Lanimale aveva gli occhi aperti, respirava liberamente raggrinzando il naso, però si vedeva che era debolissimo, non riuscendo a reggersi sulle zampe, né cercava di fuggire. Doveva essere istupidito.
«Non morrà?» chiese Brandok.
«Stasera lo vedrai mangiare e correre assieme ai suoi compagni che tengo giù nel mio giardino. Non è il primo che io faccio risuscitare; la settimana scorsa ne ho fatto rivivere un altro dinanzi al notaio ed anche quello dormiva da quattordici anni. Ora mangia, saltella e dorme come gli altri, e tutti i suoi organi funzionano perfettamente bene.»
«Toby,» esclamò Brandok, con profonda ammirazione «tu sei un granduomo; tu sei il più grande scienziato del secolo.»
«Di questo, o dellaltro?» chiese il dottore.
«Che domanda è questa?»
«Mio caro James, tu devi aver fame ed il pranzo è pronto. Laria di mare mette appetito e la mia vecchia Magge mi ha promesso un superbo piatto di pesce. Lasciamo qui il coniglio e andiamo a riempirci lo stomaco: la cuoca sarà già arrabbiata per il ritardo. Avremo anche il notaio al pudding.»
«Perché il notaio?»
Il dottore, invece di rispondere, si affacciò alla finestra, e vedendo un garzone che stava innaffiando le zolle del giardino, gli gridò:
«Tom, avverti Magge che siamo pronti per assaggiare le sue triglie e le sue dorate, e per le due attacca il poney. Dobbiamo fare una gita allo scoglio di Retz».
Cinque minuti dopo, il dottore e il signor Brandok seduti in una elegante saletta da pranzo, dinanzi ad una tavola bene imbandita, gustavano con molto appetito le grosse ostriche di New Jersey, le più deliziose che si trovino sulle coste orientali dellAmerica settentrionale, le dorate e le triglie preparate dalla brava Magge, innaffiando le une e le altre con delleccellente vino bianco dei vigneti della Florida.
Il dottore non parlava; pareva tutto intento a divorarsi quei deliziosi pesci, i migliori forse che possegga lAtlantico settentrionale.
Brandok invece, cosa assolutamente nuova, sembrava che non fosse più tormentato dallo spleen; chiacchierava per due, tempestando il compagno di domande su quella meravigliosa scoperta che doveva, a sentir lui, portare la rivoluzione nel mondo. Con tutto ciò non riusciva che a strappare qualche sorriso allo scienziato.
«Dunque queste triglie e queste dorate ti hanno reso muto» gridò ad un tratto Brandok, che cominciava ad arrabbiarsi. «Sono venti minuti che i tuoi denti continuano a masticare e che invece la tua lingua rimane immobile.»
«No, mio caro James, io penso» rispose il dottore, ridendo.
«Pare che tu abbia dimenticato la tua scoperta.»
«Tuttaltro.»
«Allora parliamone.»
«Al pudding.»
«Che cosa centra quel pasticcio?»
«Ti ho detto che verrà ad assaggiarlo anche il notaio della borgata, quel bravo signor Max.»
«Ma insomma che cosa centra lui?»
«Perdinci, se centra! Se dopo centanni nessuno più si ricordasse di me e mi lasciassero dormire per sempre? Tanto varrebbe morire.»
«Toby!» esclamò Brandok «Che cosa hai intenzione di fare?»
«Vedere come camminerà il mondo fra centanni e nullaltro.»
«Come! Tu vorresti»
«Fare un sonno di venti lustri.»
«Sei pazzo?»
«Non lo credo» rispose il dottore con voce tranquilla.
Brandok aveva picchiato sulla tavola un pugno così violento, da far traballare i bicchieri e rovesciare una bottiglia.
«Tu vorresti?» gridò.
«Farmi rinchiudere nel rifugio che mi son fatto preparare sulla cima dello scoglio di Retz, per risvegliarmi fra cento anni, mio caro. Si incaricheranno i discendenti del notaio e il futuro sindaco di Nantucket o i suoi successori, a farmi ritornare in vita. Lascio ventimila dollari appunto per farmi risuscitare, unitamente alla fiala contenente il misterioso liquido che mi dovranno iniettare nei punti indicati nel mio testamento.»
«Ti ucciderai!»
«Allora vuol dire che tu non hai alcuna fiducia nella mia grande scoperta.»
«Sì, piena fiducia; però tu non sei un coniglio e poi cento anni non sono quattordici» disse Brandok.
«Abbiamo sangue e muscoli al pari delle bestie e un cuore che funziona egualmente. Volevo farti la proposta di addormentarti con me; ora vi rinunzio.»
«Tu hai pensato a me?»
«Sì, sperando che con un riposo di cento anni il tuo spleen finirebbe per andarsene.»
«Se laltro giorno volevo gettarmi dal faro della Libertà! Vedi in quale conto ormai tengo la mia vita. Mi vuoi per compagno, Toby? Sono pronto. Anche se morissi, non perderei nulla.»
«Dunque, ti piace la mia idea?»
«Sì, francamente.»
«Sei eccentrico come un vero inglese.»
«E non sono forse un inglese?» disse Brandok ridendo.
Il dottore salzò, andò a prendere su una mensola una polverosa bottiglia che doveva contare un bel numero danni e la sturò, empiendo i due bicchieri.
«Medoc del milleottocentoottantotto» disse. «Dopo ventiquattranni di riposo deve essere diventato eccellente. Alla nostra risurrezione nel duemilatre!» esclamò, alzando il bicchiere. Lo svuotò di un fiato, stette qualche minuto soprappensiero, poi disse:
«Quanto possiedi, James?».
«Cinque milioni di lire.»
«In cartelle dello Stato?»
«Sì.»
«Devi cambiarle in oro, amico mio. Fra centanni quelle cartelle potrebbero non avere più valore alcuno, mentre invece loro rimane sempre oro, sia che si trovi in verghe od in pezzi da venti lire. Io posseggo soltanto ottantamila dollari, tuttavia spero che mi basteranno, anche fra cento anni, per non morir di fame. Sono già a posto nel piccolo sotterraneo che ho fatto scavare sotto la mia tomba, in una cassaforte, colla chiave a segreto.»
«E sei certo che i nostri corpi si conserveranno?»
«Meravigliosamente» disse il dottore. «Ci conserveremo come fossimo carni gelate.»
«Geleremo?»
«Sì.»
«Chi metterà del ghiaccio nella nostra tomba?»
«Non ce ne sarà bisogno. Ho scoperto un certo liquido che abbasserà la temperatura della nostra tomba a 20 gradi sotto lo zero.»
«E si manterrà?»
«Finché non sfonderanno la nostra cupola di cristallo per farci risuscitare. Staremo benissimo là dentro, te lo assicuro. Ah! ecco quel bravo notaio; giunge a tempo per assaggiare il pudding della mia cuoca e per vuotare un bicchiere di questo delizioso medoc.»
Nella stanza vicina aveva udito Magge che gridava:
«È sempre in ritardo, signor Max! Cinque minuti ancora e non assaggiava più il mio pudding. Unaltra volta me lo farà bruciare».
La porta del salotto sera aperta fragorosamente ed il notaio era entrato con un passo così pesante, da far traballare le bottiglie ed i bicchieri.
Il signor Max era un uomo sulla sessantina, grasso come una botte e col viso rubicondo nel cui mezzo faceva bella mostra un naso che poteva stare a paragone, senza arrossire, con quello del guascone Cyrano di Bergerac.
«Buon appetito, signori» gridò, con una voce da granatiere. «Come va, signor Brandok? Vè passato lo spleen dopo la vostra gita a Nuova York?»
«Comincia a lasciarmi un po di tregua, signor Max,» rispose il giovine «e spero che fra alcuni giorni se ne starà tranquillo per un buon secolo. Poi vedremo.»
«Ah! ho capito» disse il notaio, ridendo. «Toby ha trovato un compagno.»
«Che mi terrà buona compagnia» disse il dottore, empiendo un bicchiere.
«Assaggiate questo medoc, mio caro notaio; non se ne trova di simile nemmeno in Francia.»
Magge entrava in quel momento, portando su un piatto dargento un bel pasticcio dalla crosta dorata, che fumava ancora e che spandeva un profumo delizioso.
«È attaccato il poney?» chiese il dottore.
«Sì, padrone» rispose la cuoca.
«Allora sbrighiamoci.»
In pochi minuti fecero sparire il pudding, vuotarono una tazza di tè, poi scesero nel cortile, dove li attendeva un carrozzino tirato da un piccolo cavallo bianco che sembrava impaziente di partire.
«Andiamo» disse il dottore, raccogliendo le briglie ed impugnando la frusta. «Fra mezzora saremo allo scoglio di Retz.»
Era una splendida giornata dautunno, rinfrescata da una brezza vivificante impregnata di salsedine, che soffiava dal settentrione.
LOceano Atlantico era in perfetta calma, quantunque il flusso avventasse fra le scogliere che proteggevano le spiagge dalle ondate le quali sinfrangevano con mille boati, balzando e rimbalzando. Delle barche pescherecce colle loro belle vele dipinte di giallo e di rosso a strisce e macchie nere, che davano loro lapparenza di gigantesche farfalle, spiccavano vivamente sullazzurro cupo delle acque, spingendosi lentamente al largo, mentre in alto stormi di grossi uccelli marini, di gabbiani e di fregate volteggiavano capricciosamente.
Uscito dalla cinta, il piccolo cavallo aveva preso una via abbastanza larga che costeggiava loceano, slanciandosi ad un trotto rapidissimo, senza che il dottore avesse avuto bisogno di eccitarlo colla frusta.
Brandok era ridiventato taciturno, come se lo spleen lo avesse ripreso; il notaio pure non parlava, tutto occupato a fumare la sua pipa che eruttava un fumo denso come la ciminiera dun battello a vapore.
Il dottore badava che il poney filasse diritto e non mettesse le zampe in qualche crepaccio o savvicinasse troppo alla scogliera, che in quel luogo cadeva a picco sulloceano.
Dei ragazzi di quando in quando sbucavano dalle macchie di pini e di abeti che si prolungavano verso linterno dellisola e rincorrevano per qualche tratto il carrozzino, gridando a squarciagola:
«Buona passeggiata, dottore!».
Il paesaggio variava rapidamente, accennando a diventare più selvaggio, man mano che saccostavano alla spiaggia orientale dellisola. Non si vedevano più casette né abitanti. Soltanto le macchie dei pini e degli abeti diventavano più numerose e più folte e le scogliere più alte e più ripide; le onde dellOceano Atlantico vi sinfrangevano con una violenza tale, che pareva si sparassero delle cannonate in fondo ai piccoli fiordi scavati dalleterna azione delle acque.
Era un rombo continuo, sempre più fragoroso, che impediva ai tre amici di parlare.
La strada era finita, però il poney non cessava di trottare, senza manifestare alcuna fatica e faceva traballare maledettamente la carrozzella.
Ad un tratto si fermò dinanzi ad una parete rocciosa, dietro la quale si udiva loceano muggire furiosamente.
«Siamo giunti» disse il dottore, balzando a terra. «Ecco lo scoglio di Retz.»
«E lassù hai preparato la nostra tomba?» chiese Brandok.
«Ed in una posizione bellissima» rispose il dottore. «Il muggito delle onde ci canterà la ninna nanna, senza tregua, fino al giorno della nostra risurrezione.»
«Se torneremo in vita.»
«Dubiti ancora, James?»
«Non prenderti nessun pensiero per i miei dubbi. Ti ho detto che la vita ormai è diventata troppo pesante per me, quindi poco mimporterebbe anche se non mi risvegliassi mai più. Mostrami dunque la nostra ultima dimora.»
«Non lultima.»
«Come vuoi.»
«Vieni, James.»
Legò il poney al tronco duna betulla, poi prese un piccolo sentiero scavato nella viva roccia che sinnalzava a zigzag. La rupe, chiamata impropriamente lo scoglio di Retz, era di mole enorme, alta un centinaio di metri, e formava il capo più alto dellisola, verso oriente.
La sua fronte massiccia, tagliata a picco, opponeva un formidabile ostacolo allirrompere delle onde dellAtlantico, quindi non vi era pericolo che cedesse, nemmeno dopo centanni.
Giunti sulla cima, che era piatta, anziché terminare a punta, Brandok scorse una muraglia, della circonferenza di quattro o cinque metri, che era sormontata da una cupola di cristallo munita di un parafulmine altissimo.
«È quella la nostra ultima dimora?» chiese.
«Sì» rispose il dottore.
«Quando lhai fatta costruire?»
«Lo scorso anno.»
«Lo sanno gli abitanti della borgata?»
«No, perché ho fatto venire gli operai ed i vetri da Nuova York.»
«E la rispetteranno?»
«Lo scoglio è mio: lho acquistato dal comune, con contratto regolare, ed il notaio ha lordine di far distruggere il sentiero che conduce quassù e di cingere la scogliera con una cancellata di ferro altissima.»
«Che ho già ordinata» disse il signor Max. «Nessuno verrà a disturbarvi.»
«Entriamo» disse il dottore.
Con una chiave a segreto aprì una porticina di ferro tanto bassa che non si poteva entrarvi che carponi, ed i tre uomini si introdussero nel piccolo edificio.
Linterno era tutto coperto da vetri molto spessi incastrati in robuste cerniere di rame, e di notevole non aveva che un letto molto largo e basso, con coperte piuttosto pesanti ed un piccolo scaffale su cui stavano delle bottiglie e delle siringhe.
«Ecco la mia dimora, o meglio la nostra» disse Toby, rivolgendosi allamico. «Ti rincresce?»
«Niente affatto» rispose il giovane, che guardava loceano attraverso la cupola di vetro. «Spero che nessuno verrà a disturbarci prima del giorno che avremo fissato nel nostro testamento. Che piacere udire il fragore delle onde! Ecco una bella compagnia.»
«Ritengo inutile che tu ti provveda di un letto. Questo è più che sufficiente per tutti e due.»
«Ed il sotterraneo dove hai depositato i tuoi valori?»
Il dottore si curvò, levò una piastra di ferro che si trovava ai piedi del letto e mostrò una stretta gradinata scavata nella viva roccia, che doveva mettere in qualche cella sotterranea.
«La cassaforte si trova là dentro» disse.
«Vi rinchiuderò anche i miei valori. Domani andrò a Nuova York a cambiare la mia carta e le mie azioni ferroviarie in oro. Ne avremo abbastanza al nostro risveglio. A quando il nostro sonno?»
«Fra otto giorni; appena avranno chiusa la base della roccia colla cancellata.»
«Una domanda ancora, mio caro dottore. Se si dimenticassero di risvegliarci? Sai che io non ho nessun parente.»
«Io ho una sorella che ha sette figli» rispose Toby. «Spero che fra centanni esisterà ancora qualche pronipote per venire a riaprirci gli occhi, o per impossessarsi del nostro tesoro nel caso che noi fossimo proprio morti; e poi vi è il notaio ed ho anche depositato un atto presso il sindaco. Non temere James: qualcuno verrà a raccogliere la nostra eredità.»
«I miei successori non si dimenticheranno di voi, siatene certi» disse il signor Max.
«Hai nessunaltra obiezione da fare, James?» chiese Toby.
«No» rispose il giovane.
«Sei risoluto a tentare lesperimento?»
«Hai la mia parola.»
«Allora, torniamo a casa mia a fare gli ultimi preparativi.»
Uscirono, chiusero la porticina, scesero lo scoglio e salirono sulla carrozzella senza aggiungere altra parola.
Dobbiamo confessare però che tutti e tre erano visibilmente commossi.
Otto giorni dopo, prima del tramonto del sole, Brandok, il dottore ed il notaio lasciavano inosservati la borgata e si mettevano in cammino per lo scoglio di Retz.
Avevano ormai prese tutte le disposizioni per quella dormita che doveva durare centanni, e tutte le misure perché in quel lunghissimo tempo nessuno si recasse a disturbarli.
Il signor Brandok aveva già fatto trasportare nottetempo i suoi milioni e li aveva rinchiusi nella cassaforte nascosta nel piccolo sotterraneo; aveva venduto tutti i suoi possedimenti, lasciando una parte del ricavato al comune dellisola purché vegliasse sulla tomba; il dottore aveva regalato la sua casetta alla sua cuoca e fatto innalzare intorno alla piccola costruzione la cancellata di ferro sulla quale aveva fatto collocare parecchie lastre di metallo colla scritta: Proprietà privata del dottor Toby Holker.