Maria Grazia Gullo - Massimo Longo
I guardiani dei desideri
Il demone delloblio
Copyright © 2018 M.G. Gullo M. Longo
L'immagine di copertina e la grafica sono state realizzate e curate da Massimo Longo
Tutti i diritti riservati.
Indice
Primo Capitolo È così sfuggente quando provo ad abbracciarlo pag.7 Secondo Capitolo Lo ossessionava con un sussurro gelido pag.16 Terzo Capitolo Accorgendosi del suo terrore, cominciò a ridere pag.26 Quarto Capitolo Come un cattivo presagio, mormorava parole in una lingua sconosciuta pag.40 Quinto Capitolo Faccia a faccia con qualcosa di mostruoso pag.53 Sesto Capitolo La sua mente era invasa da quelle cantilene pag.62 Settimo Capitolo Caratteri incomprensibili si incendiavano al suono della cantilena pag.74 Ottavo Capitolo Rifletteva quella terribile immagine pag.89 Nono Capitolo Una scala a chiocciola saliva verso lalto allinfinito pag.106 Decimo Capitolo Gli sembrava alla fine di poter sfondare con le mani il cielo Pag.119 Undicesimo Capitolo Questo pensiero pungeva ostinatamente la sua anima Pag.128 Dodicesimo Capitolo Ricordava un infuso di aglio e odorava di zolfo Pag.139 Tredicesimo Capitolo Venne giù dal cielo trascinando con sé tutte le nubi più nere Pag.152 Quattordicesimo Capitolo Scese da una nube serfando Pag.168 Quindicesimo Capitolo Come se sparisse nelle profondità della terra Pag.180 Sedicesimo Capitolo Improvvisamente uno strano suono, come un gorgoglio profondo Pag.190 Diciassettesimo Capitolo Con il suo passo elegante ne attraversò la soglia Pag.199 Diciottesimo Capitolo Gli artigli si conficcarono ancora più in profondità Pag.209 Diciannovesimo Capitolo Come si fa con una torta margherita Pag.221 Ventesimo Capitolo Mi chiamo di volta in volta col nome che mi viene dato Pag.230Prologo
- Vedrai andrà tutto bene, sei grande oramai...Torna a giocare con gli altri bambini, ci rivedremo un giorno, te lo prometto!
Il bambino guardava scomparire lentamente, con gli occhi velati di lacrime, colui che era stato il suo compagno di giochi da che ne avesse memoria.
Corse rapidamente verso le giostre del parco assolato, dove tornò a giocare con i bambini del quartiere, mentre il ricordo del suo amico immaginario svaniva.
Arrivò, tra gli spintoni, il suo turno allo scivolo. Non attese un istante e si lanciò in discesa con tutta la spinta possibile. Neanche il tempo di arrivare alla fine della discesa, che vide spuntare una piccolissima bimba bionda davanti ai suoi piedi, sfuggita al controllo della mamma, non riuscì a frenare e la colpì con violenza.
La bimba perse lequilibrio e batté la testa sul costone di cemento che contornava lo scivolo.
Tentò di raggiungere la piccola, per assicurarsi che non si fosse fatta troppo male, ma fu spinto in malo modo dalla madre che correva a soccorrerla. In quello che a lui sembrò un istante, una folla di nonni e mamme si accalcarono intorno alla malcapitata.
Ununica cosa riuscì a sentire, mentre cercava di farsi spazio in mezzo alla foresta di gambe degli adulti:
- È svenuta! Qualcuno chiami il pronto soccorso!
Quella voce gli risuonava feroce nelle orecchie, la paura lo assalì. Corse verso il boschetto che si trovava alle spalle del parco.
Di colpo tutto diventò buio intorno a lui. Nellaria un vento gelido portava con sé strani suoni, insieme alle parole udite un attimo prima, iniziarono a risuonare dei versi che stentava a capire, sopraggiungevano da dietro un gruppo di alberi dove unombra lunga appariva. Poi la voce si fece sempre più insistente, giungeva da direzioni diverse intorno a lui. Era vicina adesso, sempre più vicina, fino a sussurrargli nelle orecchie:
"Damnabilis ies iom, mirdo cavus mirdo, cessa verunt ies iom, mirdo oblivio ement, mors damnabils ies iom, ospes araneus ies iom"
Si strinse forte la testa fra le mani per non sentire, ma era tutto inutile, cadde in ginocchio, i suoi occhi si spensero
"Damnabilis ies iom, mirdo cavus mirdo, cessa verunt ies iom, mirdo oblivio ement, mors damnabils ies iom, ospes araneus ies iom"
Primo Capitolo
È così sfuggente quando provo ad abbracciarlo
- Elio, Elio, presto! Aiutami con le buste della spesa prima che arrivi il temporale!
Elio se ne stava immobile dentro le sue scarpe sempre nuove e guardava sua madre affaccendarsi senza posa.
- Elio! Cosa fai li impalato? Prendi questa! - lo scosse e gli caricò fra le braccia un'enorme busta con le verdure.
Elio non aveva intenzione di fare altro, salì i gradini esterni del palazzo e girandosi di spalle spinse il portone, si fermò fissando quella maledetta luce rossa lampeggiante dell'ascensore, poi sconfitto salì le scale sino in casa e, appoggiata la busta sul tavolo della cucina, andò dritto in camera sua ad ascoltare la musica disteso sul letto.
Il tempo di salire le scale del palazzo e la madre stanca andò in cerca di lui.
Si affacciò alla porta della sua camera urlando: - Cosa stai facendo? Non abbiamo ancora finito, vieni ad aiutarmi!
- Si, si...sto arrivando...- rispose Elio non muovendosi, solo per liberarsi di lei.
Giulia si allontanò, sperando che questa volta sarebbe stato diverso. Era disperata, non riusciva più a scuotere questo figlio che diveniva sempre più apatico.
Dallingresso si udirono i veloci passi decisi di sua sorella che lo chiamava con voce allegra: - Elio! Elio! Muovi il sedere da quel letto e vieni ad aiutare anche tu la mamma che ti sta aspettando giù - gli urlò sapendo che sarebbe stato proprio inutile.
Elio non si mosse e continuò indifferente a fissare il soffitto, dopo aver aumentato il volume del suo lettore.
Giulia, sfinita più per la lotta con il figlio che per la fatica, finì di scaricare la spesa insieme alla figlia Gaia. Non faceva che pensare ad Elio, mentre saliva le scale di quel palazzo di cinque piani, bianco e arancione come tutti quelli del quartiere popolare di Gialingua dove vivevano, in cui lascensore funzionava a giorni alterni e, chissà perché, mai in quelli in cui si doveva portare su la spesa. Vi vivevano venti famiglie, in altrettanti appartamenti che si affacciavano sui lati opposti.
- Questa è lultima volta che ti permetti di farlo! - gli urlò dalla cucina - Quando arriva tuo padre sistemeremo le cose!
Elio non la sentiva neanche, immerso nella musica monotona che gli entrava dalle orecchie senza coinvolgerlo emotivamente, niente e nessuno avrebbe scosso il senso di noia e paranoia che lo circondava. Il suo mondo privo di interessi lo avvolgeva come una copertina di Linus. Lui era così e bisognava che il mondo se ne facesse una ragione.
Gaia era molto diversa da lui: quindici anni, capelli corti e neri e due occhi vispi e curiosi. Le ventiquattro ore contenute in una giornata a lei non bastavano per star dietro a tutti i suoi interessi.
Anche Giulia era dinamica, a differenza della figlia, la sua capigliatura era bionda e riccia, era leggermente in sovrappeso ma scattante e decisa, insomma, la classica mamma quarantaduenne sempre piena di impegni, divisa tra lavoro e famiglia.
Era arrivata lora di cena, ma dalla camera di Elio non arrivavano segnali di alcun tipo, assoluto silenzio. In verità, lui non si era mosso dalla posizione assunta dopo essersi precipitato sul suo letto e aver indossato le cuffie.
Si sentì il rumore delle chiavi nella serratura della porta dingresso, in quello stesso istante, senza dare il tempo alla porta di aprirsi, la voce alterata e lamentosa di Giulia si scaricava sul marito:
- Non si può più andare avanti così!
- Dammi il tempo di entrare tesoro
Giulia baciò il marito e ricominciò allistante a lamentarsi.
- Ancora Elio, vero? - chiese luomo con voce rassegnata.
- Si, lui! - rispose Giulia.
Tutto questo discorso si svolgeva mentre Carlo, dopo aver estratto il contenitore del cibo che avrebbe lasciato in cucina, si dirigeva a riporre nellarmadio la borsa che portava con sé a lavoro con dentro una camicia di ricambio a causa del caldo afoso che già si faceva sentire anche se era solo la fine di maggio.
Era un uomo mite, coetaneo della moglie, alto e magro, i suoi capelli, ormai quasi completamente grigi, un tempo erano stati corvini come quelli della figlia. Aveva il viso allungato e scavato sulle guance, sul naso aquilino poggiavano gli occhiali tondi di metallo.
- Non puoi parlarmene dopo cena? - chiese dolcemente alla moglie, nella speranza di calmarla.
- Hai ragione tesoro - rispose lei, ma senza accorgersene continuò a lamentarsi fino allinizio della cena.
Per fortuna cera Gaia, che non la smetteva di raccontare la sua giornata, trasformando in modo ironico e divertente anche i piccoli fallimenti.
Aveva appena finito di apparecchiare quando la madre le disse:
- Va a chiamare Elio.
- È inutile - rispose - sai che non si muove se non va papà
Giulia continuò rivolgendosi al marito:
- Non esce da quella camera da quando lho portato a casa da scuola, sta peggiorando.
- Non avevamo detto che avrebbe dovuto cominciare a tornare da solo?
- Mi trovavo in quella zona perché ho fatto la spesa
- Hai sempre una scusa per proteggerlo e poi ti lamenti!
Carlo scuoteva la testa con aria di disapprovazione nei confronti della moglie, si alzò dal divano e andò a chiamare il ragazzo.
Entrò nella stanza senza bussare e trovò Elio così come la madre lo aveva lasciato. Aveva gli occhi fissi nel vuoto, rivolti al soffitto, indossava ancora gli auricolari Wi-Fi bianchi, non si era nemmeno sfilato le scarpe
Carlo non riusciva a riconoscere in quel ragazzo il bimbo che accompagnava sempre fuori in bicicletta. Adesso aveva tredici anni ed era alto quasi come lui, spinto dalla sua pigrizia aveva spianato i suoi boccoli biondi e fluenti da bimbo, per evitare di curarli. I suoi occhi verdi erano ancora bellissimi, ma spenti. Negli ultimi anni non reagiva più ad alcuno stimolo. Non udiva la sua risata da così tanto tempo da averne dimenticato il suono. Si dispiaceva di non poter trascorrere con lui lo stesso tempo che gli dedicava da piccolo, tuttavia dubitava che adesso le sue attenzioni sarebbero state apprezzate.
Sfortunatamente, diversi anni prima, a causa della crisi economica, aveva perso il lavoro vicino casa. In realtà, più che la crisi, a spingere alla delocalizzazione l'azienda multinazionale in cui lavorava, era stato l'incremento dei profitti, comportamento che accomuna molte di queste società.
Riuscì con fatica a trovare una nuova occupazione, purtroppo per raggiungere il nuovo luogo di lavoro doveva percorrere parecchi chilometri al giorno e cambiare diversi mezzi di trasporto, cosa che aveva finito col togliere tempo alla sua famiglia. Inoltre, rincasava talmente stanco da far fatica ad essere presente anche quando cera, dopo cena si stendeva sul divano e inevitabilmente si addormentava nonostante gli sforzi fatti per tenere gli occhi aperti.
Carlo gli fece cenno di togliersi le cuffie, Elio eseguì lordine per evitare di dover sorbire una lunga tiritera che impegnasse il suo cervello.
- Vieni a mangiare, è ora di cena - gli intimò arrabbiato - Tua madre ha detto che sei fermo qui dalle sedici!
Elio si alzò e, con la testa bassa, passò vicino al padre, senza sforzarsi di parlargli, e si diresse in cucina.
Gaia era già seduta lateralmente al tavolo rettangolare che aveva apparecchiato e con lo smartphone in mano scambiava messaggi con le amiche per organizzare i prossimi eventi.
Elio si sedette di fronte alla sorella e non le rivolse la parola per tutta la cena.
Cena che si svolse tranquilla, tutti chiacchieravano dei fatti di giornata, escluso Elio che diede qualche morso ad un panino e appena possibile si ritirò di nuovo in camera sua, con grande disappunto della madre a cui face eco lespressione cupa del padre.
Rimasti soli, Giulia e Carlo, mentre finivano di liberare la tavola dalle ultime cose, iniziarono a parlare del solito argomento degli ultimi anni: la preoccupazione per il comportamento del figlio.
- In cosa stiamo sbagliando? Non riesco a capirlo! Gaia è dinamica, allegra, piena di vita! - disse Giulia.
- Io lo trascuro troppo! - si accusò come sempre Carlo.
- Non sei certo lunico padre che è costretto a passare tante ore fuori casa per lavoro e poi io sono a casa tutti i pomeriggi - gli ripeté per lennesima volta Giulia, che non voleva che Carlo portasse sulle sue spalle anche il timore di essere il problema del figlio.
- Non è una questione di carattere, Giulia, perché Elio non era così, tu lo sai benissimo!
- Vorrei anchio che fosse così, Carlo, ma crescendo si cambia e poi, come vedi, le cose peggiorano sempre più. Anche a scuola è un disastro, Dio non voglia che gli tocchi recuperare qualche materia o non possiamo nemmeno mandarlo in colonia come gli altri anni e il centro estivo cittadino sarebbe unoccasione per farlo diventare unameba!
- Giulia, gli altri ragazzi si divertono al centro estivo. I figli di Francesca e Giuseppe ne vanno matti. Sai bene che anche in colonia lui non fa niente! Dobbiamo trovare unalternativa, qualcosa che lo obblighi a reagire. Non sembra neanche vivo, ti ricordi come eravamo noi alla sua età?