Il ragazzo osservò per bene lo straniero ed esclamò:
«Se non è lui poco ci manca!»
E fece agli altri segno di immobilizzarlo.
«A quanto ammonta la taglia?» domandò un altro ancora.
«Non cè nessuna taglia, ma solo la promessa che Majone saprà ricompensare a dovere chi gli porterà lassassino di quelleunuco. È una sua questione personale!»
Alessio non comprendeva il volgare latino utilizzato da quegli uomini e dunque, vedendosi afferrare per le braccia, spiegò:
«Io sono un uomo di religione che è stato trattato come non merita voi, giovane, ricambiate col male la mia onestà!»
«Voi siete senza dubbio un uomo probo, che come me si è fatto nemico un uomo del Re. Tuttavia, noi che viviamo dellelemosina del mare siamo anche dei poveracci e dobbiamo guadagnarci da vivere. Questa notte un grosso pesce si è gettato di sua volontà dentro la rete; dovremmo lasciare andare questo regalo del Signore?» rispose Vittore.
«Non ci guadagnerete uno scifato non valgo niente io!» urlò Alessio, recalcitrando mentre quelli lo esortavano a camminare.
«Questo lo stabilirà lAmmiraglio.»
Da tutto ciò era evidente che il testimone della locanda, benché fosse rimasto nellanonimato, avesse raccontato tutto allautorità competente, e che questultima si fosse rivolta pure ai civili e agli irregolari per raggiungere un rapido successo.
Dogni modo, il primo ad essersi accorto che Alessio somigliava alla descrizione dellassassino del gaito Luca, si parò davanti al catturato e fece riflettere:
«Da quando in qua facciamo i favori a Majone?»
«Quando vendi il tuo pesce, Mamiliano, ti curi di chi sia la mano che ti paga?» chiese Vittore.
«LAmmiraglio è un uomo senza scrupoli, che non ha rispetto per la gente e né tanto meno per il Re.»
«Si lamenti Guglielmo allora. Se è vero, come si dice, che costui ha provato a soffiargli il trono, lo faccia esiliare E se è vero, come si dice, che costui governi nel letto della Regina più del Re, allora lo faccia bruciare vivo sullargine del fiume. Per quanto mi riguarda lAmmiraglio ha dimostrato di avere a cuore più gli interessi dei commercianti e dei mercanti che quelli dei feudatari. Non è anche questo che i nobili gli rimproverano?»
«Guglielmo teme perfino il suo ministro, questa è la verità, e non è capace nemmeno di impedire che Majone gli rubi la moglie. Ricordo bene quando Ruggero condannò al rogo il suo Ammiraglio, quel Filippo di Mahdia che tramava segretamente con i maomettani dAfrica Se Guglielmo fosse stato appena la metà di ciò che era suo padre avrebbe per lo meno fatto arrestare Majone, soprattutto dal momento che su di lui pendono accuse simili a quelle mosse contro il suo predecessore. Forte è giunto il grido dei cristiani di Mahdia, donne e bambini massacrati senza pietà dalla furia di quei cani infedeli! Ho scambiato due parole con un nobile di fuori città e lui mi ha detto che Majone ha abbandonato volutamente quella gente al proprio destino. Amici, credete a me, lAmmiraglio è in combutta con i saraceni dAfrica e protegge gli eunuchi del Re, i quali tramano la rivolta per riconsegnarci agli emiri e ai califfi.» spiegò un altro tra i compari del porto.
«Questi argomenti lasciali al tuo nobile di fuori città; costui avrà sicuramente le giuste argomentazioni per difendersi. Tu invece sei un poveraccio e i poveracci, caro Duccio, devono parlare da poveracci! Il nostro unico ideale è quello di riempirci le tasche.»
«Vittore, è un discorso da poveracci dire che costui seduce le nostre sorelle per toglier loro lonore?» aggiunse sarcastico Mamiliano.
«Se qualcuno dei presenti ha una sorella disonorata da quel tale, lo dica adesso e lasceremo andare questo povero cristo.»
«Le giovani figlie dei nobili ribelli sconfitti lo sanno tutti, Vittore E poi cè la storia della sorella del genovese» stava per raccontare Mamiliano.
«Il genovese non è dei nostri!» lo interruppe Vittore.
«Il genovese fa parte della corporazione dei mercanti di stoffe. E riguardo alle figlie dei nobili, Mamiliano, so bene che sono storie vere; ma a noi cosa ce ne importa?» concluse infine.
Quel breve dibattito si chiudeva lì. In realtà menti più colte avrebbero potuto addurre accuse ben più concrete alloperato di Majone, ma persi tra il non ci riguarda e il per sentito dire decisero che avrebbero consegnato lo straniero allAmmiraglio del Regno così da riscuotere la ricompensa.
«Dove mi portate?» chiese Alessio.
«Pare che Majone sia disposto a pagare per mettervi le mani addosso.» gli rispose Mamiliano, sin dallinizio il meno propenso alla cosa.
Alessio, che aveva deciso di accettare quella missione per avere redente le sue colpe, che sarebbe stato disposto pure a morire per espiare il male che aveva commesso, adesso cominciava a provare nostalgia per la vita che stava per lasciare. Tuttavia, coerentemente alla sua prima decisione, non disse più nulla e con rassegnazione si fece condurre da quegli uomini sino alla tana del lupo.
Percorrendo lampia via Marmorea, incontrarono un paio di guardie della ronda. Uno di quei soldati corse subito verso la chiesa dove spesso si intratteneva a pregare Majone di Bari, per avvisarlo dellavvenuta cattura. Ogni uomo in armi era stato infatti istruito che avrebbe dovuto condurre il ricercato direttamente al cospetto dellAmmiraglio, ovunque egli si trovasse.
Non erano ancora giunti allaltezza dellincrocio da cui si imbocca la via per la chiesa edificata da Majone guarda caso costruita proprio accanto a quella di Giorgio dAntiochia, il suo più illustre predecessore che videro arrivare la guardia inviata prima.
«Al palazzo dellArcivescovo, presto!»
Ripresero perciò a percorrere la strada principale che divide il Cassaro, in direzione del Palazzo Reale.
Dopo un po passarono sotto labitazione di Giordano di Rossavilla e Alessio non poté fare a meno di pensare a come tutto fosse cominciato con linganno di quelluomo e con lillusione di ritrovare Zoe. Questa volta tutto taceva e Alessio sperò che il suo nobile rivale lo seguisse nella morte quella stessa notte, non riprendendosi mai più dalla sua malattia.
Giunti sulla piazza della Cattedrale svoltarono a destra, e qui, proprio sullincrocio, aspettarono che la guardia entrasse nel palazzo dellArcivescovo, sito sul retro della grande chiesa, per avvertire lAmmiraglio. Venne quindi fuori Majone, il quale, tutto concitato, si avvicinò agli uomini che tenevano in custodia Alessio. Vittore e Mamiliano trattenevano ancora il prigioniero per le braccia quando lAmmiraglio lo prese per il mento e lo indusse a guardarlo negli occhi. Sorprendentemente, lo stupore colse Alessio più di Majone. Adesso il maestro darte era sicuro che sarebbe morto e probabilmente anche quella stessa notte. Ecco infatti svelata lidentità delluomo che lo aveva aggredito alla locanda!
La notte in cui era stato ucciso il gaito Luca, Majone si trovava al piano superiore di quello stesso edificio ed era in compagnia di una donna, presumibilmente della stessa signora affidata alla cura delleunuco, ovvero la Regina. LAmmiraglio temeva la testimonianza di Alessio più di quanto Alessio temesse la testimonianza dellAmmiraglio. Le voci sulla tresca tra il primo uomo del Re e la Regina erano diffuse in tutto il Regno, ma, di fronte ad una prova del genere, per certo neanche lindolente Guglielmo sarebbe rimasto indifferente.
Alessio strizzò gli occhi e spalancò la bocca per la meraviglia di quellincontro. Majone invece incattivì lo sguardò e digrignò i denti.
«Che questa bestia non viva oltre questo momento!» sentenziò, indicando in tal modo alle sue guardie quale fosse il prossimo ordine da portare a termine.
Strapparono dunque Alessio dalle mani di Vittore e lo condussero per altri luoghi. Lo sfortunato artista passò ora dinanzi allingresso del palazzo dellArcivescovo e qui, vedendo stazionare sulla strada tutto il seguito dellAmmiraglio e credendo che questi avessero a che fare con Ugone, il prelato a capo di Palermo, supplicò:
«Signori, vi prego, lasciatemi parlare col Vescovo; sono anchio un uomo di religione!»
Quelli lo fissarono con apparente indifferenza e tornarono a guardare davanti a sé, verso Majone. Intanto alle spalle di questi si udiva il rumore delle sbarre che la servitù stava mettendo alle porte del palazzo, richiudendo lingresso con uninconsueta premura.
Alessio, che di fronte alla morte non voleva più morire, puntò i piedi sui basoli della strada e gridò:
«In nome di Dio, aiutatemi!»
«Non date peso a quel greco!» urlò Majone, rivolgendosi ai suoi sulla porta e preoccupato che il condannato ne dicesse una di troppo.
Adesso Alessio si concentrò sulla lama della spada che già una delle guardie aveva sguainato. Pensò che morire trafitto fosse meno doloroso e infamante che morire impiccato. Ora si attaccava a questunica consolazione, mentre uno dei due soldati indicava allaltro limbocco di una stradina, lì dove il condannato sarebbe stato ucciso.
«Signore, che la morte copra i miei peccati non redenti!» esclamò il maestro darte, guardando il cielo.
E poi, rivolgendosi alle guardie, pregò:
«Vi chiedo solo di avere una sepoltura»
Ma quelli, saraceni di lingua araba, non compresero nulla, né le parole di Alessio né che da quella notte, quella del 10 novembre 1160, tutto sarebbe cambiato.
PARTE II LA MANO DI MALACHITE
Capitolo 8
1156 (551 dallegira) Balermus e dintorni
La folla si stringeva compatta attorno alla scena, senza dir parola e senza commentare. In molti erano infatti i saraceni che osservavano silenziosi, oltre le spalle delle guardie reali, oltre quella coltre di fumo che si innalzava al cielo congiuntamente alle loro preghiere. Sulla sponda sinistra della foce del wādī al-Abbās27, appena fuori dalle mura della città, quel giorno del 1156 il boia aveva appiccato un fuoco che non sarebbe durato fino a sera ma che tuttavia avrebbe continuato ad ardere per anni nel cuore di Amjad.
Per ogni giovane islamico non esiste ricordo dinfanzia più importante del khitān28, e per Amjad, che immaginava la circoncisione come una sorta di festa in suo onore, quel giorno della sua fanciullezza sarebbe stato ancor più cruciale.
Suo padre era appena morto in battaglia mentre combatteva nellesercito di Re Ruggero contro lImperatore dOccidente. Sua madre se nera andata poco dopo, dando alla luce la piccola Naila. E così Amjad e Naila erano finiti nelle mani dello zio, un uomo tanto povero quanto spietato. Questi, dichiarando di non poter togliere il pane dalla bocca dei figli per darlo agli estranei, aveva infatti deciso che avrebbe coperto le spese per crescere la piccola Naila con i proventi derivati dalla vendita di Amjad. Laveva dato ad un mercante e questi, valutando che il bambino era bello, fine e dalla voce aggraziata, laveva rivenduto agli agenti del Palazzo del Re. Ed ecco arrivare quel giorno, quando alletà di nove anni era stato convocato per il khitān. Amjad non poteva saperlo, ma, in luogo del suo prepuzio, i medici di corte stavano per rimuovere ciò che gli avrebbe impedito dora in poi di essere considerato un uomo. Amjad era stato evirato, sfregiato nella sua virilità, affinché potesse comparire nelle stanze private dellharem. In seguito, poche settimane dopo, aveva subito anche il battesimo, ricevendo un nuovo nome: Mattia, come lapostolo chiamato a sostituire il traditore di Cristo.
Per un ragazzino di nove anni la vita di corte, con i suoi sfarzi e la sua opulenza, esercitava sicuramente un fascino irresistibile. Quando Amjad accarezzò le sue morbide vesti di seta, quando assaggiò la prelibatezza dei cibi del Re, quando si ritrovò a maneggiare loro e i gioielli destinati alle concubine, si convinse che la sua vita fosse migliorata.
Verso i quindici anni cominciò ad attirare le attenzioni degli uomini che gravitavano attorno alla figura del Re. I suoi modi raffinati e la sua pelle liscia costituivano una sfiziosa deviazione rispetto alle usuali donne di malcostume. Così Amjad crebbe in fama e potere, e ben presto, poco più che ventenne, giunse nelle camere della nuova principessa, una ragazza sedicenne di nome Margherita, proveniente dalla Navarra e data in moglie allerede Guglielmo. Di Margherita ne divenne presto il confidente e, quando lei venne incoronata Regina, rifulse parte di quella gloria divenendo uno degli eunuchi più potenti e vicini al Re. Per Amjad, tuttavia, esisteva pure unaltra donna, una che in cuor suo destava quel sentimento damore che per forza di cose non poteva essere accompagnato dalla passione. E proprio perché Amjad non sapeva cosa fosse la passione per una donna, proprio perché non aveva altro a cui attaccarsi se non allaffetto di sangue, che cominciò a legarsi morbosamente alla sua giovane sorella. La tolse dalle grinfie dello zio, il quale per certo lavrebbe venduta una volta raggiunta letà più conveniente, e la fece trasferire in un ricco appartamento del Cassaro, nel cuore di Palermo. Diede così a Naila comodità, servitrici e opportunità come mai lei avrebbe potuto avere. Inoltre, recarsi settimanalmente in casa della sorella divenne per lui più che una ragione di vita. Amjad amava Naila e quasi ne idolatrava la bellezza; mai e poi mai avrebbe permesso a qualcuno di sfiorarla.
Se da un lato Amjad aveva dato il suo cuore a Naila, dallaltro aveva riservato la passione agli uomini. Ne esistevano molti nella vita delleunuco, ma non con tutti aveva voluto abbandonarsi ai vizi della carne, dal momento che, se lavesse fatto, quello strumento del potere che era il letto, si sarebbe trasformato in un semplice oggetto di piacere privo di scopo. E così, diventato più potente di molti degli uomini del Re che avevano favorito la sua scalata, adesso si sarebbe dato solo a chi avrebbe potuto renderlo influente anche al di fuori del Palazzo, così che la propria ascesa superasse il limite imposto dallesclusività della corte.
Loccasione sembrò presentarsi quando a Palermo giunse da Sfax29 un certo saraceno, un uomo ormai di una certa età che per brevità venne appellato col nome di Forriāni. Costui aveva ricevuto la nomina di amil30 della sua città dal Re di Sicilia, ma, dichiarandosi con umiltà troppo vecchio per governare, aveva passato le redini al figlio. Si era dunque recato a Palermo come ostaggio a garanzia dalla fedeltà del suo luogotenente ed erede. Forriāni era ovviamente un uomo potente e riverito in tutta lAfrica siciliana, e farselo amico avrebbe significato avere una base sullaltra sponda del Mediterraneo, così da provare ad approntare un qualche affare commerciale privato. Essendo comunque costui anche un uomo religioso, ligio e scrupoloso dellortodossia coranica, Amjad comprese presto che i metodi che gli erano tanto cari non avrebbero funzionato. Nacque tuttavia unamicizia, un sodalizio in cui Forriāni parve interessato a voler strappare Amjad dal peccato, dallavidità e dalla fede cristiana. Lamil di Sfax era una persona carismatica e persuasiva, e così, molto presto, riuscì a redimere Amjad dal peccato e a ridestare in lui i precetti religiosi dinfanzia. Fece leva in modo particolare sul sopito sentimento didentità razziale del giovane, quel suo essere saraceno che era stato cancellato con una banale e imposta aspersione dacqua sul capo. Inoltre lo fece riflettere sul fatto che fare gli interessi dei saraceni avrebbe significato favorire la sua amata Naila, in quanto lei non aveva mai smesso di far parte della stirpe dei mori di Sicilia. E così, alla fine, guidato nei gesti e nelle parole da Forriāni, nascosti nelle stanze dellospite, Amjad tornò ad inchinarsi verso La Mecca e a recitare la shahādah31. Il giovane eunuco riscopriva in tal modo di avere un Dio e si attaccava sempre di più ad un padre; tale divenne Forriāni per lui.