Raji
Libro Due: LAccademia
di
Charley Brindley
charleybrindley@yahoo.com
www.charleybrindley.com
A cura di
Karen Boston
Sito webhttps://bit.ly/2rJDq3f
Immagine di copertina di
Charley Brindley
© 2019
Tutti i diritti riservati
Traduzione di Giulia Geppert
© 2019 Charley Brindley, all rights reserved
Stampato negli Stati Uniti dAmerica
Prima edizione febbraio 2019
Questo libro è dedicato a
Avery, Dylan, Jylynn e John Pipkins
Altri libri di Charley Brindley
1.La miniera di Oxana
2. Raji Libro Uno: Octavia Pompeii
3. Raji Libro Tre: Dire Kawa
4. Raji Libro Quattro: La casa del vento dellOvest
5. Lultima missione della Settima Cavalleria
6. La ragazza dellelefante di AnnibaleLibro Uno
7. La ragazza dellelefante di Annibale: Libro Due
8. Cian
9. Ariion XXIII
10.Lultimo posto sullHindenburg
11. Il Re e la libellula: Libro Uno
12. Il Re e la libellula: Libro Due
13. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Uno
14. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Due
15. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Tre
16. Il mare della tranquillità 2.0 Libro Quattro
17. Il bastone di Dio, Libro Uno
18. Il mare dei dispiaceri, Libro Due
19.Non resuscitare
20.Enrico IX
21.Lincubatrice di Qubit
In arrivo
22.Il Re e la libellula: Libro Tre
23. Il viaggio a Valdacia
24. Lapparenza inganna
25. La Signora Machiavelli
26. Ariion XXIX
27. Lultima missione della settima cavalleria Libro 2
28. La ragazza dellelefante di Annibale, Libro Tre
Dettagli alla fine del libro
Indice
Capitolo Uno
Capitolo Due
Capitolo Tre
Capitolo Quattro
Capitolo Cinque
Capitolo Sei
Capitolo Sette
Capitolo Otto
Capitolo Nove
Capitolo Dieci
Capitolo Undici
Capitolo Dodici
Capitolo Tredici
Capitolo Quattordici
Capitolo Quindici
Capitolo Sedici
Capitolo Diciassette
Capitolo Diciotto
Capitolo Diciannove
Capitolo Venti
Capitolo Ventuno
Capitolo Ventidue
Capitolo Ventitré
Capitolo Ventiquattro
Capitolo Venticinque
Capitolo Ventisei
Capitolo Ventisette
Capitolo Ventotto
Capitolo Ventinove
Capitolo Trenta
Capitolo Uno
Salii sul palco con gli altri quarantanove cadetti e mi asciugai le guance con le dita tremanti guardando Fuse. Era in piedi accanto a sua madre nella terza fila del pubblico. Tutti nell'auditorium stavano applaudendo la nuova classe juniores.
Non dovrei essere qui. Ho preso il suo posto all'Accademia, e non avevo alcun diritto di farlo.
Diedi un'occhiata ai miei compagni di scuola e vidi quarantotto ragazzi e una ragazza: Elizabeth Keesler. Lei stava in piedi accanto a me, stringendomi la mano.
Cerano otto ragazze tra i 250 studenti presenti il primo giorno della gara, ma alla fine della settimana, solo Liz ed io eravamo arrivate tra le prime cinquanta. Vincent Fusilier - o 'Fuse', come lo chiamavano i suoi amici aveva partecipatoanche lui alla competizione, ma non aveva ottenuto un punteggio abbastanza alto per poter entrare nella nuova classe.
Fuse è andato a scuola negli ultimi nove anni, e io non ho mai passato neanche un'ora in classe. Quanto è ingiusto? Chiederò alla dottoressa Pompeii di rimuovermi dalla lista e di dare il mio posto a...
I miei pensieri vennero interrotti dalla dottoressa Octavia Pompeii che tornò al centro della scena. Il pubblico si calmò e si sedette, poi la dottoressa Pompeii si chinò in avanti, appoggiando le mani sul podio.
"Davanti a voi c'è la classe juniores dell'Accademia Octavia Pompeii dell'anno 1926". La sua voce era sorprendentemente forte per una donna minuta di quarantatré anni. Aspettò che l'ondata di applausi si placasse, poi continuò. "Genitori, tutori e amici, salutate i vostri figli per i prossimi quattro mesi, perché lavoreranno sodo fino alle vacanze di Natale".
Attraverso i mormorii e i sussurri del pubblico, sentii un fischio basso e capii che era Fuse. Lo salutai con la mano e sorrisi, sperando che non vedesse le lacrime scendermi sul viso.
"La città di Richmond ha donato dei terreni per questa Accademia nel 1917", disse la dottoressa Pompeii. "Da allora, nei nove anni successivi, nessuna studentessa è entrata nella classe juniores, quindi è per me un grande piacere dare il benvenuto a Elizabeth Keesler e Rajiani Devaki". Si fermò a guardare me e Liz, poi si voltò verso il pubblico. "Le prime donne a frequentare la nostra Accademia".
"Hai sentito, Raji?" sussurrò Liz. "Ci ha chiamate 'donne'."
Io annuì.
"Sembrano più due ragazzine imbranate", disse qualcuno a bassa voce dietro di noi.
Ci guardammo intorno, alla nostra destra, ma vedemmo solo una dozzina di facce sorridenti, con lo sguardo dritto in avanti.
"Non ce la faranno a superare la prima settimana", sussurrò un altro ragazzo, da sinistra.
Liz ed io ci girammo da quella parte, ma non beccammo il colpevole.
"Scommetto che correranno a piangere dalla mamma prima di mercoledì sera", disse un altro ragazzo. "Una di loro sta già piangendo".
Sentì un ridacchiare soffocato e feci per voltarmi per capire chi fosse, ma Liz mi fermò. "Questo lo vedremo", sussurrò, "non è vero?"
"Sì", dissi, ma ero decisa a dire alla dottoressa Pompeii che volevo cedere il mio posto a Fuse. Questo avrebbe lasciato Elizabeth come unica ragazza a sopportare le prese in giro e i dispetti dei ragazzi. Guardai Liz.
Lei è abbastanza forte. Sarà in grado di affrontarli da sola.
La dottoressa Pompeii continuò. "Per favore, alzatevi per la marcia dei colori".
Indietreggiò mentre tre studenti seniors in divisa da parata arrivarono sul palco con le bandiere dell'Accademia. I cadetti marciarono in fila indiana, con la bandiera americana davanti, seguita da quella della Virginia, poi da quella dell'Accademia Octavia Pompeii. Quando raggiunsero il centro del palco, davanti alla nuova classe juniores, eseguirono un movimento sul fianco sinistro, per poi mettersisull'attenti, fianco a fianco, di fronte al pubblico. Tutti e tre in perfetta precisione militare. Dopo qualche secondo, come da comando silenzioso,fecero cadere a terra i calci delle loro bandiere. Così coordinati furono i loro movimenti, che i tre colpi di bastone sul pavimento del palco suonarono come uno unico. Poi inclinarono i bastoni in avanti e si misero in posizione di riposo per la parata. Ognuno dei due cadetti con le bandiere americane e della Virginia portava una cassa di legno con il piano di vetro, nel proprio braccio sinistro.
Alcuni sussurri di approvazione provennero da dei ragazzi dietro di me, ma uno sguardo fulminante della signorina Pompeii li zittì.
Un altro cadetto senior marciò sul palco, passò davanti alla guardia colorata, poi salì sul podio.
"Sedetevi, per favore." Disse il cadetto attendendo che il pubblico prendesse posto. "Sono il cadetto Sergente Benjamin Smith. I Guardiani delle nostre bandiere servono in posizioni elevate e molto stimate all'interno della classe senior. Il loro compito non è solo quello di preservare e proteggere le nostre bandiere, ma di onorarle ogni giorno alzandole e abbassandole nel nostro campus". Si fermò un attimo prima di proseguire. "La bandiera americana..."
Il cadetto Wilson, che teneva la bandiera americana, si girò verso destra, fece sei passi, poi abbassò il bastone ad un angolo di quarantacinque gradi, così da farla rimanere appesa. Alcuni commenti silenziosi arrivarono dal pubblico quando la videro a brandelli e macchiata. Era strappata e con diversi piccoli fori rotondi.
"La bandiera che vedete è una replica di quella che il cadetto Wilson porta nella sua custodia protettiva".
Il cadetto Wilson voltò la custodia di legno in modo che il piano di vetro fosse rivolto verso il pubblico. Tutti videro la bandiera americana piegata all'interno.
"Il motivo per cui esponiamo una replica è che la bandiera originale che vedete nella custodia è troppo preziosa e fragile per essere maneggiata quotidianamente". Il cadetto Smith guardò verso il lato sinistro del palco. "Oggi siamo onorati di avere con noi un soldato che abbia una conoscenza diretta della storia di questa bandiera."
Un soldato con indosso l'uniforme blu dei Marines e un berretto bianco con la visiera, scese dalle ali del palcoscenico. Camminò lentamente, usando un bastone come sostegno, ma la sua postura era ancora diritta. Gli ci volle un attimo per arrivare sul podio.
"Il Sergente Maggiore William Jensen", disse il cadetto Smith, "Corpo dei Marines degli Stati Uniti".
Il Sergente Jensen ricevette un forte applauso, poi il cadetto Smith fece un rapido saluto. Il Marine si fermò, spostò il bastone nella mano sinistra, poi restituì il saluto. Quando abbassò la mano, si avvicinò per stringere quella di Smith.
Il cadetto lasciò il podio al Sergente Jensen e si mise in piedi accanto alla signorina Pompeii. Il Sergente Jensen si tolse il berretto e se lo mise sotto il braccio.
"Teufel Hunden", disse al microfono. Dopo una pausa, ripeté la frase: "Teufel Hunden è come i tedeschi ci chiamavano nella battaglia di Bellau Wood. Una traduzione approssimativa è 'Devil Dogs (Cani infernali)'. Era il maggio del 1918, appena otto anni fa, quando il generale John J. Pershing ordinò ai Marines degli Stati Uniti di guidare l'esercito tedesco da un'area molto boscosa a quarantacinque miglia ad ovest di Parigi. La mia unità era il Secondo Battaglione, Quinto Corpo dei Marines, comandato dal Capitano Lloyd Williams.
"Il nostro primo giorno di battaglia eravamo sotto il fuoco di mitragliatrici pesanti mentre le granate dell'artiglieria tedesca atterravano sempre più vicine alle nostre linee. Ci fu detto di mantenere le nostre posizioni fino all'arrivo dei rinforzi. Poi avremmo dovuto far fuori i nidi delle mitragliatrici e spingerci in avanti nel bosco per bloccare l'artiglieria. Mentre scavavamo le nostre trincee, qualcuno gridò: 'Eccoli che arrivano!'
"Afferrammo i fucili e prendemmo la mira contro l'orda di soldati in uniforme blu mare che si arrampicava su un basso crinale e correva verso di noi attraverso un campo di grano. Ma prima che sparassimo un colpo, il capitano Williams gridò: 'Non sparate! Sono disarmati'. Dopo averli osservati per un momento, disse: 'Sono francesi!' Abbassammo i fucili e ci togliemmo di mezzo dai soldati che correvano sorpassando le nostre linee verso le retrovie.
"Un Ufficiale francese inciampò correndo per raggiungere i suoi uomini.Ritrovò l'equilibrio e gridò al capitano Williams: Dovete ritirarvi anche voi, siamo stati battuti!
"Il capitano Williams urlò alla schiena del francese in fuga: 'Ritirarsi? Diavolo, siamo appena arrivati!'"
Il Sergente Jensen aspettò che la risata educata si spegnesse.
Era difficile per me capire tutte le parole che diceva. Anche dopo un anno in Virginia, il mio inglese non era molto buono. Forse se avessi potuto vedere le sue labbra avrei capito meglio, ma intuii che stava parlando di una battaglia durante la Grande Guerra in Europa che era finita solo pochi anni prima.
"Dopo aver aspettato due ore per i rinforzi promessi, e prendendo molte precauzioni dall'incessante artiglieria tedesca, il capitano Williams si arrampicò sul bordo anteriore della nostra trincea e, usando il binocolo, esaminò il bordo del bosco sul lato più lontano del campo di grano.
"Gli cadde il binocolo sul petto e gridò: 'Forza, andiamo!'
"Ci fu un momento di silenzio mentre i Marines si guardavano l'un l'altro. Nessuno sapeva cosa passasse per la testa di quegli uomini; io so solo che pensavo al motto dei Marines, Esprit de corps. Questo aveva poco a che fare con il nemico, o con il capitano Williams, o anche con la guerra. Ma aveva a che fare con la fratellanza. Il legame di un'unità di uomini che funziona come una forza sola. È stata quella forza che ha reso il nostro plotone più forte di tutti i suoi singoli individui. Insieme potevamo vincere.
"Da qualche parte in fondo alla fila arrivò un grido di battaglia, poi, con un clamoroso urlo, cinquecento Marines uscirono dalle trincee e seguirono il nostro capitano nel campo di grano che ci separava dal bosco.
"Il nostro portabandiera diStelle e Strisce fu il primo a cadere. Fu colpito due volte da un mitragliatore. La bandiera cadde a terra ma fu immediatamente raccolta da un altro soldato, che corse in avanti, guidando la carica attraverso il campo di grano. I proiettili squarciarono la bandiera e spezzarono il bastone di legno.
"Il portabandiera vacillò e andò giù. La bandiera cadde sul corpo insanguinato di un altro marine. Fu recuperata da un terzo soldato, che infilzò il bastone nella terra, poi si inginocchiò accanto alla bandiera. Alzò il fucile Springfield e aprì il fuoco su una postazione di mitragliatrici tedesche. Il resto di noi seguì il suo esempio e ben presto le mitragliatrici cessarono il fuoco. Il soldato tirò fuori il bastone della bandiera dalla terra e con un grido di battaglia corse in avanti attraverso il campo di grano. Il resto di noi lo seguì e presto superammo i nidi delle mitragliatrici e assaltammo l'artiglieria tedesca.