Ryan annuì.
Riley continuò: “Beh, dovrebbe farmi da mentore. Ma ora ha dei dubbi sulla mia permanenza nel programma. E … immagino, di avere anch’io dei dubbi a riguardo. Forse tutto questo è stato un errore.”
Ryan si limitò a stringerle la mano, senza parlare.
Riley sperava che lui dicesse qualcosa. Ma che cosa avrebbe potuto dirle?
Che cosa si aspettava che dicesse?
Dopotutto, fin dal primo momento, Ryan non si era dimostrato entusiasta del fatto che Riley seguisse il programma. Probabilmente, in realtà, sarebbe stato felice se lei si fosse tirata indietro, o, forse, anche se fosse stata cacciata via.
Dopo un po’, Ryan esordì: “Ascolta, forse non è il momento giusto per te di farlo. Voglio dire, aspetti un bambino, ci siamo appena trasferiti in questa nuova casa, e io ho appena iniziato alla Parsons e Rittenhouse. Forse dovresti solo aspettare fino …”
“Aspettare fino a che cosa?” Riley replicò. “Finché sarò una mamma che cresce un bambino? Come potrebbe funzionare?”
Ryan sgranò gli occhi, avvertendo il tono amareggiato di Riley, che rimase essa stessa stupita del suono della sua stessa voce.
“Mi dispiace” aggiunse. “Non intendevo dirlo.”
Ryan rispose con tranquillità: “Riley, tu diventerai una mamma con un figlio. Noi diventeremo genitori. E’ una realtà con cui entrambi dobbiamo confrontarci, che tu segua questo addestramento o o meno quest’estate.”
In quel momento Riley dovette realmente sforzarsi per non piangere. Il futuro sembrava così confuso e misterioso.
Poi gli domandò: “Che cosa farò, se sarò fuori dal programma? Non posso starmene semplicemente seduta tutto il giorno in quest’appartamento.”
Ryan alzò lievemente le spalle.
“Beh, puoi sempre trovare un lavoro, contribuire con le spese. Magari un lavoro temporaneo, qualcosa che potresti abbandonare nel momento in cui ti stuferai. Hai l’intera vita davanti. C’è molto tempo per scoprire che cosa vuoi davvero fare. Ma, a breve, potrei fare carriera tanto da permetterti di non dover più lavorare se non vorrai.”
Rimasero entrambi silenziosi per un momento.
Poi Riley riprese: “Quindi pensi che dovrei lasciar perdere?”
“Quello che penso io non importa” Ryan replicò. “Spetta a te decidere. E, qualunque cosa deciderai, farò del mio meglio per sostenerti.”
Non parlarono molto per il resto del pasto.
Finita la cena, si misero davanti alla TV ma Riley non riusciva davvero a concentrarsi su ciò che stavano guardando. Continuava a pensare alle parole dell’Agente Crivaro …
“Devi decidere se hai davvero ciò che serve per restare in questo programma.”
Più Riley ci pensava, più i dubbi e le incertezze aumentavano.
In fin dei conti era normale, non doveva pensare solo a se stessa. C’erano Ryan, il bambino e persino l’Agente Crivaro.
Improvvisamente, ricordò un’altra frase che il suo presunto mentore aveva pronunciato …
“Mi sono fatto in quattro per farti entrare in questo programma.”
E tenerla nel programma non avrebbe semplificato la vita di Crivaro. Probabilmente, avrebbe continuato ad essere criticato dai colleghi che non pensavano che Riley appartenesse davvero a quel mondo, specie se non avesse dimostrato subito di corrispondere alle sue aspettative.
E, di certo, non lo aveva fatto quel giorno.
Ryan infine si fece una doccia e andò a letto. Riley rimase seduta sul divano, continuando a rimuginare sulle proprie scelte.
Infine, prese un taccuino giallo a righe e cominciò a scrivere una lettera di dimissioni ad Hoke Gilmer, il supervisore dell’addestramento. Fu sorpresa dal fatto di sentirsi molto meglio, già mentre scriveva la lettera. Quando la ebbe terminata, fu come se la sua mente fosse stata liberata da un fardello.
Questa è la scelta giusta, pensò.
Immaginò di doversi alzare presto l’indomani mattina, comunicare a Ryan la sua decisione, scrivere la lettera al computer del fidanzato, stamparla e spedirla con la posta del mattino. Avrebbe anche chiamato l’Agente Crivaro, che senz’altro ne sarebbe stato sollevato.
A quel punto, andò a letto, sentendosi molto meglio dopo aver fatto quella scelta, e riuscì ad addormentarsi facilmente.
Riley si ritrovò a camminare nel J. Edgar Hoover Building.
Che cosa ci faccio qui? si domandò.
Poi, notò il taccuino giallo a righe nella sua mano, con la sua lettera scritta sopra.
Oh, sì, comprese.
Sono venuta a consegnarla personalmente all’Agente Gilmer.
Scese tre piani con l’ascensore, poi entrò nell’aula dove i tirocinanti si erano radunati il giorno prima.
Quello che vide la preoccupò molto: tutti i tirocinanti erano seduti nell’aula, intenti ad osservare ogni suo movimento. L’Agente Gilmer era di fronte a loro e la guardava a braccia conserte.
“Che cosa vuoi, Sweeney?” Gilmer chiese, mostrandosi molto più severo di quanto fosse stato il giorno prima, quando si era rivolto al gruppo.
Riley guardò i tirocinanti, che la osservarono in silenzio, con espressioni accusatorie.
Poi si rivolse a Gilmer: “Non le ruberò molto tempo. Devo soltanto consegnarle questa.”
Gli porse il taccuino giallo a righe.
Gilmer sollevò gli occhiali da lettura e guardò il taccuino.
“Questo che cos’è?” chiese.
Riley aprì la bocca per dire …
“E’ la mia lettera di dimissioni dal programma.”
Ma, inspiegabilmente, dalla sua bocca uscirono parole diverse …
“Io, Riley Sweeney, giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti …”
Preoccupata, comprese …
Sto pronunciando il giuramento dell’FBI.
E non sembrava riuscire a fermarsi.
“…a cui resterò fedele …”
Gilmer indicò il taccuino giallo con le righe e chiese di nuovo …
“Questo che cos’è?”
Riley voleva ancora spiegare che cosa fosse davvero, ma le parole del giuramento continuavano ad uscire dalla sua bocca …
“… Prendo liberamente questo impegno, senza alcuna riserva mentale …”
Il volto di Gilmer mutò in un altro volto.
Era Jake Crivaro, e sembrava arrabbiato. Le agitò il taccuino di fronte al viso.
“Questo che cos’è?” l’uomo ringhiò.
Riley rimase sorpresa, accorgendosi del fatto che sopra non c’era scritto proprio nulla.
Sentì tutti gli altri tirocinanti mormorare ad alta voce, pronunciando lo stesso giuramento ma in un confuso insieme.
Nel frattempo, si stava avvicinando alla fine del giuramento …
“… Adempirò con diligenza e al meglio i doveri dell’ufficio in cui sto per entrare. Perciò, che Dio mi aiuti.”
Ora Crivaro sembrava ribollire dalla rabbia.
“Che cosa diavolo è questo?” sbottò, indicando il foglio giallo vuoto.
Riley provò a rispondergli, ma non le vennero fuori le parole.
Riley spalancò gli occhi, risvegliata da una vibrazione, un suono che non le era per nulla familiare.
Era stesa a letto accanto a Ryan.
E’ stato un sogno, comprese.
Ma, senz’altro, quel sogno aveva un significato. In realtà, significava tutto. Aveva fatto un giuramento, e non poteva rimangiarselo e quindi non poteva dimettersi dal programma. Non era un problema legale. Era di natura personale. Era una questione di principio.
Ma se venissi fatta fuori?
Che cosa farò allora?
Nel frattempo, si chiese che cosa fosse la vibrazione che continuava a udire.
Ancora mezzo addormentato, Ryan si lamentò, balbettando …
“Rispondi al tuo dannato telefono, Riley.”
Solo in quel momento, Riley ricordò il cellulare che le era stato dato il giorno prima nell’edificio dell’FBI. Rovistò sul comodino, lo prese, uscì dal letto e andò fuori dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Le ci volle un momento per capire quale pulsante premere per rispondere alla chiamata. Quando finalmente ci riuscì, sentì una voce familiare.
“Sweeney? Ti ho svegliato?”
Era l’Agente Crivaro e non sembrava affatto amichevole.
“No, certo che no” Riley rispose.
“Bugiarda. Sono le cinque del mattino.”
Riley fece un sospiro profondo. Si rese conto di avere la nausea.
Crivaro chiese: “Quanto tempo ti occorre per svegliarti e vestirti?”
Riley rifletté per un momento, poi rispose: “Um, quindici minuti direi.”
“Sarò lì tra dieci minuti. Ci vediamo fuori dal tuo palazzo.”
Crivaro terminò la telefonata senza aggiungere altro.
Che cosa vuole? Riley si chiese.
Sta venendo qui a licenziarmi personalmente?
Improvvisamente, fu presa da un’altra ondata di nausea. Sapeva che era la nausea mattutina, la peggiore esperienza finora durante la sua gravidanza.
Sbuffando, pensò …
Proprio quello che mi serve adesso.
Poi, corse in bagno.
CAPITOLO SEI
Quando Jake Crivaro parcheggiò davanti al condominio, Riley Sweeney lo stava già aspettando fuori. Quando entrò in auto, Jake notò immediatamente che sembrava molto pallida.
“Non ti senti bene?” le chiese.
“Sto bene” Riley replicò.
Non sembra star bene, Jake pensò. Per niente.
Jake si chiese se forse avesse festeggiato un po’ troppo la sera precedente. I giovani tirocinanti lo facevano qualche volta. O, forse, aveva soltanto bevuto un po’ troppo a casa. Certamente, era parsa molto scoraggiata, quando l’aveva accompagnata a casa il giorno prima: e c’era poco da meravigliarsi, dopo il modo in cui la aveva rimproverata. Poteva darsi che avesse provato ad annegare i propri dispiaceri nell’alcol.
Jake sperò che la sua protetta non stesse smaltendo i postumi della sbornia e fosse in grado di lavorare.
Mentre l’auto si allontanava dall’edificio, Riley chiese …
“Dove stiamo andando?”
Jake esitò per un istante.
Poi, rispose: “Beh, ripartiremo da zero oggi.”
Riley lo guardò con un’espressione vagamente sorpresa.
L’uomo proseguì: “La verità è che quello che hai fatto ieri, beh, non è stato un totale fallimento. Hai trovato i soldi della droga dei fratelli Madison. E quel telefono usa e getta si è rivelato piuttosto utile. Conteneva dei numeri di telefono importanti, il che ha aiutato la polizia a rintracciare alcuni membri della gang, incluso Malik Madison, il fratello che era ancora a piede libero. Hanno commesso una stupidaggine a comprare un telefono usa e getta e a non gettarlo dopo l’utilizzo. Ma immagino che non credessero che qualcuno riuscisse a trovarlo.”
Poi guardò dritto davanti a sé ed aggiunse: “Si sbagliavano.”
Riley continuò semplicemente a guardarlo, come se avesse difficoltà a comprendere le sue parole.
Jake si fece forza per non dire …
“Sono davvero dispiaciuto per come ti ho trattata.”
Invece, scandì con decisione: “Ma devi seguire le istruzioni. E devi rispettare la procedura.”
“Capisco” Riley disse stancamente. “Grazie per avermi dato un’altra chance.”
Jake grugnì sotto i baffi. Ricordò a se stesso che non doveva dare alla ragazza un eccessivo incoraggiamento.
Ma era dispiaciuto per come l’aveva trattata il giorno prima.
Sto esagerando, l’uomo pensò.
Aveva disturbato dei colleghi a Quantico, per avere Riley nel programma. Un agente in particolare, Toby Wolsky, voleva che suo nipote Jordan fosse tirocinante in quell'estate, ma Jake aveva ottenuto Riley al suo posto. Aveva messo in gioco le sue considerevoli credenziali, chiedendo un paio di favori che qualcuno gli doveva.
Jake non considerava Wolsky un buon agente, e non aveva alcuna ragione per pensare che il nipote avesse un potenziale maggiore, tanto per cominciare. Ma Wolsky aveva amici a Quantico, che erano scontenti di Jake.
E, in un certo senso, ne comprendeva il motivo.
Era un dato di fatto noto a tutti: Riley era soltanto una comune laureata in psicologia, che non aveva mai preso in considerazione l’idea di entrare nelle forze dell’ordine.
E la verità era che neanche Jake sapeva molto di più di lei, ad eccezione del fatto che aveva visto il suo istinto all’opera, proprio da vicino. Ricordava perfettamente quanto lei fosse riuscita prontamente a comprendere la mente del killer a Lanton: era stato sufficiente insegnarle solo poche cose. Fatta eccezione per se stesso, Jake aveva incontrato poche volte qualcuno con quella sorta di istinto, una capacità intuitiva che ben pochi agenti potevano anche solo comprendere.
Naturalmente, non poteva escludere la possibilità che quanto la ragazza aveva fatto a Lanton fosse stato poco più che un colpo di fortuna.
Forse in quella giornata poteva farsi un’idea migliore di quanto fosse in grado di fare.
Riley chiese di nuovo …
“Dove stiamo andando?”
“Sulla scena di un crimine” fu la risposta del mentore.
Non voleva dirle altro, finché non fossero giunti a destinazione.
Aveva bisogno di osservare come avrebbe reagito di fronte ad una situazione davvero bizzarra.
E, da quello che aveva sentito, questa scena del crimine era bizzarra quanto una scena simile poteva essere. Era stato chiamato poco prima, e ancora stentava a credere a quanto gli era stato detto.
Vedremo quello che troveremo, immagino.
*
A Riley parve di sentirsi un po’ meglio, mentre viaggiava insieme all’Agente Crivaro.
Eppure, avrebbe voluto saperne di più su dove fossero diretti.
Ha detto che è la scena di un crimine.
Era già più di quanto avesse messo in conto per l’intero programma estivo, men che meno il suo secondo giorno. E il primo era stato abbastanza sorprendente.
Non sapeva come comportarsi.
Ma era piuttosto certa che a Ryan l’idea non sarebbe piaciuta affatto.
Comprese di non aver ancora detto al fidanzato di essere affiancata a Jake Crivaro. Ryan non avrebbe approvato neanche questo. A ben vedere, Ryan aveva diffidato di Crivaro sin dall’inizio, specialmente per il modo in cui aveva aiutato Riley ad entrare nella mente di un killer.
Ricordò quello che Ryan aveva detto in merito ad uno di quegli episodi …
“Mi stai dicendo che quell’uomo dell’FBI, Crivaro, sta giocando con la tua mente? Perché? Solo per divertirsi?”
Naturalmente, Riley era consapevole che Crivaro non l’avesse sottoposta a tutto questo “solo per divertimento.”
Era stato più che serio al riguardo. Quelle esperienze erano state assolutamente necessarie.
Avevano contribuito a rendere possibile la cattura del killer.
Ma qual è il mio compito adesso? Riley si chiese.
Crivaro sembrava essere deliberatamente criptico.
Mentre parcheggiava l’auto lungo la strada, Riley si guardò intorno: da un lato della via si estendeva una fila di case, dall’altro un campo aperto; un paio di auto e un furgone della polizia erano parcheggiati nei pressi.
Prima di lasciare l’auto, Crivaro mosse il dito e le disse …
“Ora ricorda le dannate regole. Non toccare niente. E non parlare, a meno che non ti rivolgano la parola. Sei qui solo per osservarci al lavoro.”
Riley annuì. Ma qualcosa nella voce di Crivaro le fece sospettare che il mentore non si aspettava che se ne stesse ad osservare in silenzio.
Avrebbe voluto avere le idee più chiare.
Riley e Crivaro uscirono dall’auto e raggiunsero la scena del delitto. C’erano rifiuti ovunque, come se un grande evento pubblico avesse avuto luogo lì di recente.
Altre persone, alcune con indosso l’uniforme della polizia, erano radunate intorno ad una macchia di alberi e cespugli. Una vasta area intorno a loro era recintata dal nastro giallo della polizia.
Quando Riley e Crivaro si avvicinarono al gruppo, la ragazza si rese conto che i cespugli avevano celato qualcosa a terra.
Riley ebbe un sussulto, quando capì di che cosa si trattava.
Fu di nuovo assalita dalla nausea.
A terra, giaceva un pagliaccio da circo deceduto.
CAPITOLO SETTE
Riley si sentì così stordita, che temette di svenire.