Il Cercatore Di Coralli - Mongiovì Giovanni 2 стр.


Giordano gettò gli occhi verdi al soffitto e, dopo averci pensato, rispose:

«Io non ero ancora nato.»

«Nessuno di noi lo era, ma lo erano i nostri padri... lo era vostro padre.»

«Invero me ne parlò... c'era anche lui quando Benavert venne sconfitto.»

«È una storia vecchia di sessant'anni, tuttavia le nostre cronache sanno parlare in luogo dei morti. Benavert, temibile predone saraceno, cagionò immani offese alla gente nostra ai tempi della conquista. Egli arrivò ad assaltare i conventi di Calabria, rapendo le monache per farne concubine del suo harem. Morì nella sua Siracusa, durante l'assalto al porto, mentre si dava all'arrembaggio da una nave allaltra. Cadde in mare e la pesante armatura lo tirò a fondo... Era l'Anno del Signore 1086. So bene che vostro padre fu tra gli uomini che presero la città, ma so anche che tale Benavert intrattenne una profonda amicizia con vostro nonno.»

«Conrad de Rougeville, mio nonno, morì nel 1071, durante l'assedio di Balerme18.»

«Questo non toglie che fossero amici...»

«Non so nulla di tutto questo.»

«Eppure i nostri cronisti ne parlano ancora.»

«Io avevo sedici anni quando morì mio padre e lui più o meno dieci quando morì il suo... non stupitevi se non conserviamo memoria dei fatti antichi.»

«Rainulf de Rougeville non è vostro cugino?»

«Discendiamo dallo stesso uomo ma da due donne diverse.»

«Egli ha confermato che Amir ibn19 Abbād, conosciuto come Benavert, intrattenne un intenso sodalizio con vostro nonno, tale da proclamare tre mesi di lutto per la sua morte. Ora vi chiederete in che modo tutto questo possa riguardarvi, nobile Jourdain... Ecco, stiamo per affondare al cuore del regno degli ziridi il colpo mortale; Hasan pagherà tutti i torti della sua famiglia! I suoi atti di pirateria sono stati per troppi anni un pungiglione molesto che ora dev'essere estirpato.»

«Che io sia dei vostri anche questa volta, mio Signore! Il sangue di mio padre grida vendetta dai granelli di sabbia di capo Dimas!»

«Il sangue di vostro padre avrà riposo, ve lo assicuro. Ma voi, valoroso Jourdain, dovrete fare qualcosaltro per il Regnum... dovrete trovare i discendenti di Benavert fuggiti in Africa e portarli ai piedi di Sua Maestà, affinché paghino il conto per il male che ricevemmo.»

In realtà Ruggero mostrava spesso compassione al nemico e ai familiari di questi, consapevole probabilmente di quanto lasservimento potesse fare più male della morte. Ben altro trattamento riservava invece ai traditori e a coloro che non piegavano il collo. Non era chiaro se questa volta intendesse dare dimostrazione della sua clemenza e risparmiare quella gente, ma è certo che rese più rilevante la questione infarcendola di sentimenti di vendetta.

«La schiatta degli africani è senza numero; come posso riuscire in tale impresa?» chiese Giordano, tanto incerto quanto confuso.

«Quando avremo assoggettato le loro città i saraceni dell'Ifrīqiya cercheranno in tutti i modi di accaparrarsi i posti migliori nel nuovo ordine di cose. Conoscono la tolleranza del Regno e come i funzionari nostrani siano in molti della loro stessa razza; vorranno fare fortuna. Voi e il vostro nome costituirete unottima strada per i discendenti di quel predone. Verranno di sicuro a cercarvi per ribadirvi l'amicizia che occorreva all'epoca tra i vostri antenati.»

«Sono io in potere di concedere qualcosa che non sia la morte in battaglia?»

«Vi investirò temporaneamente di nuovi poteri, cosicché unirete il servizio della penna a quello della spada e sarete conosciuto da tutti. Sarete uno degli amil20 del Re.»

«Non possiedo terre né salariati e non ho mai riscosso un tarì21 dalle tasche di nessuno.»

«In verità avremmo mandato vostro cugino Rainulfo se non avesse quasi trentanni più di voi.»

Dunque Giorgio d'Antiochia batté due volte le mani e uno degli eunuchi che sostavano all'ingresso della sala fece entrare un giovanotto nemmeno ventenne, a primo acchito un saraceno di buona famiglia.

«Vi aiuterà Yasir.» rassicurò l'Amiratus presentando il ragazzo.

Giordano lesse subito negli occhi di quel giovane sbarbato lessenza di una grande mente.

«È il migliore!» rafforzò le referenze Giorgio, intendendo il migliore nelle scienze matematiche e nella gestione dei catasti.

«Dove devo cercarli?» chiese a questo punto il nobile di casa Rossavilla, rassicurato dalle decantate abilità di Yasir.

Un altro uomo quindi venne fuori dal colonnato. Costui aveva il privilegio di portare il turbante anche in presenza di Ruggero.

«Conoscete Mohammad al-Idrīsī?» chiese Giorgio dAntiochia.

Il nuovo giunto accennò un inchino e Giordano rispose alla stessa maniera.

«Prego Mohammed, rispondi alla domanda del nostro amico.» invitò sempre l'Amiratus, ma questa volta parlando in arabo piuttosto che in lingua doïl... lidioma usato a corte accanto al latino e al greco degli atti ufficiali e della diplomazia.

Giordano conosceva la fama dell'uomo che adesso si accingeva a parlare, sapeva che era un geografo molto famoso e pure un guaritore, nativo di Setta22, e che Ruggero lo teneva in grande stima.

Lultimo arrivato perciò si avvicinò e, arrotolandosi i baffi con una mano, rispose:

«Confrontandomi con gli annali di Jodfri Malaterra risulta che la moglie e il figliolo di tale Amir ibn Abbād fuggirono nella città di Noto, la quale era ancora nelle mani dellIslam quando Siracusa venne presa. E a sua volta fuggirono in Ifrīqiya nel 1091 quando Noto cadde in mani cristiane. Ora è bene che sappiate che esistono numerosi municipi importanti sulla costa dell'Ifrīqiya: Sūsa23, Mahdiyya, Safāqis24, Gabes e molti altri. È mia opinione che la donna, indifesa e spaurita, si sia rifugiata proprio presso la corte degli ziridi, a Mahdiyya, o altrimenti chiamata Mahdia. È qui che dovreste cercare... tra la nobiltà cittadina.»

«Come si chiamava la donna?» domandò Giordano.

Dunque Yasir rispose alle sue spalle:

«Nadira... ho trovato questo nome in un'antica poesia che si tramanda oralmente tra le fanciulle di religione islamica della Sicilia centrale; pare corrisponda a quello della moglie prediletta di ibn Abbād.»

«Bene, sembra che voi sappiate più di quello che vi è necessario sapere per questa missione.» commentò compiaciuto Ruggero, accavallando una gamba sull'altra e lisciandosi la barba.

«Che daremo a Jourdain de Rougeville in cambio del suo servigio?» chiese quindi il Re a Giorgio dAntiochia. Ovviamente conosceva già la risposta.

«Fertili terre e cinquanta villani per lavorarle. Sarete più ricco di vostro cugino Rainulf e per certo siederete davanti a lui alle Curie Generali25.»

Quello di entrare tra i ranghi dell'aristocrazia terriera e di poter sedere alle Curie Generali insieme agli altri baroni era lobiettivo che Giordano, e prima ancora suo padre, perseguiva da una vita. Quando aveva citato suo nonno e l'esistenza di due famiglie discendenti da due donne diverse aveva alluso ad una scomoda verità: la donna dalla quale risaliva Giordano era stata una popolana, mentre quella dalla quale discendeva quel tale Rainulfo, era stata una nobildonna normanna della più alta stirpe. Ai primi era toccata la strada della carriera militare, lunica percorribile, agli altri la possibilità di curare le rendite della terra e di poter pagare i propri obblighi feudali inviando uomini del contado. La differenza di prestigio faceva star male i primi e rendeva paradossalmente invidiosi i secondi, i quali avrebbero preferito che "gli illegittimi" non si fregiassero dello stesso nome... quello dei Rossavilla.

Giorgio dAntiochia sapeva perciò il fatto suo quando aveva citato Rainulfo, cosciente che così avrebbe infuocato l'animo di Giordano. Il senso di rivalsa era forte e la volontà di acquisire meriti innanzi al sovrano ancora di più. Giordano, la cui fedeltà al Re era sempre stata incondizionata, adesso avvertì per la prima volta uno strano peso sullo stomaco. Si trattava di un atipico stato d'ansia, quello dettato dalla consapevolezza che la propria vita stia cambiando e che la possibilità che questo avvenga sia nelle proprie mani. Lasció perciò il Palazzo, determinato come non mai a portare a termine la missione che stava così tanto a cuore al suo Re.

Capitolo 2

Giugno 1148, isola di Cossyra

Sopravvenuta la notizia che in Ifrīqiya si moriva di fame, Ruggero non volle perdere altro tempo. Assicurò l'incolumità ai messaggeri di Hasan, che avevano tradito l'emiro venendo a recare la notizia della mala sorte del loro regno, e si apprestò ad armare duecentocinquanta navi.

Tra gli uomini di Giorgio dAntiochia numerosi erano gli ufficiali saraceni senza casato né titolo e molti erano i nobili cristiani, capitani di ventura che gli obbedivano senza riserve. A Giordano, che faceva parte di questi ultimi, era stata affidata una galea. L'uomo sottomesso che era apparso dinanzi al Re adesso lasciava il posto ad un comandante sicuro di sé, scaltro e dai modi diretti ed efficaci.

L'equipaggio della galea era formato per lo più dai marinai forniti dalle città lombarde26 di Sicilia, ma anche da saraceni che facevano parte dell'esercito regolare. Il dotto Yasir stava accanto a Giordano e permaneva in uno stato di eccitazione e timore mentre la nave prendeva il mare aperto.

In attesa che il naviglio salpato dalla Sicilia giungesse al completo, fu convenuto di radunarsi a Cossyra27. Le prime galee arrivate sull'isola si ancorarono in una rada; quella di Giordano era tra queste. Quindi, al chiarore delle stelle e con il moto perpetuo del mare nelle orecchie, mentre molti altri riposavano, Yasir venne a sedersi accanto al suo comandante.

«Avete figli, mio Signore?» gli chiese parlando nel latino del popolo, lidioma che permetteva ai siciliani, qualunque fosse la religione e la razza, di capirsi.

Giordano allora dovette interrompere i suoi pensieri, cosa che lì per lì lo infastidì non poco.

«Saresti dovuto scendere insieme agli altri e passare la notte a riva. La vita di mare è cosa dura per uno come te.»

«Ho già navigato con dei mercanti genovesi fino a Gerba28.»

«Di dove sei originario?»

«Di Gafludi29... ovvero di Cefalù. Mio padre soprintende da anni al lavoro degli artigiani di lingua araba nella costruzione della cattedrale. Ho visto i mosaicisti d'oriente all'opera e i più grandi ingegneri della nostra razza calcolare proporzioni e geometrie. È così che mi sono appassionato ai numeri.»

«Devi aver avuto un ottimo maestro!»

«È così...»

Poi, dopo averci pensato un po, il giovane Yasir chiese:

«Anche voi, mio Signore, avete passato la scienza della spada ai vostri discendenti?»

Giordano assentì col capo e spiegò:

«Ho un figlio poco più grande di te e altri due ancora bambini. Il mio primogenito si è imbarcato per Corcira lo stesso giorno che io ho rimesso piede in Sicilia.»

«Non l'avete salutato?»

«L'ultima volta lo vidi due anni fa. Ma è bene che così si faccia le ossa!»

In quel momento la piccola barca a remi utilizzata per la spola con la spiaggia rocciosa venne velocemente verso la galea.

«Signore, Signore!» chiamò un tale Ali, soldato di vecchia data.

Giordano si sporse a babordo e chiese:

«Cos'è successo?»

«Una piccola imbarcazione degli ziridi... non molto distante da qui!»

Giordano perciò allertò una ventina di uomini e si recò al luogo che gli era stato indicato. In un'insenatura naturale, in attesa che sorgesse il sole, se ne stava attraccata una barca. Chiaramente era stata mandata da Mahdia per spiare le mosse dei siciliani.

Gli abitanti dell'isola se ne stavano già appostati dietro le rocce di pietra lavica, incuriositi dalla situazione. Si trattava di pescatori e raccoglitori di cotone, arabi più che latini, nella lingua così come nella religione.

Per quanto Giordano e i suoi cercassero di avvicinarsi in punta di piedi mentre si inerpicavano a difficoltà tra le asperità della scogliera, qualcuno dei marinai di Hasan dovette vederli, poiché la piccola imbarcazione cominciò ad allontanarsi a forza di remate. Dunque, chi a nuoto e chi calandosi sul ponte dalle rocce, prima che il legno fosse troppo lontano da riva, bloccarono la barca e immobilizzarono l'equipaggio.

Quando Giordano si accorse che sottocoperta gli occupanti principali dellimbarcazione fossero dei piccioni messaggeri, venne colto dalla paura che l'effetto sorpresa su Mahdia fosse stato vanificato dalle notizie portate da quei volatili. Furioso si scagliò contro i marinai nemici.

«Cosa avete mandato a dire al vostro signore?» domandò in arabo, usando la persuasione della sua spada alla gola per convincerli a parlare.

«Nulla... proprio nulla!» rispose uno di quei marinai, proprio colui che a prima vista doveva essere l'ufficiale di Hasan.

Giordano, non convinto, stava per sgozzare il primo come monito agli altri quando Yasir fece capolino dal boccaporto.

«No, Signore, risparmiatelo... Dice il vero!» e porse un pezzetto di pergamena al nobile comandante.

Su di esso cera scritto:

I rūm30 sono a Quawsarah

«Non lo hanno ancora mandato.» spiegò Yasir.

Giordano sorrise, diede una pacca sulla spalla al suo giovane aiutante e comandò ai suoi:

«Conduciamo questa bagnarola dall'Ammiraglio. È possibile che domani, in luogo del solito tonno salato e delle solite gallette di grano, banchetteremo con carne di piccione!»

Come previsto da Giordano, Giorgio dAntiochia, l'Amiratus per chi parlava latino, l'Ammiraglio per chi conosceva solo il volgo del popolo, accolse la notizia con grande entusiasmo e riconoscenza. Concesse il bottino agli uomini di Giordano, ma riservò una colomba per sé. La bestiola sarebbe servita per inviare un falso messaggio all'emiro di Mahdia, rassicurandolo che il naviglio siciliano non era presente in quei mari.

Così si accrebbe ancor di più la fama di Giordano, e così, agli occhi degli uomini in armi, l'inspiegabile favore di Ruggero e del suo ministro nei confronti di quel nobile di modesto rango trovò più che una giustificazione nelle gesta di quella sera.

Capitolo 3

22 giugno 1148, Mahdia

Il viso di Kamal recava i segni del sale e del vento. Aveva circa cinquantanni e aveva passato la sua giovinezza sul mare, gettando le reti e tirando le cime, alla caccia dei migliori coralli del Mediterraneo centrale; un duro lavoro che laveva ricompensato con un fisico che perdurava invidiabile nonostante l'età.

Se la sua giovinezza l'aveva passata in mare, lo stesso non poteva dirsi della sua età adulta, in quanto aveva lasciato le reti per darsi all'arte raffinata degli intagliatori di corallo. La bottega di Kamal era rinomata non solo alla corte dell'emiro di Mahdia, ma anche a quella del califfo del Cairo. Perfino le principesse di Palermo, figlie e sorelle di Re Ruggero, avevano indossato inconsapevoli i monili che Kamal sistemava, in quanto aveva saputo ben sfruttare le relazioni commerciali che in passato vi erano stati tra i due regni.

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