«Impossibile.» disse, «Ho sentito per caso il Marchese e la Marchesa di Seabrook ad un ballo. Non si erano accorti della mia presenza, come accade sempre.».
Povera Kaitlin «E che cosa hanno detto?», Marian poteva almeno ascoltarla. «Qual è il loro legame con la duchessa?».
«La marchesa è la sorella del duca. Sono parenti.».
Questo cambiava tutto. Se erano imparentati, dovevano essere a conoscenza delle abilità della duchessa. Forse incontrarla non era una cattiva idea, dopo tutto. Tuttavia, aveva bisogno di ulteriori informazioni prima di prendere una decisione.
«Ti abbiamo convinta, vero?» disse Samantha. Le sue labbra si curvarono in un sorriso, «Non dire una parola. Vado a casa e inizio lopera di convincimento con Shelby affinché ci accompagni. Mio cara, dovrai preparare le valigie per due settimane in campagna.».
«Non ho detto di sì.» la informò Marian.
«Ma lo farai.» ribatté Samantha. La sua voce conteneva un pizzico di arroganza. «So come la pensi, ti abbiamo irretita con quelle poche informazioni. Ammettilo.».
Marian sospirò, «Daccordo. Sono curiosa. Di che cosa hanno discusso il Marchese e la Marchesa?».
«Erano piuttosto riservati e cercavano di mantenere la voce bassa.» rispose Kaitlin, «Ma hanno detto che, una volta, lei ha salvato la vita a suo marito. Ha eseguito un intervento chirurgico su di lui prima che si sposassero. Ma, soprattutto, pensavano che fosse in grado di aiutare qualcuno che conoscevano e che era stato ferito nello stesso modo in cui era stato ferito il duca. Il marchese non credeva che il duca sarebbe stato felice di darle il permesso.».
«Oh.». La storia era affascinante. Che cosa sapeva esattamente la duchessa, e come lo aveva appreso? «Di che ferita si trattava?».
«Un colpo di pistola.» rispose Kaitlin compiaciuta.
Accidenti il cuore le batteva per lemozione quante possibilità «Daccordo. Avete ragione, devo incontrarla.». Poi si rivolse a Samantha: «Fammi sapere quando avrai convinto tuo fratello.». Incrociò lo sguardo di Kaitlin, «Verrai anche tu?».
Lei annuì, «Questo è il tuo sogno, Mary. Voglio essere presente quando lo raggiungerai. E poi mi piacerebbe conoscere la duchessa.».
«Sembra decisamente audace.» rispose Marian allegramente, «Non vedo lora di incontrarla.».
«Ti scriverò dopo che avrò parlato con Shelby.» disse Samantha alzandosi, «Mi aspetto che tu sia pronta non appena avremo organizzato tutto, spero che non ci voglia molto a convincerlo.».
Con queste parole, Samantha uscì dal salotto, lasciando Kaitlin e Marian da sole. Cera molto da fare. Prima di tutto cera da convincere suo padre a permetterle di viaggiare. Poteva dare ordine alla cameriera di iniziare a preparare le valigie mentre lei studiava lapproccio migliore. Doveva funzionare, era la sua ultima speranza.
CAPITOLO TRE
Jonas fischiettava mentre si dirigeva verso il club. Aveva trascorso una giornata particolarmente lunga e non vedeva lora di rilassarsi con alcuni dei suoi amici più cari. Asthey e Shelby sarebbero arrivati, prima o poi. Avrebbero deciso se rimanere al club o andare a divertirsi altrove. Talvolta Shelby doveva accompagnare sua sorella a un ballo o a una festa. Quando Jonas e Asthey erano dellumore, si univano a lui per supporto morale o per prenderlo in giro.
Fortunatamente, lui non aveva una sorella minore di cui occuparsi, e neanche un fratello, per dirla tutta. La sua era stata uninfanzia solitaria, ma era grato che suo nonno non avesse nessun altro da torturare. Era già abbastanza difficile proteggere se stesso, figuriamoci un fratello o una sorella. Ciò era incluso nel motivo per cui Jonas non voleva sposarsi. Certo, non dare a suo nonno un altro erede era un ulteriore motivo, ma in particolare non intendeva mettere in pericolo una moglie o un figlio. Sarebbero stati una debolezza che il duca avrebbe sfruttato ben volentieri. Era meglio che rimanesse solo per il resto dei suoi giorni. Almeno finché suo nonno non si fosse deciso a morire e a lasciarlo in pace. Il vecchio stava combattendo fino allultimo respiro. Probabilmente sapeva che sarebbe andato allinferno e non voleva entrare nelle sue profondità infuocate.
Alcuni giorni erano peggiori di altri. Dopo la morte di suo padre, Jonas non aveva avuto molti giorni felici. Fortunatamente, Charles Lindsay, Conte di Coventry, lo aveva preso a cuore. Jonas non ne capiva ancora il motivo, ma gli era grato per il suo aiuto. Il Coventry Club era stato la sua salvezza sotto tanti aspetti. Gli aveva offerto una fratellanza e un faro di speranza. Coventry era stato determinante nellaiutarlo a costruire la sua fortuna e, a sua volta, a tenere suo nonno il più lontano possibile da lui. Il duca non si arrendeva facilmente e cercava comunque di farlo tornare allovile. Cosa che Jonas non avrebbe mai fatto.
Un vento leggero lo sorprese mentre girava langolo. Accelerò il passo quando scorse il club. Il sole stava iniziando a tramontare e presto ledificio sarebbe stato gremito di gente. Non tutti i conti erano in città nello stesso periodo ma, se anche lo fossero, cera abbastanza spazio per tutti. Non tutti ricevevano linvito di ammissione. Ognuno veniva attentamente esaminato e, se il leader lo riteneva idoneo, formalizzava linvito. Coventry era il loro leader e aveva lultima parola su tutti i nuovi membri.
Udì un colpo alle sue spalle. Si voltò per capire cosa stesse succedendo. Asthey teneva premuto il tacco del suo stivale sul petto di un furfante. Luomo si dimenava, cercando di scappare, finché Asthey non estrasse la pistola che portava e gliela puntò. «Avanti. Dammi una ragione per usarla. Dopo la giornata che ho avuto, mi farà sentire molto meglio.».
«Vi prego, milord.» implorò luomo, «Non uccidetemi. Ho una famiglia che ha bisogno di me.».
«Forse avresti dovuto pensarci prima di provare ad aggredire il mio amico.». Jonas spalancò gli occhi mentre ascoltava la conversazione. Era così perso nei suoi pensieri da non aver notato quelluomo? Era probabile. Dopotutto, era di umore particolarmente sdolcinato. A trentanni si diventava uomini, o almeno così gli avevano detto. Asthey alzò il grilletto mentre il furfante iniziava a tremare. «Chi ti ha mandato?».
Jonas accorciò la distanza tra loro e scrutò luomo. «Cè bisogno di chiederlo? Sono certo che siamo in grado di capire chi è stato così stupido da mandare qualcuno a farmi del male.».
«Non dovevo farvi più male del necessario.» disse luomo, «Lui voleva che vi consegnassi relativamente integro.».
«È così, dunque?». Jonas alzò un sopracciglio, «Suppongo sia vero. Non ho adempiuto al mio dovere di generare un erede. Lui non vorrebbe che io morissi prima di averlo fatto.».
«Non essere così superficiale.» Asthey quasi ringhiò, «È la tua vita, queste aggressioni devono finire.».
Jonas era daccordo, ma non aveva idea di come dissuadere suo nonno dalle proprie idee ridicole. Quelluomo era troppo insistente e non lo avrebbe lasciato in pace per nessun motivo. «Perché non usiamo il ragazzo per inviare un messaggio a quel vecchio caprone?».
«Vuoi che gli spari e lo faccia consegnare a Southington a pezzi?».
«Che cosa macabra.» disse Jonas. Asthey non faceva sul serio. Oh, avrebbe sparato a quelluomo, se necessario, ma non aveva mai commesso un omicidio. Qualche tempo prima aveva avuto uno spiacevole incidente che lo aveva reso diffidente verso le persone che non conosceva o di cui non si fidava. Ecco perché portava con sé una pistola. «Non credo ci sia bisogno di arrivare a tanto.».
«Vi prego, non uccidetemi.», luomo era diventato bianco come un lenzuolo, «Farò tutto quello che volete.».
«Vi prego, non uccidetemi.», luomo era diventato bianco come un lenzuolo, «Farò tutto quello che volete.».
«Visto? Vuole solo rendersi utile.» Jonas sorrise. Un pizzico di malvagità lo pervase, e lui non riuscì a trattenersi neanche se avesse voluto. «Se non farà ciò che gli chiediamo, puoi sempre sparargli più tardi.».
«Preferirei farlo adesso.» rispose Asthey quasi maniacalmente, «Ma colgo la saggezza del tuo piano.». Scostò lentamente lo stivale dal petto delluomo. «Non scappare. Sono un asso con questa pistola e non faresti tre passi prima di sentire una pallottola bruciarti nel petto.».
Jonas scosse la testa, doveva molto ad Asthey per il suo aiuto in tutti questi anni. E questa era unaltra cosa da aggiungere alla lista. Non avrebbe mai potuto ripagare appieno i suoi amici per tutto quello che avevano fatto per lui.
«Che cosa volete che faccia?» chiese il furfante, con una mano ancora alzata. Asthey non aveva ancora abbassato la pistola. «Ditemelo e lo farò questa sera stessa.».
«Vai dal duca.» iniziò Jonas, «Raccontagli di questa nostra breve conversazione, nei dettagli. La prossima volta che manderà qualcun altro a fare il lavoro sporco, non sarà felice del risultato. Questo è lunico avvertimento che gli daremo. Ho chiuso con i suoi giochetti, tutto questo finirà.».
Il duca, probabilmente, non avrebbe ascoltato lavvertimento, ma Jonas doveva provarci. Tutti gli uomini inviati da suo nonno non erano serviti, ma era ora di cambiare la sua strategia. Non avevano mai minacciato di ucciderne e smembrarne uno, finora. Asthey era abbastanza pazzo che quelluomo, probabilmente, lo credeva capace di tutto.
«E non tornare più qui.» disse Asthey, «Se lo farai, significa che hai gradito lattenzione che ti ho riservato stasera.».
Luomo annuì freneticamente, poi si girò e corse più veloce che poté. Jonas rise quando il furfante scomparve alla vista. «Pensi che andrà a Southington?».
«Se ci tiene alla sua vita, lo farà.» rispose Asthey, «Quindi direi di sì.».
«Grazie per essertene occupato.» disse Jonas, «Non mi ero accorto che fosse lì.».
«Andiamo dentro.», ad Asthey non piaceva lemotività. Non avrebbe risposto al suo ringraziamento, ma Jonas aveva capito. Era fatto così ed erano amici di così vecchia data da conoscere i segreti più oscuri e profondi luno dellaltro.
«Dopo di te.» Jonas allungò una mano, «Te lo sei meritato.».
«Sei impazzito?» gli chiese Asthey, «Non ho intenzione di perderti docchio. Porta subito dentro le tue chiappe.».
Jonas scosse la testa e si diresse allinterno, con Asthey alle calcagna. Entrarono nella stanza principale e Jonas rimase sorpreso di vederla affollata al limite. Quasi, se non tutti, i conti erano nel club. Cera un incontro di cui non era a conoscenza? Come Mosè che spartì le acque, i conti si scostarono per far passare Coventry. Luomo si diresse verso Harrington. La sua età iniziava a manifestarsi. I suoi capelli erano diventati un misto di bianco e grigio, e attorno ai suoi occhi verde chiaro iniziavano a comparire le rughe. Nonostante ciò, sembrava forte e robusto per la sua età. Quando Coventry raggiunse Jonas, lo abbracciò e poi fece un passo indietro. Poggiandogli le mani sulle braccia, gli disse: «Buon compleanno.». Quindi tutti i presenti sollevarono i calici e ripeterono le stesse parole ad alta voce.
«Che cosa sarebbe?».
«Una celebrazione.» rispose Coventry, «Per questo compleanno e per molti altri a venire, ma soprattutto, per la tua libertà.».
«La mia cosa?».
«Deve aver battuto la testa.» disse Asthey. «È il tuo compleanno, o lhai dimenticato?».
«No.» disse Jonas con calma, «So bene che giorno è oggi. È la questione della libertà che non capisco.».
«Hai il pieno controllo della tua eredità, ora.» disse Coventry, «Southington non ha più voce in capitolo sulle tue tasche.».
Jonas sospirò, «Ormai da molto tempo non ho più bisogno del denaro degli Harrington per sopravvivere. Non ha importanza per me.».
Aveva rinunciato alla speranza di avere qualcosa a che fare con la tenuta. Il titolo, in pratica, era solo una formalità da anni. Suo padre non aveva assunto il titolo di cortesia come figlio del duca. Se lo avesse fatto, allora sarebbe stato il Marchese di Starling, così come Jonas dopo la sua morte. Invece, aveva assunto il titolo dellaltro nonno, dalla parte di sua madre, ed era diventato il Conte di Harrington. Era lunico erede vivente e ciò comportava un onore maggiore.
Con la morte di suo padre, Jonas era stato posto sotto la custodia di suo nonno. Il duca aveva cercato di fargli assumere il titolo di Starling, ma lui lo aveva rifiutato come aveva fatto suo padre. Sfortunatamente, ciò diede al duca il controllo sulla tenuta Harrington e, di conseguenza, macchiò quellonore. Suo nonno aveva le mani su tutto ciò che riguardava la tenuta Harrington e la governava con ordini duri e crudeltà. I fittavoli erano infelici e il duca provava piacere.
«Non ha importanza?» disse piano Coventry, «Pensaci e, quando sarai pronto a reclamare di nuovo la tua casa, io ti aiuterò.».
Forse doveva rivendicare il suo patrimonio. Odiava avere a che fare con suo nonno, ma lo doveva ai fittavoli da sottrarre al controllo del perfido bastardo. Avrebbero potuto trovare un po di felicità, almeno. Qualcuno doveva farlo, anche se non fosse stato lui. Annuì, «Come hai fatto a riunirli tutti qui?».
«Lo stavamo organizzando da un po.» disse Asthey, «Shelby ed io avevamo deciso che il tuo trentesimo compleanno non sarebbe dovuto passare inosservato senza festeggiamenti.».
Aveva degli amici splendidi. «Grazie.». Jonas si guardò attorno. «Dovè Shelby?».
«Sono qui.» annunciò Shelby da dietro, «Scusate per il ritardo. Ho avuto una discussione con mia madre.».
Shelby litigava sempre con sua madre, era lei che lo costringeva a scortare sua sorella a qualsiasi ballo. Era suo dovere come parente maschio più anziano. Purtroppo per sua sorella, Shelby odiava le feste e cercava di evitarle il più possibile. Troppe innocenti in cerca di marito, per i suoi gusti.