Un fascio di luce abbagliante lavvolse, togliendola alla vista del cacciatore di serpenti che fu forzato a chiudere gli occhi.
Quella fanciulla era coperta letteralmente doro e di pietre preziose dinestimabile prezzo. Una corazza doro, tempestata dei più bei diamanti del Golconda e del Guzerate, decorata del misterioso serpente colla testa di donna, le racchiudeva tutto il seno e spariva in un largo scialle di cachemire trapunto dargento, che cingevale i fianchi; molteplici collane di perle e di diamanti le pendevano dal collo, grossi come nocciuole; larghi braccialetti pur tempestati di pietre preziose le ornavano le nude braccia, ed i calzoncini larghi, di seta bianca, erano stretti sul collo dei piedi nudi e piccini, da cerchietti di corallo della più bella tinta rossa. Un raggio di sole, penetrato da uno stretto pertugio, battendo sopra quella profusione di ori e di gioie aveva per così dire immersa la giovanetta in un mare di luce dun fulgore acciecante.
La visione! La visione! ripeté per la seconda volta Tremal-Naik, tendendo le braccia verso di lei! Oh! quanto è bella!
La giovanetta si guardò attorno con smarrimento e portò un dito sulle labbra, come per invitarlo a tacere, poi camminò dritta verso di lui.
Sciagurato! dissella con ispavento. Cosa sei venuto a far qui? Qual follia ti trascinò in questorribile luogo?
Il cacciatore di serpenti, senza volerlo, era caduto in ginocchio tendendo le mani verso di lei che indietreggiò con maggiore spavento.
Non toccarmi! dissella, con un filo di voce.
Tremal-Naik aveva emesso un sospiro:
Sei bella! esclamò egli con passione.
Taci, Tremal-Naik!
Sei bella! ripeté il selvaggio figlio della jungla. Ella gli pose un dito sulle labbra.
Se non vuoi perdermi, non fare rumore, disse la giovanetta con dolce rimprovero. Tu non sai ancora, i tremendi pericoli che ci minacciano.
Io sono Tremal-Naik! Chi è questuomo che ti minaccia? Dimmelo ed io, il cacciatore di serpenti, ti giuro che domani questo nemico sarà scomparso dalla terra!
Non parlare così, Tremal-Naik!
Perché? Senti, fanciulla: non aveva mai veduto un volto di donna nella mia jungla popolata dalle sole tigri. Quandio per la prima volta ti vidi, agli ultimi raggi del sole morente, là, dietro quel cespuglio di mussenda, mi sono sentito scuotere tutto. Mi parve che tu fossi una divinità scesa dal cielo e tadorai.
Taci! taci! ripeté con voce rotta la fanciulla, nascondendosi il volto fra le mani.
Non posso tacere, vago fiore della jungla! esclamò Tremal-Naik con maggior passione. Quando tu scomparisti, mi parve che qualche cosa si staccasse dal mio cuore. Ero come ubriaco, dinanzi agli occhi mi danzava la tua visione, nelle vene scorrevami più rapido il sangue e lingue di fuoco mi salivano in volto e più su fino al cervello. Si avrebbe detto che tu mi avevi stregato!
Tremal-Naik! mormorò con ansia la fanciulla.
Quella notte non dormii, proseguì il cacciatore di serpenti. Avevo la febbre indosso e una smania furiosa di rivederti. Perché? Io lignorava, né sapeva capacitarmi come ciò accadesse. Era la prima volta in vita mia che provavo una tale emozione. Passarono quindici giorni. Tutte le sere, al calar del sole, io ti rivedeva dietro al mussenda ed io mi sentivo felice dinanzi a te; mi pareva di esser trasportato in un altro mondo mi pareva di essere diventato un altro uomo. Tu non mi parlavi, ma mi guardavi e per me era anche troppo; quei tuoi sguardi erano eloquenti e mi dicevano che tu
Sarrestò ansante, guardando la fanciulla che teneva il volto nascosto fra le mani.
Ah! esclamò egli con dolore. Tu adunque non vuoi che parli.
La fanciulla si scosse e lo fissò, con occhi umidi.
Perché parlare, balbettò ella, quando tra noi vè un abisso? Perché sei venuto qui, sciagurato, a ridestare nel mio cuore una speranza vana? Non sai tu adunque, che questo luogo è maledetto, interdetto soprattutto a colui che io amo?
Che io amo! esclamò Tremal-Naik, con gioia. Ripeti, ripeti questa parola, vago fiore della jungla! È vero adunque che tu mi ami? È vero dunque che tu venivi ogni sera dietro il mussenda perché mi amavi?
Non farmi morire, Tremal-Naik, esclamò la fanciulla con angoscia.
Morire! Perché? Qual pericolo ti minaccia? Non sono qui io a difenderti? Che importa se questo luogo è maledetto? Che importa se fra noi due vè un abisso? Io sono forte, tanto forte che per te scrollerei questo tempio e infrangerei quellorribile mostro, dinanzi al quale tu versi dei profumi.
Come, tu sai questo? Chi te lo disse?
Tho veduta questa notte.
Questa notte eri qui dunque?
Sì, ero qui, anzi lassù aggrappato a quella lampada, proprio sopra al tuo capo.
Ma chi ti condusse in questo tempio?
La sorte, o meglio il laccio degli uomini che abitano questa terra maledetta.
Thanno dunque veduto?
Mhanno dato la caccia.
Ah! disgraziato, sei perduto! esclamò la fanciulla con disperazione.
Tremal-Naik si slanciò verso di lei.
Ma dimmi, qual mistero è questo? chiese egli con furore, a gran pena frenato. Perché tanto terrore? Che cosa vuol dire quella mostruosa figura che ha bisogno di profumi? Cosè quel pesce dorato che nuota in quel bacino? Cosa significa quel serpente dalla testa di donna che tu hai impresso sulla corazza? Chi sono questi uomini che strangolano i loro simili e che vivono sotto terra? Io lo voglio sapere, o Ada, io lo voglio!
Non interrogarmi, Tremal-Naik.
Perché?
Ah! se tu sapessi qual terribile destino pesa su me!
Ma io son forte.
Che vale la forza contro questi uomini?
Farò a loro una guerra spietata.
Tinfrangeranno come un giovane bambù. Non sfidano essi la possanza dellInghilterra? Sono forti, Tremal-Naik, e tremendi! Nulla resiste a loro: né le flotte, né gli eserciti. Tutto cade dinanzi al velenoso loro soffio.
Ma chi sono adunque essi?
Non posso dirlo.
E se io te lo comandassi?
Rifiuterei.
Dunque tu diffidi di me! esclamò Tremal-Naik con rabbia.
Tremal-Naik! Tremal-Naik! mormorò linfelice giovanetta, con accento straziante.
Il cacciatore di serpenti si torse le braccia.
Tremal-Naik, proseguì la fanciulla, una condanna pesa su di me, una condanna terribile, spaventevole, che non cesserà che colla mia morte. Io tho amato, prode figlio della jungla, tamo sempre, ma
Ah! tu mi ami! esclamò il cacciatore di serpenti.
Sì, ti amo, Tremal-Naik.
Giuralo su quel mostro che ci sta dappresso.
Lo giuro! disse la giovanetta, tendendo la mano verso la statua di bronzo.
Giura che tu sarai mia sposa!
Uno spasimo scompose i lineamenti della giovanetta.
Tremal-Naik, mormorò ella con voce cupa, sarò tua sposa, se pure sarà possibile!
Ah! ho forse un rivale.
No, né vi sarà alcuno tanto audace da fissare il suo sguardo su di me. Appartengo alla morte.
Tremal-Naik aveva fatto due passi indietro colle mani strette al capo.
Alla morte! esclamò.
Sì, Tremal-Naik, appartengo alla morte. Il giorno in cui un uomo poserà le sue mani su di me, il laccio dei vendicatori troncherà la mia vita.
Ah! ho forse un rivale.
No, né vi sarà alcuno tanto audace da fissare il suo sguardo su di me. Appartengo alla morte.
Tremal-Naik aveva fatto due passi indietro colle mani strette al capo.
Alla morte! esclamò.
Sì, Tremal-Naik, appartengo alla morte. Il giorno in cui un uomo poserà le sue mani su di me, il laccio dei vendicatori troncherà la mia vita.
Ma sogno io forse?
No, sei sveglio e colei che ti parla è la donna che ti ama.
Ah! tremendo mistero!
Sì, tremendo mistero, Tremal-Naik. Tra noi vè un abisso che nessuno sarà capace di colmare Fatalità! Ma cosa ho fatto io per essere così disgraziata? Qual delitto ho commesso io, per essere maledetta?
Uno scoppio di pianto soffocò la sua voce ed il suo volto sirrigò di lagrime. Tremal-Naik emise un sordo ruggito e strinse le pugna con tale forza da far crocchiare le ossa.
Che posso fare per te? chiese egli, commosso fino al fondo dellanima. Queste tue lagrime mi fanno male, vago fiore della jungla. Dimmi che devo fare, comanda ed io ti ubbidirò più duno schiavo. Vuoi che io ti tragga da questo luogo, io lo farò, dovessi lasciare la vita nel tentativo.
Oh! no, no! esclamò la giovanetta, con ispavento. Sarebbe la morte per entrambi.
Vuoi che io parta di qui? Senti, io ti amo assai, ma se la tua esistenza richiedesse la separazione eterna fra noi due, io infrangerò lamore che nacque nel mio cuore. Sarò dannato, sarà un martirio continuo per me, ma lo farò. Parla, cosa devo fare?
La giovanetta taceva e singhiozzava. Tremal-Naik lattirò dolcemente a sé e stava per aprire le labbra, quando al di fuori echeggiò lacuta nota del ramsinga.
Fuggi! fuggi, Tremal-Naik! esclamò la giovanetta, fuori di sé pel terrore. Fuggi o siamo perduti!
Ah! maledetta tromba! urlò Tremal-Naik, digrignando i denti.
Essi arrivano, proseguì la giovanetta con voce spezzata. Se ci trovano, ci immoleranno alla loro spaventevole divinità. Fuggi! fuggi!
Oh giammai!
Ma vuoi tu adunque farmi morire!
Io ti difenderò!
Ma fuggi, disgraziato! fuggi!
Tremal-Naik per tutta risposta raccolse da terra la carabina e larmò.
La giovanetta comprese che quelluomo era irremovibile.
Abbi pietà di me! dissella con angoscia. Essi vengono.
Ebbene, io li aspetterò, rispose Tremal-Naik. Il primo uomo che ardirà alzare su di te la sua mano, giuro sul mio dio che lo ammazzo come una tigre della jungla.
Ebbene rimani, giacché sei irremovibile, prode figlio della jungla; io ti salverò.
Ella raccolse il suo sari e si diresse verso la porta dalla quale era entrata. Tremal-Naik si slanciò verso di lei trattenendola.
Dove vai? gli chiese.
A ricevere luomo che sta per arrivare ed impedirgli che qui entri.
Questa sera, alla mezzanotte, io ritornerò da te. Allora si compirà la volontà dei numi e forse fuggiremo.
Il tuo nome?
Ada Corishant.
Ada Corishant! Ah! quanto è bello questo nome! Va, nobile creatura, a mezzanotte tattendo!
La giovanetta savvolse nel sari, guardò unultima volta, cogli occhi umidi, Tremal-Naik e uscì soffocando un singhiozzo.
VI. La condanna di morte
Uscita dalla pagoda, Ada, ancora commossa, col volto ancor bagnato di lagrime, ma gli occhi sfavillanti di fierezza, era entrata in un piccolo salotto coperto da stuoie dipinte e decorato da mostruose divinità, poco dissimili da quelle di già descritte. Il serpente dalla testa di donna, la statua di bronzo dal volto orribile e la vasca di marmo bianco col pesciolino rosso, non mancavano.
Un uomo era di già entrato e passeggiava innanzi e indietro con visibile impazienza. Era un indiano di alta statura, magro come un bastone, col volto energico, lo sguardo lampeggiante e feroce, e il mento coperto da una piccola barba nera ed arruffata. Portava, avvolto attorno al corpo, un ricco dootèe, specie di mantello di seta gialla, trapunto in oro con in mezzo il misterioso emblema. Le braccia che aveva nude, erano coperte di cicatrici bianche e da bizzarri segni, che un indiano stesso si sarebbe rotto il capo senza pur decifrarli.
Nello scorgere Ada, questuomo si era fermato di botto fissando su di lei uno sguardo che aveva dei bagliori strani, e le sue labbra satteggiarono ad un riso, anzi ad un sogghigno che incuteva spavento.
Salve alla vergine della pagoda dissegli, inginocchiandosi dinanzi alla giovanetta.
Salve al gran capo prediletto della divinità, rispose Ada con voce tremante.
Entrambi tacquero, guardandosi fissamente. Pareva che cercassero reciprocamente di leggersi il pensiero che attraversava la loro mente.
Vergine della pagoda sacra, disse dopo qualche tempo lindiano, tu corri un gran pericolo.
Ada fremette. Laccento dellindiano era cupo e minaccioso.
Dove sei stata questa notte? Mi dissero che tu sei entrata nella pagoda.
È vero. Tu mi inviasti dei profumi e li versai ai piedi della tua divinità.
Dici la nostra.
Sì, la nostra, disse la giovanetta coi denti stretti.
Coshai veduto nella pagoda?
Nulla.
Vergine della pagoda, tu corri un gran pericolo, ripeté lindiano con voce ancor più cupa. Io ho scoperto tutto!
Ada aveva fatto un balzo indietro, gettando un urlo dorrore.
Sì, proseguì lindiano con rabbia concentrata, ho scoperto tutto! Il tuo cuore, condannato a non battere mai su questa terra, ha palpitato damore per un uomo che tu vedesti nella jungla nera. Questuomo è sbarcato la notte scorsa sui nostri domini e dopo daver alzato la mano su di noi, daver commesso un orrendo delitto, scomparve, ma io lo ritrovai. Questuomo è entrato nella pagoda.
Tu menti! tu menti! esclamò la sventurata giovanetta.
Vergine della pagoda, amando quelluomo hai mancato ai tuoi doveri. Buon per te che quelluomo non ardì alzare le sue mani su di te.
Tu menti! tu menti! ripeté la giovanetta, smarrita.
Ma quelluomo non uscirà vivo di qui, ripigliò lindiano con gioia feroce. Folle, ei voleva sfidare noi potenti, noi che facciamo tremare lInghilterra. Il serpente entrò nella tana del leone e il leone lo sbranerà.
Non farlo!
Lindiano si mise a sogghignare.
Chi è che soppone ai voleri della nostra divinità?
Io!
Tu?
Sì, io, miserabile. Guarda!
Ada con un movimento rapido, aveva gettato a terra il sari, sera armata di un pugnale dalla lama serpeggiante tinta dun sottile veleno e se laveva appuntato alla gola. Lindiano da abbronzato che era, divenne nerastro.
Cosa vuoi fare? chiese egli, sgomentato.
Suyodhana, disse la giovanetta con un tono di voce da non lasciare dubbio. Se tu tocchi un sol capello a quelluomo, ti giuro che la tua dea perderà la sua vergine.
Getta quel pugnale!
Suyodhana, giura sulla tua dea che Tremal-Naik uscirà vivo di qui.
È impossibile. Quelluomo è condannato: il suo sangue è già destinato alla dea.
Giuralo! disse Ada con accento minaccioso.
Suyodhana si raccolse su se stesso come per slanciarsi verso di lei, ma la paura di giungere troppo tardi larrestò.