolto nella strada. Dopo la svolta torno a guardare e vedo che Don non c'è più.

Il mio appartamento è più calmo che fuori, ma non è completamente silenzioso. Sotto di me il poliziotto Danny Bryce ha la TV accesa e sta seguendo un programma di quiz. Al piano di sopra la signora Sanderson sta trascinando sedie nella cucina: lo fa tutte le sere. Sento anche il ticchettio della mia sveglia e il ronzio del computer. Entrano anche rumori da fuori: lo sferragliare di un treno, il rombo attenuato del traffico, voci dal cortile.

Quando sono depresso mi è difficile ignorare i rumori. Se metto la mia musica, essa li coprirà, ma i rumori resteranno sempre lì, come giocattoli spinti sotto un tappeto. Ripongo in frigo le cose deperibili, dopo aver asciugato con cura l'esterno del contenitore del latte; poi metto la mia musica. Molto piano, non devo disturbare i vicini. È Mozart, e di solito non manca di fare il suo effetto. Sento infatti la tensione abbandonarmi pian piano.

Non so perché quella donna mi abbia rivolto la parola: non avrebbe dovuto farlo. Un supermercato è terreno neutrale, non si parla con gli estranei. Io ero al sicuro finché lei non mi ha notato; ma se Emmy non avesse parlato così forte, la donna non avrebbe fatto attenzione a noi. È stata lei a dirlo. Io già non avevo molta simpatia per Emmy, ma adesso mi sento davvero turbato se penso a ciò che lei ha detto e a ciò che ha detto quella donna.

I miei genitori dicevano che non avrei dovuto biasimare la gente quando notava che io ero diverso. Quindi non dovrei biasimare Emmy: dovrei invece osservare me stesso e pensare a quanto è successo.

Ma non desidero farlo. Io non ho fatto nulla di male. Avevo bisogno di fare la spesa, quindi ero al supermercato per il giusto motivo. Mi stavo comportando bene: non parlavo con estranei e non parlavo a voce alta con me stesso. Non prendevo nelle corsie più spazio di quello che mi spettava. Marjory è mia amica, perciò non era sbagliato da parte mia parlare con lei e aiutarla a trovare il riso e la carta di alluminio.

È stata Emmy a sbagliare. Ha parlato a voce troppo alta e per questo si è fatta notare dalla donna. Ma anche così, la donna avrebbe dovuto badare ai fatti suoi. E se Emmy ha parlato a voce troppo alta, non è stata colpa mia.

6

Ho bisogno di sapere se ciò che provo è quello che le persone normali provano quando sono innamorate. Quando andavo a scuola, durante le lezioni di lettere abbiamo letto alcune storie su persone innamorate, ma gli insegnanti dicevano sempre che non erano realistiche. Io non ho mai capito in che senso erano poco realistiche, tuttavia non ho mai chiesto spiegazioni perché la cosa non m'interessava. Secondo me erano sciocchezze. Il signor Nelson, che insegnava igiene, diceva che era tutta una questione di ormoni e che non dovevamo fare stupidaggini. Le sue descrizioni dell'incontro sessuale, poi, mi facevano desiderare di non aver nulla fra le gambe, come i bambolotti. Non riuscivo a immaginare di dover mettere questo in quella. Inoltre i termini usati per indicare gli organi sessuali erano brutti, sia quelli colloquiali sia quelli scientifici. E la descrizione dell'atto somigliava più che altro a qualcosa di penoso. L'idea di quella vicinanza così intima, di dover respirare il fiato di un'altra persona, di sentirsi addosso l'odore del suo corpo… era disgustosa. Le docce in comune erano già abbastanza sgradevoli. Tutto l'argomento mi faceva venir voglia di vomitare.

Allora era repellente. Adesso… il profumo dei capelli di Marjory, quando ci incontriamo, mi fa desiderare di avvicinarmi di più a lei. Anche se lei usa un detersivo profumato per i suoi indumenti, anche se usa un deodorante con un odore di cipria, c'è qualcosa… però l'idea continua a sembrarmi spaventosa. Ho visto fotografie, so com'è fatto un corpo femminile. Quando ero a scuola, i ragazzi si scambiavano piccoli video di donne nude che danzavano e di uomini e donne che facevano sesso. Diventavano tutti rossi e sudati mentre lo facevano, e le loro voci cambiavano, diventavano simili a quelle degli scimpanzè nei documentari sulla natura. In principio volevo vedere quei video, per imparare qualcosa (i miei genitori non avevano niente di simile a casa), ma erano noiosi e tutte le donne avevano un'aria piuttosto incollerita o spaventata. Io pensavo che se si fossero divertiti avrebbero dovuto avere un'espressione felice.

Io non vorrei mai far diventare qualcuno spaventato o incollerito; la paura e la collera sono emozioni molto sgradevoli. Il signor Neilson diceva che era normale avere impulsi sessuali, ma non spiegava cosa fossero, o almeno non in modo che io potessi capire. Il mio corpo si sviluppava come quello degli altri ragazzi; ricordo come rimasi sorpreso quando vidi i primi peli neri crescermi sul basso ventre. Il nostro insegnante ci aveva parlato dello sperma e delle uova e di come le cose crescono dai semi. Quando vidi quei peli, pensai che qualcuno avesse piantato dei semi per farli crescere, ma non capivo come potesse essere accaduto. Mia madre mi spiegò che era la pubertà e mi esortò a non fare sciocchezze.

Non mi è mai stato chiaro di quale genere di sentimenti mi parlavano: sembrava quasi che un corpo potesse essere insieme freddo e caldo o una mente sentirsi felice e triste. Quando vedevo le foto delle ragazze nude, certe volte il mio corpo provava impulsi, ma l'unica sensazione della mia mente era disgusto.

Ho visto Marjory tirare di scherma e so che le piace, ma non sorride sempre. Dicono che un viso sorridente è un viso felice… ma forse non è vero? Forse a lei quello piacerebbe?

Arrivo a casa di Tom e Lucia e lei dalla cucina mi dice di uscire in cortile. Ancora non è arrivato nessuno.

Tom sta rifacendo il filo a una delle sue spade. Io comincio i miei stiramenti. Da quando i miei genitori sono morti, lui e Lucia sono l'unica coppia che conosco che sia stata sposata per tanto tempo, e siccome i miei genitori non ci sono più non posso chiedere a loro cos'è il matrimonio.

— A volte tu e Lucia sembrate arrabbiati l'uno con l'altro — dico, spiando il viso di Tom per capire se questo discorso non gli piace.

— Le persone sposate ogni tanto litigano — dice lui. — Non è facile star vicino a qualcuno per tanti anni.

— Però… — Non so come esprimermi. — Se Lucia è in collera con te… e se tu sei in collera con lei… questo vuol dire che non vi amate più?

Tom sembra esterrefatto, ma poi ride… di un riso un poco nervoso. — No, Lou, ma è difficile da spiegare. Noi ci amiamo, e continuiamo ad amarci anche quando siamo in collera. L'amore è dietro la collera, come un muro dietro una tenda o la terra quando ci passa sopra un temporale. Il temporale si dilegua e la terra è sempre là.

— Ma se c'è un temporale — dico — talvolta la terra s'inonda o una casa viene trascinata via.

— Sì, e talvolta, se l'amore non è abbastanza forte o la rabbia è troppo grande, le persone smettono di amarsi. Ma a me e a Lucia questo non succede.

Mi chiedo come fa a esserne sicuro. Lucia è sembrata in collera molte volte negli ultimi tre mesi. Tom allora come fa a sapere che lei lo ama ancora?

— Le persone a volte passano dei brutti momenti per un po' di tempo — riprende Tom, come se mi avesse letto nel pensiero. — Ultimamente Lucia ha avuto noie sul lavoro; poi, la notizia che volevano costringerti a sottoporti a un trattamento l'ha irritata ancora di più.

Non avevo mai pensato che le persone normali avessero noie sul lavoro. Che tipo di noie possono avere? Non credo possano essere perseguitate da un signor Crenshaw che voglia far provare loro delle cure che non desiderano fare. E allora?

— È spiacevole quando Lucia è in collera — dico.

Tom esclama: — Lo puoi dire forte! — Io so che questo non significa che io devo urlare ciò che ho detto, però mi pare sempre sciocco usare questi termini invece di dire chiaramente "Hai ragione".

— Ho riflettuto sul torneo — cambio argomento. — E ho deciso…

Marjory esce in cortile. Lei attraversa sempre la casa, benché alcuni di noi usino invece la porticina laterale. Mi chiedo come mi sentirei se Marjory fosse arrabbiata con me. A me fa sempre male quando la gente va in collera con me, anche se si tratta di persone poco simpatiche. Però se Marjory andasse in collera con me mi sentirei ancora più male di quanto mi succedeva coi miei genitori.

— Cos'hai deciso? — chiede Tom. Poi alza gli occhi e vede Marjory. — Ah. Allora?

— Mi piacerebbe provare — dico.

— Oh, — dice Marjory — hai deciso di partecipare al torneo, Lou? Bravo!

— Certo, ma adesso Lou dovrà sentire la mia arringa numero uno — dice Tom. — Va' a prendere la tua roba, Marjory, non devi distrarlo.

Infatti, ora che Marjory è rientrata in casa, è più facile ascoltare Tom.

— Prima di tutto, da adesso fino alla data del torneo, devi esercitarti più che puoi: ogni giorno, se possibile. Se non puoi venire qui, almeno fai gli stiramenti, la ginnastica e il controllo della punta a casa.

Non credo di poter venire ogni giorno a casa sua. Quando potrei fare il bucato o la spesa o lavare la macchina?

— Esercitati in ogni momento libero, però sta' attento a non stancarti troppo — dice Tom. — Poi, una settimana prima, controlla tutto il tuo equipaggiamento. So che lo mantieni in buone condizioni, ma è bene controllare sempre. Lo faremo insieme. Hai una seconda spada?

— No… devo ordinarne una?

— Sì, se te la puoi permettere… altrimenti posso prestartene una delle mie.

— Posso ordinarla. — Non rientrava nelle mie previsioni, ma ho abbastanza denaro in questo momento.

— Bene. Il tuo equipaggiamento dev'essere controllato, pulito e pronto da trasportare. Il giorno prima del torneo ti riposerai, perché devi rilassarti. Va' a passeggio, fa' quello che ti pare.

— Non potrei rimanere a casa?

— Sì, ma un leggero esercizio ti farebbe meglio. Mangia bene e va' a letto all'ora solita.

Sarà un po' complicato seguire il programma esposto da Tom e fare tutte le altre cose che devo fare.

— Senti… qui tu terrai lezione anche altre sere oltre al mercoledì?

— Per gli studenti che intendono partecipare a un torneo, sì — dice Tom. — Vieni ogni giorno tranne il martedì, che è la serata speciale mia e di Lucia.

— Io il martedì faccio la spesa — dico, arrossendo. Mi chiedo cosa si prova ad avere una serata speciale.

Marjory, Lucia e Max arrivano dalla casa. — Basta con i consigli — ci interrompe Lucia. — Finirai col fargli paura. E non dimenticare il modulo d'iscrizione.

— Il modulo d'iscrizione! — esclama Tom dandosi uno schiaffo sulla fronte; lo fa ogni volta che dimentica qualcosa. Si precipita in casa. Dalla porticina laterale entrano Susan, Don e Cindy.

Tom ritorna con un modulo che devo riempire e firmare.

La prima parte è facile: nome, indirizzo, numero di telefono, età, altezza e peso. Non so cosa scrivere nello spazio che porta l'intestazione "personaggio".

— Oh, non te ne preoccupare — dice Tom. — Questo è per quelli che vogliono recitare una parte.

— In una commedia? — domando.

— No. Per un giorno fingono di essere un personaggio inventato da loro, un personaggio storico. Be', direi più che altro pseudo storico.

Quando parlavo di personaggi inventati ai miei insegnanti loro si turbavano e facevano annotazioni nella mia cartella. Vorrei domandare a Tom se le persone normali fanno spesso di queste cose, ma non vorrei che si offendesse.

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