Un cantico per Leibowitz - Miller Walter Michael 10 стр.


— Molti di noi lavorano meglio sulla copia assegnata — gli disse Horner — se hanno anche un progetto personale. Molti copisti si interessano a qualche particolare lavoro dei Memorabilia ed amano spendere su di esso un po' di tempo. Per esempio, frate Sarl, laggiù… il suo lavoro non procedeva bene, e faceva degli errori. Così gli permettemmo di dedicare un'ora al giorno a un progetto che si era scelto. Quando il lavoro lo annoia tanto che comincia a commettere errori di copiatura, può metterlo da parte per un po' e lavorare sul suo progetto. Io permetto a tutti di fare lo stesso. Se finisci il lavoro assegnato prima che la giornata sia finita ma se non hai un progetto tuo, dovrai dedicare il tempo che ti resta ai nostri perenni…

— Perenni?

— Sì, e non intendo le piante perenni. C'è richiesta di perenni da parte di tutto il clero, per vari libri… Messali, Sacra Scrittura, Breviari, la Summa, enciclopedie e così via. Ne vendiamo moltissimi. Così, se non hai un progetto personale, ti assegneremo ai perenni, quando finirai presto. Hai tutto il tempo per decidere.

Il vecchio supervisore fece una pausa. — Dubito che tu lo capisca. Io no. Sembra che abbia trovato un metodo per ricostruire le parole e le frasi mancanti in alcuni dei vecchi frammenti di testi originali dei Memorabilia. Per esempio, la parte sinistra di un libro semibruciato è leggibile, ma l'orlo destro della pagina è bruciato, e in fondo a ogni riga manca qualche parola. Ha escogitato un metodo matematico per trovare le parole che mancano. Non è un metodo sicurissimo, ma funziona discretamente. È riuscito a restaurare quattro pagine intere da quando ha cominciato il tentativo.

Francis guardò frate Sarl, che era un ottuagenario quasi cieco. — Quanto tempo ha impiegato? — chiese l'apprendista.

— Quasi quarant'anni — disse frate Horner. — Naturalmente vi ha dedicato soltanto cinque ore alla settimana, e il metodo richiede considerevoli calcoli aritmetici.

Francis annuì, pensieroso. — Se potesse essere restaurata una pagina ogni decennio, forse in pochi secoli…

— Anche meno — gracchiò frate Sarl senza alzare lo sguardo dal suo lavoro. — Più si procede, più semplice diventa il resto. Finirò la prossima pagina in un paio d'anni. Poi, a Dio piacendo, forse… — La sua voce si smorzò in un mormorio. Francis notò di frequente che frate Sarl parlava fra sé, mentre lavorava.

— Accomodati — disse frate Horner. — Possiamo sempre utilizzare la tua collaborazione per i perenni, ma quando vorrai potrai dedicarti a un progetto tuo.

L'idea venne a frate Francis in un lampo inatteso. — Posso dedicare il tempo che mi avanza — balbettò — per fare una copia della blueprint di Leibowitz che ho trovato?

Frate Horner si mostrò sbalordito, per un attimo. — Ecco… non saprei, figliolo. Il nostro signor Abate è… ecco, un po' sensibile a questo argomento. E può darsi che quell'oggetto non appartenga ai Memorabilia. Per il momento è nello scaffale dei sospesi.

— Ma voi sapete che sbiadiscono, fratello. E quella è stata maneggiata alla luce. I Domenicani l'hanno tenuta a Nuova Roma per tanto tempo…

— Ecco… immagino che sarebbe un lavoro piuttosto breve. Se Padre Arkos non ha obiezioni, ma… — E scrollò la testa, dubbioso.

— Forse potrei includerla in un mazzo — si offrì frettoloso Francis. — le poche blueprint ricopiate che abbiamo sono così antiche da essere fragili… Se facessi parecchi duplicati… di alcune delle altre…

Horner sorrise maliziosamente. — Intendi dire che, se includessi nel mazzo la blueprint di Leibowitz, nessuno se ne accorgerebbe.

Francis arrossì.

— Padre Arkos non lo noterebbe neppure, eh?… se per caso vi frugasse.

Francis si agitò.

— Benissimo — disse Horner, mentre gli occhi gli scintillavano lievemente. — Puoi usare il tuo tempo libero per fare duplicati di qualsiasi disegno ricopiato che sia in cattive condizioni. Se per caso nel mucchio ci finisce anche qualcosa d'altro, cercherò di non notarlo.

Frate Francis dedicò per parecchi mesi il suo tempo libero a ricopiare alcuni dei vecchi disegni tratti dagli scaffali dei Memorabilia prima di osare toccare il disegno di Leibowitz. Se valeva la pena salvare i vecchi disegni, essi dovevano venir comunque ricopiati ogni secolo o due. Non solo gli originali sbiadivano, ma spesso anche le copie diventavano quasi illeggibili dopo un certo tempo, a causa della instabilità degli inchiostri impiegati. Non riusciva a comprendere perché gli antichi avessero tracciato linee e lettere bianche su sfondo scuro, invece del contrario. Quando ricopiò a carboncino uno dei disegni, invertendo così il rapporto dei colori, il rosso schizzo sembrò molto più realistico che in bianco-su-nero; ma gli antichi erano immensamente più saggi di Francis: se si erano presi il disturbo di mettere l'inchiostro dove di solito c'era la carta bianca e lasciavano solo lievi strisce bianche là dove una linea inchiostrata avrebbe dovuto apparire in un disegno normale, dovevano avere le loro ragioni. Francis ricopiò i documenti in modo che sembrassero simili il più possibile agli originali… anche se il compito di stendere l'inchiostro azzurro attorno alle minuscole lettere bianche era particolarmente noioso, e richiedeva un grande spreco di inchiostro, un fatto che faceva brontolare frate Horner.

Copiò un antico progetto architettonico, poi un disegno per una parte di una macchina, la cui geometria era evidente ma il cui uso era vago. Ricopiò una bizzarra astrazione, intitolata STABILIZZATORE WNDG MOD. 73-A 3-PH 6-P 1800 RPM 5-HP CL-A GABBIA DA SCOIATTOLI, che si rivelò completamente incomprensibile, e assolutamente incapace di imprigionare uno scoiattolo. Gli antichi erano spesso molto sottili; forse era necessaria una speciale serie di specchi per vedere lo scoiattolo. Francis, comunque, lo ricopiò faticosamente.

Soltanto dopo che l'abate, il quale ogni tanto passava per la copisteria, lo ebbe visto al lavoro su un altro disegno almeno tre volte (e per due volte Arkos si era fermato per dare una rapida occhiata al lavoro di Francis) riuscì a trovare il coraggio di avventurarsi fino agli scaffali dei Memorabilia per prendere la blueprint di Leibowitz, quasi un anno dopo aver cominciato il progetto cui dedicava il tempo libero.

Il documento originale era già stato sottoposto a un certo lavoro di restauro. Ad eccezione del fatto che portava il nome del Beato, era deludentemente simile a quasi tutti gli altri che aveva ricopiato.

Il disegno di Leibowitz, un'altra astrazione, non aveva riferimento a nulla, in particolare alla ragione. Lo studiò fino a che poté vederne a occhi chiusi la sbalorditiva complessità, ma non ne sapeva di più di quanto ne avesse saputo prima. Non pareva altro che una rete di linee che collegava un tracciato di segni tortuosi, di sgorbi, di segni incomprensibili e di minuscole lamelle. Le linee erano quasi tutte orizzontali e verticali, e si incrociavano tra loro o con un piccolo segno che indicava un salto o con un punto; facevano svolte ad angolo retto per girare attorno ai segni più grandi, e non si fermavano mai a metà strada ma terminavano sempre a uno sgorbio, a un segno, a una macchia incomprensibile. Era così assurdo che osservarlo per un periodo piuttosto lungo produceva un effetto ipnotico. Tuttavia, Francis cominciò a riprodurre ogni particolare, ricopiando persino una macchia centrale bruniccia che pensava potesse essere sangue del Beato Martire, ma che secondo frate Jeris era soltanto una macchia lasciata da un torsolo di mela marcio.

Frate Jeris, che era diventato copista avventizio insieme a frate Francis, sembrava divertirsi a punzecchiarlo, per quanto riguardava il suo progetto.

— Cos'è, prego — chiedeva, sbirciando al di sopra della spalla di Francis — un "Sistema di Controllo Transistorizzato per l'unità Sei-B", dotto fratello?

— È evidente: il titolo del documento — disse Francis sentendosi un po' urtato.

— È evidente. Ma che cosa significa?

— È il nome del diagramma che ti sta davanti agli occhi, Fratello Semplicione. Cosa significa "Jeris?"

— Molto poco, ne sono sicuro — disse frate Jeris con ironica umiltà. — Perdona la mia durezza di comprendonio, ti prego. Tu hai definito benissimo il nome indicando la creatura che lo porta, e che in verità è il significato del nome. Ma, ora, la creatura-diagramma in se stessa rappresenta qualcosa, non è vero? Cosa rappresenta il diagramma?

— Il sistema di controllo transistorizzato dell'Unità sei-B.

Jeris rise. — Chiarissimo! Eloquente! Se la creatura è il nome, allora il nome è la creatura. "Gli eguali possono essere sostituiti da eguali", ovvero "L'ordine di una equazione è reversibile", ma possiamo passare all'assioma seguente: allora non c'è qualche "stessa quantità" rappresentata tanto dal nome quanto dal diagramma? Oppure è un sistema chiuso?

Francis arrossì. — Penso — disse lentamente, dopo aver fatto una pausa per reprimere la sua irritazione — che il diagramma rappresenti un concetto astratto, piuttosto che una cosa concreta. Forse gli antichi avevano un metodo sistematico per dipingere un pensiero puro. È chiaro che non è un'immagine riconoscibile di un oggetto.

— Sì, è chiaramente irriconoscibile! — ammise frate Jeris con un risolino.

— D'altronde, forse è l'immagine di un oggetto, ma soltanto in un modo stilistico molto formale… così che sarebbe necessaria una speciale preparazione o…

— Una vista speciale?

— Secondo la mia opinione, è un'altissima astrazione di valore forse trascendentale che esprime un pensiero del Beato Leibowitz.

— Bravo! E allora, a cosa stava pensando?

— Ecco… al Disegno del Circuito — disse Francis, scegliendo quella definizione dalle scritte nell'angolo inferiore destro.

— Uhmmmm, a che disciplina appartiene questa arte, fratello? Quali sono i suoi generi, specie, proprietà e differenza? O forse è soltanto un "accidente?"

Jeris stava diventando pretenzioso nel suo sarcasmo, pensò Francis, e decise di rispondere sommessamente. — Bene, osserva questa colonna di numeri, e il suo titolo: "Numerazione delle Parti Elettroniche". C'era un tempo un'arte o una scienza chiamata Elettronica, che poteva appartenere tanto all'Arte quanto alla Scienza.

— Uh-uh! Questa regola il problema del "genere" e della "specie". E in quanto alla "differenza", se posso continuare su questa linea, qual era l'argomento dell'Elettronica?

— Anche questo è scritto — disse Francis, che aveva frugato i Memorabilia da cima a fondo nel tentativo di trovare qualche indizio che potesse rendere la blueprint un po' più comprensibile… ma con scarso risultato. — L'argomento dell'Elettronica era l'elettrone — spiegò.

— Così è scritto, in verità. Ne sono impressionato. So così poco di queste cose. Cos'era, prego, l'elettrone?

— Ecco, c'è una fonte frammentaria che allude ad esso come a una "Torsione Negativa del Nulla".

— Come! Come potevano negare un nulla? Questo non l'avrebbe reso un qualche cosa?

— Forse la negazione si applica a "torsione".

— Ah! Allora noi avremmo un "Nulla Non Distorto", eh? Hai scoperto come si fa a non distorcere un nulla?

— Non ancora — ammise Francis.

— Attieniti a questo, fratello! Quanto devono essere stati abili gli antichi… sapevano in che modo non distorcere il nulla. Attieniti a questo e potrai imparare come si fa. E allora avremo l'elettrone in mezzo a noi, no? E che cosa ce ne faremo? Lo metteremo sull'altare?

— Bene allora — sospirò Francis. — Non so. Ma sono sicuro che l'elettrone esistesse un tempo, anche se non so come fosse costruito o per cosa potesse venire usato.

— Commovente! — ridacchiò l'iconoclasta, e ritornò al suo lavoro.

Le sporadiche punzecchiature di frate Jeris rattristarono Francis, ma non diminuirono la sua devozione al progetto.

L'esatta duplicazione di ogni segno, macchia o chiazza si rivelò impossibile, ma l'accuratezza del facsimile si rivelò sufficiente per ingannare l'occhio a due passi di distanza, e di conseguenza adeguato perché la copia potesse venir messa in mostra, e l'originale sigillato e riposto. Dopo aver completato il facsimile, frate Francis scoprì di sentirsi deluso, il disegno era troppo spoglio. Non c'era nulla, in esso, che suggerisse a prima vista che si trattava di una sacra reliquia. Lo stile era nitido e privo di pretese… e questo si addiceva, forse, al Beato, eppure…

Una copia di quella reliquia non era sufficiente. I santi erano persone umili che glorificavano non se stessi ma Dio, e toccava agli altri ritrarre la gloria interiore della santità per mezzo di segni esteriori e visibili. Quella copia così nuda non era abbastanza: era fredda e priva di immaginazione, e non commemorava le qualità sante del Beato in alcun modo visibile.

Glorificemus, pensò Francis, mentre lavorava sui perenni. Stava copiando alcune pagine dei Salmi, in quel momento, per rilegarle più tardi. Si interruppe per ritrovare il segno nel testo, e per notare il significato delle parole… perché, dopo ore di copiatura, aveva smesso di leggere, e si limitava a permettere alla sua mano di ritracciare le lettere che i suoi occhi incontravano. Notò che stava copiando la preghiera di David per invocare perdono, il quarto salmo penitenziale. "Miserere mei, Deus… perché io conosco la mia iniquità, e il mio peccato è sempre dinanzi a me". Era una preghiera umile, ma la pagina davanti ai suoi occhi non era scritta in modo altrettanto umile. La M di Miserere era impressa in foglia d'oro. Un fiorente arabesco di filamenti dorati e purpurei intrecciati insieme riempiva i margini e formavano nidi che attorniavano le splendide maiuscole, all'inizio di ogni versetto. Per quanto la preghiera in se stessa fosse umile, la pagina era magnifica. Frate Francis stava copiando soltanto il corpo del testo, lasciando spazi liberi per le splendide maiuscole e margini larghi quanto le linee del testo. Altri amanuensi avrebbero riempito con orge di colori la sua copia scritta in semplice inchiostro e avrebbero costruito le maiuscole pittoriche. Francis stava imparando ad alluminare, ma non era ancora abbastanza abile da poter miniare i perenni.

Glorificemus. Stava pensando di nuovo alla blueprint.

Senza rivelare a nessuno la sua idea, frate Francis cominciò a fare ì suoi piani. Trovò la più bella cartapecora disponibile e dedicò per parecchie settimane tutto il tempo libero a curarla e a stenderla e a pareggiarla a colpi di pietra fino a ottenere una superficie perfetta, che alla fine decolorò fino a una bianchezza nivea; poi la ripose con molta cura. Poi, per mesi interi, dedicò ogni minuto del suo tempo libero a consultare i Memorabilia, cercando ancora qualche indicazione sul significato del disegno di Leibowitz. Non trovò nulla che somigliasse alle linee ramificate del disegno, né altre cose che l'aiutassero a interpretarne il significato, ma dopo molto tempo si imbatté in un frammento di un libro che conteneva una pagina, parzialmente distrutta, che si riferiva proprio alla preparazione delle blueprint. Sembrava un brano di una enciclopedia. Il riferimento era breve e parte del brano mancava, ma dopo averlo letto parecchie volte, cominciò a sospettare che lui stesso, e molti altri copisti che l'avevano preceduto, avessero sprecato tempo e inchiostro. L'effetto bianco-su-nero non pareva essere stata una caratteristica particolarmente desiderabile, ma risultante dalle peculiarità di un certo processo di riproduzione a buon mercato. Il disegno originale dal quale era stata tratta una blueprint era nero su bianco. Francis dovette resistere all'impulso improvviso di battere la testa sul pavimento. Tutto quell'inchiostro e quella fatica per copiare una riproduzione incidentale! Ecco, forse non era necessario dirlo a frate Horner. Sarebbe stata opera di carità non parlargliene, poiché frate Horner era malato di cuore.

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