Prima Che Abbia Bisogno - Блейк Пирс 4 стр.


Scacciò quei pensieri dalla mente mentre saliva le scale con Harrison. Il piano di sopra consisteva in un lungo corridoio che portava soltanto a tre stanze. Sulla sinistra si apriva un grosso studio. Era ordinato al punto da sembrare quasi vuoto e affacciava sul boschetto sul retro della casa. L’enorme bagno aveva due lavandini, un’ampia doccia, una vasca e un armadio per la biancheria grosso quanto la cucina di Mackenzie.

Esattamente come al piano di sotto, non c’era nulla che aiutasse a capire meglio gli Sterling o il motivo per cui qualcuno li volesse morti. Senza sprecare altro tempo, Mackenzie si diresse in fondo al corridoio, dove la camera da letto aveva la porta aperta. Il sole inondava la stanza da una grande finestra sulla parete sinistra. La luce sommergeva i piedi del letto, trasformando il colore del sangue in quel punto da marrone a rosso acceso.

In un certo senso dava il capogiro entrare nella camera da letto di una casa così immacolata e vedere tutto quel sangue sul letto. Il pavimento era in parquet, ma Mackenzie riusciva a distinguere comunque degli schizzi di sangue qua e là. Sulle pareti non c’era tanto sangue come in casa Kurtz, soltanto alcune gocce che sembravano comporre un macabro quadro astratto.

Nell’aria c’era un tenue odore metallico, l’odore del sangue secco. Nonostante non fosse intenso, la stanza ne sembrava impregnata. Mackenzie camminò lungo il bordo del letto, osservando le lenzuola grigio chiaro macchiate di sangue. Sul lenzuolo di sopra vide un segno che poteva essere stato lasciato da un coltello. Osservandolo da vicino ne ebbe la conferma.

Dopo aver completato il giro intorno al letto, Mackenzie era sicura che lì non ci fosse niente che avrebbe fatto progredire le indagini. Si guardò intorno, osservando i comodini, le cassettiere e la postazione TV, in cerca del più piccolo dettaglio.

Vide una piccola dentellatura nella parete e la osservò da vicino. Non era più larga di mezzo centimetro e intorno c’era una macchia di sangue. Sotto c’era altro sangue, una goccia che si era seccata sulla parete e una macchia sul pavimento, proprio al di sotto.

Si avvicinò alla parete per osservare la dentellatura più da vicino. Era di una forma singolare, e il fatto che intorno ci fosse del sangue le faceva pensare che una fosse la diretta causa dell’altro. Si rimise dritta e controllò a che altezza del corpo si trovava il segno. Sollevò leggermente il bracciò e lo piegò. Così facendo, il gomito si allineò quasi perfettamente con il buco.

“Cos’hai trovato?” le chiese Harrison.

“Segni di colluttazione, credo” rispose.

Lui la raggiunse e notò il segno. “Non è molto come indizio, vero?” chiese.

“No, non proprio. Ma il sangue lo rende degno di nota. Oltre al fatto che la casa è in ottime condizioni. Mi viene da pensare che il killer abbia fatto tutto quello che poteva per nascondere i segni di lotta. In un certo senso ha sistemato tutta la casa, ma non è riuscito a nascondere questo segno.”

Abbassò lo sguardo sulla macchia di sangue sul parquet. Era sbiadita e dai bordi indistinti.

“Guarda” disse indicando. “Proprio lì, sembra che qualcuno abbia tentato di ripulire la scena. Però aveva fretta, oppure questa macchia non veniva via.”

“Forse dovremmo tornare a controllare anche a casa dei Kurtz.”

“Forse” disse Mackenzie, anche se era sicura che avessero esaminato la casa a fondo.

Si allontanò dal muro e andò all’enorme cabina armadio. Guardando all’interno vide che anche lì era tutto in ordine.

Notò un’unica cosa che, rispetto al resto della casa, poteva essere considerata in disordine. Una maglietta e un paio di pantaloni erano appallottolati quasi contro la parete dell’armadio. Prendendoli, vide che si trattava di abiti maschili, forse gli ultimi che Gerald Sterling avesse indossato.

Fece un tentativo controllando le tasche dei pantaloni. In una trovò diciassette centesimi. Nell’altra, uno scontrino accartocciato. Lo spiegò e vide che era stato emesso da un negozio di alimentari cinque giorni prima… l’ultimo giorno di vita dell’uomo. Osservò lo scontrino e iniziò a riflettere.

In quale altro modo possiamo scoprire cos’hanno fatto nel loro ultimo giorno di vita? O nell’ultima settimana, o nell’ultimo mese?

“Harrison, nel suo verbale, la polizia di Miami non aveva forse dichiarato di aver controllato i cellulari delle vittime in cerca di indizi?”

“Sì, è così” disse Harrison mentre girava cauto intorno al letto insanguinato. “Hanno controllato la rubrica, il registro delle chiamate, le email, i file scaricati, tutto.”

“Però non hanno controllato la cronologia di navigazione Internet, vero?”

“No, non mi sembra.”

Rimettendo lo scontrino nei jeans, Mackenzie uscì dall’armadio e dalla camera da letto. Tornò al piano di sotto, con Harrison che la seguiva.

“Cosa c’è?” le chiese Harrison.

“Ho un’intuizione” disse. “Anzi, una speranza.”

Tornò allo scrittoio e lo aprì di nuovo. In fondo c’era un piccolo cestino, da cui spuntavano delle penne e un libretto degli assegni. Se tenevano la casa in ordine perfetto, immagino sia così anche per il libretto degli assegni.

Lo prese e scoprì di avere ragione. Tutti gli importi erano annotati meticolosamente. Ogni transazione era scritta con caratteri leggibili e con quanti più dettagli possibile. Erano riportati persino i prelievi Bancomat. Mackenzie capì nel giro di venti secondi che il libretto faceva riferimento ad un conto secondario degli Sterling, non a quello principale. Al momento della loro morte, infatti, c’erano poco più di settemila dollari.

Controllò il registro per vedere se ci fosse qualcosa che poteva fornirle degli indizi, ma nulla saltava all’occhio. Però vide delle abbreviazioni che non capiva. Le transazioni per quelle voci erano quasi tutte tra i sessanta e i duecento dollari. Una era di duemila dollari.

Anche se nessuna voce nel registro sembrava strana, quelle abbreviazioni sconosciute, forse iniziali di nomi, le rimasero impresse. Scattò alcune foto e rimise a posto il libretto.

“Hai qualche idea?” chiese Harrison.

“Forse” disse lei. “Potresti chiamare Dagney e chiederle di farci avere i registri finanziari degli Sterling dell’ultimo anno? Assegni, carte di credito, anche PayPal se lo usavano.”

“Certamente” disse Harrison prendendo subito il cellulare.

In fin dei conti non mi dispiace affatto lavorare con lui, pensò Mackenzie.

Lo ascoltò parlare con Dagney mentre richiudeva lo scrittoio e tornava a guardare verso le scale.

Qualcuno ha salito quelle scale quattro notti fa e ha ucciso una coppia sposata, pensò, cercando di immaginarsi la scena. Ma perché? E perché non c’erano segni di effrazione?

La risposta era semplice: proprio come nel caso dei Kurtz, l’assassino è stato fatto entrare in casa. E questo significa che lo conoscevano e l’hanno invitato ad entrare, oppure l’assassino stava recitando una parte… di qualcuno che conoscevano o di una persona in cerca di aiuto.

Quella teoria sembrava fragile ma sapeva che aveva un fondo di verità. Se non altro, creava un debole nesso tra le due coppie.

E per ora, quel collegamento era abbastanza per andare avanti.

CAPITOLO SEI

Anche se aveva sperato di poter evitare di parlare con le famiglie delle vittime, Mackenzie si ritrovò a completare gli incarichi sulla sua lista più rapidamente di quanto si sarebbe aspettata. Dopo essersi lasciata alle spalle la casa degli Sterling, la mossa più logica per avere risposte era andare dai parenti stretti delle due famiglie. Nel caso dei coniugi Sterling, il parente più prossimo era una sorella che viveva a una quindicina di chilometri dalla villetta dei Kurtz, mentre il resto della famiglia viveva in Alabama.

I Kurtz invece avevano parecchi famigliari nelle vicinanze. Josh Kurtz non si era spostato molto dalla sua casa d’origine, infatti viveva a trenta chilometri non solo dai suoi genitori, ma anche dalla sorella. Poiché che la polizia distrettuale di Miami aveva già parlato in modo approfondito con i signori Kurtz quella mattina, Mackenzie optò per fare visita alla sorella di Julie Kurtz, una ragazza di ventidue anni.

Sara Lewis sembrò più che felice di riceverli e, nonostante avesse ricevuto la notizia della morte della sorella da meno di due giorni, sembrava aver accettato la cosa.

Li accolse nella sua casa a Overtown, una pittoresca abitazione su un unico piano che non era più grande di un modesto appartamento. Era arredata con pochi mobili e nell’aria aleggiava quel silenzio teso che Mackenzie aveva percepito in molte altre case dove abitava qualcuno che aveva subito una perdita recente. Sara sedeva sul bordo della poltrona, stringendo una tazza di tè fra le mani. Era evidente che aveva pianto parecchio; inoltre, non sembrava che fosse riuscita a dormire molto.

“Immagino che se è stato coinvolto l’FBI” disse “significa che ci sono stati altri omicidi?”

“Sì, è così” confermò Harrison. Mackenzie aggrottò brevemente le sopracciglia, desiderando che non avesse divulgato così facilmente quell’informazione.

“Tuttavia” intervenne Mackenzie per evitare che Harrison rivelasse altro, “naturalmente non possiamo affermare con certezza che esista un nesso tra i casi senza un’indagine approfondita. Per questo siamo stati chiamati.”

“Farò tutto ciò che posso per aiutarvi” disse Sara Lewis. “Anche se ho già risposto alle domande della polizia.”

“Sì, capisco, grazie” disse Mackenzie. “Vorrei solo occuparmi di un paio di aspetti che potrebbero aver tralasciato. Ad esempio, per caso hai un’idea della situazione finanziaria di tua sorella e tuo cognato?”

Era evidente che Sara trovasse la domanda strana, ma fece del proprio meglio per rispondere. “Stavano bene, direi. Josh aveva un buon lavoro e non spendevano molti soldi. A volte Julie addirittura mi sgridava se spendevo i miei soldi con leggerezza. Insomma, non erano certo ricchi sfondati… per quel che so. Però stavano bene.”

“La vicina di casa ci ha riferito che a Julie piaceva disegnare. Era solo un hobby o ci faceva anche soldi?”

“Era più un hobby” disse Sara. “Era abbastanza brava, ma sapeva di non essere niente di spettacolare.”

“E che mi dici dei suoi ex? O delle ex fidanzate di Josh?”

“Julie aveva qualche ex, ma nessuno l’ha presa male quando si sono lasciati. Tra l’altro, vivono tutti quasi dall’altra parte del Paese. So per certo che due di loro sono sposati. Quanto a Josh, non credo avesse delle ex. Cioè… accidenti, non lo so. Però erano davvero una bella coppia. Sul serio, al punto da essere quasi disgustosi in pubblico. Quel genere di coppie.”

La visita sembrava troppo breve per finire, ma Mackenzie aveva solo un’altra questione da approfondire e non sapeva bene come arrivarci. Ripensò a quelle strane voci nel libretto degli assegni degli Sterling, ancora incapace di comprenderli.

Probabilmente non è niente, pensò. Ognuno tiene il libretto in modo diverso, tutto qui. Però vale la pena controllare.

Pensando alle abbreviazioni che aveva visto nel libretto degli assegni degli Sterling, Mackenzie proseguì. Mentre apriva la bocca per parlare, sentì il cellulare di Harrison vibrargli in tasca. Lui controllò rapidamente e ignorò la chiamata. “Scusa” disse.

Ignorando l’interruzione, Mackenzie chiese: “Sai per caso se Julie o Josh fossero coinvolti in un’organizzazione di qualche tipo, oppure un club o una palestra? Un posto a cui dovessero versare soldi con regolarità?”

Julie ci pensò per un momento, ma scosse la testa. “Non mi risulta. Come ho detto… non spendevano molti soldi. L’unico pagamento mensile di Julie di cui sono a conoscenza, a parte le bollette, era il suo account Spotify, ovvero solo dieci dollari.”

“E per caso qualcuno, tipo un avvocato, ti ha già contattata per la disposizione dei loro averi?” chiese Mackenzie. “Mi dispiace chiederlo, ma potrebbe essere importante.”

“No, non ancora” rispose. “Erano così giovani, non so nemmeno se avessero già preparato un testamento. Accidenti… adesso è questo che mi aspetta, vero?”

Mackenzie si alzò, incapace di rispondere alla domanda. “Grazie ancora per aver parlato con noi, Sara. Se ti viene in mente qualunque cosa riguardo quello che ti ho chiesto, ti prego di chiamarmi.”

Così dicendo, passò a Sara un biglietto da visita. Sara lo prese e lo mise in tasca mentre li accompagnava alla porta. Non con fare sgarbato, ma era chiaro che non vedeva l’ora che se ne andassero.

Una volta chiusa la porta alle loro spalle, Mackenzie si trovò sul portico di Sara con Harrison. Pensò di riprenderlo per aver rivelato così velocemente a Sara che c’erano stati altri omicidi che potevano essere correlati a quello della sorella. Però era stato un errore in buona fede, uno che anche lei aveva fatto in un paio di occasioni all’inizio della sua carriera. Perciò lasciò correre.

“Posso farti una domanda?” le chiese Harrison.

“Certo” disse Mackenzie.

“Perché ti sei fissata sulla loro situazione economica? C’entra quello che hai visto dagli Sterling?”

“Sì. Per adesso è solo una sensazione, ma alcune delle transazioni erano…”

Il cellulare di Harrison ricominciò a vibrare. Lui lo prese con aria imbarazzata. Controllò il display, fece per rimettersi il telefono in tasca, poi però lo tenne in mano mentre tornavano all’auto.

“Scusa, devo rispondere” disse. “È mia sorella. Ha chiamato anche mentre eravamo dentro, il che è strano.”

Mackenzie non gli prestò molta attenzione mentre salivano in auto. Sentì distrattamente quello che diceva al telefono. Tuttavia, una volta che ebbe avviato l’auto e si fu immessa in strada, capì dal suo tono di voce che doveva essere successo qualcosa di grave.

Quando Harrison chiuse la chiamata, aveva un’espressione scioccata. Il labbro inferiore era arricciato in una smorfia.

“Harrison?”

“Mia madre è morta stamattina” disse.

“Oh mio Dio” disse Mackenzie.

“All’improvviso… per un attacco di cuore. Lei…”

Mackenzie capì che stava lottando per non scoppiare in lacrime. Lui voltò la testa dall’altra parte, guardando fuori dal finestrino del passeggero, e si lascò andare.

“Mi dispiace così tanto, Harrison” gli disse. “Devi tornare a casa. Ci penso io a prenotare un volo. Hai bisogno di altro?”

Lui si limitò a scuotere brevemente la testa, ancora con lo sguardo rivolto al finestrino, mentre piangeva in modo un po’ più aperto.

Mackenzie prima chiamò a Quantico. Non riuscì a parlare direttamente con McGrath, così lasciò un messaggio alla sua segretaria, informandola di quello che era successo e che Harrison sarebbe tornato a Washington il prima possibile. Poi chiamò l’aeroporto e prenotò il primo volo disponibile, che sarebbe decollato dopo tre ore e mezza.

Appena terminò la chiamata, il suo cellulare squillò. Rivolgendo uno sguardo solidale verso Harrison, rispose. Le sembrava terribile tornare a pensare al lavoro dopo quella notizia, ma aveva un caso da risolvere e ancora nessuna pista.

“Sì, sono l’agente White” disse.

“Agente White, sono l’agente Dagney. Ho pensato che volesse essere informata che abbiamo una potenziale pista.”

“Potenziale?” ripeté lei.

“Insomma, sicuramente combacia con il profilo. È un tizio arrestato più volte per effrazione domestica, due delle quali includevano aggressione e violenza sessuale.”

“Nella stessa zona dei Kurtz e degli Sterling?”

“È qui che la cosa si fa promettente” disse Dagney. “Uno dei casi in cui c’è stata violenza sessuale si è verificato nello stesso gruppo di villette a schiera dove vivevano i Kurtz.”

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