Scese dalle nuvole e rimase un po’ a guardare la foto del castello, le montagne alle sue spalle, la fattoria, che immaginava più lontana, tanto da non poterla vedere. Sfogliò un po’ alla rinfusa il giornale e poi tornò alla pagina 2, dove c’era l’articolo che parlava dell’accaduto.
Lo lesse con attenzione. L’articolo raccontava come un nipote di Lord Thomas Richard Edward Fotheringaybagehot fosse arrivato al castello due giorni prima e avesse visto la porta principale socchiusa, fatto che lo aveva stupito talmente tanto che, prima di entrare nel castello, aveva chiamato la polizia. Intuiva fosse succeso qualcosa di terribile dal momento che milord, di solito, chiudeva il castello lui stesso e non apriva la porta a meno che non ce ne fosse bisogno, ovvero tre volte alla settimana, quando veniva aperta per far visitare ai turisti le stanze più importanti dell’edificio. Ma quel giorno non era uno di questi. Secondo il giornalista, tutti coloro che erano entrati nel castello erano rimasti inorriditi dallo spettacolo che c’era all’interno. Chiedeva scusa ai lettori però la sua coscienza non gli permetteva di descrivere niente.
Gianluca non volle continuare a leggere. Cosa poteva essere accaduto di così tanto terribile da non poter essere raccontato? Lo squillo del telefonino lo riportò alla realtà; guardò il piccolo schermo. Era uno dei suoi clienti.
-“Pronto? Mi dica. Ho capito. Cercherò di risolvere il suo problema il più presto possibile”.
Aveva appena riagganciato quando il telefonino squillò un’altra volta, e poi un’altra ancora, e così via fino a quando ebbe parlato con tutti i clienti che avevano acquistato un umanoide. Cosa stava succedendo? Tutti sostenevano che gli umanoidi facessero cose strane e bizzarre. Guardò l’orologio: era da quasi quattro ore che parlava come un pazzo chiedendo scusa. Stava per uscire dall’appartamento quando gli arrivo un SMS: “Problemi. Vieni subito.” Gianluca chiuse la porta e se ne andò. Tutto era andato liscio finora e all’improvviso....
Inghilterra del Nord, due giorni prima
Ogni giorno lord Thomas Richard Edward Fotheringaybagehot si svegliava alle sei del mattino, prendeva un bicchiere d’acqua con limone e due cucchiaini di zucchero, indossava pantaloncini a quadri, calzini di lana neri, stivali dello stesso colore, camicia e maglione azzurri, giacca nera e si metteva un cappello per uscire dal castello. Sia d’estate che d’inverno, Lord Thomas faceva sempre lo stesso: andava a vedere il suo allevamento. La fattoria era a un chilometro dal castello, abbastanza lontana da non poter sentire la puzza dei maiali ma non tanto da non riuscire a fare una piccola passeggiata attraversando le sue terre varie volte al giorno per raggiungerla. A Lord Thomas piaceva camminare, questo era un esercizio che un nobile come lui poteva fare senza cadere nella volgarità delle persone dei ceti sociali popolari. Inoltre doveva sorvegliare la crescita del Duca. Era sicuro che sarebbe riuscito a vincere la gara quest’anno. Così come era successo tutti gli anni precedenti. Era quasi l’alba, i primi uccelli si erano svegliati e il sole cominciava a salire sull’orizzonte mentre l’uomo camminava ancora nella penombra. Presto il sole avrebbe cominciato a inondare con la sua luce gli alberi, i cespugli e le montagne, l’erba. Era molto contento dei nuovi operai che erano nella fattoria. Era stato l’acquisto migliore che avesse fatto, quegli umanoidi. Dal momento in cui aveva licenziato gli operai in carne ed ossa e aveva messo al loro posto gli umanoidi, i suoi guadagni con la fattoria erano arrivati alle stelle. Il primo che aveva acquistato era quello che li comandava, l’unico ad avere un nome, Valvo. L’aveva chiamato così perché gli faceva comodo: siccome era fabbricato con circuiti e valvole. Non era la cosa più importante per un robot, questo del nome, si intende, ma a lui, che non riusciva neanche a ricordare il nome dello steward che era con lui da dieci anni.. Il nome Valvo gli piaceva, era così facile da ricordare! E poi era un nome che aveva scelto lui, proprio per questo, perché era stata una scelta soltanto sua.
Giunto a pochi passi dall’ingresso della fattoria, non udì niente. Non era affatto normale. Di solito, a quest’ora la fattoria era un miscuglio di grida di maiali, ordini di Valvo agli altri robot, macchine che tagliavano la carne, altre con le scatole da imballaggio, e un camion che avrebbe dovuto mettersi in moto verso la città pieno di scatole di carne e altri tipi. A volte lo vedeva muoversi sulla strada che era vicina al sentiero che aveva appena percorso.
Spesso lui portava il fucile da caccia, e dopo aver fatto una visita alla fattoria si inoltrava nel bosco che era alle sue spalle e cercava di cacciare un coniglio o qualsiasi altro animaletto. Ma oggi non portava niente con sé, neanche un bastone, era a mani nude. Si fermò davanti alla porta principale, era aperta. Non capiva cosa potesse essere successo. Due passi. Era sulla soglia. Guardò dentro. Era buio. Forse c’era stato un guasto con l’impianto elettrico? Premette l’interruttore che era sulla destra dell’entrata. La stanza si inondò di luce e quello che vide davanti a sé non gli piacque per niente: tutti i robot, con Valvo davanti a loro (in prima linea), e tutti i maiali erano lì, come se fossero un piccolo esercito che stava per lottare contro un nemico. Per un attimo il lord rimase lì, fermo, senza sapere come agire. Loro non si muovevano, lui non si muoveva. Fino a che Valvo alzò il suo braccio destro, proprio come un generale, e rimase in quella posizione alcuni secondi, il tempo sufficiente perché lord Thomas Richard Edward Fotheringaybagehot capisse che era diventato preda di quegli animali e robot; lentamente cominciò a indietreggiare, piano piano, quasi credendo che non si sarebbero resi conto di cosa volesse fare. Aveva appena attraversato la soglia quando Valvo lasciò cadere il braccio e la massa di maiali e robot si mise a correre verso il terrorizzato lord che cercava di darsela a gambe e arrivare il più presto possibile al suo castello. La scena era bizzarra e orrida: centinaia di maiali di ogni misura con i sei robot davanti a loro inseguivano un uomo di circa sessant'anni che correva come un pazzo. Per fortuna i robot non riuscivano a raggiungerlo perché le loro gambe metalliche non potevano correre bene sulla terra e nemmeno i maiali, così pesanti e con le zampe così corte. Lord Thomas Richard Edward Fotheringaybagehot non smetté di correre, sapeva che nel momento in cui si fosse fermato sarebbe morto. Mancava poco per arrivare al castello, sentiva la stanchezza delle gambe, un muscolo stava per rompersi, gli mancava l’aria, la porta era già così vicina... dai, ce la posso fare!, pensò. Appena cinque metri... e allora si rese conto: la porta principale non era aperta, non era giorno di visita, avrebbe dovuto girare dietro al castello, verso destra, ed entrare dalla porta di servizio. Si voltò. I robot e i maiali erano molto vicini e si erano disposti in un cerchio che copriva il perimetro del castello. Disperatamente, milord bussò alla porta. Era praticamente impossibile che qualcuno sentisse la sua chiamata ma era l’unica cosa che poteva fare, bussare, bussare e bussare con la speranza che qualcuno fosse vicino e aprisse la porta.
Il bizzarro esercito si trovava sempre più vicino e il lord non smetteva di bussare; all’improvviso la porta si aprì e riuscì a entrare rapidamente mentre i robot e i maiali gli correvano dietro; come se fosse tornato bambino lord Thomas Richard Edward Fotheringaybagehot raggiunse la servitù che, spaventata per ciò che stava vedendo, era rimasta ferma all’inizio della scala.
-“Sbrigatevi!” –gridò il lord.
Sembrò che questa parola fosse riuscita a svegliare la servitù che cominciò a gridare e a correre allo stesso tempo senza un obiettivo. I maiali invasero le stanze del pianterreno, furiosi distrussero mobili e altri arredamenti, invasero la cucina, la dispensa e la cantina, rovesciarono le botti e rotolarono sul vino e sulla terra sporcandosi, felici, ubriachi e feroci. Il più ubriaco era il Duca, il maiale più grosso della mandria, quello che comandava nella fattoria, il più cattivo e prepotente. Mentre i maiali godevano distruggendo la proprietà di lord Thomas Richard Edward Fotheringaybagehot, l’uomo e la servitù cercavano di salvarsi salendo sulla torre del castello, il posto più bizzarro di quel palazzo, composta da cinque piani, ognuno dei quali era isolato dal precedente grazie a una scala a mano removibile. Ma non ce la fecero. I robot li raggiunsero e li riportarono al pianoterra dove, dopo aver compiuto atti crudeli, li ammazzarono e fecero con i cadaveri la stessa cosa che il lord faceva di solito con i maiali della fattoria.
La Grande Ribellione
Nell’autunno dell’anno 2016 tutto era pronto. I messaggi erano stati inviati a ogni nazione, a ogni regione di ogni nazione, a ogni città di ogni regione, a ogni paesino nei dintorni di ogni città. Allo stesso tempo, tutte le macchine che erano in grado di trasmettere un messaggio l’avevano fatto. Di conseguenza, tramite Internet e la rete elettrica, le porte dei posti dove erano ammucchiati gli animali per essere sacrificati si aprirono, così come quelle degli zoo, le inferriate dei palazzi dove c’erano gli animali da compagnia, le recinzioni elettriche che circondavano le pianure dove pascolavano mucche e tori... insomma, tutto quello che serviva agli uomini per mantenere gli animali lontani o prigionieri smise di funzionare e questi uscirono, impazziti e arrabbiati, dalle loro prigioni. Cercarono ovunque i responsabili della loro cattività. I topi e gli altri animali che, finora, erano stati torturati nei laboratori farmaceutici, uscirono rabbiosi e desiderosi di vendicarsi, portando malattie di ogni tipo che, tramite loro, si sarebbero estese per il pianeta. Gli uomini, stupiti da quello che stava succedendo, non sapevano come agire.
In Spagna, nelle città grandi (Madrid, Barcelona, Siviglia...) e in quelle dove c’era uno zoo, gli animali se ne andavano in giro per le strade cercando qualcuno da ammazzare, entravano nei palazzi, scardinavano le porte, gli ascensori, perseguitavano uomini, donne e bambini che, impauriti, cercavano un nascondiglio per salvarsi. Alcuni ci riuscivano, altri no.
In Italia succedeva lo stesso. E anche nel resto del pianeta.
I gorilla che abitavano nelle riserve dell’Africa fuggirono in fretta e in furia, e distrussero ogni costruzione umana che incontrarono, senza fare differenze tra la gente che aveva badato loro e quelli che li avevano sfruttati; gli abitanti dei paesini fuggivano a gambe levate, senza meta, cercando soltanto di salvare la pelle. I gorilla che fino a quel momento avevano abitato nelle gabbie degli zoo, si vendicarono dei loro sorveglianti. Ma non solo i gorilla, le tigri, i leoni, le mucche. Ogni animale che era stato sfruttato dagli uomini adesso cercava vendetta.
Per alcuni giorni il caos si impadronì del pianeta. Soltanto le tribù più primitive, quelle che avevano vissuto in equilibrio con la natura e gli esseri che la abitavano, si salvarono dalle stragi. Come mai? Perché gli animali li consideravano come altri animali, non come nemici.
La reazione più sorprendente venne dalle scimmie da laboratorio: alcune fuggirono con in testa ancora con quei tremendi caschi da vivisezione che erano costrette ad indossare durante l’elettrochoc, una delle torture più immonde e vergognose e che a volte si potevano vedere pubblicamente anche in televisione, quando veniva trattato questo argomento, raramente per la verità.
Fuggirono e si ritrovarono per le strade affollate del centro di Roma, Milano, Madrid e Barcellona. Cercarono i pochi passanti che avevano ancora il coraggio di uscire temerari e li affrontarono ma una di loro, che sembrava avere il dominio su tutte le altre (le scimmie sono molto sottomesse all'autorità del capobranco), fermò una donna anziana che già tremava temendo di essere privata dei propri indumenti (trattamento che le scimmie si divertivano a imporre agli umani). Con grande meraviglia, questa scimmia dominante (una piccola bertuccia, ideale per i test in laboratorio dal momento che che poteva essere segregata in una angusta gabbietta) rivolse solo una domanda alla donna: “Siamo molto simili a voi, tra tutti i primati. Allora perché ci riservate questo trattamento impietoso e brutale? Infliggerci queste inaudite sofferenze non servirà a migliorare di molto la vostra qualità di vita!”.
La donna pianse e si scusò anche per l’inquietante visione della testa della povera scimmia ancora avvolta nel casco con i fili elettrici che spuntavano da ogni direzione e le chiese di accompagnarla a prendere una fetta di pasticcio alle banane che aveva da poco sfornato a casa, essendo lei una cuoca provetta...
Il gesto servì a stemperare la tensione almeno con le scimmie, e trattandosi di esseri molto evoluti forse avrebbero potuto mettere una buona parole nelle assemblee degli animali in cui si sarebbero decise le sorti degli uomini sconfitti e destinati ad essere probabilmente soppressi o utilizzati come schiavi, proprio come nell'antica Roma.
Poi, sia gli animali che gli umani, riuscirono a calmarsi un po’. Abbandonarono le carneficine e cercarono di creare degli eserciti, una resistenza ordinata verso il nemico. Gli animali erano in giro per le città, gli uomini cercavano nascondiglio sulle montagne, sottoterra, in isole disabitate, ovunque credessero che non ci fossero animali.
Il Presidente degli Stati Uniti si era rifugiato nel proprio bunker e considerando, dal suo punto di vista che erano entrati in guerra, riteneva di doversi radunare lì coi suoi generali e consiglieri più importanti. Arrivarono militari anche da altri nazioni che avrebbero dovuto mettersi d’accordo su come agire in questo confronto così pericoloso.
-“Mi dica, Ammiraglio, la situazione reale è...” –cominciò a dire il Presidente mentre guardava un uomo forte, ma un po’ sovrappeso, che era davanti a lui.
-“Siamo disperati. Né un radar, né una nave, niente di niente; i computer agiscono per volontà propria e non ci lasciano fare niente. Non possiamo mettere in moto le navi, non possiamo comunicare tra di noi, non possiamo neanche fare una chiamata tramite i satelliti. Siamo rimasti senza tecnologia. Funzionano soltanto le macchine più vecchie: le barche a remi, i velieri, le canoe e ogni specie di nave che non abbia un computer. Questo è quello che abbiamo. Credo che l’aeronautica militare si trovi in una situazione simile, vero?” –disse l’Ammiraglio fissando gli occhi in un uomo molto magro, alto quasi due metri, dai capelli biondi e occhi verdi.
-“Certo. Abbiamo dovuto prendere delle macchine che erano nei musei, quelle della Grande Guerra, biplani, con un’autonomia di volo molto limitata. Le altre o non vogliono funzionare o sono andate con il gruppo degli umanoidi e non ci sono più.”
-“E nel resto delle nazioni?” –chiese il Presidente guardando uno schermo gigante che era sulla parete in fondo alla stanza.
L’immagine di una ventina di uomini e donne di diversi eserciti europei confermò quanto detto dai colleghi americani. Di armi per i soldati, soltanto le rivoltelle risalenti ai tempi della Grande Guerra erano in grado di essere utilizzate. Se ci fosse stato anche solo un microchip nella loro fabbricazione, non avrebbero funzionato. Archi, frecce, rivoltelle, lance, balestre, coltelli.... queste erano le armi che potevano utilizzare.