Thor aprì gli occhi alle prime luci dell’alba e vide le quiete onde dell’oceano che salivano e scendevano schiumando, ammantate dalla tenue luce del primo sole. L’acqua giallo chiaro del Tartuvio luccicava nella nebbia mattutina. La barca galleggiava silenziosamente nell’acqua e l’unico rumore era quello delle onde che sciabordavano contro lo scafo.
Thor si mise a sedere e si guardò in giro. Aveva gli occhi pesanti per la stanchezza: effettivamente non si era mai sentito così stanco in vita sua. Stavano navigando da giorni e ogni cosa in quel luogo, da quella parte del mondo, sembrava diverso. L’aria era così densa di umidità, la temperatura così calda: era come respirare in un continuo flusso d’acqua. Lo infiacchiva e gli rendeva gli arti pesanti. Era come se fosse scoppiata l’estate.
Guardandosi in giro vide che tutti i suoi amici, normalmente svegli prima dell’alba, erano accasciati sopraccoperta, ancora addormentati. Addirittura Krohn, di solito sempre sveglio, dormiva accanto a lui. Quel tempo particolarmente tropicale aveva i suoi effetti su tutti loro. Nessuno di loro si preoccupava neanche più di mettere mano al timone: avevano desistito giorni prima. Non aveva senso: le vele erano sempre gonfie di vento che spingeva verso ovest, e le magiche correnti dell’oceano trascinavano incessantemente la barca nella medesima direzione. Era come essere trasportati verso una direzione fissa. Avevano tentato più di una volta di virare e cambiare rotta, ma era stato inutile. Si erano tutti rassegnati a lasciare che il Tartuvio li portasse dove doveva.
In ogni caso non è che avessero idea di dove andare nell’Impero, pensò Thor. Fintanto che le maree li avessero portati alla terraferma, andava bene così.
Krohn si svegliò, gemendo, poi si sollevò e andò a leccare la faccia di Thor. Thor infilò una mano nel sacco, ormai quasi vuoto, e ne prese l’ultimo pezzo di carne secca per dargliela. Con sua grande sorpresa Krohn non gliela strappò dalle mani come di suo solito. Si limitò invece a guardarla, volgendo poi lo sguardo al sacco vuoto e di nuovo a Thor. Esitò a prendere il cibo e Thor si rese conto che il leopardo non voleva privarlo dell’ultimo pezzo.
Fu colpito dal gesto, ma tentò di insistere, spingendogli la carne in bocca. Thor sapeva che presto sarebbero stati a corto di cibo e pregò di raggiungere presto la terraferma. Non aveva idea di quanto ancora il viaggio potesse durare: e se ci fossero voluti mesi? Come avrebbero fatto a nutrirsi?
Il sole sorgeva velocemente, diventando brillante e intenso troppo presto. Thor si alzò mentre la nebbia iniziava a svanire dall’acqua e andò a prua, da dove scrutò l’orizzonte. La barca dondolava sotto i suoi piedi e la nebbia si stava dissipando tutt’attorno. Sbatté le palpebre, chiedendosi se stesse avendo una visione, dato che vide apparire in lontananza il contorno di una costa. Il cuore accelerò. Era terraferma. Vera terraferma!
La costa aveva una forma insolita: due lunghe e strette penisole incastonate tra le onde, come due punte di un forcone. Mentre la nebbia si sollevava Thor guardò alla sua sinistra e poi alla sua destra e si stupì di vedere due strisce di terra da entrambi i lati della barca, ciascuna lunga una cinquantina di metri. Erano risucchiati proprio nel mezzo di una profonda baia.
Thor fischiò e i compagni della Legione si svegliarono. Balzarono in piedi e lo raggiunsero di corsa, portandosi a prua e guardando verso il mare aperto.
Rimasero tutti senza fiato: le coste erano le più esotice che avessero mai visto, ricoperte di una sorta di giungla: fitti e altissimi alberi abbarbicati lungo la riva, una foresta così fitta che era impossibile vedere cosa ci fosse dietro. Thor scorse delle grandi felci, alte una decina di metri, protese verso l’acqua, alberi gialli e viola che sembravano toccare il cielo, ovunque il verso continuo e sconosciuto di bestie, insetti e chissà cos’altro tra ringhi, guaiti e canti.
Thor deglutì a fatica. Si sentiva come se stessero entrando in un impenetrabile regno animale. Ogni cosa sembrava diversa qui, l’aria aveva un odore differente, sconosciuto. Niente ricordava neanche lontanamente l’Anello. Gli altri membri della Legione si voltarono tutti guardandosi l’un l’altro e Thor scorse l’incertezza nei loro occhi. Tutti si stavano chiedendo quali creature ci fossero ad attenderli in quella giungla.
Non sembrava che comunque avessero altra scelta. La corrente li portava in un’unica direzione e chiaramente era lì che dovevano sbarcare per accedere alle terre dell’Impero.
“Quaggiù!” gridò O’Connor.
Corsero al suo fianco, accanto al parapetto e lui si sporse indicando in basso, verso l’acqua. Lì c’era un enorme insetto che nuotava lungo il bordo della nave: era di color viola brillante, lungo almeno tre metri e aveva centinaia di zampe. Luccicava sott’acqua, poi affiorò in superficie. In quel momento le sue ali – ne aveva migliaia – iniziarono a ronzare e l’insetto si sollevò al di sopra delle onde. Poi tornò a galleggiare sul pelo dell’acqua, infine si immerse di nuovo. Continuò a ripetere queste operazioni diverse volte.
Mentre lo guardavano, l’animale improvvisamente si sollevò in aria al livello dei volti dei ragazzi, volteggiando e fissandoli con i suoi grandi occhi verdi. Sibilò e tutti involontariamente fecero un salto all’indietro, mettendo mano alle spade.
Elden si fece avanti e cercò di colpirlo. Ma quando la sua spada fu in aria, l’insetto era già di nuovo in acqua.
Thor e gli altri volarono di colpo e caddero sul pontile quando la barca improvvisamente si fermò, incagliandosi contro la terra con uno scossone.
Il cuore di Thor batteva forte mentre guardava oltre il bordo: sotto di loro c’era una stretta fascia di spiaggia composta di migliaia di sassi appuntiti, tutti viola chiaro.
Terra. Ce l’avevano fatta.
Elden fece strada verso l’ancora, tutti insieme la sollevarono e la lasciarono cadere al di fuori dell’imbarcazione. Scesero uno alla volta lungo la catena e si trovarono quindi sulla costa. Thor passò Krohn a Elden perché lo portasse giù.
Thor sospirò quando i suoi piedi toccarono il terreno. Era una bella sensazione avere della terra – terra asciutta e stabile – sotto i piedi. Si sarebbe sentito bene all’idea di non doversi più imbarcare su una nave.
Afferrarono le funi e trascinarono la barca più a riva che poterono.
“Pensi che le correnti la porteranno via?” chiese Reece osservando la nave.
Thor la guardò: sembrava sicura sulla sabbia.
“Non con quell’ancora,” disse Elden.
“Non sarà la corrente a portarla via,” aggiunse O’Connor. “La questione è se qualcun altro lo farà.”
Thor diede un’ultima lunga occhiata alla barca e si rese conto che l’amico aveva ragione. Anche se avessero trovato la spada, poteva capitare che tornassero a riva e non trovassero più l’imbarcazione.
“E allora come faremo a tornare?” chiese Conval.
Thor non poteva fare a meno di sentirsi come se, a ogni passo che facevano, stessero recidendo i ponti dietro di loro.
“Troveremo un modo,” disse. “Dopotutto ci saranno pure altre navi nell’Impero, no?”
Cercò di avere un tono autoritario, in modo da rassicurare i suoi amici. Ma dentro di sé non ne era così certo lui stesso. Tutto quel viaggio gli stava apparendo sempre più infausto.
Tutti insieme si voltarono a guardare la giungla. Era un muro di vegetazione, dietro il quale si vedeva solo buio. I versi animali crebbero in una totale cacofonia tutt’attorno a loro, così forti che Thor faceva fatica a sentire anche i propri pensieri. Sembrava che ogni bestia dell’Impero li stesse salutando.
O forse mettendo in guardia.
*
Thor e gli altri camminavano fianco a fianco, cautamente, tutti in guardia, attraverso la fitta giungla tropicale. Era difficile per Thor concentrarsi, tanto erano insistenti le grida e le urla dell’orchestra di insetti e animali attorno a loro. Eppure, guardando nell’oscurità della vegetazione, non riusciva a vedere nessuna creatura.
Krohn camminava dietri di lui, ringhiando, con il pelo ritto sulla schiena. Thor non lo aveva mai visto così all’erta. Guardò i suoi compagni e vide che tutti, come lui, avevano una mano posata sull’elsa della spada, tesi come corde di violino pure loro.
Erano ormai ore che camminavano, inoltrandosi sempre più nella giungla, l’aria sempre più calda e densa, più umida, più pesante da respirare. Avevano seguito le tracce di quello che pareva essere un sentiero: qualche ramo rotto indicava il passaggio che il gruppo di uomini arrivati lì aveva probabilmente preso. Thor sperava solo che fosse il tracciato segnato dal gruppo che aveva preso la spada.
Sollevò lo sguardo contemplando quella natura selvaggia: tutto era cresciuto oltremisura, raggiungendo proporzioni epiche, anche una sola foglia era grande come lui stesso. Si sentiva come un insetto in una terra di giganti. Scorse qualcosa che si muoveva dietro alcune foglie, ma non riuscì a vedere effettivamente di cosa si trattasse. Aveva l’infausta sensazione che qualcuno li stesse spiando.
Il sentiero davanti a loro improvvisamente terminò contro un fitto muro di vegetazione. Si fermarono e si guardarono confusi.
“Ma non è possibile che il sentiero finisca così!” disse O’Connor perdendo le speranze.
“Non è finito,” disse Reece esaminando le foglie. “Solo che la giungla è ricresciuta.”
“Quindi da che parte andiamo adesso?” chiese Conval.
Thor si guardò in giro, chiedendosi la stessa cosa. In ogni direzione non c’era nient’altro che fitto fogliame e sembrava non esserci via d’uscita. Iniziava ad avere un terribile presentimento e a sentirsi perduto.
Poi gli venne un’idea.
“Krohn,” disse inginocchiandosi e sussurrando nell’orecchio del leopardo. “Arrampicati su quell’albero. Guarda tu e dicci da che parte andare.”
Krohn lo guardò con occhi pieni di amore per lui e Thor capì che aveva compreso.
Infatti il leopardo corse verso un enorme albero, il tronco largo come dieci uomini, e senza la minima esitazione vi balzò sopra risalendolo con i suoi artigli. Salì e balzò sopra uno dei rami più alti. Camminò fino all’estremità e guardò, le orecchie ritte per l’attenzione. Thor aveva sempre avuto la sensazione che Krohn lo capisse, e ora ne aveva la certezza.
Krohn rialzò la testa ed emise uno strano verso simile a delle fusa, poi si voltò, ridiscese velocemente il tronco e partì verso una precisa direzione. I ragazzi si scambiarono occhiate incuriosite, poi si voltarono tutti a seguirlo, diretti verso quella parte di giungla, spingendo indietro le spesse foglie in modo da poter camminare.
Dopo pochi minuti Thor fu sollevato dal vedere che il sentiero riprendeva, con i segni ben evidenti dei rami rotti e della vegetazione schiacciata o tagliata che facevano capire dove fosse passato il gruppo. Thor accarezzò Krohn e gli diede un bacio sulla testa.
“Non so cosa avremmo fatto senza di lui,” disse Reece.
“Neanche io,” confermò Thor.
Krohn fece le fusa, soddisfatto e orgoglioso.
Inoltrandosi sempre di più nella giungla, svoltando e girando, giunsero a un'altra distesa di vegetazione, con fiori tutt’attorno a loro. Erano enormi, grandi quanto Thor, e di ogni colore. Altri alberi avevano frutti grandi quanto macigni che pendevano dai rami.
Tutti si fermarono dubbiosi mentre Conval si avvicinava a uno dei frutti, di un rosso brillante, e allungava una mano per toccarlo.
Subito si udì un ringhio profondo e minaccioso.
Conval fece un passo indietro e afferrò la spada, mentre gli altri si guardavano ansiosi.
“Cos’è stato?” chiese Conval.
“Veniva da laggiù,” disse Reece, indicando una parte della giungla.
Tutti si voltarono a guardare. ma Thor non riuscì a vedere altro che foglie. Krohn ringhiò. Il rumore si fece più forte, più persistente, e alla fine i rami iniziarono a scuotersi. Thor e gli altri fecero un passo indietro, sguainarono le spade e rimasero in attesa, aspettandosi il peggio.
Ciò che sbucò dalla giungla superava le peggiori aspettative di Thor. Lì di fronte a loro c’era un enorme insetto, grande cinque volte Thor. Sembrava una specie di mantide, con due zampe posteriori, due più piccole zampe anteriori che roteavano nell’aria, e lunghi artigli alle estremità. Il corpo era verde fluorescente, ricoperto di squame e aveva delle piccole ali che ronzavano e vibravano. In cima alla testa c’erano due occhi, un terzo si trovava sulla punta del naso. Si allungò mostrando altri artigli – nascosti sotto la gola – che vibravano e schioccavano.
Rimase lì, incombendo si di loro, e un altro artiglio gli uscì dalla pancia: una lunga zampa che sporgeva. Improvvisamente, talmente veloce che nessuno di loro poté reagire, afferrò O’Connor per la vita allungando i tre artigli e lo sollevò in aria come fosse una foglia.
O’Connor fece roteare la sua spada, ma non era sufficientemente vicino per poterlo colpire. La bestia lo scosse diverse volte, poi aprì improvvisamente la bocca, mostrando diverse file di denti affilati, ruotò O’Connor a testa in giù e iniziò ad abbassarlo verso le sue fauci.
O’Connor strillò mentre gli si profilava davanti una morte istantanea e dolorosa.
Thor reagì. Senza pensarci due volte mise un sasso nella fionda, prese la mira e tirò contro il terzo occhio del mostro, sulla punta del naso.
Fu un centro diretto. La bestia gridò, un verso orrendo, tanto forte da poter spezzare un albero, poi lasciò cadere O’Connor che precipitò ruotando in aria e andando ad atterrare sul soffice terreno della giungla con un tonfo.
L’insetto si infuriò, poi si voltò verso Thor.
Thor sapeva che opporre resistenza e combattere contro quella creatura sarebbe stato inutile. Almeno uno dei suoi compagni ne sarebbe rimasto ucciso e probabilmente anche Krohn. Ciò avrebbe diminuito le loro preziose energie. Capì che probabilmente erano degli intrusi nel suo territorio e che se fossero riusciti ad andarsene abbastanza velocemente, forse li avrebbe lasciati stare.
“CORRIAMO!” gridò.
Si voltarono, iniziarono a correre e la bestia iniziò a inseguirli.
Thor sentiva il rumore degli artigli del mostro che tagliavano la fitta vegetazione alle loro spalle, fendendo l’aria e mancando di poco proprio la sua testa. Pezzi di foglia volavano in aria e piovevano attorno a lui. Corsero tutti insieme e Thor sentiva che se fossero riusciti a guadagnare sufficiente distanza, avrebbero potuto trovare un modo per ripararsi. Altrimenti avrebbero dovuto lottare.
Ma Reece improvvisamente scivolò dietro di lui, inciampando in un ramo e cadendo lungo disteso tra le foglie. Thor sapeva che non si sarebbe rialzato in tempo. Si fermò, sguainò la spada e si mise tra Reece e la bestia.
“CONTINUATE A CORRERE!” gridò agli altri, rimanendo lì pronto a difendere Reece.
La bestia balzò su di lui, strillando e agitando i suoi artigli mirando alla sua faccia. Thor si abbassò e fece roteare la spada. Il mostro lanciò un grido orribile quando Thor riuscì a tagliare una delle sue zampe. Un liquido verde spruzzò ovunque e Thor vide con orrore che l’artiglio ricresceva tanto veloce quanto era stato tagliato. Era come se Thor non l’avesse mai ferito.
Thor deglutì. Sarebbe stato impossibile uccidere quella bestia. E ora l’aveva anche fatta arrabbiare.