«Scusami ma non ci sono con la testa, è meglio se per oggi la finiamo qui» si giustificò incamminandosi verso lo spogliatoio.
Fino ad allora la doccia bollente del dopopartita si era sempre portata via stanchezza e pensieri per lasciargli addosso un senso di rilassato benessere, quella volta invece non aveva sortito alcun effetto. L’ombra scura che lo accompagnava da tempo gli era rimasta appiccicata addosso come una seconda pelle, si domandò se sarebbe mai riuscito a ritrovare un briciolo di serenità.
«Se mi hai lasciato vincere così vuol dire che c’è proprio qualcosa che non va» osservò Fred continuando a fissarlo immusonito, quasi offeso, mentre si asciugava i capelli.
«Lo sai bene di cosa si tratta, sono molto preoccupato per Nicole. Tra poche settimane dovrebbe dare alla luce il bambino, ma alla visita periodica le hanno detto che probabilmente ci saranno problemi.»
«Che genere di problemi dovrebbero esserci?»
«Non ne ho idea, lei non vuole che l’accompagni alle visite e non parla praticamente più, si è completamente chiusa in sé stessa. Ogni volta che tento di affrontare l’argomento lo stronca sul nascere dicendo che andrà comunque tutto bene, ma io temo che non sarà così.»
«Ma com’è possibile, queste cose non accadono più da decenni!»
«E’ per via dell’aggressione. Le hanno detto che probabilmente il feto ha riportato alcuni danni, ma ancora non riusciamo a sapere in quale misura» gli spiegò Giuda. «Sono stato un vero idiota!» sbottò poi sferrando un pugno rabbioso all’armadietto metallico, «non avrei mai dovuto lasciare che entrasse in quella casa. E poi non mi era mai capitato di sentirmi così impotente, quel maledetto chip... »
«E’ per proprio per questo, che tutti ne abbiamo impiantato uno addosso. Il chip recepisce dalle Antenne il segnale che abbassa il livello della nostra aggressività e lo trasmette al nostro corpo. E come hai potuto sperimentare di persona, se questo non è sufficiente a farci stare buoni, scatena la produzione di acidi lattici che bloccano i tuoi muscoli tra crampi atroci. È proprio grazie al chip che la violenza è quasi del tutto scomparsa dalle nostre vite.»
«Questo lo sapevo già, ma non immaginavo che fosse così spaventosamente doloroso. In ogni caso, ho attirato mia moglie in quella trappola e poi non sono stato capace di difenderla, non sono riuscito a sparare un solo maledetto colpo di pistola. Adesso ho paura che perderà il bambino, se questo accadrà sarà stata tutta colpa mia.»
«Hai fatto quello che ritenevi giusto, non devi colpevolizzarti inutilmente. Sei soltanto un giornalista, non un soldato addestrato... e nessuno poteva sapere che quell’uomo avrebbe agito in quel modo» cercò di rincuorarlo Fred, posandogli una mano sulla spalla.
«Forse hai ragione tu» convenne Giuda per chiudere alla svelta il discorso. «Ma continuo a sentirmi un miserabile, anche se proprio non so cosa spinse Nicole a venire là quella sera.»
Prima di allora, i due non avevano mai parlato di quell’episodio. In una tacita tregua, Fred aveva perdonato l’amico per avergli soffiato il servizio e quest’ultimo non gli aveva mai chiesto perché se l’era preso tanto a cuore. Per di più Fred sapeva bene che non era stata colpa sua, per impedirgli di andare al posto suo era intervenuto addirittura l’Anziano in persona. Ripensando a quei fatti, Giuda rimase folgorato da una specie di illuminazione: quell’uomo dai capelli bianchi, che aveva maltrattato Nicole sotto a quel lampione finché Freddy non l’aveva tolta da sotto le sue grinfie, somigliava proprio a Sir Jonathan.
«A proposito, di che cosa stava discutendo con quell’uomo? E sopratutto, chi era?» domandò a Fred. Per un istante lui si fece ancora più rosso in viso, a causa dell’imbarazzo, Giuda ebbe l’impressione che volesse dirgli qualcosa per togliersi un peso ma che non ci riuscisse.
«Mi dispiace per Nicole, se posso fare qualcosa per aiutarti...» gli rispose infine l’amico.
Al controllo successivo, Giuda apprese che esisteva la seria possibilità che Nicole avrebbe perso il bambino, inoltre c’era anche un certo margine di rischio anche per la vita stessa di sua moglie. L’attesa per un evento così importante e lieto si era di colpo trasformato in un vero e proprio stillicidio di paura, lui si ritrovò a pensare che Lorentz aveva avuto ragione e che adesso si sarebbero ritrovati loro malgrado a capire il significato della parola “scegliere”.
Nicole cambiò totalmente e divenne distratta, perennemente persa a rincorrere orribili pensieri. Non si curava più della casa, aveva smesso di dipingere e aveva disdetto tutte le mostre in programma. I suoi occhi, un tempo così luminosi, adesso brillavano soltanto quando trascorreva il tempo davanti alla finestra a interrogare il cielo, ma era per colpa delle lacrime che spesso non riusciva a trattenere. Si stava lentamente chiudendo in un mondo tutto suo, Giuda non riusciva a trovare un modo per starle vicino e questo lo faceva sentire inutile, impotente. Al termine del lungo periodo di assenza, quindi, fu quasi felice di tornare al suo lavoro. Sperava che tenersi occupato con qualcosa l’avrebbe aiutato a stare meglio, ma il giorno stesso del suo rientro trovò ad attenderlo una sgradevolissima sorpresa.
Era pomeriggio inoltrato e lui stava lavorando al computer del suo piccolo ufficio, intento a rimettersi in pari, d’improvviso qualcuno bussò impetuosamente alla vetrata facendolo trasalire. Perplesso e spaventato, andò ad aprire la portafinestra che dava sulla terrazza e si trovò davanti Sir Jonathan, l’Anziano più conosciuto e più temuto per il suo rinomato rigore morale. Quell’uomo era a capo del Consiglio che riuniva i poteri politico e religioso della città, sulla sua persona giravano le voci più bizzarre. Per sentito dire, Giuda sapeva di lui che era intransigente verso gli altri quanto lo era verso sé stesso e che trascorreva gran parte dei suoi giorni e delle sue notti in preghiera. Lo lasciò entrare e lo seguì con lo sguardo, leggermente incuriosito perché prima di allora non l’aveva mai incontrato di persona. Sir Jonathan si fermò al centro della stanza e lo fissò intensamente, lui provò un disagio profondissimo. Trovò difficile sostenere lo sguardo dei suoi occhi grigi, dalla pupilla piccola come quella di un rettile e striati di venature rosse a causa delle notti insonni. Erano incastonati tra gli zigomi appuntiti e la fronte irta e bassa, sormontata da una zazzera di capelli così bianchi da sembrare artificiali. Il naso affilato faceva ombra sul viso ceruleo, che pareva tagliato trasversalmente dalle fini labbra violacee. Giuda lo invitò ad accomodarsi e ordinò al robot di portare il caffè, l’Anziano sedette e si complimentò con lui per i dipinti appesi alle pareti, che sapeva essere stati realizzati da sua moglie. Lo elogiò anche per alcuni dei suoi servizi, che a suo dire l’avevano colpito molto, poi cambiò bruscamente discorso e venne al reale motivo della visita.
«Si direbbe che nel suo articolo più tristemente famoso lei si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano» considerò, Giuda notò che la sua voce profonda sembrava provenire da molto lontano e sentì il suo disagio accrescersi. «Forse ha accentuato un po’ troppo alcuni aspetti della questione» precisò Sir Jonathan in tono severo, per rispondere al suo sguardo interrogativo.
«Perdonatemi Eccellenza, ma non sono d’accordo. Sono sicuro di essermi limitato a raccontare gli avvenimenti con precisione, esattamente per come si sono svolti» replicò Giuda.
«Questo è quello che crede lei! Avanti lo rilegga con attenzione» gli propose l’altro con indulgenza, dopo una breve pausa. «Probabilmente, adesso che è trascorso del tempo da quando l’ha scritto, converrà con me che si tratta davvero di un articolo un po’ pesante» aggiunse mettendogli agli occhi davanti quella sfilza di parole che conosceva fin troppo bene. L’aveva scritto settimane prima durante la degenza in ospedale, era più che sicuro di aver fatto un preciso resoconto di cronaca, senza fronzoli.
«Non pensa di aver messo troppo in rilievo i sentimenti di quello che in fondo era soltanto un folle assassino, oltre alle sue impressioni personali? La sua esposizione dei fatti è troppo violenta, nessun cittadino è abituato a venire a contatto con fatti di una tale intensità emotiva. La gente adesso è terrorizzata, molti chiedono l’intervento dei Signori dell’Ordine non appena assistono a un fatto apparentemente fuori della norma o appena vedono qualcuno comportarsi in modo un po’ strano. Sembra che improvvisamente abbiamo fatto un salto all’indietro di oltre mille anni, sembra che siamo tornati al tempo delle streghe e degli untori» concluse gravemente l’Anziano scuotendo la testa.
Giuda non sapeva dove l’altro volesse arrivare, ma era convinto che la sua fosse una visita confidenziale e così si sentì libero di dirgli quello che pensava. In fondo, si disse, la colpa dell’accaduto non era sua ma delle forze dell’ordine che non avevano svolto a dovere il loro compito.
«La verità pura e semplice è che io, e nessun altro, ero rinchiuso in una stanza con uno squilibrato che mi puntava una pistola alla tempia. Uno psicopatico che oltre a uccidere due agenti ha fatto del male a me e soprattutto a mia moglie. Non ho travisato proprio niente, ho soltanto reso la cronaca di quello che è accaduto, senza aggiungere nulla di più né di diverso. Quelli che adesso vivono nel terrore siamo io e mia moglie, siamo noi quelli che si svegliano gridando nel bel mezzo della notte.»
«A proposito di Nicole, ho saputo che rischia di perdere il bambino e questo mi addolora molto. Penso proprio lei non avrebbe dovuto lasciarla entrare in quella casa» osservò l’Anziano senza neanche curarsi di guardarlo in faccia, quelle parole dette con noncuranza furono per Giuda come un pugno in pieno stomaco. Ebbe l’impressione che le avesse pronunciate quasi con cattiveria, tanto per provocarlo, lui provò l’impulso di cacciarlo via a calci.
«Immagino che in questo momento lei sia molto turbato,» continuò Sir Jonathan, «percepisco in lei anche un certo astio. Posso persino arrivare a comprenderla, sotto un certo punto di vista, ma non posso certo permettermi di condividerla. Quindi, la invito a non commettere gesti di cui in futuro potrebbe pentirsi. In ogni caso, le prometto che la sua famiglia sarà assistita nel miglior modo possibile. Le garantisco che di tutta questa storia, col tempo, le resterà soltanto un brutto ricordo che sbiadirà lentamente fino a scomparire del tutto» disse, poi fece una pausa per andare a regolare l’oscurità della vetrata. Smorzò la luce intensa del Sole, che adesso entrava prepotente a creare fastidiosi riflessi sulle pareti metalliche, e quando la penombra riempì la stanza Giuda lo guardò incredulo. La figura di spalle, immersa nella semioscurità, era terribilmente simile a quella dell’uomo che quella sera aveva aggredito Nicole sul retro di quella casa.
«Capisco che per certi versi lei ha ragione, avete davvero vissuto una vicenda terribile e la vostra situazione non è facile» riprese mostrandosi lievemente indulgente, quasi come se nel fare quell’ammissione gli stesse facendo un favore, «ma ha comunque raccontato tutta la storia in modo troppo... appassionato, ecco la parola giusta. E tirando fuori la storia degli espianti agli ibernati ha fatto quasi apparire quell’uomo come una vittima, quando in realtà ha rischiato di essere il suo carnefice. Ed è pericoloso rimuovere certezze dalla mente della gente per sostituirle con dei dubbi, peraltro totalmente infondati. E’ pericoloso mettere a rischio l’ordine pubblico per narrare in chiave di pathos la storia di uno psicopatico, non dimentichi che senza l’intervento dei Tiratori Scelti avrebbe ucciso anche con lei e sua moglie.»
Giuda scorse ancora una volta i fogli che aveva tra le mani, poi li buttò sulla scrivania con uno scatto stizzito.
«Se il dubbio non fosse nato con l’Uomo, se questo avesse continuato ad accontentarsi delle sue piccole certezze, vivremmo ancora oggi nelle caverne!» considerò.
«Su questo ha perfettamente ragione. Ma il Mondo adesso ha raggiunto l’equilibrio, è arrivato a un punto in cui va perfettamente bene così com’è» tagliò corto l’Anziano usando un tono che non concedeva diritto di replica, poi lo scrutò serio in attesa delle sue scuse.
«Aldilà di tutto, sono davvero spiacente. Non pensavo che il mio articolo avrebbe generato così tanti problemi» ammise allora Giuda mostrandosi pentito, dopo una breve riflessione aveva concluso che l’unico modo per liberarsi di quell’uomo era dargli ragione.
«Sappiamo che lei ha agito in buona fede, per questo il Consiglio ha deciso di concederle un’altra opportunità. Ma veda di non sprecarla, altrimenti saremo costretti a farle lasciare questo lavoro, che ama in modo particolare, per un altro che le risulterebbe sicuramente meno gradevole» lo avvisò l’Anziano. Senza attendere la sua risposta uscì sul terrazzo, saltò in sella al suo monojet e sfrecciò via veloce, fino a scomparire tra le nubi basse.
Il tempo passava veloce e la situazione non migliorava affatto, anche Jodie, malgrado gli sforzi dei suoi genitori, era costretta a subire ogni giorno di più la pesantezza del clima domestico. Inoltre aveva cominciato a fare domande alle quali loro non sapevano cosa rispondere, era entrata nel momento della sua vita in cui non sei più un bambino ma neanche un adulto, di conseguenza loro non sapevano più come trattarla e come comportarsi con lei. Per interrompere quell’assurda routine, fatta di paure e angoscia, Giuda e Nicole decisero di trascorrere un fine settimana in montagna.
Quella sera, le ombre create dalle fiamme giocavano coi loro volti immobili, la brace scoppiettava diffondendo l’aroma dolciastro della resina a creare un’atmosfera quasi natalizia. Nicole si era seduta in poltrona e non riusciva a smettere di fissare il caminetto, quasi ipnotizzata dal fuoco. Sentiva di avere le guance e il collo caldi e coloriti, grazie anche agli effetti del distillato di linfa di abete che stavano sorseggiando. Giuda era seduto accanto a lei e continuava ad ammirare la perfezione dei suoi lineamenti, stupendosi una volta di più di come, in ogni momento e in ogni situazione, riuscisse suo malgrado ad apparire meravigliosamente bella. I capelli avevano preso i riflessi del mogano e incorniciavano l’ovale bronzeo, sul quale risaltava la bocca dalle labbra piene. Sul suo volto spiccavano gli occhi scuri tagliati in modo vagamente orientale, che gli ispiravano la voglia di perdersi per sempre in quelle profondità fino a dimenticarsi di esistere. Un canarino festoso uscì dall’orologio a cucù, li informò che era la giunta mezzanotte.
«Che cosa accadrà...» mormorò Nicole, quasi lo stesse domandando al fuoco più che a se stessa o a lui. Aldilà del vetro appannato, giù per il costone della montagna, stavano scendendo le torce di una fiaccolata di paese.
«Non lo so, so soltanto che non voglio perdervi... e invece, nonostante tutti gli sforzi che stiamo facendo per evitare di affrontare la situazione e di cercare una via d’uscita, è proprio quello che sto rischiando. A volte mi sembra di impazzire, ed è tutta colpa mia...» rispose Giuda. Nicole deglutì più volte per ricacciare indietro il groppo che sentiva in gola, poi andò ad accoccolarsi sulle sue ginocchia e si strinse tra le sue braccia.