Un cantico per Leibowitz - Miller Walter Michael 2 стр.


Preoccupato per il suo rifugio, il novizio si era avvicinato durante l'ispezione del pellegrino. Questi rispose al suo strillo agitando il bastone e lanciando un ululato agghiacciante. Frate Francis incespicò nell'orlo della tunica e cadde a sedere. Il vecchio ridacchiò.

— Hmmm-hnnn! Avrai bisogno di una pietra dalla forma strana per adattarla a questo buco — disse, e batté il bastone nell'interno di uno spazio vuoto nella fila di pietre più alta.

Il giovane annuì e distolse lo sguardo. Restò seduto sulla sabbia e, con il suo silenzio e lo sguardo abbassato, sperò di far capire al vecchio che non era libero di conversare né di accettare volentieri la presenza di un estraneo nel luogo della sua solitudine quaresimale. Il novizio cominciò a scrivere sulla sabbia con uno stecco: Et ne nos inducas in…

— Non ti ho ancora offerto di cambiare in pane queste pietre, vero? — chiese di rimando il vecchio viaggiatore

Frate Francis alzò subito lo sguardo. Dunque era così! Il vecchio sapeva leggere, e sapeva leggere la Scrittura! Inoltre, la sua osservazione sottintendeva che aveva compreso tanto l'uso impulsivo dell'acqua santa da parte del novizio, quanto le ragioni della sua presenza in quel luogo. Ormai conscio che il pellegrino intendeva stuzzicarlo, frate Francis riabbassò lo sguardo e attese.

— Hmmm-hnnn! Dunque bisogna lasciarti in pace, no? Bene, allora, farò meglio a riprendere il cammino. Dimmi, i tuoi fratelli dell'abbazia permettono a un vecchio di riposare un po' alla loro ombra?

Frate Francis annuì. — Ti daranno anche acqua e cibo — aggiunse sottovoce, in carità.

Il pellegrino ridacchiò. — In cambio ti troverò una pietra adatta a quella fessura, prima di andarmene. Dio sia con te.

Ma non c'è bisogno… La protesta morì, prima ancora di essere pronunciata. Frate Francis osservò il vecchio che si allontanava lentamente, vagando qua e là fra le macerie. Ogni tanto si fermava per osservare una pietra e per toccarla con il bastone. Senza dubbio la sua ricerca sarebbe stata infruttuosa, pensò il novizio, perché era la ripetizione di una ricerca che lui stesso aveva compiuto sin da metà mattina. Alla fine aveva deciso che sarebbe stato più facile rimuovere e ricostruire una sezione della fila superiore, che non trovare una chiave di volta dalla forma simile a quella della fessura. Ma, senza dubbio, il pellegrino avrebbe esaurito presto la propria pazienza e avrebbe proseguito il suo cammino.

Nel frattempo, frate Francis si riposò. Pregò per riottenere quella intimità interiore richiesta dallo scopo della sua vigilia: una pergamena pulita dello spirito su cui le parole di una chiamata potessero essere scritte nella sua solitudine… se quell'altra Incommensurabile Solitudine che era Iddio avesse teso la Sua mano e avesse toccato quella minuscola solitudine umana per segnarvi la vocazione. Il Piccolo Libro che il priore Cheroki gli aveva lasciato la domenica precedente serviva come guida alla sua meditazione. Era vecchio di secoli ed era chiamato Libellus Leibowitz, sebbene soltanto una tradizione incerta l'attribuisse allo stesso Beato.

"Parum equidem te diligebam, Domine, juventute mea; quare doleo nimis… Troppo poco, o Signore, io Ti amai nel tempo della mia gioventù, e di questo molto mi dolgo nel tempo della mia vecchiaia. Invano fuggii da Te in quei giorni…"

— Ehi! Ecco qua! — fu il grido che si levò oltre i mucchi di macerie.

Frate Francis levò lo sguardo per un attimo, ma il pellegrino non era visibile. I suoi occhi si riabbassarono.

"Repugnans tibi, ausus sum quaerere quidquid doctius mihi fide, certius spe, aut dulcius cantate visum esset. Quis itaque stultior me…"

— Ehi, ragazzo! — risuonò di nuovo il grido. — Ti ho trovato una pietra, che probabilmente si adatterà al buco.

Questa volta, quando frate Francis alzò lo sguardo, intravide il bastone del pellegrino che si agitava facendogli segnali, dietro un mucchio di macerie. Sospirando, il novizio riprese la lettura.

"O inscrutabilis Scrutator animarum, cui patet omne cor, si me vocaveras, olim a te fugeram. Si autem nunc velis vocare me indignum…"

E la voce irritata, al di là del mucchio di macerie: — E va bene, allora, fai come vuoi. Farò un segno sulla pietra e vi pianterò vicino un ramo. Tu provala o no, fai come vuoi.

— Grazie — sospirò il novizio, ma dubitò che il vecchio lo udisse. Continuò a leggere:

"Libera me, Domine, a vitiis meis, ut solius tuae voluntatis mihi cupidus sim, et vocationis…"

— Ecco — gridò il pellegrino. — Ho messo il ramo, e il segno. E ti auguro di ritrovare presto la voce, ragazzo. Ullallà!

Poco dopo che l'ultimo grido fu svanito, frate Francis intravide il pellegrino avanzare sulla pista che conduceva all'abbazia. Il novizio sussurrò una rapida benedizione dietro di lui, e una preghiera perché il suo cammino fosse sicuro.

Ora che la sua intimità gli era stata resa, frate Francis rimise il libro nel rifugio e ricominciò la sua azzardata attività edilizia, senza prendersi ancora il disturbo di esaminare ciò che il pellegrino aveva scoperto. Mentre il suo corpo famelico si tendeva e vacillava sotto il peso delle pietre, la sua mente continuava a ripetere macchinalmente la preghiera per la certezza della sua vocazione:

"Libera me, Domine, a vitiis meis… Liberami, o Signore, dai miei vizi, così che nel mio cuore io desideri soltanto la Tua volontà, e sia conscio della Tua chiamata se verrà… ut solius tuae voluntatis mihi cupidus sim, et vocations tuae conscius si digneris me vocare. Amen.

"Liberami, o Signore, dai miei vizi, così che nel cuore…".

Un gregge di cumuli, diretti ad impartire la benedizione della pioggia alle montagne, dopo aver crudelmente deluso il deserto inaridito, cominciò a nascondere il sole e a trascinare strisce d'ombra sull'arida terra, offrendo ristoro intermittente ma bene accetto dalla bruciante luce solare. Quando una fuggevole ombra di nube passava sopra le rovine, il novizio lavorava rapidamente fino a che l'ombra si allontanava, poi riposava fino a che il cumulo seguente oscurava il sole.

Fu per puro caso che frate Francis scoprì, alla fine, la pietra del pellegrino. Mentre vagava lì attorno, incespicò nel ramo che il vecchio aveva infisso nel suolo come segnale. Si trovò a terra, sulle mani e sulle ginocchia, a fissare un paio di segni scritti di fresco con il gesso su una vecchia pietra:

I segni erano tracciati con tanta cura che frate Francis intuì immediatamente che doveva trattarsi di simboli, ma dopo alcuni minuti di meditazione rimase egualmente perplesso. Forse erano simboli della stregoneria? Ma no, il vecchio aveva esclamato "Dio sia con te" e uno stregone non l'avrebbe fatto. Il novizio liberò la pietra dalle macerie e la capovolse. Mentre lo faceva, il mucchio di pietre rombò debolmente, dall'interno: una minuscola pietra scese rumoreggiando lungo la china. Francis si scostò, temendo una valanga, ma non successe altro. Tuttavia, nel punto in cui era stata confitta la pietra del pellegrino adesso c'era un piccolo buco nero.

I buchi sono spesso abitati.

Ma questo buco pareva essere stato tappato così saldamente dalla pietra del pellegrino che difficilmente una pulce avrebbe potuto entrarvi, prima che Francis lo scoperchiasse. Tuttavia prese uno stecco e lo spinse, imbarazzato, nell'apertura. Il fuscello non incontrò resistenza. Quando lo lasciò andare, scivolò nel buco e svanì, come se sotto vi fosse una cavità più grande. Attese, innervosito: non ne uscì nulla.

Si mise di nuovo in ginocchio e fiutò cautamente il buco. Poiché non aveva sentito odore di animali o di zolfo, vi fece rotolare dentro un sassolino e si piegò più vicino, per ascoltare. Il sassolino rimbalzò una volta, qualche metro più sotto l'apertura, poi continuò a rotolare verso il basso, colpì nel passare qualcosa di metallico e finalmente si fermò in un punto imprecisabile, molto in basso. Gli echi facevano pensare a una cavità sotterranea grande quanto una stanza.

Frate Francis si rimise in piedi, faticosamente, e si guardò intorno. Era solo, come al solito, ad eccezione della sua amica poiana che, incrociando in alto, lo aveva sorvegliato in quegli ultimi tempi con tanto interesse che talvolta altre poiane avevano lasciato i loro territori vicino all'orizzonte ed erano venute a indagare.

Il novizio girò attorno al mucchio di macerie, ma non trovò alcuna traccia di un secondo buco. Salì su un mucchio vicino e guardò verso la pista, strizzando le palpebre. Il pellegrino era scomparso ormai da molto tempo. Nulla si muoveva lungo l'antica strada, ma intravide frate Alfred che attraversava una collinetta, un paio di chilometri più a est, in cerca di legna da ardere, vicino al suo eremitaggio quaresimale. Frate Alfred era sordo come una campana. Non c'era nessun altro, in vista. Francis non prevedeva di avere qualche motivo per invocare aiuto, ma calcolare in anticipo i probabili risultati di una simile invocazione, se mai si fosse resa necessaria, sembrava soltanto un esercizio di prudenza. Dopo una attenta osservazione del terreno circostante, scese dal monticello. Il fiato necessario per gridare sarebbe stato meglio utilizzarlo per correre.

Pensò di rimettere la pietra del pellegrino al suo posto, per chiudere il buco come prima, ma le pietre adiacenti si erano spostate leggermente, così che quella, ora, non si riadattava più al suo posto nel rompicapo. Inoltre, la lacuna nella fila superiore del suo rifugio era ancora vuota, e il pellegrino aveva ragione: la forma e le dimensioni di quella pietra lasciavano credere che sarebbe andata bene. Dopo una breve apprensione, sollevò la pietra e tornò vacillando verso il suo rifugio.

La pietra si adattò perfettamente al foro. Provò il nuovo cuneo con un calcio. La fila di pietre resse bene, anche se il colpo provocò un piccolo crollo un po' più in là. I segni tracciati dal pellegrino, sebbene un po' confusi dal suo continuo maneggiare, erano ancora abbastanza chiari da poter essere ricopiati. Frate Francis li tracciò attentamente su un'altra pietra, usando come stilo uno stecco carbonizzato. Quando il Priore Cheroki avrebbe fatto il suo solito giro del sabato per visitare gli eremitaggi, forse avrebbe potuto dire se quei segni avevano un significato, come incantesimo o come maledizione, forse. Era proibito temere le cabale pagane, ma il novizio era curioso di sapere quale segno avrebbe coronato il suo rifugio, in considerazione del peso dell'edificio su cui quel segno era tracciato.

Le sue fatiche continuarono durante l'afa del pomeriggio. Un cantuccio della sua mente continuava a ricordargli del buco — il piccolo buco interessante eppure spaventevole — e il modo in cui il sassolino, rotolando, aveva destato deboli echi dalle profondità sotterranee. Sapeva che le rovine che lo circondavano erano molto antiche. Sapeva anche che, secondo la tradizione, quelle rovine erano state gradualmente logorate, fino a ridursi ad anormali mucchi di pietre, da generazioni di monaci e di visitatori occasionali, uomini che cercavano un carico di pietre o i frammenti di acciaio arrugginito che si potevano trovare fracassando le sezioni di colonne e le lastre più grandi per estrarre le vecchie strisce di quel metallo, misteriosamente piantato nella pietra da uomini d'una età quasi dimenticata dal mondo. Questa erosione umana aveva quasi completamente cancellato la somiglianza con gli edifici che la tradizione ascriveva alle rovine in un periodo anteriore, benché l'attuale mastro costruttore dell'abbazia fosse ancora orgoglioso della sua abilità nel riconoscere e nell'indicare qua e là i resti di un piano terreno. E c'era ancora metallo da recuperare, se qualcuno ci teneva a spezzare una sufficiente quantità di pietra per trovarlo. La stessa abbazia era stata costruita con quelle pietre. Francis considerava molto improbabile che parecchi secoli di costruzioni avessero lasciato ancora qualcosa di interessante da scoprire fra le rovine. Eppure, non aveva mai sentito parlare di edifici con cantine o stanze sotterranee. Il mastro costruttore, ricordò finalmente, era stato molto chiaro nel precisare che gli edifici, in quel luogo, dovevano essere stati costruiti in economia, senza fondamenta profonde, e per la maggior parte posti su lastre di cemento.

Ora che il suo rifugio si avvicinava al completamento, frate Francis tornò ad avventurarsi fino alla buca e rimase ritto a guardarla; era incapace di accantonare la convinzione, tipica di un abitante del deserto, che dovunque esista un posto per ripararsi dal sole, c'è già dentro qualcosa che vi si ripara. Anche se la buca era disabitata, adesso, senza dubbio qualcosa vi sarebbe rientrata, scivolando, prima dell'alba seguente. D'altra parte, se c'era già qualcosa che viveva in quel buco, Francis pensava che sarebbe stato meno rischioso farne la conoscenza di giorno, piuttosto che di notte. Non c'erano altre orme, lì vicino, eccetto le sue, quelle del pellegrino e quelle dei lupi.

Con improvvisa decisione, cominciò a togliere detriti e sabbia dalla imboccatura del buco. Dopo mezz'ora di lavoro, il buco non era più largo, ma la convinzione che si aprisse su di una fossa sotterranea era diventata una certezza. Due piccoli massi, semisepolti e vicini all'apertura, erano ovviamente incastrati dalla forza di una massa eccessiva che stringeva la bocca del pozzo: sembravano imprigionati in un collo di bottiglia. Quando il novizio spinse una pietra verso destra, la sua vicina rotolò a sinistra, fino a che non fu più possibile alcun movimento. L'effetto contrario si verificò quando spinse nella direzione opposta, ma continuò a spingere.

La pietra gli schizzò improvvisamente dalle mani, colpendolo di striscio su un lato della testa, e sparì in una cavità. Il colpo lo fece ondeggiare. Una pietra staccatasi dal pendio lo colpì sul dorso; cadde cercando di aggrapparsi a qualcosa, senza capire se stava cadendo nel buco o no, fino al momento in cui il suo ventre urtò contro il terreno solido. Il rombo provocato dalla valanga di pietre fu assordante ma breve.

Accecato dalla polvere, Francis giacque boccheggiando e chiedendosi se doveva azzardarsi a muoversi, tanto era acuto il dolore che provava al dorso. Dopo aver ripreso un po' di fiato, riuscì ad infilare una mano dentro l'abito e cercò a tentoni il punto fra le spalle in cui dovevano esservi alcune ossa rotte. Il punto pareva sbucciato, e pungeva. Quando ritrasse le dita, erano umide e rosse. Si mosse, ma gemette e giacque di nuovo immobile.

Vi fu un lieve sbattere di ali. Frate Francis levò lo sguardo in tempo per vedere la poiana che si accingeva a porsi su un mucchio di macerie, a pochi metri di distanza. Improvvisamente l'uccello riprese quota, ma Francis ebbe l'impressione che l'avesse guardato con una specie di preoccupazione materna, come una gallina spaventata. Rotolò in fretta su se stesso. Un intero stormo nero di rapaci si era raccolto, e veleggiava in cerchio, a una quota curiosamente bassa. Sfioravano i monticelli di macerie. Quando Francis si mosse, si levarono a quota più alta. Dimenticando improvvisamente la possibilità di avere qualche vertebra incrinata o una costola rotta, il novizio si rimise in piedi, tremando. Delusa, la nera orda celeste risalì ad alta quota sfruttando le invisibili correnti ascensionali d'aria calda, poi si sciolse e si disperse verso più remote veglie aeree. Oscure alternative al Paracleto di cui attendeva la discesa, i rapaci sembravano talvolta ansiosi di scendere al posto della Colomba; il loro sporadico interesse in quegli ultimi tempi era stato snervante, e Francis decise prontamente, dopo qualche sperimentale scrollata di spalle, che la pietra aguzza non aveva provocato altro che lividi e abrasioni.

Una colonna di polvere che si era levata dal fianco della cavità si stava disperdendo nella brezza. Sperò che qualcuno la vedesse dalle torri di guardia dell'abbazia e venisse a indagare. Ai suoi piedi, un buco di terra quadrata si apriva nella terra, proprio dove un fianco del monticello era crollato nella fossa sottostante. Una rampa di scale conduceva in basso, ma solo i primi gradini non erano sepolti dalla valanga che si era fermata e mezza strada per sei secoli, aspettando l'aiuto di frate Francis prima di completare la sua ruggente discesa.

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