Ma accadde in oltre, che in quella mattina medesima, prima di partire dal castello della baronessa, e stando Harrison a passare in rassegna la sua truppa dinanzi alla porta della torre, gli si fe' incontro Mausa, madre di Cuddy, il giardiniere, donna, la cui testa era invasa dalle massime le più ardentemente fanatiche dei Puritani. Or dunque costei che tenea in mano l'armatura mandatale, perchè la consegnasse al suo figlio, dall'intendente, la gittò sprezzatamente a' piedi del medesimo, soggiugnendo: »Il mio Cuddy, sicuramente per un castigo del Signore che disapprova un tal genere d'adunanze, è stato preso questa notte da gagliardissima febbre, nè gli è possibile abbandonare il suo letto.» Ben si praticò una visita entro la casa della giardiniera, ma Cuddy, a quanto appariva, non era in istato di rispondere a nessuna interrogazione, nè a trargli una parola di bocca valevano o le minacce o le preghiere.
Un vecchio cantiniere, che era nel novero di questa truppa di prodi, e avea militato sotto sir Riccardo Bellenden, trovò tosto un felice espediente; »Perchè non prendere Gibby? sclamò egli: sotto Montrose ho veduto combattere tai soldati che non valevan Gibby.»
Era Gibby un povero giovinotto, piccolo di statura come di spirito, incaricato di guardare la polleria del cortile, sotto gli ordini d'una vecchia, che n'era la sopraintendente. Iti a cercarlo in un campo ove stava dietro alle oche, gli addossarono tosto una sarcotta d'acciaio, della quale appena potea sopportare il peso: cacciò le sue corte gambe entro due enormi stivaloni; l'elmo gli copriva pressochè sino al mento la testa; e gli fu attaccata al fianco una grande sciabola, se non è meglio detto ch'ei fu attaccato alla sciabola. In tale acconciatura, il cantiniere Gudyil lo mise di peso sul più mansueto fra i cavalli che gli riuscì di trovare, cavalcatura che Gibby sperimentava per la prima volta in sua vita. Pur passò il suo torno di rassegna al pari degli altri, perchè, gli è anche da dirsi, il seriffo non credette doverla guardare tanto per il sottile nell'ispezione del contingente, fornito da una dama sì affezionata alla parte reale, come lo era lady Bellenden.
Tale si è la cagione che costrinse questa matrona a mostrarsi in pubblico col corteggio sol di due servi, cosa di cui avrebbe arrossito in qualunque altra circostanza; ma non eravi sagrifizio, compreso quello del suo amor proprio, al quale non si fosse ella prestata di buon grado per la causa della monarchia. Gli è vero ch'ella avea perduto il marito e due figli nelle guerre civili, cui dieder luogo quelle stagioni malaugorose; ma n'ebbe un compenso lusinghiero oltre ogni dire alla sua vanità. Allor quando Carlo II attraversava il ponente della Scozia per marciare incontro a Cromwell, fermatosi al castello di Tillietudlem, accettò ivi una colezione; avvenimento che formava epoca importante ne' fasti di lady Margherita Bellenden. Quindi accadea ben di rado che trascorresse un sol giorno, senza ch'ella trovasse occasione di citare qualche circostanza della visita, onde fu onorata dal re, e di rimembrare come Sua Maestà si degnò baciarla su le due guance, dimenticando però che il grazioso sovrano avea conceduto egual favore, e con maggior intensione, a due avvenenti cameriere, che Milady per quel giorno trasformò in due damigelle d'onore.
Un tanto onore, senza dubbio avrebbe bastato a lady Margherita per farle abbracciare in perpetuo la parte degli Stuardi; ma senza di ciò la sua nascita, la sua educazione, l'odio suo per la fazione opposta, l'aveano già irrevocabilmente collegata alla fortuna di questa dinastia, che in quei giorni avea il sopravvento. Tutta compresa di gioia in contemplando schierata alla rassegna una forza militare capace di sostenere gl'interessi della corona, divorava in segreto l'amarezza di vedersi abbandonata da una parte dei suoi vassalli.
Avuta in molto onore da tutte le antiche famiglie della contea, non vi fu capo di esse presente a quella rassegna che non si affrettasse di renderle omaggio, nè vi erano giovani ragguardevoli, che raddirizzandosi sul proprio palafreno, e fermi sulle loro staffe non venissero a caracollare dinanzi a miss Editta per conciliarsene l'attenzione. Ma tali cure andavano a vuoto. Gli occhi della giovinetta erano chiusi alle grazie, di cui pompeggiavano quei cavalieri, come gli orecchi di lei ai complimenti che le indirigevano, benchè avessero a tal'uopo spirate quante cortesi espressioni si trovano ne' romanzi di La Calprenede, e di Scudery, romanzi la cui lettura era in grand'uso nel secolo di cui facciamo menzione: ma scritto era nei destini, che miss Bellenden non conserverebbe la medesima indifferenza nell'andante corso di quella giornata.
CAPITOLO II
»Il cavalier, cui tolse ogni vigore
»La pesante armadura, alfin stramazza,
»E si trascina seco il corridore.»
Dopo gli esercizi militari, che vennero eseguiti quel meglio che poteva aspettarsi da uomini novizi nell'armi, e da cavalli non addestrati, molte grida annunziarono aperto l'arringo per meritare il premio del Pappagallo. È questo un uccello di legno, ornato di penne a più colori, che viene collocato all'estremità d'una picca. Il merito della gara sta in atterrarlo con un tiro d'archibuso carico a palla, e tenendosegli ad una distanza di sessanta passi all'incirca. Il vincitore porta nel rimanente della giornata il glorioso titolo di Capitano del Pappagallo, e vien condotto in trionfo ad una vicina osteria, ove ha il privilegio di far banchetto agli emuli stati meno avventurosi di lui. Avvicinatisi per tanto i competitori al bersaglio, riportarono chi risa, chi applausi dagli spettatori, in proporzione di maggiore o minore destrezza manifestata. Niuno avea toccato ancora quel simulacro, allorquando fu veduto accostarsi un giovine in abito verde, di fisonomia che si conciliava benevolenza, e messo con semplicità non disgiunta da eleganza, cose tutte che ne additavano non volgare la condizione. Sorse immantinente un confuso bisbiglio, che non sarebbe stato così facile il giudicare se fosse un contrassegno di pubblico favore.
»È egli possibile, dicean fra loro alcuni di que' più zelanti Puritani non venuti che a proprio malgrado a quell'adunata e nei cui cuori era più invelenito l'astio contra la monarchia, è egli possibile, che il figlio di un tal padre si frammetta in sollazzi sì riprovevoli?» Altri, ed era questa la maggior parte, auguravano successo onorevole al figlio d'un capo antico de' Presbiteriani, senza perdersi nell'indagare se gli convenisse o no disputare un tal premio.
I voti di questi furono esauditi, perchè il giovane mandò a terra il pappagallo in mezzo ad applausi pressocchè universali. Ma il trionfo di lui non era tuttavia assicurato perchè in prima facea mestieri, si avventurassero allo stesso cimento tutti quelli che non avevano per anche scaricato il proprio archibuso. Collocato nuovamente sulla picca il finto augello, due altri concorrenti pervennero ad abbatterlo. L'un d'essi apparteneva evidentemente all'infima classe, avvolto in grande mantello, e studiosissimo di nascondere il volto con esso. L'altro era un giovin signore, che terminata la rassegna non si era mai dipartito dal fianco di lady Margherita e di miss Bellenden. Avendo la prima d'esse manifestato rincrescimento che non si presentasse a quella gara verun campione chiaro per fasti gentilizi, lord Evandale prese il primo archibuso che gli si offerse ed a sua volta atterrò il pappagallo.
Niun'altro essendosi offerto a contendere il premio, s'aperse novellamente la lizza fra i tre rivali felici, il che avvivò vieppiù la curiosità dei circostanti. La pesante carrozza del duca venne, non senza difficoltà posta in moto, ed avvicinata al luogo che serviva d'arena a que' lottatori. Le signore si posero in cerchio a qualche distanza, e gli occhi d'ognuno fisavansi su i concorrenti, e sulla meta proposta alla loro bravura.
Il caso che doveva risolvere quale degli emuli avrebbe la preferenza del tiro, favorì il giovine contadino, che voltosi all'altro vestito di verde: »In coscienza mia, gli disse, sig. Enrico, se ci trovassimo in tutt'altra circostanza mi studierei di fallire il bersaglio per lasciare a voi questo onore, ma Ienny Dennison sta osservandoci, e non posso dispensarmi dal fare tutto quel meglio che so.»
L'effetto però non corrispose al buon desiderio del villanello, e solamente la palla uscita del suo archibuso trascorse rasente sì al pappagallo, che ne portò via alcune penne. Immantinente abbassando gli occhi, e come uom che tema di esser riconosciuto, si ritirò.
Venne la sua volta al giovane dall'abito verde, che avvicinatosi atterrò nuovamente il pappagallo, onde più numerosi e forti applausi gli derivarono dal mezzo di quella folla. »Egli è veramente figlio di suo padre. Viva la buona causa in eterno.»
I Reali in udir tali esclamazioni aggrottavan le ciglia, ma preser coraggio in veggendo lo stesso buon successo ottenersi da lord Evandale.
Allora Enrico montando a cavallo, e avuta cura di ben assicurarne la sella, si diede al galoppo, e passando innanzi al bersaglio trasse e lo abbattè per la terza volta. Tutti quelli che stavano intorno a lord Evandale gli dipinsero la condotta tenuta dall'altro siccome una innovazione alle antiche consuetudini, nè quindi esservi alcun obbligo d'imitarla. Diverso però d'avviso il giovane cavaliere, volle seguir l'esempio additatogli dal competitore; ma intanto che egli scaricava l'arme mancò un piede al suo cavallo, onde la palla non giunse allo scopo.
Se prima meritò lodi dovute alla sua destrezza il giovine vestito di verde, in quel momento si fece ammirar per cortesia; poichè movendo verso lord Evandale, gli manifestò le proprie intenzioni, di non vantaggiare di un caso accaduto a Milord per colpa del suo cavallo, e gli propose un secondo cimento a piedi.
»Lo accetterei più volentieri a cavallo, se al pari di voi avessi un palafreno bene addestrato.»
»Volete voi farmi l'onor di salirvi e di prestare a me il vostro?» rispose il giovine.
Lord Evandale vergognava quasi di accettare simile offerta, che gli avrebbe scemato il merito della vittoria, quando anche l'avesse riportata. Per altra parte desiderava ricuperare la fama della propria bravura. Rispose quindi al cortese emulo, cedergli ei di buon grado la gloria della giornata, su di cui avea dimessa qualsisia pretensione, ma accettar volentieri il partito d'un nuovo cimento, cui s'avvierebbero, ciascun ad onore della sovrana del proprio cuore.
Così favellando, lanciò uno sguardo appassionato sopra miss Bellenden, e porta la tradizione, che gli sguardi del giovine antagonista prendessero la stessa dirittura. Ma la conchiusione di questa ultima prova non fu diversa dalla precedente. Lord Evandale, lungi dal mostrare quella gelosia, che suol essere l'appannaggio delle picciole anime, si congratulò egli stesso col suo vincitore. »Vi ringrazio, gli disse, d'aver restituito nella buona opinione ch'io n'ebbi il mio palafreno. Stava per dargli colpa di quanto mal mi tornò; vedo ora di non dovere accusar che me stesso.» Dette le quali cose, rimontò a cavallo allontanandosi dall'assemblea.
Giusta il costume, solito in tai circostanze, coloro stessi che erano propensi a lord Evandale, divennero larghi d'applausi al suo fortunato rivale, verso di cui finalmente l'intera attenzione de' circostanti fu volta.
»Chi è egli? come si chiama?» si domandavano l'uno all'altro coloro che nol conoscevano. Ma il suo nome non rimase ignoto gran tempo; e appena si seppe appartenere egli a tal'ordine di società, cui le alte persone poteano usare riguardi senza troppo abbassarsi, quattro amici del duca vennero invitandolo a presentarsegli innanzi. Nell'andar con essi che il colmavano di congratulazioni ed attraversando la folla, si trovò un istante rimpetto a lady Bellenden. Le guance gli si tinsero d'un vermiglio più carico nel salutare miss Editta, la quale non arrossì meno di lui nel restituirgli il saluto.
»Voi dunque conoscete quel giovine?» disse lady Margherita alla nipote.
»Io sì L'ho veduto in casa di mio zio, e anche in altri luoghi qualche volta a caso.»
»Il suo cognome, a quanto ascolto è Milnwood.»
»Sì: (soggiunse allora sir Gilbert Cleugh che stava a cavallo presso lady Margherita). Egli è figlio del defunto colonnello Morton di Milnwood, che alla giornata di Dunbar comandava un reggimento di cavalleria in difesa del re.»
»E che ha combattuto contro di lui nelle giornate di Marston-Moor e di Philiphaugh (soggiunse lady Margherita, mettendo un caricato sospiro): fu in quest'ultima battaglia che mio marito perdè la vita».
»La vostra memoria vi serve bene, o Milady, ma in questo momento è meglio dimenticare il passato.»
»Non se ne dovea però dimenticare quel giovine, sir Gilbert! e avrebbe fatto bene a non mettersi nella società di persone, alle quali il suo nome può destare sgradevoli rimembranze.»
»Ma non pensate, o Milady, ch'è qui, perchè il dovere vel chiama? egli fa parte del contingente prescritto a suo zio. Vorrei bene che il mio contingente fosse composto di giovani pari a lui.»
»Lo zio di questo Milnwood, sarà mi figuro un presbiteriano, come lo è stato lungo tempo suo padre!»
»Lo zio di questo Milnwood non è altra cosa se non se un vecchio avaro, che per una moneta d'oro cambierebbe d'opinioni politiche tutti i giorni. Anzi sarebbe una quistione difficile da risolvere, s'egli abbia mandato il nipote per una conseguenza delle presenti sue massime, o per timore di pagare un'ammenda. Io direi pel secondo motivo. Ma comunque siasi è stata per quel giovane una circostanza felice onde sottrarsi un dì almeno alla noia di stare in quel vecchio castello di Milnwood, ove non vede altra compagnia fuor di quella d'un zio ipocondriaco e d'una vecchia donna di casa.»
»Sapete voi a quanti uomini ammonti il contingente di cui è tassata la terra di Milnwood?»
»A quattro cavalieri armati di tutto punto.»
»La signoria di Tillietudlem (soggiunse lady Margherita, rizzandosi con aria di dignità) ne ha sempre forniti dodici, e spesse volte lo zelo de' proprietarj ha triplicato un tal numero. Mi ricordo che sua maestà, il re Carlo II, quando mi fece l'onore di accettare una colezione in mia casa, s'informò d'una maniera affatto particolare»
»La carrozza del duca s'incammina, o Milady (s'affrettò ad interromperla sir Gilbert, partecipando in quel momento del brivido che prendea tutti gli amici di lady Margherita ogni qualvolta le correva alla lingua quella benedetta visita del re a Tillietudlem) ell'è ora di prendere il luogo che vi compete fra le persone del corteggio. Mi permetterete di scortarvi sino a casa vostra? Perchè diverse bande di Presbiteriani sono sparse per la campagna e si dice che insultino i Reali.»
»Vi ringrazio, sir Gilbert, rispose lady Bellenden; ma la scorta de' miei lancieri ne protegge abbastanza. Piuttosto vorreste avere la compiacenza di dire ad Harrison che faccia marciar più presto la sua brigata? Par che accompagni un funerale!»
Harrison tenea le sue buone ragioni per non credere troppo salutare un tal ordine, ma lo aveva ricevuto, e gli fu forza adempirlo. Si mise dunque ad un leggiero galoppo, seguito dal bellicoso cantiniere, il quale sul suo palafreno, stavasi in atteggiamento d'uomo che avea militato sotto Montrose, e pompeggiava d'una fierezza fatta in esso maggior dai fumi dell'acquavite, chè la sua parte ne aveva egli tracannata tra una fazione e l'altra, or facendo brindisi al re, or bevendo all'esterminio di tutti i Presbiteriani. Sfortunatamente questa dose di refrigerio un po' caricata lo fe' dimentico di tener l'occhio sopra Gibby che gli stava a fianco, e a cui per lo innanzi fu soccorrevole di avvenimenti, risparmiandogli molti sinistri incontri che facea temere la goffaggine del guardiano dell'oche, trasformato in armigero. Appena il cavallo di questo tapino ebbe preso il galoppo, sentì la molestia degli stivaloni che gli battevano aspramente i fianchi, tanto più perchè i ridetti stivali erano armati di buoni speroni le cui punture misero finalmente a tal prova la pazienza della povera bestia, che tolta la mano al cavaliere, lo trasse fuor delle file, e ben presto lo portò ad urtare nella enorme carrozza del duca, avvenimento di cui non poco risero le circostanti brigate.