“Dormitorio, primo anno,” disse Kyle.
“Oh,” incalzò Kimberly. “Finiti insieme mentre facevate il bucato, quel genere di cosa?”
Kyle lanciò un’occhiata a Jessie e prima che potesse anche solo dire una parola, lei capì che stava per tuffarsi nella loro solita storia da cocktail party.”
“Ecco la versione ridotta,” iniziò. “Eravamo amici, ma abbiamo iniziato a uscire insieme a metà del primo semestre, dopo che lei è stata scaricata da uno stronzo. Lui è stato buttato fuori dalla scuola, non per aver smesso di uscire con lei, direi. Però credo che lei abbia schivato una pallottola. Ci siamo mollati il terzo anno, ma siamo tornati insieme durante l’ultimo. Abbiamo continuato a uscire per un anno poi, prima di andare a vivere insieme. Siamo rimasti così per un altro anno, e poi ci siamo fidanzati. E abbiamo pronunciato il sì dieci mesi dopo. In ottobre saranno due anni di magnifico matrimonio.”
“Quindi siete innamoratini del college. Che romantico.”
“Sì, so che sembra così,” disse Kyle. “Ma c’è voluto un po’ per averla vinta su di lei. E per tutto il tempo venivo respinto a bastonate. Come puoi immaginarti, praticamente ogni tizio che la vedesse era subito invaghito della signorina Jessica Hunt. E questo solo guardandola. Poi, quando la conosci, resti ancora più cotto.”
“Kyle,” disse Jessie diventando rossa. “Mi stai mettendo in imbarazzo. Risparmiane un po’ per ottobre.”
“Sapete,” disse Kimberly con un sorriso. “Mi è appena venuto in mente che devo andare a prendere i bambini adesso. E mi sento come se avessi improvvisamente interrotto il programma di una famiglia felice che vuole inaugurare la nuova casa. Quindi vado. Ma prometto che vi presenterò alla gente di qui. Abbiamo veramente un quartiere di amiconi. Si conoscono tutti. Organizziamo barbecue settimanali in strada. I bimbi si fermano tutto il tempo a dormire dagli amichetti. Tutti fanno parte del circolo nautico locale, anche se non hanno una barca. Una volta sistemati, scoprirete che questo è un posto meraviglioso dove vivere.”
“Grazie Kimberly,” disse Kyle accompagnandola alla porta. “Non vediamo l’ora di conoscere tutti. E grazie tante ancora per i brownie.”
Dopo che se ne fu andata, Kyle chiuse la porta facendo un siparietto per dare a vedere che girava la chiave a più mandate.
“Mi è sembrata simpatica,” disse. “Speriamo che siano tutti così.”
“Sì, mi è piaciuta,” confermò Jessie. “Un po’ impicciona, ma immagino che la gente qua sia così. Immagino che sia ora di abituarmi a non avere più un’anonimità.”
“Ci si abituerà,” disse Kyle. “Ma penso che a lungo termine preferiremo conoscere i nomi dei nostri vicini e avere la possibilità di lasciare le porte aperte.”
“Però ho notato che ora l’hai appena chiusa,” puntualizzò Jessie.
“Questo perché stavo pensando a quello che ha detto Kimberly su quella cosa dell’inaugurare la nostra nuova casa,” le disse avvicinandosi e levandosi la seconda camicia in dieci minuti. “E non mi piace essere interrotto durante un’inaugurazione.”
*
Più tardi quella notte, Jessie era stesa a letto e fissava il soffitto, il sorriso stampato in faccia.
“Di questo passo, riempiremo in un batter d’occhio tutte quelle camera in più,” disse Kyle, quasi la stesse leggendo nel pensiero.
“Dubito che riusciremo a tenere questo passo quando inizierai in ufficio e io comincerò il semestre.”
“Io sono intenzionato a provarci, se tu vuoi,” disse sospirando profondamente. Sentì il suo corpo che si rilassava del tutto accanto al proprio.
“Non sei per niente nervoso?” gli chiese.
“Per che cosa?”
“Tutto questo: stipendio più grande, nuova città, nuova casa, nuovo stile di vita, nuova gente, nuovo tutto.”
“Non è tutto nuovo,” le ricordò. “Conosci già Teddy e Melanie.”
“Ho incontrato Teddy tre volte e Melanie una. Lo conosco a malapena. E lei me la ricordo vagamente. Solo perché il tuo migliore amico delle superiori vive qualche quartiere più in là non significa che io mi senta improvvisamente a mio agio nella nostra nuova vita.”
Sapeva che lo stava punzecchiando, ma le sembrava di non potersi fermare. Kyle non abboccò all’esca. Si girò invece su un fianco e le accarezzò la spalla destra con un dito, arrivando alla lunga cicatrice rosa che si allungava di una decina di centimetri dall’avambraccio alla base del collo.
“So che sei apprensiva,” le disse con tenerezza. “E hai tutti i motivi per esserlo. È tutto nuovo. E so che può fare paura. Non posso dirti quanto apprezzi il sacrificio che stai facendo.”
“So che alla fine andrà tutto bene,” disse Jessie ammorbidendosi. “Solo è un sacco di roba da gestire all’improvviso tutta insieme.”
“È per questo che vedere Teddy e Mel domani sarà di aiuto. Ristabiliremo quella connessione e poi faremo in modo che anche il resto del vicinato ci raggiunga mentre ci orientiamo. Anche conoscere solo due persone può rendere più facile il passaggio.”
Sbadigliò sonoramente e Jessie capì che era sul punto di crollare. Un grosso sbadiglio come quello in genere significava che sarebbe stato addormentato nel giro dei prossimi sessanta secondi, o forse anche meno.
“So che hai ragione,” disse, determinata a concludere la notte con una nota positiva. “Sono sicura che andrà tutto alla grande.”
“Sicuramente,” disse Kyle con voce stanca. “Ti amo.”
“Anche io ti amo,” disse Jessie, insicura che l’avesse sentita prima di appisolarsi.
Ascoltò i suoi respiri profondi e cercò di usarli per addormentarsi lei stessa. Il silenzio era snervante. Era abituata ai confortanti rumori del centro città mentre scivolava nel sonno.
Le mancavano i claxon della macchine di sotto, le grida della gente che se ne andava brilla dai locali e che riecheggiavano tra i condomini, il bip bip dei camion che facevano retromarcia. Tutto questo le era servito da interferenza di sottofondo per anni. Ora tutto ciò che aveva al suo posto era il debole ronzio del filtro dell’aria nell’angolo della stanza.
Di tanto in tanto le sembrava di sentire un lontano scricchiolio. La casa aveva più di trent’anni, quindi c’erano da aspettarsi degli occasionali assestamenti. Provò a fare una serie di respiri rilassanti, sia per escludere altri rumori come anche per rilassarsi. Ma c’era un pensiero che continuava a pungolarla.
Sei davvero sicura che tutto andrà alla grande qui?
Passò l’ora successiva a rigirarsi nel dubbio e a respingerlo sentendosi in colpa, prima di cedere finalmente alla stanchezza e a lasciarsi andare a un sonno incostante.
CAPITOLO DUE
Nonostante le urla incessanti, Jessie cercava di tenere alla larga il mal di testa che le punzecchiava i lati del cranio. Daughton, il bimbo di tre anni dal temperamento dolce ma dalla voce altissima, figlio di Edward e Melanie Carlisle, aveva passato gli ultimi venti minuti a fare un gioco che si chiamava Esplosione e che consisteva per lo più in lui stesso che urlava “boom!”.
Né Melanie (“chiamami Mel”) né tantomeno Edward (“Teddy” per gli amici) sembravano per nulla turbati da quelle grida intermittenti, quindi anche Jessie e Kyle agivano come se fosse normale. Erano seduti nel salotto dei Carlisle, dove si erano dati appuntamento prima della passeggiata che intendevano fare per andare a pranzare al porto. I Carlisle vivevano a tre isolati di distanza da lì.
Kyle e Teddy stavano parlando fuori da circa un’ora quando Jessie riuscì a riacquistare familiarità con Mel in cucina. La ricordava solo vagamente dal loro unico precedente incontro, ma solo dopo un po’ di minuti le due erano calate in un’atmosfera piacevole.
“Chiederei a Teddy di grigliare qualcosa, ma non voglio che vuoi due stiate male la prima settimana che siete qui,” disse Mel in modo irriverente. “Saremo molto più al sicuro se andiamo a mangiare sul lungomare.”
“Non è il migliore dei cuochi?” chiese Jessie con un sorrisino.
“Mettiamola così. Se mai si dovesse offrire di cucinare, fingete di avere un’emergenza e di dover scappare. Perché se mangiate qualsiasi cosa preparata da lui, avrete veramente un’emergenza da gestire.”
“Cosa c’è, tesoro?” chiese Teddy mentre lui e Kyle rientravano in casa. Era un tipo panciuto e rotondo, con i capelli biondi e radi e la pelle pallida che pareva potersi scottare con soli cinque minuti di esposizione al sole. Jessie aveva la sensazione che anche la sua personalità fosse molto simile: molle e plasmabile. Un profondo istinto che non era capace di descrivere ma del quale negli anni aveva imparato a fidarsi le diceva che Teddy Carlisle era un uomo debole.
“Niente, amore,” disse Melanie con noncuranza facendo l’occhiolino a Jessie. “Sto solo dando alla nostra Jessie alcune istruzioni per la sopravvivenza qui a Westport Beach.”
“Giusto,” rispose lui. “Mettila in guardia sul traffico della Jamboree Road e della Pacific Coast Highway, mi raccomando. Può essere una rogna a volte.”
“Quello era il prossimo della mia lista,” disse Mel con innocenza mentre si alzava dallo sgabello alto della cucina.
Mentre andava in salotto per raccogliere dal pavimento i giocattoli di Daughton, Jessie non poté fare a meno di notare che con quella gonna da tennis e maglietta polo la sua costituzione minuta appariva tutta muscolosa e tornita. I polpacci e i bicipiti apparivano incredibilmente sodi mentre con un semplice gesto tirava su una dozzina di macchinine.
Tutto di lei, inclusi i corti capelli neri, l’energia inarrestabile e la sua voce forte e imponente, proiettavano l’idea diametralmente opposta di sciocca bambola newyorkese, che era esattamente ciò che era stata prima di trasferirsi a ovest.
A Jessie era piaciuta all’istante, anche se non riusciva a capire cosa ci trovasse in un babbeo come Teddy. La cosa la pungolava leggermente. Jessie si dava vanto di saper leggere le persone, e questa tacca nel profilo informale che aveva tracciato di Mel era un po’ inquietante.
“Siamo pronti?” chiese Teddy. Anche lui era vestito in maniera elegante, con una camicia e pantaloni bianchi.
“Basta che prendi tuo figlio e siamo tutti pronti,” disse Mel con tono secco.
Teddy, apparentemente avvezzo al suo tono di voce, senza dire una parola andò a cercare la loro macchina “Esplosione”. Pochi secondi dopo si udirono dei piagnucolii mentre tornava tenendo Daughton per le caviglie, con il bambino cercava debolmente di lottare a testa in giù.
“Papà, basta!” gridò il ragazzino.
“Mettilo giù, Edward,” sibilò Mel.
“Mi ha risposto,” spiegò Teddy calando il figlio sul pavimento. “Dovevo solo ricordargli che queste cose non si fanno.”
“E se scivolasse e si spaccasse la testa?” chiese Mel.
“Allora imparerebbe una lezione impareggiabile,” rispose Teddy con noncuranza, apparentemente per nulla preoccupato dall’idea.
Kyle ridacchiò divertito, fermandosi solo quando Jessie lo fulminò con un’occhiata che pareva pugnalarlo sul posto. Cercò di girarsi per soffocare la risata in un colpo di tosse, ma era troppo tardi, quindi sollevò le spalle in tacita richiesta di scuse.
Mentre si dirigevano al porto seguendo il ben mantenuto sentiero che correva parallelo alla strada principale, Jessie osservò come fossero vestiti lei e Kyle confronto all’altra coppia. Persino Daughton, che aveva la pelle chiara del padre e i capelli scuri della madre, portava dei pantaloncini ben stirati e inamidati e una camicia con colletto. Kyle si era messo dei pantaloncini larghi e una maglietta e Jessie si era buttata addosso un arioso vestitino alla buona trovato all’ultimo minuto.
“Siete sicuri che siamo vestiti nel modo giusto per un brunch al vostro circolo?” chiese con apprensione a Mel.
“Oh, non ti preoccupare. Siete nostri ospiti. Le norme di dress-code non si applicano a voi. Solo i membri si beccano le frustate per abbigliamento inappropriato. E dato che Daughton è piccolo, lui al massimo si prende una leggera toccatina con un tizzone ardente.” Mel doveva aver visto l’espressione negli occhi di Jessie, perché le mise immediatamente una mano sul braccio e aggiunse: “Sto scherzando.”
Jessie sorrise nervosamente per la propria incapacità di lasciarsi andare. Proprio in quel momento Daughton le corse accanto con un impressionante “boom” che le fece fare un salto.
“Ha un sacco di energia,” disse, cercando di apparire colpita. “Mi piacerebbe poterne imbottigliare un po’.”
“Sì,” confermò Mel. “È un tipetto. Ma lo adoro. È buffo come le cose che danno fastidio agli altri siano così affascinanti quando si tratta di tuo figlio. Vedrai cosa intendo dire quando ti capiterà. Sempre che sia ciò che volete, s’intenda.”
“Sì,” disse Jessie. “È un po’ che ne parliamo. Ci sono solo stati degli… intoppi strada facendo. Ma speriamo che il cambio di scenario sia di aiuto.”
“Beh mi sento di metterti in guardia. L’argomento probabilmente salterà fuori spesso tra le donne che conoscerai oggi. Adorano parlare di bambini e tutto ciò che li riguarda. È facile che ti chiedano dei tuoi progetti al riguardo. Ma non essere in pensiero. Diciamo che è il genere di conversazione abituale da queste parti.”
“Grazie per la dritta,” disse Jessie mentre raggiungevano la fine del sentiero.
Si fermò un momento a guardare. Erano sul ciglio di una scogliera che si affacciava su Balboa Island e Promontory Bay. Oltre si trovava la Penisola di Balboa, l’ultimo pezzo di terra prima dell’Oceano Pacifico. La profonda acqua blu si estendeva a perdita d’occhio, fondendosi all’orizzonte con il più chiaro cielo ceruleo punteggiato di vaporose nuvole bianche. Era una vista da mozzare il fiato.
Più vicino Jessie vide il porticciolo, con barche che entravano e uscivano seguendo un tacito sistema che appariva decisamente più organizzato e affascinante dell’autostrada. Le persone, piccole come formiche da lassù, girovagavano attorno al complesso del molo tra i suoi tanti negozi e ristoranti. Pareva che ci fosse una sorta di mercato agricolo in corso.
Il sentiero si trasformava in un’enorme scalinata in pietra che scendeva fino al complesso. Nonostante il corrimano in legno da entrambi i lati, faceva un po’ paura.
“Il sentiero continua un centinaio di metri più avanti e conduce al porto,” disse Mel percependo la reticenza di Jessie. “Potremmo andare di là invece di fare i gradini, ma ci vogliono altri venti minuti e il panorama non è poi così bello.”
“No, va bene,” la rassicurò Jessie. “È solo che non sono stata costante con gli allenamenti di step, e ora me ne pento.”
“Le gambe fanno la bua solo all’inizio,” disse Daughton saltando davanti a lei e guidando il gruppo.
“Niente confronto ad essere svergognata da un poppante,” disse Jessie tentando di ridere.
Iniziarono a scendere la lunga rampa di scalini, Daughton per primo, seguito da Mel, Jessie e Kyle, con Teddy a chiudere la fila. Dopo un minuto Daughton aveva guadagnato un buon vantaggio su di loro e Mel corse per raggiungerlo. Jessie poteva sentire i due uomini che parlavano dietro di lei, senza però veramente cogliere cosa stessero dicendo. E con quegli insidiosi scalini non se la sentiva di girarsi per scoprirlo.
Quando furono più o meno a metà scalinata, vide una giovane ragazza che saliva le scale indossando solo un bikini e delle ciabattine infradito, con una borsa da spiaggia in spalla. Aveva i capelli ancora umidi per l’acqua e delle gocce di sudore le imperlavano la pelle nuda e abbronzata. Aveva delle curve impressionanti e il costume le conteneva appena. Pareva sul punto di poter esplodere fuori in certi punti. Jessie cercò di non fissarla mentre passava, e si chiese se Kyle stesse facendo lo stesso.