È lui! è lui! non c'è dubbio;disse mastro Bernardo tra se.Non sono io il solo a lodarla,ripigliò quindi, per dar la giunta alla derrata,ma tutti i ventimila abitanti del Marchesato l'hanno in quel conto che ella si merita, per la sua bellezza e per la sua virtù, che non han la compagna. E come le son fioccati i partiti! Ce n'è uno che la voleva ad ogni costo, e seguita a volerla. messer lo Doge di Genova. Ma sì, gli ha da appiccar la voglia all'arpione, costui! Madonna Nicolosina non è boccone pei Fregosi.
Ah sì? e perchè mò?interruppe messer Pietro, facendo bocca da ridere.Perchè son genovesi?
Non già per questo;rispose l'ostiere, con un certo sussiego.Parliamo suppergiù la medesima lingua e si potrebbe vivere, sto per dire, da buoni fratelli, se qualche volta non ci avessero il ruzzo di spadronare in casa d'altri. Ma vedete, messeri; su quella gente là non ci si può far conto. Potevano essere, sia detto con vostra licenza, il primo popolo del mondo, stimati da per tutto e temuti la parte loro. Ma no; con mille discordie si sono guastati il sangue, e non possono durarla tre mesi in pace con sè medesimi. Va via di lì, ci vo' star io, è la regola di tutti que' maggiorenti, che dovrebbero invece adoperarsi per la tranquillità e per la grandezza del popolo. E si bisticciano sempre, non so da quanti anni, e fanno a rubarsi il comando; oggi Adorno, domani Fregoso, posdimani Adorno da capo, sempre su e giù, si arrabbattano come fagiuoli in pentola. Erano padroni in casa loro, che non li comandava nemmeno l'imperatore; e adesso, vedete, son roba di tutti, che la è una miseria a pensarci. E ancora s'impuntano a dar molestia ai vicini; e vogliono far l'omo addosso a noi altri! Si mettano in pace tra loro, si mettano; comandi chi può e obbedisca chi deve. Che ve ne sembra, messere?
Mi sembra che tu abbia ragioni da vendere!rispose messer Pietro, aggrottando le ciglia.
In quella che mastro Bernardo, ringalluzzito del suo trionfo oratorio, si disponeva a meritarsene un altro, ricomparve il Maso sull'altana.
Padrone!gridò egli ansimanteVenite giù subito!
Che c'è egli di nuovo?dimandò stizzito l'ostiere.
C'è messer Giacomino che ha mestieri di voi.
Aspetti; or ora ci andrò.
Ha premura;incalzò il ragazzo,
Se ne vada, allora; potevi dirgli che ci ho forastieri.
Se gliel ho detto! Ma egli vi vuole ad ogni costo.
Ha da essere un pezzo grosso, il vostro messer Giacomo!notò il Picchiasodo.Va dunque e vedi di contentarlo.
Oh, gli è un giovinotto, mezzo villano e mezzo soldato, che si crede dappiù di chi si sia, perchè il nostro Marchese lo vede di buon occhio; un superbioso, che va sempre col capo nelle nuvole, e qui non ha mai bevuto un bicchiere.
Ragione di più per scendere; vedrai che stavolta ti asciuga la cantina.
Del resto,soggiunse messer Pietro.oramai siamo satolli e si parte. Fa intanto stringer le cinghie ai cavalli.
Sarete serviti, magnifici messeri; e caverò fuori un fiaschetto di malvasia, che vien proprio da Candia, pel bicchier della staffa.
Sta bene; e tu piglia questo per l'opera tua; credo che basterà.
Così dicendo, messer Pietro gli pose in mano un genovino d'oro.
Corbezzoli, se basta!gridò l'ostiere, facendo tanto d'occhi a quel lucicchìo.Tornateci domani, sul conto, e doman l'altro, se vi piace; l'Altino è vostro, messere.
Se non ci avesse a costare che questo,borbottò il Picchiasodo,e' sarebbe a straccia mercato.
Il genovino d'oro, valeva allora quindici grossi, che erano intorno a tredici lire della nostra moneta presente, ma che, fatto il conto dei tempi diversi e dei mutati prezzi delle derrate, potrebbero ragguagliarsi al doppio di questa valuta. E ciò spieghi la meraviglia della contentezza di mastro Bernardo; il quale si avviò gongolante all'abbaino, per dove era già scomparso il ragazzo.
Che matrimonio ha da essere!andava dicendo l'ostiere tra sè.Non è più di primo pelo, ma e' ci ha un'ariona da principe, questo messere. A proposito; la Rosa mi aveva pur detto il suo nome! Tamburlano? No. Canterano? Nemmeno. Certo comincia in ca. Vediamo un poco!
Messer Pietro si era mosso dalla tavola, alla volta del murello, e pareva volesse dare un'ultima occhiata al paese. Picchiasodo, da uomo più materiale, era ancora al suo posto, e mostrava cogli atti di voler vedere il fondo all'orciuolo del vino.
Scusate, messere;disse mastro Bernardo, avvicinandosi a lui;il nome del vostro compagno?
Perchè?dimandò il Picchiasodo, inarcando le ciglia.
L'ho sulla punta della lingua;prosegui mastro Bernardo, senza badare al piglio scontento di quell'altro.Vedete, messere; sono un povero diavolo d'oste, ma ci ho entratura al castello. Mia moglie è sorella della madre di Gilda, la cameriera di madonna Bannina, e il nome dello sposo io l'ho risaputo. Ca. Casche. Aiutatemi a dire!
Casche.ripetè il Picchiasodo, per contentarlo.
Sicuro, Casche. Ma se non mi date voi una mano
Ti cascherà l'asino, lo capisco.
Ah, bravo! Cascherà. Ci sono; Cascherano, Grazie tante! Messer lo conte di Cascherano,soggiunse allora mastro Bernardo, volgendosi a messer Pietro e sprofondandosi fino a terra,la grazia vostra!
Per chi vi piglia costui?chiese il Picchiasodo a messer Pietro, mentre quell'altro si allontanava.
Lascialo dire;rispose messer Pietro.Egli è venuto quassù per farci cantare, ed ha cantato lui per tutti, il baggèo!
CAPITOLO II
Dove messer Giacomo Pico impara che il torto è degli assenti.
Stropicciandosi le mani in segno di contentezza, tronfio, invanito di quel colloquio, in cui aveva fatto prova di tanta penetrazione, mastro Bernardo scese le scale; indi, comandato al ragazzo che stringesse le cinghie alle cavalcature dei due forastieri, e alla Rosa che pigliasse in cantina un fiaschetto di malvasia, entrò in cucina, dove stava il nuovo venuto impaziente ad attenderlo.
Era costui un giovinotto di forse venticinque anni, che tale lo dinotava l'aspetto, fiorente della prima virilità, alto della persona, di membra robusto e di belle sembianze, quantunque infoscate un tal poco dalla torbida guardatura degli occhi cilestri e dallo aggrovigliarsi della chioma rossigna in ciocche scompigliate sul fronte. Semplice era la foggia del vestire; portava calze di lana divisata e scarpe di cuoio ruvido, alla guisa dei montanari; in capo aveva un'umil berretta e sulle spalle una cappa di bigello, alla borghigiana; ma il farsetto di cordovano e l'impugnatura d'una brava misericordia, che facean capolino dallo sparato, insieme colla punta d'una spada che usciva fuori ad una rispettabile lunghezza dal lembo della cappa, lo chiarivano un uomo d'armi, per allora fuor di servizio, ma non al tutto fuori d'arnese.
Il suo nome era Giacomo Pico, figliuol d'Antonio, della terra di Bardineto. Lo si chiamava dimesticamente messer Giacomino, sendo egli venuto in tenera età alla corte del Marchese; ancora lo dicevano il Bardineto, senz'altro, dal suo luogo natale, posto a forse dodici miglia di là, in mezzo ai monti, presso le scaturigini del Bormida. Bardineto apparteneva ai signori Del Carretto, e ad essi molto affezionata era la famiglia dei Pico; singolarmente caro a Galeotto il loro ultimo rampollo, che dapprima eragli stato donzello, indi compagno nelle aspre fatiche di guerra e salvator della vita. Però Galeotto lo teneva sempre al suo fianco, più amico assai che vassallo, e lo adoperava in ogni faccenda che richiedesse fedeltà e segretezza a tutta prova.
Ragioni queste perchè mastro Bernardo avesse a fargli servitù. Ma, oltrechè non gli sapea menar buono quel suo fare fantastico e il non essersi mai seduto davanti a' suoi fiaschi, quel giorno a mastro Bernardo pareva di aver piantato l'insegna accanto a più gran personaggio che non fosse messer Giacomo Pico.
Ragioni queste perchè mastro Bernardo avesse a fargli servitù. Ma, oltrechè non gli sapea menar buono quel suo fare fantastico e il non essersi mai seduto davanti a' suoi fiaschi, quel giorno a mastro Bernardo pareva di aver piantato l'insegna accanto a più gran personaggio che non fosse messer Giacomo Pico.
Epperò, mentre questi, vedutolo entrare in cucina, si muoveva ansioso verso di lui, quel vanaglorioso d'un oste gli fece a mala pena di berretta.
Ve ne prego messer Giacomino, spicciatevi;soggiunse egli tosto, dopo quell'atto un po' sbrigativo;ho da offrire il bicchier della staffa a due cavalieri.
Erano da te!sclamò il Bardineto.Ed io che li cerco da un'ora!.
Eh, eh, capisco;ripigliò mastro Bernardo, con aria di chi sa e vuol lasciarsi scorgere;il nostro magnifico Marchese li aspetterà.
Se li aspetterà! Lo credo io! Sono annunciati certamente da due ore. Io era appunto in volta verso Calvisio, A mala pena arrivato stanotte!
A proposito, siete stato in viaggio.
E lungo; e ho avuto appena il tempo di far la mia relazione al Marchese, ch'egli mi ha mandato fino a Pia per vedere la nuova compagnia di balestrieri che ha presa in condotta testè. Ero salito a Calvisio per dare un'occhiata alla guardia; torno al passo della fiumana e mi dicono che due cavalieri sono discesi verso Castelfranco, avviati pel Borgo. Mi metto sulle loro pedate e non li trovo; alla porta di San Biagio nessuno li ha visti. Rifò la strada, piglio lingua, e sento che si erano fermati all'Altino. Che è ciò? A due passi dal borgo, perchè smontano essi da te?
Eh, l'ho detto ancor io; perchè smontare da me? Ma che volete, messer Giacomino? Avran veduto l'insegna: Fermatavi all'Altino, c'è buona l'accoglienza e meglio il vino. E l'han trovato buono, credetemi, quantunque non l'abbiate mai assaggiato. Dopo tutto, o che? dovevano presentarsi al castello a stomaco digiuno, come due pellegrini affamati?
Che uomini sono?dimandò il Bardineto, per metter fine a quella intemerata dell'oste.
Non lo indovinate?
Eh, forse; due genovesi, dei soliti, che vengono qua, sotto colore d'ambasceria, per curiosare, scoprir terreno e macchinar tradimenti in casa nostra.
Che!sclamò mastro Bernardo, facendo le cocche colle dita,Più su sta monna Luna!
Come? e che altro hanno ad essere?
Due pezzi grossi, vi dico io. Cioè, no, dico male; uno grosso soltanto di corporatura, e gli ha da essere lo scudiere, o alcun che di somigliante; ma l'altro.
L'altro?
Eh, un uomo per la quale, che è aspettato dal Marchese e gli farà molto piacere il vederlo capitare al castello.
Non genovese?ripicchiò il Bardineto, stringendosi nelle spalle.
Non genovese; piemontese.
Capitano di ventura?
Altro ci è; signore di terre e castella. Ma scusatemi, messer Giacomino; e' son qua che scendono le scale.
E senza aspettar altro, l'ostiere si mosse, per andare incontro a' suoi ospiti.
IL Bardineto, rimasto solo in cucina, si accostò alla finestra, che dava sull'aia, ov'erano già i due cavalli, tenuti per le redini dal Maso, e vide poco stante i due forastieri che salivano in arcione.
Uno, il più vecchio e il più tarchiato, gli parve per l'appunto uno scudiere, o un famiglio. L'altro, era un bell'uomo tra i trenta e i quaranta, biondo di capegli, dal volto un po' arsiccio, ma bianco di carnagione, di leggiadre fattezze e di nobilissimo aspetto. Anche a non voler badare alla sua cappa di scarlatto verde foderata di vaio e al suo cavallo palafreno, la cui gualdrappa e gli altri arnesi erano filettati d'argento, si capiva ch'egli era un uomo di grande affare, e che mastro Bernardo aveva ragione a notare in lui un'ariona da principe.
Chi diamine sarà costui?andava almanaccando tra sè il Bardineto.Non genovese, perciò non nemico; capitano di ventura nemmanco. Fosse uno del parentado! Ma io li conosco tutti, i signori della lega, e questi mi giunge affatto nuovo alla vista.
Intanto, mastro Bernardo s'era fatto innanzi col suo fiaschetto di vin prelibato e profferiva ai due viaggiatori il bicchier della staffa.
Grazie!disse il più giovine accettando il bicchiere e rendendolo dopo avervi a mala pena intinte le labbra.
Non così il Picchiasodo, che, recatosi il bicchiere all'altezza degli occhi, ne contemplò amorosamente il liquido topazio, indi lo accostò alle labbra, ne assaporò un sorso, tornò da capo a guardare, mentre, alla maniera de' buongustai, batteva la lingua contro il palato, e finalmente, arrovesciando gli occhi in segno di beatitudine, mandò giù l'abbeverato e succiò l'orlo del bicchiere per giunta.
Se tu cominciavi da questo,diss'egli all'oste nell'atto di restituire il bicchiere,non si andava più via dall'Altino.
Eh eh!rispose mastro Bernardo ridendo.Per altro, a messer lo conte non è piaciuto.
A me?dimandò messer Pietro, vedendo che l'oste accennava a lui.Anzi, gli è nettare, non vino; ma con quest'amicone non bisogna far troppo a fidanza.
Con vostra licenza, messere, berrò io le vostre bellezze. Alla salute degli sposi.
E mastro Bernardo, contento di metter le labbra al bicchiere del suo ospite, tracannò il rimanente d'un fiato.
Messer Pietro sorrise, salutò e spinse il cavallo fuori del portone.
Il Picchiasodo spronò a sua volta, e lo seguì sulla strada.
Costui vi vuol vedovo, messer Pietro;gli disse frattanto a mezza voce.Povera madonna Bartolomea!
A mala pena furono sulla strada i due viaggiatori, il Bardineto si serrò addosso a mastro Bernardo.
E adesso mi dirai. Prima di tutto, che andavi tu novellando di sposi?
Non avete capito?disse l'ostiere, mentre, levato di pugno al Maso il fiaschetto prezioso, lo andava a riporre nell'armadio.C'è un matrimonio in aria e quello è lo sposo; il magnifico conte di Cascherano, che si è degnato, bontà sua.
Sposo! di chi?interruppe il Bardineto, facendosi bianco nel viso come un cencio lavato.
Eh, non già di madonna Bannina, nè della mia Rosa, che hanno i loro uomini vivi e sani!
Ma, alla croce di Dio, parla; di chi?
Di madonna Nicolosina, perdinci! O che, venite dal mondo della luna?
A messer Giacomo Pico venian meno le forze, e si offuscava la vista.
Impossibile!esclamò egli, con voce soffocata dalla commozione.Impossibile!
E perchè mo'? A San Nicola fa i diecisette, quantunque, a dir vero, mi paia che la sia nata ier l'altro. Ma, pur troppo, i giorni passano e gli anni van di conserva. O che? l'avrebbe da starsene a spulciare il gatto? È bella, è savia, è di nobil casato; e qui, con nostra buona pace, non c'è nessuno per lei. Al Fregoso, quantunque doge, non l'hanno voluta mostrare nemmeno dal buco della toppa; e' bisognava dunque far capo più lunge; a Cascherano, verbi grazia. Cascherano! bel nome! E lo sposo n'ha un altro, per giunta alla derrata; ma ora e' non mi vien sulle dita.
Il Bardineto sudava freddo, e per un tratto non aveva potuto aprir bocca.
Ma come sai tutto ciò, che io ignoro affatto?.
Eh, lo capisco? se voi andate a fare l'ambasciatore! Da quanto tempo mancate?
Da due settimane; cioè a dire, da quando è partito l'ultimo oratore dei Genovesi, messere Ambrosio Senarega. Sono stato a Cosseria, a Millesimo, a Cortemiglia, a Ponzone; ho dato infine una scorsa a tutte le castella delle Langhe.
Orbene, e in questo mezzo s'è accozzato il negozio. Io sono stato il primo ad averne fumo, in paese. Sapete pure, messer Giacomino; madonna Bannina, che Iddio la prosperi sempre, n'ha fatto un cenno alla Gilda. La Gilda l'ha rifischiato a sua zia; e sua zia, che è poi nostra moglie, indegnamente, l'ha rapportato a me, com'era debito suo. Ma ora che ci penso, badate, gli era un segreto da tener sotto chiave, e voi da me non sapete nulla, intendiamoci; io non ho fiatato, acqua in bocca! me lo promettete?