Una Ragione per Nascondersi - Блейк Пирс 4 стр.


“Dobbiamo far analizzare queste ceneri,’ disse. “Se è stata usata una sostanza chimica, c’è una buona possibilità che ce ne siano ancora delle tracce.”

“Il team della Scientifica sta già venendo qui,” annunciò Connelly.

Lentamente, Avery si rialzò in piedi e si tolse i guanti di plastica. O’Malley e Finley si avvicinarono e Avery non fu sorpresa di vedere che l’agente rimaneva a una certa distanza dalle ossa e le ceneri. Li guardava come se lo scheletro avrebbe potuto saltargli addosso da un momento all’altro.

“Sto lavorando con la città per ottenere le riprese di ogni telecamera di sicurezza entro il raggio di sei isolati,” disse O’Malley. “Dato che non ce ne sono molte in questa parte della città, non dovrebbe volerci molto.”

“Non sarebbe una brutta idea raccogliere anche i numeri delle aziende che vendono sostanze chimiche molto infiammabili,” sottolineò Avery.

“Potrebbero essercene un milione,” disse Connelly.

“No, ha ragione lei,” intervenne O’Malley. “Non è stato bruciato con un detersivo o uno spray casalingo. Io direi che è una sostanza chimica concentrata. Finley, puoi cominciare a lavorarci su?”

“Sì, signore,” rispose Finley, chiaramente felice di avere un motivo per allontanarsi dalla scena.

“Black e Ramirez… ora questo è un vostro caso,” continuò O’Malley. “Lavorate insieme a Connelly per mettere insieme una squadra che se ne occupi.”

“Certo,” disse Ramirez.

“E Black, facciamo in modo di essere puntuali d’ora in avanti. Il tuo ritardo di questa mattina ci ha fatto perdere quindici minuti.”

Avery annuì, non lasciandosi attirare in una discussione. Sapeva che la maggior parte degli uomini di grado superiore al suo stavano ancora cercando qualsiasi ragione per sgridarla. E non poteva lamentarsi. Con il suo sordido passato, quasi se lo aspettava.

Mentre iniziava ad allontanarsi dai paletti rossi, notò qualcos’altro a diversi metri di distanza, sulla destra. Lo aveva visto quando si era avvicinata ai resti, ma non ci aveva fatto caso, considerandolo semplice spazzatura. Ma avvicinandosi al detrito, vide che sembrava un frammento spezzato di qualcosa. Doveva essere del vetro, o qualcosa che a un certo punto era stato all’interno di un forno. Raggiunse l’oggetto, dando una bella occhiata al ruscello stagnante e fangoso in fondo al lotto.

“Qualcuno ha preso nota di questo?” chiese.

Connelly lanciò un’occhiata verso di lei, poco interessato.

“Solo spazzatura,” rispose.

Avery scosse la testa.

“Non credo,” replicò lei.

Si rinfilò i guanti di plastica e ne sollevò una scheggia. A un’ispezione più accurata, vide che qualsiasi cosa fosse stata, era effettivamente di vetro, non un materiale ceramico. Non sembrava esserci polvere o segni del tempo sui frammenti. Ce n’erano sette pezzi piuttosto grandi, circa della grandezza della sua mano, e moltissime piccole schegge a terra. A parte il fatto che era rotto, qualsiasi cosa fosse andato in mille pezzi sembrava piuttosto nuovo.

“Qualsiasi cosa sia stata, non è qui da molto,” disse lei. “Assicuratevi che la Scientifica lo analizzi alla ricerca di impronte.”

“Dirò alla Scientifica di occuparsene,” disse Connelly con un tono che indicava quanto non apprezzasse prendere ordini. “Ora, voi due… voglio che torniate all’A1 entro la prossima mezz’ora. Farò qualche chiamata e vi farò trovare una squadra ad aspettarvi in sala conferenze. La scena del crimine ha meno di due ore; vorrei catturare questo bastardo prima che abbia troppo vantaggio su di noi.”

Avery lanciò un’occhiata finale allo scheletro. Senza lo strato protettivo della pelle, era come se stesse sorridendo. A lei diede l’impressione che l’assassino stesso le stesse rivolgendo un ghigno, trattenendo una risata di derisione. Non fu solo la visione delle ossa quasi completamente ripulite a darle un brutto presentimento e un senso di catastrofe imminente. Era il posto, le cataste di ceneri perfettamente ordine attorno alle ossa, i resti appositamente lasciati allo scoperto e l’odore chimico.

Tutto sembrava indicare qualcosa di preciso. Sottintendeva un’intenzionalità e una pianificazione. E per quel che riguardava Avery, poteva significare solo una cosa: chiunque fosse stato, lo avrebbe di certo fatto di nuovo.

CAPITOLO QUATTRO

Quaranta minuti più tardi, Avery entrò nella sala conferenze del quartier generale dell’A1. Si era già formata una folla di agenti ed esperti vari, per un totale di dodici persone, e lei conosceva quasi tutti, anche se non bene quanto Ramirez o Finley. Immaginava fosse colpa sua. Dopo che Ramirez le era stato assegnato come partner, lei non si era di certo preoccupata di farsi degli amici. Le era sembrata una cosa sciocca, in quanto detective della squadra Omicidi.

Mentre tutti si accomodavano attorno al tavolo (a esclusione di Avery, che preferiva sempre rimanere in piedi), uno degli agenti che non conosceva iniziò a passare in giro copie stampate delle poche informazioni che avevano fino a quel momento—foto della scena del crimine e una lista per punti di ciò che sapevano del posto. Avery ne studiò una e la trovò succinta.

Notò che mentre tutti si sedevano, Ramirez si era sistemato davanti a lei. Abbassò lo sguardo su di lui e si rese conto che istintivamente gli si era avvicinata. Scoprì anche che avrebbe voluto appoggiargli una mano sulla spalla, solo per toccarlo. Indietreggiò, vedendo che Finley la stava guardando stranamente.

Merda, pensò. È così ovvio?

Tornò a tenersi occupata rileggendo gli appunti. Mentre leggeva, O’Malley e Connelly entrarono nella sala. O’Malley chiuse la porta e andò nella parte anteriore della stanza. Prima ancora che iniziasse a parlare, i mormorii e le conversazioni si acquietarono. Avery lo guardò con grande apprezzamento e rispetto. Era il tipo d’uomo che poteva prendere il controllo di una situazione schiarendosi semplicemente la gola o lasciando capire che stava per parlare.

“Grazie per esservi riuniti tanto rapidamente,” iniziò O’Malley. “Avete tra le mani tutto ciò che sappiamo di questo caso finora, con una sola eccezione. Ho chiesto a degli impiegati della città di procurarsi tutto ciò che riuscivano dalle telecamere dei semafori della zona. Due delle quattro telecamere mostrano una donna che passeggia con il cane. E questo è quanto abbiamo.”

“C’è un’altra cosa,” aggiunse uno degli agenti al tavolo. Avery sapeva che si chiamava Mosely, ma di lui non conosceva altro. “Proprio due minuti prima di venire a questa riunione ho saputo che il centralino ha ricevuto una chiamata da un uomo anziano. Ha detto di aver visto qualcuno che ha descritto come un ‘uomo alto e inquietante’ aggirarsi nella zona. A quanto pare aveva una specie di borsa sotto un lungo cappotto. Il centralino ne ha preso nota ma ha supposto si trattasse solo di un vecchio impiccione che non aveva niente di meglio da fare. Quando abbiamo aperto il caso della vittima di incendio, questa mattina, mi hanno informato.”

“Abbiamo un recapito di quest’uomo?” chiese Avery.

Connelly le lanciò un’occhiata irritata. Lei immaginò di aver parlato al momento sbagliato, anche se le aveva detto meno di quarantacinque minuti prima che quello era il suo caso.

“Sì,” rispose Mosely.

“Voglio che qualcuno lo chiami non appena la riunione si sarà conclusa,” ordinò O’Malley. “Finley… a che punto siamo con la lista dei posti che vendono sostanze chimiche che possono bruciare con quella potenza in un tempo così breve?”

“Ho trovato tre rivendite nel raggio di trenta chilometri. Due di queste mi devono mandare una lista delle sostanze che possono fare un danno simile e mi devono dire se le hanno o meno in magazzino.”

Avery ascoltò il botta e risposta, prendendo mentalmente appunti e cercando di organizzarli con un criterio appropriato. Con ogni nuova informazione, la strana scena del crimine di quella mattina iniziava ad avere sempre più senso. Anche se fino a quel punto, il senso era del tutto incomprensibile.

“Ancora non abbiamo idea di chi sia la vittima,” continuò O’Malley. “Dovremo usare le impronte dentali fino a quando non riusciremo ad avere un riconoscimento grazie alle riprese delle telecamere del traffico.” Poi spostò lo sguardo su Avery e le fece cenno di andare davanti al tavolo. “La detective Black è a capo del caso e quindi qualsiasi cosa troviate d’ora in avanti andrà direttamente a lei.”

Avery si unì a lui e scrutò la tavolata. Le cadde lo sguardo su Jane Parks, una degli investigatori capo della Scientifica. “Ci sono dei risultati sui frammenti di vetro?” chiese.

“Non ancora,” rispose la Parks. “Sappiamo per certo che non ci sono impronte digitali. Stiamo ancora cercando di capire che oggetto fosse. Per ora diamo per scontato che si tratti di un gingillo che non ha niente a che vedere con il crimine.”

“E quale è l’opinione della Scientifica sull’incendio?” domandò Avery. “Siete d’accordo che non si è trattato di un incendio casuale?”

“Sì. Stiamo ancora analizzando le ceneri, ma è ovvio che nessun incendio normale avrebbe potuto bruciare tanto accuratamente la carne umana. Sulle ossa non è rimasto quasi niente, lo scheletro stesso sembra immacolato e non mostra alcun segno di ustione.”

“Potrebbe descriverci in che modo brucerebbe normalmente un corpo?” chiese Avery.

“Beh, non c’è niente di normale nel bruciare un corpo umano, a meno che non lo si stia cremando,” spiegò Parks. “Diciamo che un corpo sia intrappolato in una casa in fiamme e prenda fuoco in questo modo. Il grasso corporeo agisce da carburante non appena la pelle viene consumata, e mantiene vivo il fuoco. Quasi come una candela, capisce? Ma in questo caso l’incendio è stato rapido e molto breve… probabilmente tanto intenso che ha vaporizzato il grasso prima che potesse fare da carburante.”

“Quanto tempo servirebbe a un corpo per bruciarsi fino alle ossa?” chiese Avery.

“Beh, ci sono diversi fattori determinanti,” rispose la Parks. “Ma tra le cinque e le sette ore sarebbe una stima accurata. Un incendio lento e controllato, come quelli usati nei forni crematori, può impiegare fino a otto ore.”

“E invece questo è bruciato in meno di un’ora e mezza?” domandò Connelly.

“Sì, questa è l’ipotesi,” disse la Parks.

La sala conferenze si riempì di bisbigli di disgusto e stupore. Avery lo capiva. Era difficile riuscire a scenderci a patti.

“Oppure,” disse Avery, “il corpo è stato bruciato altrove e i resti sono stati abbandonati in quel lotto questa mattina.”

“Ma lo scheletro… quello era uno scheletro nuovo,” affermò la Parks. “Ha passato molto poco tempo senza la sua pelle, i muscoli, i tessuti e tutto il resto. Davvero pochissimo tempo.”

“Riesce a darci una stima di quanto tempo fa il corpo è stato bruciato?” chiese Avery.

“Di certo non più di un giorno fa.”

“Quindi c’è voluta molta pianificazione e studio da parte del killer,” concluse Avery. “Deve saperne molto su come si bruciano i corpi. E siccome che non ha fatto alcun tentativo di nascondere i resti, e ha anche ucciso la vittima in una maniera tanto sorprendente… possiamo già raggiungere qualche conclusione. E quella che temo di più è che probabilmente questo sarà il primo di molti omicidi.”

“Che cosa vuoi dire?” chiese Connelly.

Lei sentì tutti gli sguardi presenti nella stanza su di sé.

“Voglio dire che probabilmente è l’opera di un serial killer.”

Un silenzio attonito gravò sulla stanza.

“Di che cosa stai parlando?” domandò Connelly. “Non hai prove per supportare un’affermazione del genere.”

“Niente di ovvio,” ammise Avery. “Ma voleva che i resti fossero trovati. Non ha fatto alcun tentativo di nasconderli in quel lotto. C’è un ruscello proprio in fondo alla proprietà, avrebbe potuto abbandonarlo lì. Inoltre c’è la cenere. Perché lasciare la cenere sulla scena quando puoi eliminarla facilmente a casa? La pianificazione e il metodo dell’omicidio… è molto fiero di ciò che ha fatto, ne ha ricavato piacere. Voleva che i resti fossero trovati e che se ne parlasse. E questi sono tutti segni che indicano un serial killer.”

Sentì tutti i presenti ricambiare il suo sguardo, percepì la solennità del momento e capì che erano arrivati tutti alla stessa conclusione: quella faccenda si stava trasformando da un bizzarro caso su una cremazione improvvisata a un’urgente caccia al serial killer.

CAPITOLO CINQUE

Dopo la tensione della riunione, Avery fu felice di ritrovarsi dietro al volante della sua auto, con Ramirez nel sedile del passeggero. Tra di loro c’era uno strano silenzio che la mise a disagio. Era davvero stata tanto ingenua da credere che andare a letto insieme non avrebbe alterato il loro rapporto di lavoro?

Era stato uno sbaglio?

Iniziava a pensare che lo fosse stato. Purtroppo il fatto che il sesso fosse stato praticamente stravolgente lo rendeva difficile da accettare.

“Mentre abbiamo un minuto di tempo,” iniziò Ramirez, “vogliamo parlare della notte scorsa?”

“Certo,” rispose Avery. “Di che cosa vuoi parlare?”

“Beh, a rischio di sembrare il classico maschio stereotipato, mi chiedevo se fosse una cosa di una notte sola o se lo faremo di nuovo.”

“Non lo so,” replicò Avery.

“Te ne stai già pentendo?” chiese lui.

“No,” lo rassicurò. “Nessun pentimento. È solo che lì per lì non ho pensato a come avrebbe influenzato il nostro rapporto di lavoro.”

“Non credo che possa rovinarlo,” disse Ramirez. “Scherzi a parte, io e te abbiamo girato attorno a questa attrazione fisica per mesi. Finalmente abbiamo fatto qualcosa, quindi la tensione dovrebbe essere svanita, giusto?”

“È proprio da te pensarla così,” replicò Avery con un sorriso malizioso.

“Tu non lo credi?”

Lei ci pensò su per un po’ e poi scrollò le spalle. “Non lo so. E a essere sincera, non sono certa di essere già pronta a parlarne.”

“Mi sembra giusto. In effetti siamo nel bel mezzo di un caso che sembra decisamente complicato.”

“Sì, lo siamo,” disse lei. “Hai ricevuto l’email del distretto? Che altro sappiamo del testimone, a parte il suo indirizzo di casa?”

Ramirez cercò nel telefono e ritrovò la mail. “Eccola,” annunciò. “Il nostro testimone si chiama Donald Greer, di ottantuno anni. In pensione. Vive in un appartamento a meno di un chilometro di distanza dalla scena del crimine. È un vedovo che ha lavorato cinquantacinque anni come supervisore in un cantiere navale, dopo essersi fatto saltare via due dita dei piedi in Vietnam.”

“E come è riuscito a vedere l’assassino?” chiese Avery.

“Questo ancora non lo sappiamo. Suppongo che scoprirlo sia il nostro lavoro, giusto?”

“Giusto,” disse lei.

Tra di loro ricadde il silenzio. Avery sentì l’istinto di tendersi e prenderlo per mano, ma ci ripensò. Era meglio mantenere la situazione strettamente professionale. Forse sarebbero finiti lo stesso di nuovo a letto insieme e magari le cose sarebbero andate ancora oltre—fino a diventare qualcosa di più emotivo e concreto.

In quel momento non aveva alcuna importanza. Avevano un lavoro da fare e tutto ciò che avesse a che fare con le loro vite private doveva essere messo da parte.

***

Donald Greer dimostrava tutti i suoi ottantuno anni. I suoi capelli erano una folta e scarmigliata massa bianca in cima alla testa e i denti erano leggermente scoloriti per l’età e le cure sbagliate. In ogni caso, era chiaramente lieto di ricevere visite mentre accoglieva Avery e Ramirez in casa sua. Quando sorrise, fu in modo tanto sincero e aperto che le condizioni anti-estetiche dei suoi denti sembrarono svanire.

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