Volevano fargli la pelle laggiù al suo paese
perché non taceva di fronte ai soprusi d'un capo;
ma pure a Torino c'è gente che vuole che muoia:
Omàr Salazìm gli ha proposto di vendere droga,
e lui gliel'ha detto che il male è nemico del Bene
e più non gli parli e gli resti voltato e distante.
Omàr l'ha giurato, che o cede o gli toglie la vita,
e ieri l'ha fatto picchiare da quattro dei suoi,
poi gli hanno bruciato davanti il tappeto verzino.
Non passa più molto che Abdùl lo ritrovano morto.
Lui pensa: «Alla fine ritorno nel grembo di Dio».
Rosario il condomino
Rosario negli anni '60 salì su a Torino
trovando un lavoro in un grande opificio moderno;
poi venne la crisi: fu preso e mandato a riposo
con una pensione da viverci un giorno su tre
perché anticipata un accordo tra gran capitali,
polìtici e sìndacalìsti per togliere gli oneri
a quella grandissima impresa e girarli sul pubblico .
Allora Rosario si fece il suo nuovo mestiere
ed ora trasporta le merci per terze persone
col suo furgoncino malconcio comprato d'incontro;
lavora da solo ma a volte, se il carico è greve,
richiede l'aiuto pagato d'un buon marocchino,
Abdùl Satelèch, diligente e di poche pretese.
La moglie s'arrangia a stirare per altre famiglie
e porta a Rosario, ogni mese, una cifra discreta.
Guadagnano pure le figlie, commessa e impiegata.
Convivono stretti in un vecchio palazzo vicino
a un grande mercato del centro in due piccole stanze