La cassetta aveva la forma di una cartella da scolaro ed era evidentemente una specie di valigia. Poteva essere servita a molti usi, ma era stata malamente ammaccata dalle pietre nella loro caduta. La liberò goffamente dalle macerie e la portò più vicino al fuoco. La serratura sembrava rotta, ma il coperchio era stato quasi saldato dalla ruggine. La cassetta emise un rumore metallico, quando la scosse. Non era la custodia più adatta per cercarvi libri o documenti, ma era evidente che era stata costruita per essere aperta e chiusa, e poteva contenere qualche frammento di informazione per i Memorabilia. Tuttavia, ricordando il destino di frate Boedullus e di altri, l'asperse di acqua santa prima di tentare di aprirla, e maneggiò l'antica reliquia con la massima reverenza possibile mentre batteva con una pietra sui cardini arrugginiti.
Finalmente ruppe i cardini, e il coperchio si staccò. Minuscoli frammenti metallici, schizzarono dagli scomparti, si sparsero fra le rocce; qualcuno si perdette nei crepacci. Ma, sul fondo della cassetta, nello spazio sotto agli scomparti scorse… dei documenti! Solo una breve preghiera di ringraziamento, raccolse tutti i frammenti metallici che poté e, dopo aver riabbassato il coperchio, cominciò a salire la collinetta di detriti verso la tromba delle scale e verso la piccola striscia di cielo, tenendo ben stretta la cassetta sotto un braccio.
Il sole era accecante, dopo l'oscurità del rifugio. Non si accorse nemmeno che stava scendendo pericolosamente verso l'orizzonte, a occidente, ma cominciò immediatamente a cercare una lastra piatta sulla quale poter spargere il contenuto della cassetta per esaminarlo senza correre il rischio di perdere qualcosa nella sabbia.
Qualche minuto più tardi, seduto su una pietra screpolata alle fondamenta, cominciò a togliere i pezzi di metallo e di vetro che riempivano gli scomparti. Molti erano piccoli oggetti tubolari con un filamento metallico ad ogni estremità. Ne aveva già visti, prima d'allora. Il piccolo museo dell'abate ne possedeva qualcuno, di varia grandezza, forma e colore. Una volta aveva visto uno sciamano del popolo pagano delle colline che ne indossava una fila come collana cerimoniale. Il popolo delle colline li considerava come "parti del corpo del dio"… della favolosa Machina analytica, osannata come il più saggio dei loro dèi. Ingoiando uno di quegli oggetti, uno sciamano poteva acquisire l'Infallibilità, dicevano. Senza dubbio, in quel modo acquisiva l'Indiscutibilità, fra la sua gente… a meno che ne inghiottisse uno del tipo velenoso. Gli oggettini del museo erano egualmente collegati gli uni agli altri… non sotto forma di collana, ma come un labirinto complesso e piuttosto disordinato in fondo a una piccola cassetta di metallo, etichettata come: CHASSIS RADIO: APPLICAZIONE INCERTA.
Nell'interno del coperchio della cassetta, era stato incollato un foglietto; la colla si era polverizzata, l'inchiostro era sbiadito e la carta era così macchiata di ruggine che persino una buona calligrafia sarebbe stata difficile da leggere, e questa era una scritta scarabocchiata in fretta. La studiò, a intermittenze, mentre vuotava gli scomparti. Sembrava una specie di inglese, ma passò mezz'ora prima che riuscisse a decifrare quasi tutto il messaggio.
CARL…
Devo pigliare l'aereo per (indecifrabile) fra venti minuti. Per amor di Dio, tieni lì Em fino a che sapremo se siamo o no in guerra. Ti prego! cerca di farla mettere nell'elenco di riserva per il rifugio. Non sono riuscito a procurarle un posto sul mio aereo. Non dirle perché te l'ho mandata con questa cassetta di cianfrusaglie, ma cerca di tenerla lì finché non sapremo (indecifrabile) nella peggiore delle ipotesi, uno dei convocati di riserva non si faccia vivo.
I.E.L.
P.S. — Metto il sigillo sulla serratura e scrivo SEGRETISSIMO sul coperchio per impedire a Em di guardarci dentro. È la prima cassetta che mi sono trovata a portata di mano. Scaraventala nel mio armadietto o qualcosa del genere.
Quel biglietto sembrò un frettoloso balbettio infantile a frate Francis, che in quel momento era troppo eccitato per concentrarsi su un solo particolare. Dopo un'ironica occhiata finale ai frettolosi scarabocchi, si accinse al compito di togliere gli scomparti per arrivare alle carte che si trovavano nel fondo alla cassetta. Gli scomparti erano tutti montati su supporti che evidentemente dovevano servire a staccare gli scomparti stessi dalla cassetta, se la si teneva fortemente inclinata, ma i sostegni erano arrugginiti e frate Francis fu costretto a smuoverli servendosi di un piccolo strumento d'acciaio prelevato da uno degli scomparti.
Quando frate Francis ebbe tolto l'ultimo scomparto, toccò con reverenza le carte; c'era solo una manciata di documenti ripiegati, eppure era un vero tesoro, perché quelle carte erano sfuggite alle fiamme colleriche della Semplificazione, in cui si erano arricciati, anneriti e avvizziti trasformandosi in fumo persino scritti sacri, mentre la folla ignorante ululava e gridava in trionfo.
Maneggiò con la massima cura le carte come avrebbe potuto maneggiare oggetti sacri, riparandole dal vento con il suo abito, poiché erano tutte fragili, screpolate dal tempo. C'era un fascio di rozzi disegni e diagrammi. C'erano biglietti scritti a mano, due grandi fogli piegati e un libriccino intitolato Memorandum.
Per prima cosa esaminò i biglietti. Erano scarabocchiati dalla stessa mano che aveva scritto la nota incollata al coperchio della cassetta metallica, e la grafia non era meno abominevole. Un etto pasticcini, diceva un biglietto, scatola crauti… portare a casa per Emma. Un altro rammentava: Ricordare… cercare il modulo 1040, Zio Fisco. Un altro biglietto era solamente una colonna di numeri il cui totale era circondato da un segno circolare; da questo totale veniva sottratta una seconda somma e finalmente veniva tratta una percentuale, seguita dalla parola accidenti! Frate Francis controllò i conti: non riuscì a trovare errori nell'aritmetica di quell'abominevole calligrafo, per lo meno, anche se non poté dedurre che cosa rappresentassero tutte quelle quantità.
Maneggiò il Memorandum con speciale reverenza, perché il suo titolo faceva pensare al Memorabilia. Prima di aprirlo, si fece il segno della Croce e mormorò la Benedizione dei Testi. Ma il libriccino fu una delusione.
Si era aspettato un'opera stampata, ma trovò soltanto un elenco manoscritto di nomi, luoghi, numeri e date. Le date andavano dall'ultima parte del quinto decennio alla prima parte del sesto, secolo ventesimo. Una nuova conferma! Il contenuto del rifugio proveniva dal periodo crepuscolare dell'Età dell'Illuminazione. Era veramente una scoperta importante.
Dei fogli più grandi, uno era strettamente arrotolato, e cominciò a rompersi quando frate Francis cercò di srotolarlo; riuscì a capire le parole PROGRAMMA DELLE CORSE, ma nient'altro. Dopo averlo nuovamente riposto nella cassetta per un successivo lavoro di restauro, si occupò del secondo documento ripiegato: era così estremamente fragile che osò esaminarne soltanto una parte, aprendo leggermente le falde e sbirciandovi in mezzo.
Un diagramma, sembrava, ma… un diagramma di linee bianche su carta scura!
Ancora una volta provò l'eccitazione della scoperta. Era evidentemente una blueprint… e nell'abbazia non c'era una sola blueprint originale, ma solo facsimili a inchiostro. Gli originali erano sbiaditi da molto tempo, a causa dell'eccessiva esposizione alla luce. Mai, prima di allora, frate Francis aveva visto un originale, anche se aveva visto abbastanza riproduzioni dipinte a mano per poter riconoscere una blueprint che, sebbene macchiata e scolorita, era ancora leggibile dopo tanti secoli, a causa della totale oscurità e della scarsa umidità del rifugio in cui era rimasta.
Rovesciò il documento… e provò un breve impulso di furore. Chi era stato l'idiota che aveva sfregiato quel documento inestimabile? Qualcuno aveva distrattamente scarabocchiato figure geometriche e puerili facce caricaturali sul verso del foglio. Chi era stato quel vagabondo sconsiderato…
L'ira svanì dopo un istante di riflessione. Al tempo del misfatto, probabilmente le blueprint erano state comuni quanto l'erba, e il proprietario della cassetta era il probabile colpevole. Riparò il foglio dal sole con la propria ombra, mentre cercava di aprirlo. Nell'angolo inferiore destro c'era un rettangolo stampato che conteneva, in lettere semplici, vari titoli, date, "numeri dei brevetti" numeri di riferimento e nomi. Il suo sguardo scese lungo l'elenco fino a che incontrò:
«DISEGNO DEL CIRCUITO: LEIBOWITZ, I.E.»
Chiuse per un momento gli occhi e scosse il capo fino a che gli parve di sentirlo tintinnare. Poi guardò di nuovo. Era lì, molto chiaro:
DISEGNO DEL CIRCUITO: LEIBOWITZ. I.E.
Rovesciò di nuovo il foglio. Fra le figure geometriche e gli schizzi puerili, chiaramente stampigliato in inchiostro purpureo, c'era il timbro:
Il nome era scritto in nitida grafia femminile, non con i frettolosi scarabocchi degli altri appunti. Guardò di nuovo le iniziali che sigiavano il biglietto incollato al coperchio della cassetta: I.E.L. e poi DISEGNO DEL CIRCUITO… E le stesse iniziali apparivano in altri punti, nelle annotazioni.
C'erano state discussioni, puramente congetturali per decidere se il beato fondatore dell'Ordine, se fosse stato finalmente canonizzato, avrebbe dovuto essere invocato come San Isaac, o San Edward. Qualcuno aveva proposto San Leibowitz, poiché, fino a quel momento, era stato chiamato per cognome.
— Beate Leibowitz, ora pro me! - sussurrò Francis. Le mani gli tremavano così forte che minacciavano di rovinare i fragili documenti. Aveva scoperto delle reliquie del Santo.
Naturalmente, Nuova Roma non aveva ancora proclamato che Leibowitz era santo, ma frate Francis ne era così convinto che osò aggiungere. — Sancte Leibowitz, ora pro me!
Frate Francis non sprecò alcuna logica oziosa nel balzare immediatamente alla conclusione: gli era stato concesso dal Cielo un segno della sua vocazione. Aveva trovato ciò che aveva dovuto cercare nel deserto, come la vedeva lui. Era chiamato a diventare monaco professo dell'Ordine.
Dimenticando che l'abate ammoniva severamente di non attendersi che una vocazione venisse in forma spettacolare o miracolosa, il novizio si inginocchiò sulla sabbia per una preghiera di ringraziamento e per offrire qualche decina del rosario per il vecchio pellegrino che gli aveva indicato la pietra che conduceva al rifugio. «Ti auguro di trovare presto la voce, figliolo» aveva detto il viandante. Fino a quel momento il novizio non aveva sospettato che il pellegrino avesse alluso a una Voce con la V maiuscola.
"Ut solius tuae voluntatis mihi cupidus sim, et vocationis tuae conscius, si digneris me vocare…".
Sarebbe spettato all'abate decidere se la sua "voce" stava parlando il linguaggio delle circostanze e non il linguaggio della causa e dell'effetto. Sarebbe spettato al Promotor Fidei pensare che forse Leibowitz non era un cognome insolito prima del Diluvio di Fiamma che I.E. potevano indicare tanto Ichabod Ebenezer quando Isaac Edward. Per Francis la possibilità era una sola.
Dalla lontana abbazia, tre note di campana squillarono attraverso il deserto, una pausa, poi le tre note furono seguite da altre nove.
— Angelus Domini nuntiavit Mariae - rispose doverosamente il novìzio, levando sorpreso lo sguardo e accorgendosi che il sole era divenuto un grosso ovale scarlatto che già toccava l'orizzonte occidentale. La barriera di pietre attorno alla sua tana non era ancora completa.
Non appena ebbe recitato l'Angelus, ripose frettolosamente e carte nella vecchia cassetta arrugginita. Una chiamata dal cielo non comprende necessariamente la facoltà miracolosa di sottomettere le bestie feroci o di farsi amici i lupi affamati.
Prima che il crepuscolo fosse svanito e che fossero apparse le stelle, il suo rifugio provvisorio era ben fortificato, per quanto era possibile; rimaneva solo da provare che fosse a prova di lupo. Il collaudo non sarebbe tardato molto. Aveva già udito alcuni ululati provenire da occidente. Aveva ravvivato il fuoco, ma non era rimasta alcuna luce, al di là del cerchio del riverbero delle fiamme, per permettergli di fare la solita raccolta quotidiana di purpurei frutti di cactus… la sua sola fonte di nutrimento ad eccezione delle domeniche, in cui dall'abbazia venivano mandate poche manciate di grano secco, dopo che un prete aveva fatto il suo giro con il Santissimo Sacramento. La lettera della regola per una vigilia quaresimale di vocazione non era rigorosa quanto la sua applicazione pratica. Così applicata, la regola equivaleva semplicemente all'inedia.
Quella notte, tuttavia, i morsi della fame erano per Francis meno fastidiosi del suo impulso impaziente di correre all'abbazia ad annunciare la notizia della sua scoperta. Ma questo avrebbe significato rinunciare alla sua vocazione non appena discesa su di lui; doveva rimanere lì per la durata della Quaresima, vocazione o non vocazione, per continuare la sua vigilia come se non fosse accaduto nulla di straordinario.
Accanto al fuoco, sognando a occhi aperti, guardò nell'oscurità in direzione del Rifugio Sopravvivenza Fallout e cercò di immaginare una grande basilica che sorgesse proprio in quel punto. Era una fantasia piacevole, ma era difficile pensare che qualcuno scegliesse quella remota zona desertica come centro di una futura diocesi. Se non una basilica, almeno una chiesa più piccola — la Chiesa di San Leibowitz del Deserto — circondata da un giardino e da un muro, con una cappella del Santo che attraeva fiumi di pellegrini dai lombi cinti, provenienti dal nord. "Padre" Francis dello Utah conduceva i pellegrini a fare il giro delle rovine, li ammetteva persino, al di là del Portello Due, negli splendori dell'Ambiente Sigillato, le catacombe del diluvio di Fiamma dove… dove… bene, dove avrebbe potuto celebrare per loro la Messa sull'altare di pietra che racchiudeva una reliquia del santo cui era dedicata quella chiesa… un pezzo di rozzo canovaccio? qualche fibra del cappio del carnefice? ritagli di unghie trovati in fondo alla cassetta arrugginita?… o forse il PROGRAMMA DELLE CORSE. Ma la fantasia si avvizzì. Le possibilità che frate Francis diventasse prete erano molto esigue… poiché non appartenevano a un Ordine missionario, i Frati di Leibowitz avevano bisogno soltanto di un numero di preti sufficienti per l'abbazia e per poche altre comunità di monaci, in altri luoghi. Inoltre, il "Santo" era ufficialmente ancora un Beato, e non sarebbe mai stato canonizzato se non avesse compiuto qualche incontrovertibile miracolo per avvalorare la sua beatificazione, che non era una proclamazione infallibile come invece sarebbe stata la canonizzazione, sebbene permettesse formalmente ai monaci dell'Ordine di Leibowitz di venerare il loro fondatore e patrono, al di fuori della Messa e dell'Ufficio. Le proporzioni della chiesa fantastica si ridussero alle dimensioni di una cappelletta sull'orlo della strada; il fiume di pellegrini si ridusse a un rigagnolo. Nuova Roma era occupata con altri problemi, come la petizione per una definizione formale sulla questione dei Doni Preternaturali della Santa Vergine, poiché i Domenicani sostenevano che l'Immacolata Concezione comprendeva non soltanto la grazia innata, ma anche il fatto che la Madre Benedetta avesse avuto i poteri preternaturali che appartenevano a Eva prima della Caduta; alcuni teologi di altri Ordini, mentre ammettevano che questa era una congettura molto pia, negavano che questo fosse il caso in questione, e sostenevano che una "creatura" poteva essere "monda dal peccato originale" ma non dotata di poteri preternaturali. I Domenicani si inchinavano a questa affermazione, ma sostenevano che la credenza era sempre stata implicita in altri dogmi: come l'Assunzione (immortalità preternaturale) e la Preservazione dal Peccato Attuale (che comprendeva l'integrità preternaturale) e altri esempi simili. Mentre tentava di risolvere questa disputa, Nuova Roma sembrava aver lasciato la causa per la canonizzazione di Leibowitz a impolverarsi nello scaffale.