Capitan Tempesta - Emilio Salgari 9 стр.


Ricordo i tuoi occhi neri, che io fissavo ogni sera quando il sole tramontava sul mare ed i cammelli tornavano dal pascolo, ma lei ha la pelle bianca, mentre io lho nera e non è schiava come te. Eppure non sono un uomo anchio? Non ero nato libero? Forse che mio padre non era un gran guerriero degli Amarzucki?

Si era alzato, comprimendosi con maggior forza la testa e rigettando dietro di sè lampio mantello, poi tornò a sedersi o meglio si lasciò cadere sul masso, come se quellenergia momentanea lavesse abbandonato.

El-Kadur piangeva e quelle lagrime gli irrigavano il viso bruno.

 Sono uno schiavo, disse con voce rauca un cane fedele della mia signora, che solo la morte potrà rendere felice.

 Meglio sarebbe stato che una palla od una scimitarra dei miei antichi correligionari mavesse squarciato il cuore tutte le ansie, tutti i tormenti dello schiavo disprezzato, a questora sarebbero finiti

Si era bruscamente alzato avviandosi verso lapertura, come se avesse preso una decisione disperata ed aveva cominciato a rimuovere i massi.

 Sì, disse con accento quasi feroce. Andrò a trovare Mustafà, gli dirò che anchio quantunque abbia la pelle nera e sia un arabo, sono un credente della Croce e non della Mezzaluna, che io ho molte volte traditi i turchi e mi farà decapitare.

Fra unora dormirò il sonno eterno anchio, come dormono a questora migliaia di prodi guerrieri e tutto sarà finito.

Un gemito che sfuggì dalle labbra della duchessa, lo arrestò, facendolo sussultare.

Si volse, passandosi una mano sulla fronte ardente.

La torcia stava per spegnersi e mandava qualche guizzo che si rifletteva sul bellissimo e pallido viso della duchessa.

Le tenebre stavano per invadere la casamatta, che non aveva più alcuna comunicazione col di fuori. Quelloscurità fece sullarabo una paurosa impressione.

 Quale delitto stavo per commettere io, andando a cercare la morte? E la mia padrona? Vile che sono, io labbandonavo qui, sola, ferita, senza soccorsi io che sono il suo schiavo, il suo fedele El-Kadur! Ero pazzo, ero un miserabile!

Si era avvicinato in punta di piedi alla duchessa. Dormiva ancora, coi lunghi capelli neri sparsi intorno al viso marmoreo, le braccia tese come se stringessero la formidabile spada di Capitan Tempesta ed il pugnale.

Il suo respiro era regolare, ma il suo cervello doveva essere turbato da qualche sogno, perchè di quando in quando la fronte si rannuvolava e le sue labbra sincrespavano.

Ad un tratto un nome le sfuggì dalla bocca.

 El-Kadur mio fido amico salvami

Un lampo di gioia sconfinata era brillato negli occhi neri e profondi del figlio dei deserti arabi.

 Mi sogna, mormorò, con un sordo singhiozzo. Mi chiede di salvarla! Ed io stavo per abbandonarla e lasciarla morire! Ah! Mia signora! Larabo, lo schiavo vostro morrà, ma vi strapperà dai pericoli che vinsidiano.

Quellesplosione di gioia fu però di breve durata, perchè un altro nome era uscito dalle labbra della duchessa.

 Le Hussière dove sei tu quando ti rivedrò?

Un nuovo singhiozzo aveva lacerato il petto dellarabo.

 Pensa a lui, disse, senza però che nella sua voce si sentisse alcuna vibrazione di rancore. Lama e non è uno schiavo Sono pazzo

Andò a ricollocare a posto i massi, accese una nuova torcia, essendovene parecchie nella casamatta, poi tornò a sedersi accanto alla duchessa, reggendosi la testa colle mani.

Pareva che non udisse più nulla: nè il rombo delle ultime cannonate, che venivano sparate sulla cima delle torri non ancora conquistate, nè il vociare furioso dei turchi ormai irrompenti al disopra dei bastioni.

Che importava a lui ormai che Famagosta fosse caduta e che lorribile strage fosse cominciata, quando la sua padrona non correva più pericolo alcuno?

Guardava fisso innanzi a sè, vagamente, seguendo chissà quali visioni. Forse il suo pensiero ricorreva alla sua prima giovinezza, quando, fanciullo, galoppava pei deserti luminosi ed ardenti dellArabia, sui rapidi mehari, non schiavo ancora. E ripensava forse alla notte tremenda in cui una tribù nemica aveva assalito, nel colmo delle tenebre, le tende di suo padre e dopo daver sgozzati i guerrieri che le difendevano, lavevano tratto brutalmente su un rapido corsiero per far di lui, figlio dun capo già potente, un miserabile schiavo.

Forse pensava alla piccola Laglan, la sua compagna di miserie e di martirî, che gli aveva fatto battere per la prima volta il cuore e che nella sua ardente fantasia dorientale, somigliava, salvo il colore della sua pelle, alla duchessa dEboli sua padrona.

Le ore passavano ed El-Kadur non si muoveva. La giovane, non più in preda al delirio, dormiva profondamente.

Passarono così parecchie ore. Le grida ed il rombo dei cannoni degli artiglieri non si udivano più; solo di quando in quando echeggiavano pochi colpi darchibugio, seguiti da uno scoppio durla feroci e che poco dopo si spegnevano bruscamente.

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