âNo, no, me ne guardo bene; e⦠mi dicevi châio dovrei aiutarviâ¦â
ââ¦intenterai per noi un procedimento in sede civile presso la Corte dellâAia e, grazie a tutta la documentazione che abbiamo inserito nel computer e a quanto raccoglierai di persona sul nostro pianeta, tu, luminare del diritto qual sei, otterrai sicuramente una sentenza che ci riabiliterà di fronte al vostro mondo.â
âà entusiasmante, mai avrei pensato⦠Altro che ritirarmi! e avverto dentro una forzaâ¦â
âOvvio, sei di nuovo in perfetta salute.â
âNon mi sono mai sentito così motivato, così desideroso dâapprofondire, così⦠così tutto. Ah, già ! devo disdire lâappuntamentoâ¦â - guardò lâorologio da polso - ââ¦no, è ormai un quarto allâuna, glâimpiegati staranno andando a pranzo.â
ââ¦glâimpiegati?â
âGlâimpiegati dâun notaio con cui ho appuntamento per dopodomani, incontro che intendo disdire; ma lo farò questo pomeriggio. Sono così eccitato che non ho fame: che ne diresti di cominciare a illustrarmi lâuso del tuo computer? Ah, ma forse hai fame tu.â
âMangerò poi; dopotutto, lâattesa aumenta lâappetitoâ e gli sorrise amabilmente.
Lâespressione che ne sortì, su quel volto mostruoso, apparve tuttavia a Osvaldo solamente ridicola: a fatica gli riuscì di frenare una risata; poi disse allâorco, con vera simpatia nonostante la bruttezza del suo ospite: âGrazie. Vorrei proprio mettermi allâopera fin da adesso⦠amicoâ: guardò finalmente negli occhi lâalieno e scoprì châesprimevano una tal luce di bontà quale, molto raramente, aveva colto sui propri simili.
Il posdomani, nello studio del notaio Tommaso Q., questi e Lamberto N. stavano attendendo lâarrivo dâOsvaldo, ormai impazientemente essendo trascorsa una trentina di minuti dallâora dellâappuntamento.
âNon avrà trovato parcheggioâ, suppose il notaio: âQui in zona non è facile.â
Lamberto senza dir nulla telefonò allâamico. Ne sentì squillare il cellulare, a lungo, inutilmente. Riattaccò.
Ribadì il notaio: âStarà ancor cercando parcheggio e non potrà rispondere perché è alla guida.â
âNo, non guida più, da qualche mese si muove in taxiâ, chiarì lâavvocato. Attese un altro paio di minuti e riprovò a telefonare: stessa cosa, squilli a vuoto. Ben sapendo della cagionevole salute dellâamico, si preoccupò. Ritenne bene non attendere oltre: si scusò col notaio e si congedò, aggiungendo che avrebbe fissato telefonicamente un nuovo appuntamento. Si diresse di filato al domicilio dâOsvaldo. Il palazzo aveva custode e dunque il portone era aperto, Lamberto salì direttamente al secondo piano. Suonò per due volte il campanello dellâabitazione poi per due volte quello dello studio. Niente. Riprovò a chiamare lâamico al cellulare: ancora nessuna risposta. A quel punto telefonò al 113. Manifestò al centralinista il timore che il professor Osvaldo M., cagionevole di salute, giacesse svenuto chiuso in casa, solo. Ne comunicò lâindirizzo, gli promisero di venire sùbito. Scese sulla via ad attenderli. Dopo una ventina di minuti giunsero tre poliziotti sulla loro pantera biancazzurra e, dietro, due pompieri sopra una camionetta rossa. A parte una guardia, rimasta presso le macchine, tutti salirono al piano. I vigili del fuoco forzarono con un piede di porco la prima delle due porte sul pianerottolo. Il gruppo accedé, ispezionò le varie stanze dellâabitazione, passò alla zona studio e fu Lamberto, entrato per primo nel salone, a fare la tremenda scoperta: il suo amico e maestro giaceva a terra spolpato.