Gli albori della vita Italiana - Various 4 стр.


La leggenda prosegue dicendo che Attalante ebbe varii figli, uno dei quali, Dardano, andò a fondare la città di Troia, e quindi narra l'assedio e l'incendio di questa città, la fuga di Enea, l'origine di Roma. E qui si salta a Catilina, che venne a Fiesole, inseguito dai Romani, comandati da un generale, il quale si chiamava Fiorino, e fu disfatto sulle rive dell'Arno. Cesare allora venne a vendicarlo, e fondò in suo onore, sull'Arno, la città di Firenze, la quale fu costruita come una piccola Roma, con tutti i monumenti che erano nella Città eterna, il Campidoglio, l'Anfiteatro, le Terme, il Foro, e fu chiamata perciò la piccola Roma. Vengono poi i barbari, e Totila distrugge Firenze; ma Carlo Magno la ricostruisce. E finalmente arriviamo alla guerra che Firenze muove a Fiesole, distruggendola.

Che cosa possiamo noi cavare da questa leggenda, la quale fu certo compilata nel secolo duodecimo, il secolo cioè in cui nacque il Comune fiorentino? Innanzi tutto ne caviamo, che nel secolo in cui Firenze nasceva, i Fiorentini avevano la mente piena di idee e di tradizioni romane. Qui noi non troviamo tracce di tradizioni germaniche, anzi la leggenda sembra respingerle sdegnosamente ogni volta che si presentano. In una delle sue compilazioni, si ricorda essere stata opinione molto diffusa, quella che diceva la famiglia Uberti venuta di Germania, discesa dall'imperatore Ottone. Ma ciò, si aggiunge subito, è un errore, perchè gli Uberti discesero invece dal sangue di Catilina «nobilissimo re di Roma». Questi ebbe un figlio, Uberto Cesare, a cui una moglie fiesolana dette 16 figliuoli, uno dei quali fu mandato da Augusto a sottomettere la Sassonia, che s'era ribellata, e colà sposò una dama tedesca, da cui nacque Ottone imperatore. E così non sono già gli Uberti discesi dagl'imperatori tedeschi; ma gl'imperatori sono discesi dagli Uberti di Firenze, i quali vengono dal sangue di Catilina romano. La leggenda ci dice ancora che tra Fiesole e Firenze vi fu un antagonismo perpetuo. Fiesole infatti è città etrusca, Firenze città romana. Tutti i nemici di Roma sono, secondo essa, nemici di Firenze; tutti gli amici di Roma sono amici di Firenze; Cesare, Fiorino, Augusto. Carlo Magno è quello che ricostruisce Firenze, dopo la distruzione fattane da Totila, ed esso è il restauratore dell'Impero. Totila rappresenta i barbari che lo distrussero. Catilina, nemico di Roma, è l'amico di Fiesole, il nemico di Firenze.

Se noi guardiamo alle poche notizie storiche che abbiamo su tutto ciò, vedremo che la leggenda non fa altro che ripeterle nel suo fantastico linguaggio. Fino dai tempi di Dante era noto che Firenze discese da Fiesole ab antico, ed il Machiavelli ci dice che Firenze fu una città, la quale nacque dai mercanti fiesolani, che vennero a cercare un emporio sull'Arno, là dove il Mugnone si congiunge con esso. Fondarono delle capanne, le quali divennero case, e le case formarono più tardi una città. Questa si formò, secondo tutte le notizie che abbiamo, due secoli circa innanzi Cristo. Era un municipio florido al tempo di Silla, e gli scavi recentemente fatti hanno confermato tali notizie, essendosi trovate monete, colonne, ruderi, i quali provano che la Città a quel tempo aveva già le terme ed un Anfiteatro di pietra. Augusto la restaurò e vi fondò, secondo alcuni, una colonia, che fu chiamata perciò Julia Augusta Florentia. Secondo altri, la colonia fu fondata invece da Silla. È certo che Firenze ebbe mura romane, le quali esistevano ancora a' tempi del Villani, e qualche avanzo se n'è ritrovato ai giorni nostri. Il suo anfiteatro fu in tutto il Medio Evo conosciuto col nome di Parlascio, e di esso qualche traccia può vedersi ancora nel Borgo dei Greci. Le Terme erano presso la strada che oggi porta questo medesimo nome. La città aveva pure il suo Campidoglio, in Mercato Vecchio, nel luogo dove fu la Chiesa lungamente chiamata di Santa Maria in Campidoglio. Era nondimeno piccolissima; non solamente non andava al di là d'Arno, ma anche la strada che ora è chiamata Borgo Santi Apostoli, rimaneva fuori delle mura. Questo è tutto quello che noi sappiamo dei tempi più antichi.

Quanto alla notizia poi che ci dà la leggenda, della distruzione di Firenze per opera di Totila, essa non è vera che in parte. È certo che Totila coi Goti venne in Toscana, verso la metà del sesto secolo, la oppresse, la saccheggiò, entrò in Firenze, e la trattò assai duramente, ma non la distrusse. Se non che Firenze allora, e durante tutto il dominio dei Longobardi, cadde in una così grande oscurità, che par quasi scomparsa dal mondo, e nei documenti è qualche volta menzionata, come se non fosse altro che un borgo di Fiesole. La leggenda esprime tutto questo, dicendo che Totila distrusse Firenze. E siccome essa incominciò finalmente a risorgere alquanto al tempo dei Franchi, sotto Carlo Magno, così la leggenda, seguendo sempre lo stesso metodo, dice che Firenze fu ricostruita da Carlo Magno. Questi vi si fermò per celebrarvi il Natale nel 786, e dopo di lui molti Imperatori, trovandola sulla via di Roma, dove andavano a prendere la corona, vi si fermarono del pari. Più volte ci vennero anche i Papi, quando i frequenti tumulti popolari li cacciavano dalla Città eterna. Alcuni di essi morirono a Firenze, dove tennero Concilio, ed Alessandro II vi fu eletto. Certo è che le continue relazioni di Firenze con Roma cominciarono a farla risorgere alquanto dalla profonda oscurità in cui era caduta durante il dominio longobardo.

III

È noto che i Longobardi per due secoli oppressero duramente l'Italia, ponendo nelle città principali i loro duchi. A questi i Franchi sostituirono poi i conti. Ma perchè i Ducati erano assai grandi, e i duchi troppo potenti, i Franchi, non volendo che questi principi mettessero a pericolo l'unità e la forza dell'Impero, resero più deboli i conti e più piccoli i loro Comitati. Sui confini dell'Impero occorreva però aver forza maggiore alla difesa, quindi vi crearono quello che chiamarono Marche, le quali erano grossi Comitali, e i conti che le comandarono, furono Mark-grafen, margravi, marchesi. La Toscana fu uno di questi Margraviati. Il marchese o duca, giacchè qui usavano allora l'uno e l'altro titolo, aveva il supremo comando, in nome dell'Impero, e al disotto di lui erano i conti. Al tempo di questi margravi, Firenze rimase lungamente una città oscura. Pisa e Lucca cominciarono a sorgere più presto, la prima perchè favorita dalla sua posizione sul mare; la seconda perchè, stata già sede dei duchi longobardi, era adesso sede principale dei margravii. Conseguenza di questa forma di governo stabilitasi in Toscana, fu che, mentre in Lombardia ed in tutta l'Italia settentrionale, gl'Imperatori favorivano i nobili minori ed i vescovi, a danno dei maggiori, che volevano indebolire, l'esistenza dei margravii in Toscana portò invece l'indebolimento dei conti minori, dei vescovi, ed in generale uno svolgimento meno vigoroso del feudalismo.

Questo stato di cose durò fino ai tempi della contessa Matilde, la quale comandava nella Toscana, ed in gran parte dell'Italia centrale. Essa si trovò trascinata nella lotta fra l'Impero e la Chiesa, fu severa contro quelle città, quei conti e nobili che non s'univano a lei, ma favorivano l'Impero. È questo il momento in cui Firenze, stata quasi sempre amica dei Papi, cominciò a prosperare, senza che però il Comune si fosse ancora formato. Il vederlo così tardi apparire è un fatto che stimolò continuamente l'attenzione degli storici, i quali non si seppero rendere ragione del perchè un Comune che poi progredì con tanta rapidità, dovesse essere quasi l'ultimo a sorgere. Infatti esso ci si presenta, non solamente dopo i Comuni di Venezia, di Amalfi, delle principali città marittime, che precedettero tutte le altre; non solamente dopo i Comuni lombardi; ma anche dopo i Comuni stessi della Toscana. È questo un altro dei tanti misteri, che troviamo nella storia di Firenze.

Questo stato di cose durò fino ai tempi della contessa Matilde, la quale comandava nella Toscana, ed in gran parte dell'Italia centrale. Essa si trovò trascinata nella lotta fra l'Impero e la Chiesa, fu severa contro quelle città, quei conti e nobili che non s'univano a lei, ma favorivano l'Impero. È questo il momento in cui Firenze, stata quasi sempre amica dei Papi, cominciò a prosperare, senza che però il Comune si fosse ancora formato. Il vederlo così tardi apparire è un fatto che stimolò continuamente l'attenzione degli storici, i quali non si seppero rendere ragione del perchè un Comune che poi progredì con tanta rapidità, dovesse essere quasi l'ultimo a sorgere. Infatti esso ci si presenta, non solamente dopo i Comuni di Venezia, di Amalfi, delle principali città marittime, che precedettero tutte le altre; non solamente dopo i Comuni lombardi; ma anche dopo i Comuni stessi della Toscana. È questo un altro dei tanti misteri, che troviamo nella storia di Firenze.

Il primo segno, che incominci a farci vedere come già si formi una cittadinanza fiorentina, e ci presenta non un Municipio, ma quasi l'ombra lontana d'un Municipio che vuole apparire, è un fatto assai strano. Nel 1063 il popolo di Firenze si ribellava contro il suo vescovo Mezzabarba, perchè lo credeva eletto simoniacamente, cioè per danaro pagato al duca Goffredo, marito di Beatrice, la madre di Matilde. Volevano che il vescovo si dimettesse, e le passioni si accesero perciò a segno che centinaia e centinaia morirono senza sacramenti, piuttosto che riceverli da preti ordinati dal vescovo simoniaco. Il Papa disapprovò questa condotta, ma invano scrisse e mandò suoi messi a calmare gli animi. Quando il furor popolare era al colmo, un frate dell'ordine di Vallombrosa, del quale si narra che era stato guardiano di giumenti, si offrì di passare attraverso al fuoco per provare che il vescovo non era legittimamente eletto. La prova ebbe luogo presso la Badia di Settimo e noi abbiamo un documento del tempo, che minutamente descrive il fatto. In esso si racconta, che il vescovo aveva minacciato coloro che non volevano obbedirgli, di farli «non condurre, ma trascinare» dinanzi al Præses dal Municipale Præsidium, e di fare confiscare i loro beni dal Potestas.

Queste sono le prime parole che incominciano a farci vedere l'esistenza di alcune magistrature, magistrature però che esistono prima che il Comune sia nato, e si connettono ancora con le istituzioni feudali. Il Potestas però qui non ha nulla da fare col Podestà, che si trova più tardi; non è altro che il margravio, il duca Goffredo. Qui come altrove noi troviamo nei documenti del tempo nomi romani anche per indicare idee e istituzioni germaniche. Il Municipale Præsidium non poteva essere che un presidio, dal duca Goffredo e poi dalla contessa Matilde tenuto in Firenze. Ma il chiamarlo Municipale fa credere che fosse composto di cittadini, e dimostra che la Città cominciava a sentire la sua personalità, la sua individualità. La narrazione degli avvenimenti citati, è fatta in forma di lettera scritta al Papa, in nome del Clerus et Populus Florentinus; e le lettere che San Pier Damiano, incaricato dallo stesso Papa di calmare il furore popolare, mandava a Firenze, sono indirizzate: Civibus florentinis. Noi dunque non abbiamo ancora il Comune, ma ci accorgiamo che oramai è vicino a sorgere. Pure esso tarda ancora, e lo vediamo, la prima volta, apparire, quando già altri Comuni vicini si sono non solamente formati, ma cominciano a prosperare.

E qui si presenta una prima osservazione, la quale giova anch'essa a spiegarci, perchè mai il Comune fiorentino nacque più tardi degli altri. La condizione geografica di Firenze ebbe in ciò una parte grandissima. Se la città si fosse trovata sulla pianura, come Lucca e Pisa; se si fosse trovata sulla collina, come Siena, Arezzo, i nobili avrebbero avuto interesse ad entrarvi, perchè i cittadini, che alla nobiltà erano avversi, avrebbero avuto non piccolo vantaggio nell'assalire i castelli nella valle o nella pianura. Ma Firenze essendo invece nella valle, circondata da colline, sulle quali erano moltissimi castelli che l'accerchiavano, i nobili avevano una posizione vantaggiosa, che tornava loro conto mantenere, perchè così potevano più facilmente minacciare e vincere la cittadinanza. Da questo fatto vennero due conseguenze. La prima fu che il Comune fiorentino, col suo territorio, come dice il Villani, tutto incastellato, stretto cioè da un cerchio di castelli feudali, non poteva facilmente espandersi; e così il suo nascere e la sua indipendenza furono da tali condizioni ritardati. La seconda conseguenza fu, che tra i nobili e gli abitanti della Città, la maggior parte dei quali erano commercianti o artigiani, nacque un antagonismo molto più profondo e duraturo, che non si vide a Pisa, a Siena, a Lucca, in alcun altro dei Comuni italiani. La democrazia e l'aristocrazia si trovarono di fronte, separate in due campi avversi, senza potersi fra loro mai conciliare.

IV

Così noi abbiamo una spiegazione del perchè il nostro Comune sorse più tardi degli altri, e la spiegazione del perchè, sin dal principio, esso ebbe un carattere più democratico. E questo ci viene indirettamente confermato dai documenti toscani, nei quali, quando si parla di Firenze, non troviamo quasi mai la parola nobiles, che pure s'incontra assai spesso quando si parla di Pisa, di Siena, di Lucca. Ma oltre di ciò, bisogna osservare che questa cittadinanza (se così dobbiamo ora chiamarla) di Fiorentini, che apparisce già formata prima del Comune, non era costituita quale noi ce la potremmo immaginare oggi. Essa era divisa in un numero grandissimo di piccoli gruppi, sopratutto associazioni di arti e mestieri, le quali erano una trasformazione delle antiche Scholæ romane, quali le troviamo a Ravenna ed a Roma in tutto il Medio Evo. Queste associazioni primitive, informi di arti e mestieri, noi le vediamo a Venezia, fin dal nono secolo, ricordate nella cronaca Altinate. E sebbene i documenti e le cronache di Firenze non ce ne parlino, perchè noi non possiamo pretendere di trovare nè documenti nè cronisti d'un Comune che ancora non esisteva, che ancora non aveva proclamata la sua indipendenza, ciò non basta a negare che la cittadinanza fosse già divisa in gruppi più o meno ordinati e costituiti. Questa divisione anzi è quella che ci fa intendere come mai, prima che fosse nato il Comune, la società potesse prosperare di ricchezza e di forza, tanto da muoversi qualche volta a far guerra per proprio conto. Il governo locale s'andava formando in queste associazioni embrionali, le quali, coi loro capi, reggevano la cittadinanza, senza bisogno d'un governo centrale; così la prosperità poteva crescere e l'indipendenza esistere di fatto, prima che di diritto, prima che il Comune fosse nato. Di maniera che alla contessa Matilde bastava avere nella Città un presidio composto di Fiorentini, i quali, in nome di lei, facevano quello che la Città voleva. Ai Fiorentini non giovava dichiararsi indipendenti prima del tempo. Quando si fossero allora separati dalla Contessa, questa, col solo abbandonarli, li avrebbe lasciati in balìa di tutti quei nobili che d'ogni lato li circondavano. Prima dunque d'arrischiarsi ad un tal passo ardito, dovevano mettersi in grado di poter combattere e demolire i vicini castelli, sentirsi forza sufficiente a condur soli una guerra lunga e difficile. Perciò essi tardarono tanto, e così può dirsi che il Comune esista già prima che sia nato.

Nel 1081 noi troviamo che l'imperatore Arrigo concedeva ai Lucchesi di poter liberamente commerciare nei mercati di San Donnino e Capannori, dai quali esplicitamente escludeva i Fiorentini. Ciò vuol dire che il commercio di questi era già grande abbastanza e temibile, in un tempo nel quale noi siamo ancora lontani dal veder sorgere il Comune. Con gli artigiani v'erano anche delle famiglie di signori, di grandi, che si chiamavano Sapientes, Boni homines, i quali a Firenze non erano nè conti nè visconti o duchi; erano quasi sempre nobili decaduti, che, non potendo vivere nel contado colla società feudale, s'erano ridotti in Città, o erano nuovi ricchi, saliti su dal popolo, col quale serbavano sempre stretti legami. Erano anch'essi associati fra loro, e possedevano in comune delle torri, intorno alle quali cominciarono a formare le cosidette Compagnie o Società delle torri.

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