Chiamò qualcuno della squadra, forse lallenatore. Con un accento portoghese più marcato - che evidentemente faceva parte della sua immagine pubblica, ma che volendo poteva attenuare riferì qualcosa di un suo cugino che era venuto a Roma, e avvertì che sarebbe tornato in sede con mezzi propri.
Davvero ti è venuto a trovare un tuo parente?, chiese Riccardo al termine della telefonata.
Sì: sei tu il mio cugino di cui parlavo. Sei molto credibile in questo ruolo, non è vero? Scherzi a parte, tutti i miei parenti sono in Brasile. È più di un anno che vivo da solo in Italia; ma questo paese mi piace molto.
E il tuo papà e la tua mamma ti mancano?
Sì, abbastanza; e anche i miei fratelli e le mie sorelle, cinque in tutto. Ma non mi dimentico di loro. Ogni mese gli mando un po di soldi. Qui io guadagno bene, ed in Brasile si sopravvive con poco. Ecco un taxi, deve essere il nostro.
Si sbracciarono per farsi vedere.
Cè un bellalbergo in cui mi fermo sempre quando vengo qui. Potremmo andarci, se vuoi, propose Raul.
Ti va invece il cinema? Ho da poco dato un esame, e questo fine settimana volevo distrarmi un po. È per questo che sono venuto allo stadio, anche se a dire il vero non mi sono tanto rilassato.
Risero tutti e due.
Va bene. Scegli pure tu il film ed il cinema, meglio se un po lontano da qui. È unottima idea, così staremo al buio e non daremo nellocchio.
Salirono sul taxi, che nel frattempo era arrivato, e Riccardo diede indicazione al conducente.
Uscirono dal cinema che era buio. Il film era stato bello.
Hai detto che hai appena passato un esame?, chiese Raul.
Riccardo assentì.
È curioso. Proprio laltra notte ho sognato che davo un esame. È stato quasi un incubo per me che ho fatto solo qualche anno di elementari. Quando mi sono svegliato avevo la testa che mi scoppiava.
Riccardo ripensò al suo strano sogno di qualche giorno prima, quando si era svegliato con le gambe doloranti.
Ma è stato un incubo peggiore, proseguì Raul, ritrovarmi in curva tra tifosi che lanciavano accidenti e maledizioni di ogni genere contro di te; anzi, contro di me. È stato proprio avvilente. Spero che quelli non fossero tuoi amici, e che tu non sia come loro.
Alcuni li conosco un po. Ma stai tranquillo: io non sono come loro. Anzi, sono un tuo grande ammiratore. Chissà, forse è per questo che è successo quello che è successo. A proposito: ho unidea. Vieni un attimo a casa mia: ti faccio vedere alcune cose interessanti.
Labitazione di Riccardo era lì vicino. Suo padre era in casa e quando li vide chiese sbigottito: Chi di voi due è mio figlio?
Sono io, papà, rispose Riccardo. Oggi allo stadio c'era un concorso per il miglior sosia di Raul Francisco. È per questo che i miei amici mi ci hanno portato. Io e lui siamo risultati vincitori a pari merito, con un premio di duecento euro ciascuno, aggiunse Riccardo quasi meravigliandosi di come gli riusciva bene inventare frottole, pur non avendolo mai fatto.
Bene, bene. Fanno sempre comodo. Con quello che costano i tuoi libri!. Quindi, rivolgendosi a Raul: Sei dei nostri per la cena?
Volentieri, gli rispose col suo miglior accento portoghese.
Riccardo fece entrare Raul in camera sua. Tirò fuori da un cassetto alcuni fogli piegati, e cominciò ad aprirli adagiandoli sul suo letto.
Questo sei tu, gli disse mano a mano che dispiegava i suoi poster, e anche questo, e pure questaltro. Ti riconosci?
E come hai fatto a procurarteli? Neanche mia mamma a casa sua possiede così tante foto di me.
Me li hanno dati per lo più i miei amici - alcuni li hai visti oggi allo stadio - per farmi vedere quanto ci somigliamo. E poi ho tutti questi articoli di giornali e riviste che parlano di te. Ma per lo più dicono sciocchezze, secondo me; cose poco importanti e forse neanche vere.
Raul incuriosito ne lesse qualcuno in silenzio, ogni tanto emettendo qualche breve ed espressivo commento. Ma a un tratto smise di leggere e poggiò tutto.
Alla tua collezione penso che dovresti aggiungere un altro pezzo importante. Aprì il suo borsone e ne tirò fuori la maglietta da gioco gialloverde, ancora puzzolente di sudore. L'hai portata un po' anche tu, quindi te la meriti in pieno. E potrai dire che è originale, non una copia come tante.
Riccardo fu d'accordo. Cominciò a frugare tra i suoi cassetti. Devo avere un pennarello indelebile da qualche parte. Così mi ci puoi fare l'autografo e magari anche una dedica, se non ti dispiace.
Va bene, rispose Raul. Prese una penna dal caos della scrivania e iniziò a firmare i poster. Però, se vuoi il mio parere, questa maglietta devi lavarla e cominciare a usarla un po' più spesso. Per giocarci a pallone, naturalmente: ho visto che hai davvero molto da imparare. E se il mio autografo si scolorisce me lo fai sapere: la prossima volta che passo di qua te lo rifaccio.
Mi piacerebbe che fossi tu a insegnarmi a giocare, rispose Riccardo.
Temo che non sia possibile. I miei impegni sono molto lontani da qui. Già domani pomeriggio devo essere con la squadra per la visita medica e gli allenamenti.
Terminato con gli autografi, Raul cominciò affascinato a curiosare nella stanza tra i tanti e disordinati libri di Riccardo.
Sono tutti tuoi questi libri?
Sì, naturalmente.
E li hai letti tutti?
Tutti. Qualcuno più che letto l'ho studiato. Qualcuno a dire il vero lo devo ancora studiare.
Deve essere bello come passatempo. A casa mia di libri non ce n'erano. Solo quelli per imparare a leggere e scrivere, che ci siamo passati l'uno all'altro. Mentre parlava, evidentemente a suo agio, riaffiorava leggermente il suo simpatico accento portoghese. Ora i più piccoli possono studiare di più, anche grazie alla mia fortuna. Ma la mia fortuna è dovuta anche a questo: a casa non c'era quasi posto neanche per noi, ed erano tutti contenti che noi andassimo a giocare fuori. E io giocavo a pallone tutto il giorno, dovunque: tornavo a casa solo per dormire e mangiare. Mi divertivo, ed ero anche bravo, come puoi immaginare.
Hai detto che hai fatto solo le elementari?
Neanche tutte. Forse due o tre anni. Mi piacerebbe mandare un po' di soldi anche alla mia vecchia scuola. Adesso sto studiando l'italiano, e mi riesce abbastanza bene. Ma le altre materie no, non sono portato. Mi ero iscritto a una di quelle scuole per gli adulti, e ho mollato subito.
Io ho sempre avuto bisogno di leggere. Di storie nuove, di fantasia, più che altro. Forse perché da piccolo mi leggevano sempre le favole prima di dormire.
Anche a me mi raccontavano le favole. Mia mamma, o anche le mie sorelle. Ma le sapevano tutte a memoria, o forse le inventavano. D'altronde mia mamma tuttora non sa leggere. Ma qui in Italia vado spesso al cinema. È bello, mi piace.
Come hai detto che ti chiami?
Tutti gli amici mi chiamano Raul. Potete chiamarmi così anche voi, se volete, rispose l'ospite ai genitori di Riccardo.
La cena era andata via tranquilla, con Raul di poche parole, ma cortese ed educato. Quando gli fu chiesto da dove venisse, si ricordò di una serata di beneficenza in un quartiere periferico e popolare di Palermo e disse di venire da lì. Sembrava quasi che parlasse della povertà del suo Brasile.
E stasera dove dormi? Vuoi dormire da noi? C'è posto, se vuoi.
E stasera dove dormi? Vuoi dormire da noi? C'è posto, se vuoi.
No grazie. Ho dei conoscenti qui a Roma. Poi, terminato l'ultimo boccone del dessert: Complimenti, signora: è tutto davvero molto buono.
Oh, non esagerare. Proprio niente di particolare. Se avessi saputo prima che ti fermavi a mangiare ti avrei fatto trovare qualcosa di meglio.
Riccardo, vuoi venire anche tu con me in discoteca questa sera? Conosco un locale davvero carino. Riccardo esitò alla proposta del suo amico. Le discoteche in genere non erano davvero la sua passione; però gli dispiaceva che quella giornata così straordinaria finisse in maniera banale, ed era tentato di seguire il suo idolo per quanto possibile.
Visto l'esito dell'esame te la meriti davvero una serata di svago, commentò suo padre.
Va bene, mi avete convinto: stasera vado a ballare. Datemi solo il tempo di vestirmi in maniera un po' più adatta.
A casa tua sono stato tuo ospite, qui sei tu ospite mio, insistette Raul che per tutta la serata non gli lasciò mettere mano al portafoglio. Lo portò in un posticino davvero molto bello. Musica, tanta gente danzante e consumazioni a volontà. Ma dopo neanche mezz'ora Riccardo si era già stufato di ballare. Si mise seduto, su una specie di poltrona in un angolino, ad osservare quello che succedeva nell'ampio locale illuminato a intermittenza da luci colorate e roteanti. Raul ballava senza sosta; quando si fermava, si metteva a chiacchierare con chi gli capitava. Nessuno sembrava riconoscerlo.
Dai, vieni a ballare anche tu!, gli disse cercando di toglierlo da quella poltrona. No, non posso, con questa caviglia, rispose Riccardo. Ma non era per quello. Non ne aveva voglia, e forse era troppo impegnato a rimuginare su quanto accaduto quel giorno. Era stata la sua invidia a provocare quel curioso scambio di corpi o di anime? Magari c'era una predisposizione dovuta alla loro somiglianza; o era stata una stregoneria di qualche tifoso? Raul sembrava proprio un bravo ragazzo, più semplice di quanto lo dipingessero i giornali, ma davvero ricco. Però quasi analfabeta, e lontano dalla sua famiglia. Gli dispiaceva davvero, anche se involontariamente ed inspiegabilmente, avergli causato dei problemi.
È molto bello qui, non trovi?, gli chiese Raul in un altro suo momento di pausa. Riccardo fece con la testa un cenno che poteva essere anche interpretato come un sì, ma sicuramente non lasciava trasparire nessun entusiasmo.
Sto pensando di comprare una parte del locale, e diventarne socio; e magari quando mi ritiro dal calcio vengo qui a fare il gestore. O anche solo il barman, mi piacerebbe. Tu che ne dici?
Riccardo non aveva certo questo tipo di aspirazioni. Ma non hai intenzione di tornare in Brasile quando avrai finito come calciatore?
Non lo so. Bisogna vedere. Se sposo una ragazza italiana è probabile che mi fermo. E poi dicono che non è facile riadattarsi a tornare indietro quando ci si è abituati ad un certo tenore di vita. Ma vedrai che finirò per fare come tanti calciatori: l'allenatore o il commentatore o giornalista sportivo.
Per scrivere degli altri calciatori come adesso scrivono di te?
Ti riferisci a quegli articoli che mi hai fatto leggere? No, quello è gossip, non giornalismo sportivo.
E Raul tornò a ballare lasciando Riccardo sulla sua poltrona, intorpidito e appesantito dal sonno. Più tardi Raul venne verso di lui in compagnia di due belle ragazze. Riccardo non capiva quello che si stessero dicendo: pensava che parlassero tra di loro in portoghese. Ma poi fu evidente che si stavano rivolgendo a lui, domandandogli qualcosa che lui non riusciva a capire.
Mi dispiace, non parlo portoghese, si scusò Riccardo.
Dai su, Riccardo, svegliati. Diciamo a te. Vuoi starci a sentire?
Solo allora si destò e capì di essersi appisolato e di aver sognato, anche se non gli fu chiaro da quanto. Noi stiamo per andare in un'altra discoteca che apre tra poco. Ti proporrei di venire, siamo in buona compagnia; ma vedo che sei molto stanco. Forse è meglio che ti riaccompagni a casa.
Sì, sì, hai ragione, fu d'accordo Riccardo, anche se proprio in quel momento si rese conto che le due ragazze da sogno vicino a lui erano vere.
Il giorno dopo era quasi mezzogiorno quando la mamma lo venne a svegliare dicendogli che c'era una telefonata per lui. Era Raul.
Ho preso il primo volo questa mattina, direttamente dalla discoteca, e sono già arrivato. Sono venuto subito al campo a fare due palleggi. È tutto a posto. Voglio dire: io sono io, tu sei rimasto lì. Insomma il mondo è impazzito una volta sola, a quanto pare. Volevo ringraziarti per la compagnia, e sapere della tua caviglia.
La mia caviglia? Ah, sì. Ora che mi ci fai pensare: se non la muovo non mi da fastidio, e neanche a camminarci. La mosse un po', per sentire in che stato era. Solo se la sforzo. Ma starò attento a non correrci e saltarci per un po'. Non è difficile, per me.
Così è terminata, o quasi, questa incredibile storia. Devo solo aggiungere che Raul fu davvero carino con Riccardo e, proprio come a ognuno dei suoi fratelli, alla fine del mese gli mandò una piccola somma di denaro. E questo regalo mensile divenne una bella consuetudine che, nonostante il trasferimento di Raul ad una grande squadra spagnola all'inizio della stagione successiva, andò avanti fino alla laurea di Riccardo.
L'allontanamento di Raul dall'Italia, pur molto positivo per la carriera del giocatore brasiliano, rese davvero complicato realizzare il loro progetto di incontrarsi nuovamente. Nonostante tutto ci riuscirono, in occasione della laurea di Riccardo che ci teneva moltissimo a che Raul fosse presente alla sua festa. Lo avvisò con molto anticipo, concordarono la data e Raul non solo prese parte alla festa, ma gliela offrì mettendogli a disposizione quel locale di cui nel frattempo era diventato socio. Fu una festa bellissima, come nessun amico o collega di Riccardo poteva immaginare, a cui parteciparono anche personaggi famosi del mondo del calcio e dello spettacolo; una di quelle feste di cui si parla nelle cronache mondane. Riccardo ne fu felicissimo. E continuarono a vivere come cugini.
IL PESO DI UN SEGRETO
La mia vecchia, sdraiata supina nel suo letto, agitava il vecchio campanello sul comodino quasi per amplificare il beep intermittente di una sveglia per lei troppo moderna.
Ho sentito, ho sentito. Sto arrivando, mamma.
È l'ora delle mie medicine. Me le hai preparate le medicine?
Ma sì, mamma, sono lì pronte al solito posto dentro al piattino. E anche il tuo bicchiere. Basta che allunghi la mano.
Sono le mie, le medicine, vero?
Ma certo: e di chi vuoi che siano? C'è forse qualcun altro in questa casa oltre a noi due?
Quasi per caso i suoi occhi in quel momento erano aperti: ormai li teneva chiusi la maggior parte del suo tempo solo perché, diceva, le costava meno fatica. Ma anche a vederli aperti, così grigi e sempre più persi e sbiaditi, poco cambiava: il loro aspetto confermava chiaramente quanto il dottore ci aveva detto l'ultima volta, e cioè che la sua vista era ormai ridotta al lumicino.
Povera mamma. Vederla in quelle condizioni mi faceva pensare che la vita si fosse presa gioco di lei.
Fino a pochi anni prima, fintantoché il fisico glielo aveva permesso, era stata attrice di teatro, passione che mi aveva trasmesso assieme ai cromosomi. Lo scherzo del destino era che nell'opera di maggior successo da lei interpretata c'era una scena intera in cui lei era proprio in queste condizioni, inferma dentro ad un letto. Forse in quella scena, che io stessa mi ero rivista registrata per decine di volte, se la ricordavano quei pochi, pochissimi che si erano ricordati di lei in questi ultimi anni. Una scena che adesso, confrontata con la realtà, dava piena evidenza di tutti i suoi limiti di attrice.