Juan Moisés de la Serna
Aspetti psicologici nei Tempi della Pandemia
Aspettipsicologicinei tempidella pandemiaJuan Moisés de la SernaTradotto da Anna BiniTektime Edizioni2020
Aspetti psicologici nei tempi della pandemia
Scritto da Juan Moisés de la Serna
Tradotto da Anna Bini
1^ edizione: maggio 2020
© Juan Moisés de la Serna, 2020
© Tektime Edizioni, 2020
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Distribuito da Tektime
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Prologo
Dopo la grande accoglienza dellarticolo intitolato Qual è il ruolo dello psicologo di fronte al nuovo Coronavirus (COVID-19)? che ho pubblicato su Cátedra Abierta de Psicología y Neurociencias lo scorso 12 febbraio 2020, e dato linteresse suscitato tra colleghi psicologi e altre persone interessate alla psicologia, ho deciso di scrivere questo libro in cui viene affrontato largomento della prospettiva psicologica in tempi di pandemia.
Nonostante le informazioni sulle crisi sanitarie come il COVID-19 siano molto recenti, e in alcuni casi mutevoli, presenterò il lavoro basato su dati attuali e soprattutto su pubblicazioni di natura scientifica, che includeranno anche dichiarazioni di diversi esperti raccolti attraverso i mezzi di comunicazione debitamente citati.
Un libro accessibile a tutti coloro che vogliano approfondire gli aspetti psicologici di un fenomeno di massa in tempi di crisi sanitaria comè il COVID-19.
Dedicato ai miei genitori
Capitolo 1. Introduzione al COVID-19
Si può parlare di crisi personale o sociale. Nel primo caso si verificano alcune circostanze interne o esterne che cambiano il modo in cui un individuo percepisce il suo presente, futuro e persino passato, mettendo in discussione il suo ruolo nella vita, o tutto ciò che fino a quel momento credeva e pensava. Questo può verificarsi quando un membro della famiglia, specialmente se vicino, muore o subisce un qualche tipo di incidente con conseguenze sulla salute o sullautonomia della persona, ma può succedere di andare in crisi anche a causa di aspetti emotivi come la rottura sentimentale con il nostro partner o il divorzio dei genitori durante ladolescenza. In questi casi, da un punto di vista psicologico, si può parlare di crisi causate da circostanze molto diverse che incidono sullindividuo. Ci sono poi le crisi sociali, come nel caso delle crisi umanitarie in cui milioni di persone abbandonano tutto ciò che hanno e iniziano la fuga verso un futuro incerto. Allo stesso modo possono verificarsi anche crisi economiche in cui migliaia di persone possono perdere il lavoro dalloggi al domani e con esso il modo di portare reddito a casa, mettendo a rischio la propria sopravvivenza e quella dei propri cari (@NTN24ve, 2018) (vedi Illustrazione 1).
Illustrazione 1. Tweet crisi umanitarie1
Tra questi tipi di crisi ci sono anche quelle legate alla salute, in cui una malattia può mettere a rischio la vita delle persone, di qualcuno che nei giorni precedenti stava bene. In questa categoria si possono includere le pandemie, comprese le emergenze sanitarie come il COVID-19, una malattia che ha mobilitato migliaia di medici e personale sanitario che combattono quotidianamente per mitigare gli effetti del virus, anche a rischio della loro stessa vita.
Anche se a volte ciò a cui i media danno più visibilità sono il numero di persone colpite e i decessi, informazioni offerte dai vari governi e raccolte dallOMS sul loro sito web.
Il Johns Hopkins University Science and Engineering Center (USA) riporta il numero di casi di persone colpite, decedute e guarite, sia numericamente che visivamente, a livello globale e per ciascun paese (Johns Hopkins CSSE, 2020).
Al 7 marzo 2020, che è quando inizia questo libro, il numero di casi in tutto il mondo è 102.470, distribuito tra 101 paesi, di cui la Cina conta 80.651 contagi, seguita dalla Corea del Sud con 7.041 e lIran con 4.747; La Spagna è in decima posizione con 401 casi (vedi Illustrazione 2 2).
Illustrazione 2 Casi di contagi al 7 marzo 2020
Allo stesso modo, attraverso lo stesso portale è stato riferito che il numero di decessi finora è stato di 3.491 persone, mentre coloro che hanno superato la malattia e sono guariti sono 57.462.
Aggiornando i dati anteriori al 19 marzo 2020, il numero di persone colpite è di 218.827, distribuite in 160 paesi, con un numero di morti pari a 8.811 (vedi Illustrazione 3).
Illustrazione 3 Casi di contagiati al 19 marzo 2020
Se ci concentriamo sulle tendenze di ricerca di Google (Google Trend 2020) sul COVID-19, termine designato dallOrganizzazione Mondiale della Sanità l11 febbraio 2020 per riferirsi al nuovo Coronavirus emerso in una provincia della Cina e il cui primo caso di contagio è stato segnalato il 31 dicembre 2019 (OMS, 2019), si può osservare come le ricerche di questo termine sono progressivamente aumentate in tutto il mondo, raddoppiando tra l11 e il 12 febbraio; tra il 23 e il 24 febbraio; e dal 1 al 2 marzo; una riduzione è stata osservata solamente tra il 28 febbraio e il 1 marzo (vedi Errore. Lorigine riferimento non è stata trovata.).
Illustrazione 4 Evoluzione del termine di ricerca
Per quanto riguarda linteresse generato nei singoli Paesi, è possibile vedere come quello che ha generato il maggior numero di ricerche nellultimo mese sia Singapore, seguito da Islanda, Cina e Hong Kong; gli Stati Uniti si trovano in ventesima posizione, mentre la Spagna occupa la posizione numero quarantotto rispetto ai sessantacinque paesi che compongono il risultato di Google, con lultima posizione occupata dalla Turchia (vedi Illustrazione 5).
Illustrazione 5 Ricerca per Paesi
Come si può vedere, non esiste una corrispondenza diretta tra i Paesi con il maggior numero di contagi e la preoccupazione che ha generato tra la popolazione. Ciò può essere dovuto al fatto che ci sono altri fattori da tenere in considerazione, come lallarmismo generato in determinate popolazioni o il fatto che in quel paese vengano utilizzati mezzi diversi da Google per consultare questo tipo di informazioni, ad esempio in alcuni Paesi asiatici dove il motore di ricerca più utilizzato è Baidu.
Va anche notato che il termine COVID-19 è sorto dopo che era stato chiamato nuovo coronavirus 2019 (n-CoV), noto anche come virus cinese o virus di Wuhan (il nome della provincia cinese dove è iniziato il contagio), che è il motivo per cui alcuni utenti continuano a fare ricerche utilizzando i vecchi termini.
Inoltre, è possibile utilizzare il termine coronavirus, ovvero la famiglia di questo virus, o semplicemente virus. Pertanto, la panoramica dei dati risulta incompleta quando viene tenuto in considerazione solo il termine COVID-19, il che potrebbe spiegare la differenza mostrata tra lordine dei paesi in termini di numero di casi di decessi e lordine di interesse mostrato dalle ricerche di Google.
Quindi, se eseguiamo la ricerca precedente, ma includendo anche i termini COVID, Virus e Coronavirus, possiamo vedere come la preoccupazione per questo argomento inizia il 20 gennaio 2020 e che il termine COVID, o COVID-19, che è la denominazione ufficiale, è poco usato per cercare informazioni a questo proposito, essendo superato di molto dalluso del termine Virus e Coronavirus (vedi Illustrazione 6).
Illustrazione 6 Termini di Google relazionati con il COVID
Nel grafico precedente si può vedere come ci sia stato un momento iniziale di interesse in termini sia di Virus sia di Coronavirus tra il 20 e il 31 gennaio, con una perdita di interesse progressiva nelle ricerche fino al 20 febbraio, dove linteresse aumenta esponenzialmente col termine Coronavirus.
Concentrandoci su questultimo termine, il paese che ha effettuato più ricerche su Google è stata lItalia, seguita da Singapore e Svizzera; la Spagna occupa il quinto posto e gli Stati Uniti il diciannovesimo dei 64 paesi per i quali sono disponibili i dati (vedi Illustrazione 7).
Illustrazione 7. Ricerca del termine Coronavirus per paesi
Dati che in questo caso corrispondono al numero di casi di persone contagiate in aumento, ad eccezione dellIrlanda, dove si potrebbe parlare di un allarmismo sociale al di sopra dei dati reali dei casi nel periodo preso in considerazione.
La denominazione COVID-19
Uno dei problemi degli psicologi sociali è raggiungere la fedeltà dei clienti nei confronti di un marchio, essendo questo quello che utilizziamo per identificare una determinata persona, prodotto o azienda. Normalmente quando pensiamo ad unazienda come Coca-Cola, McDonald o Ikea, di solito lo facciamo in relazione ai prodotti che vendono. Se guardiamo altri marchi come UPS, Iberia o Microsoft, ci riferiamo ai servizi che offrono.
Qualcosa che influenzerà in modo decisivo lacquisizione del prodotto o servizio in questione, non solo sulla base dei nostri criteri, ma anche sullinfluenza dellopinione degli altri e dei media attraverso la pubblicità.
Allo stesso modo, quando pensiamo a Stephen Hawking, Barack Obama o Rafael Nadal non ci riferiamo più a prodotti o servizi, bensì al Personal Branding che hanno sviluppato grazie rispettivamente alla loro carriera scientifica, politica o sportiva, cioè associamo gli aspetti emotivi al marchio, che può essere collegato a una persona, unazienda e persino una località.
La stessa cosa accade quando si deve dare un nome alle sventure, proprio come accade quando si tratta di designare i cicloni tropicali che ogni anno colpiscono gran parte dei Caraibi e del Nord America.
Come riportato dallOrganizzazione Meteorologica Mondiale (World Meteorological Organization, 2020), questi nomi seguono elenchi prestabiliti che ruotano, lasciando nella memoria di molti gli effetti delluragano Katrina nel 2005 o di Ike nel 2008.
In effetti, in linea di principio questi nomi non hanno alcuna relazione con la data in cui si verificano, la violenza o le aree più colpite, tra questi ci sono nomi inglesi o spagnoli (ad esempio, Barry o Gonzalo), maschili o femminili (ad esempio, Lorenzo o Laura). Ma il nome dei cicloni tropicali ha qualche impatto sulla popolazione?
A questa domanda si è cercato di dare una risposta attraverso unindagine condotta dal Dipartimento di Amministrazione e Aziende; in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia, il Communications Research Institute e la University of Illinois Research Survey of Women and Gender Research Laboratory; insieme al Dipartimento di Statistica dellArizona State University (USA) (Jung, Shavitt, Viswanathan, & Hilbe, 2014).
Lo studio ha analizzato le conseguenze climatiche degli uragani negli Stati Uniti negli ultimi sei decenni, differenziandoli secondo i nomi maschili e femminili, scoprendo innanzitutto che quelli che avevano nomi femminili erano stati quelli che avevano provocato maggiori effetti distruttivi e morti tra la popolazione.
Bisogna ricordare che lelenco dei nomi è prefissato e che la loro assegnazione è consecutiva, quindi non esiste a priori alcuna relazione tra il genere del nome e la sua violenza. La cosa più sorprendente dello studio è che un elenco di nomi di uragani, 5 maschili e 5 femminili, è stato sottoposto a 364 partecipanti, perché valutassero usando una scala di tipo Likert da 1 a 7 in che misura consideravano violenti tutti gli uragani nellelenco.
I risultati mostrarono che gli uragani di nome maschile tendevano a essere classificati come più distruttivi rispetto agli uragani di nome femminile, indipendentemente dal genere dei partecipanti.
Questo ha permesso di capire perché a volte, di fronte agli avvertimenti delle autorità, si presta più o meno attenzione alla prevenzione, ad esempio semplicemente perché il nome assegnato è maschile o femminile.
Daltra parte, i nomi delle malattie in ambito sanitario di solito sono indicati con acronimi correlati ad alcune caratteristiche identificative del luogo, dei sintomi o delle conseguenze.
Così, allinterno della famiglia dei coronavirus ci sono stati in precedenza vari focolai, come il SARS-CoV che è sorto in Cina nel 2002, le cui iniziali corrispondono al Coronavirus della sindrome respiratoria acuta severa e che fa riferimento ai suoi sintomi; il MERS-CoV emerso in Arabia Saudita nel 2012 e le cui iniziali in inglese si riferiscono alla sindrome respiratoria mediorientale, in cui si fa riferimento ai sintomi e al luogo; e il COVID-19, emerso nel 2019 in Cina, i cui acronimi in inglese si riferiscono alla malattia del Coronavirus del 2019, senza fornire alcuna indicazione rispetto ai sintomi o alla località in cui è sorto.
Bisogna tenere presente che il termine COVID-19 non è stato il primo a venire utilizzato per questa malattia, bensì è stato un cambiamento introdotto quasi due mesi dopo il primo caso segnalato allOMS, che ha portato alcuni ad affermare che le motivazioni per modificarlo incorporando un nome ufficiale sarebbero potute scaturire dalla volontà di evitare le conseguenze economiche negative dellassociazione di un tipo di malattia a una regione o una popolazione (@radioyskl, 2020) (vedi Illustrazione 8).
Illustrazione 8. Tweet Denominazione di COVID-192
In questo modo, lintenzione sarebbe quella di eliminare i nomi di virus cinese o virus Wuhan, termini che puntano direttamente al focolaio dorigine dellinfezione.
Una deferenza verso la Cina che alcuni operatori sanitari denunciano, per non aver avuto la stessa considerazione con altre popolazioni, come nel caso della sindrome respiratoria mediorientale Coronavirus.