Corsa Contro la Follia - Блейк Пирс 2 стр.


“Dove dormirò?”

Riley si sentì sollevata nel sentire la sua voce.

“Avrai la tua stanza” le rispose.”E’ piccola, ma penso che andrà bene per te.”

Jilly ritornò silenziosa per un altro istante.

Poi, chiese: “Era la stanza di qualcun altro?”

Ora Jilly sembrava preoccupata.

“Non da quando ci vivo io” Riley disse. “Ho provato ad utilizzarla come ufficio, ma era troppo grande. Allora ho spostato il mio ufficio nella mia camera da letto. Io ed April ti abbiamo comprato un letto e un comò, ma, quando avremo il tempo, potrai appenderci dei poster e un mettere un copriletto che ti piace.”

“La mia stanza” Jilly disse.

A Riley parve più ansiosa che felice.

“Dove dorme April?” Jilly domandò.

Riley avrebbe voluto più di ogni altra cosa poter dire a Jilly di aspettare di arrivare casa e allora avrebbe potuto vedere da sola. Ma la ragazza sembrava aver bisogno di essere rassicurata in quel momento.

“April ha la sua stanza” Riley disse. “Tu ed April condividerete un bagno, comunque. Io ho il mio.”

“Chi pulisce? Chi cucina?” Jilly chiese. Poi, aggiunse con ansia: “Non sono molto brava a cucinare.”

“E’ la nostra governante Gabriela ad occuparsi di tutto ciò. E’ del Guatemala. Vive con noi, nel suo appartamento di sotto. La conoscerai presto. Si occuperà di te, quando sarò via.”

Ci fu di nuovo silenzio.

Poi, Jilly chiese: “Gabriela mi picchierà?”

Riley rimase scioccata dalla domanda.

“No. Certo che no. Perché pensi una cosa del genere?”

Jilly non rispose. Riley si sforzò di capire.

Provò a dirsi che non doveva esserne sorpresa. Ricordò ciò che Jilly le aveva detto quando l’aveva trovata in quel camion, e le aveva detto che doveva andare a casa.

“Non tornerò a casa. Mio padre mi picchierà se ci torno.”

I servizi sociali di Phoenix avevano levato la ragazza alla custodia paterna.

Riley sapeva che la madre di Jilly era sparita molto tempo prima. C’era un fratello da qualche parte, ma nessuno riceveva notizie da lui da molto tempo ormai.

Fu straziante per Riley capire che non era strano che Jilly potesse aspettarsi un trattamento simile nella sua nuova casa. Sembrava che la povera ragazza non riuscisse quasi ad immaginare qualcosa di meglio nella vita.

“Nessuno ti picchierà, Jilly” Riley disse, con la voce tremante, dovuta all’emozione. “Non succederà più. Ci prenderemo cura di te. Capisci?”

Ancora una volta, Jilly non rispose. Riley si augurò di poter dire semplicemente che lei comprendesse e che credesse a ciò che Riley stava dicendo. La ragazza cambiò argomento.

“Mi piace la tua auto” disse. “Posso imparare a guidare?”

“Certo, quando sarai più grande” Riley rispose. “Per ora, faremo in modo che ti abitui alla tua nuova vita.”

*

Nevicava leggermente, quando Riley parcheggiò l’auto di fronte alla sua casa, e lei e Jilly uscirono dal veicolo. Il viso di Jilly si contrasse un po’, appena i fiocchi di neve le sfiorarono la pelle. Non sembrava apprezzare questa nuova sensazione. E tremava forte per il freddo.

Dobbiamo subito darle dei vestiti più caldi, pensò Riley.

A metà strada tra l’auto e la porta di casa, Jilly si bloccò. Stette a guardare la casa.

“Non posso farlo” Jilly disse.

“Perché no?”

Jilly non disse nulla per un momento. Sembrava un animale spaventato. Riley sospettava che il pensiero di vivere in un posto così bello la sopraffacesse.

“Darò fastidio ad April, non è vero?” la ragazza esclamò. “Voglio dire, è il suo bagno.”

Sembrava che stesse cercando delle scuse, aggrappandosi a ragioni per cui questa nuova situazione non avrebbe funzionato.

“Non darai nessun fastidio ad April” Riley disse. “Ora, vieni dentro.”

Riley aprì la porta. Ad attendere, all’interno c’erano April e l’ex-marito di Riley, Ryan. I loro volti erano sorridenti ed accoglienti.

April corse subito verso Jilly e l’avvolse in un grande abbraccio.

“Io sono April” disse. “Sono così contenta che tu sia venuta. Ti piacerà davvero qui.”

Riley fu stupita dalla differenza tra le due ragazze. Aveva sempre considerato April piuttosto magra e allampanata. Ma sembrava robusta rispetto a Jilly, che appariva magrissima, al confronto. Riley immaginava che Jilly avesse patito la fame di tanto in tanto in vita sua.

Ci sono tante cose che ancora non so, pensò Riley.

Jilly sorrise nervosamente, mentre Ryan si presentò e l’abbracciò.

Improvvisamente, giunse di corsa Gabriela, dal piano di sotto, presentandosi con un enorme sorriso.

“Benvenuta in famiglia!” Gabriela esclamò, abbracciando Jilly.

Riley notò che il colore della pelle della robusta guatemalteca era solo lievemente più scuro dell’incarnato olivastro di Jilly.

“Vente!” Gabriela disse, prendendo l’adolescente per la mano. “Andiamo di sopra. Ti mostro la tua stanza!”

Ma Jilly ritrasse la mano e restò lì, tremante. Lacrime cominciarono a scivolarle lungo il viso. Si sedette sulle scale e pianse. April si sedette accanto a lei, e le mise un braccio intorno alle spalle.

“Jilly, che cosa c’è?” April chiese.

Jilly scosse tristemente la testa.

“Non lo so” singhiozzò. “E’ solo che … non lo so. E’ davvero troppo.”

April sorrise dolcemente e le accarezzò gentilmente la schiena.

“Lo so, lo so” disse. “Vieni di sopra. Ti sentirai subito a casa.”

Jilly si alzò obbediente e seguì April di sopra. Riley fu contenta del modo gentile in cui sua figlia stava gestendo la situazione. Naturalmente, April aveva sempre detto che voleva una sorella minore. Ma lei stessa aveva vissuto degli anni difficili ed era stata gravemente traumatizzata da criminali, intenzionati a ferire Riley.

Forse, Riley pensò speranzosa, April riuscirà a comprendere Jilly meglio di me.

Gabriela osservò le due ragazze con simpatia.

“¡Pobrecita!” la donna esclamò. “Spero che possa star bene.”

Gabriela tornò di sotto, lasciando da soli Riley e Ryan. Quest’ultimo restò a guardare in cima alle scale, sembrando in qualche modo confuso.

Spero che non lui non ci stia ripensando, Riley pensò. Mi servirà il suo sostegno.

Erano accadute molte cose tra lei e Ryan. Negli ultimi anni del loro matrimonio, lui le era stato infedele e un padre assente. Si erano separati per poi giungere al divorzio. Ma Ryan era apparso un uomo nuovo ultimamente, e stavano trascorrendo cautamente più tempo insieme.

Avevano parlato della sfida di portare Jilly nelle loro vite. Ryan era sembrato entusiasta dell’idea.

“Sei ancora d’ACCORDO?” Riley gli chiese.

Ryan la guardò e disse: “Sì. Ad ogni modo, immagino che sarà dura.”

Riley annuì. Poi, ci fu una strana pausa.

“Farei meglio ad andare ora” Ryan disse.

Riley si sentì sollevata. Lo baciò lievemente, e poi l’uomo indossò la giacca e se ne andò. Riley si servì da bere, e si sedette da sola in soggiorno.

In che cosa ci ho messi? si chiese.

Sperava che tutte le sue buone intenzioni non portassero di nuovo allo sgretolarsi della sua famiglia.

CAPITOLO DUE


Il mattino seguente, Riley si svegliò con il cuore colmo di apprensione.

Quello sarebbe stato il primo giorno della vita di Jilly in casa sua. C‘erano molte cose da fare, e Riley si augurava che non ci fosse alcun problema all’orizzonte.

La sera precedente aveva capito che il passaggio di Jilly alla sua nuova vita avrebbe comportato enormi sforzi per tutti loro.

Ma April aveva dato una grossa mano, aiutando Jilly a sentirsi a proprio agio.

Insieme avevano cercato degli abiti per la ragazza per il giorno dopo, senza neppure prendere in considerazione i miseri vestiti che aveva portato con sé in un sacchetto della spesa: Riley ed April le avevano comprato abiti nuovi.

Infine Jilly ed April erano andate a dormire.

Riley aveva fatto lo stesso, ma il suo sonno si era rivelato agitato e irrequieto.

Si era alzata e vestita rapidamente, per poi andare in cucina, dove April stava aiutando Gabriela a preparare la colazione.

“Dov’è Jilly?” Riley chiese.

“Non si è ancora alzata” April rispose.

La preoccupazione di Riley aumentò.

Quasi di corsa, andò fino ai piedi delle scale e gridò: “Jilly, è ora di alzarsi.”

Non ottenne alcuna risposta. Fu presa dal panico. Jilly era scappata nel cuore della notte?

“Jilly, mi hai sentito?” gridò di nuovo. “Devo iscriverti a scuola stamattina.”

“Arrivo” Jilly le rispose, gridando.

Riley sospirò di sollievo. Il tono di Jilly era scontroso, ma almeno era lì e si stava dimostrando collaborativa.

Negli ultimi anni, Riley aveva imparato a riconoscere il tono scontroso di April. Ora la figlia sembrava aver superato quella fase, salva qualche ricaduta ogni tanto.

Riley si sorprese a chiedersi se fosse davvero adatta a crescere un’altra adolescente.

Proprio in quell’istante, qualcuno bussò alla porta. Quando aprì, Riley si trovò dinnanzi il suo vicino di casa, Blaine Hildreth.

Fu sorpresa nel vederlo, ma per nulla dispiaciuta. Aveva un paio di anni meno di lei, era un uomo affascinante e bello, proprietario di un ristorante esclusivo in città.

In realtà tra loro vi era un’inequivocabile attrazione reciproca, che complicava di molto la possibilità di riavvicinarsi a Ryan. Ma - cosa che contava ancora di più - Blaine era un meraviglioso vicino e le loro figlie erano ottime amiche.

“Ciao, Riley” le disse. “Spero che non sia troppo presto.”

“Affatto” lei rispose. “Che cosa c’è?”

Blaine alzò le spalle con un sorriso piuttosto triste.

“Ho solo pensato di passare a salutarti” l’uomo disse.

Riley spalancò la bocca per la sorpresa.

“Che cosa intendi?” gli chiese.

Lui esitò, e prima che potesse rispondere, Riley vide un grosso furgone parcheggiato di fronte alla casa del vicino. Degli operai stavano trasportando dei mobili fuori dalla casa di Blaine all’interno del furgone.

Riley spalancò di nuovo la bocca.

“Stai traslocando?” chiese.

“Mi è sembrata una buona idea” Blaine rispose.

Riley quasi chiese: “Perché?”

Ma era facile immaginare il motivo. Essere il vicino di casa di Riley si era dimostrato pericoloso e terrificante, sia per Blaine sia per sua figlia, Crystal. La benda che era ancora sul suo viso era una testimonianza inequivocabile. Blaine era rimasto gravemente ferito, quando aveva provato a difendere April dall’attacco di un killer.

“Non si tratta di quello a cui probabilmente pensi” Blaine disse.

Ma Riley intuì dalla sua espressione, che quella era una pietosa bugia.

L’uomo proseguì: “E’ evidente che questo posto non è adatto. E’ troppo distante dal ristorante. Ho trovato un bel posto molto più vicino. Sono certo che capisci.”

Riley si sentiva troppo confusa e triste per rispondere. I ricordi del terribile incidente le tornarono alla mente.

Era stata a nord dello stato di New York, ad occuparsi di un caso, dove aveva appreso che un brutale assassino era a piede libero. Si trattava di Orin Rhodes. Sedici anni prima, Riley aveva ucciso la sua ragazza in una sparatoria, e lo aveva mandato in prigione. Quando Rhodes era stato finalmente rilasciato da Sing Sing, aveva sua vendetta su Riley e chiunque lei amasse.

Prima che Riley potesse rientrare, Rhodes si era introdotto nella sua casa, aggredendo April e Gabriela. Dalla casa vicino, Blaine aveva sentito i rumori della lotta e si era precipitato lì per portare soccorso. Probabilmente, aveva salvato la vita di April. Ma era rimasto gravemente ferito nel tentativo.

Riley lo aveva visto due volte all’ospedale.

La prima volta si era dimostrata devastante. Lui era privo di sensi a causa delle ferite, con una flebo in ogni braccio e una maschera per l’ossigeno. Si era sentita molto in colpa per quanto gli era accaduto.

Quando lo aveva incontrato per la seconda volta, l’esperienza si era rivelata più rincuorante. L’uomo era vigile ed allegro, e aveva scherzato un po’ orgogliosamente sulla sua imprudenza.

In quel momento le ritornarono in mente le parole che lui le aveva rivolto allora …

“Non c’è molto che non farei per te ed April.”

Chiaramente, lui ci aveva ripensato. Il pericolo di essere il vicino di casa di Riley si era dimostrato troppo grande per lui e, adesso, stava andando via. Lei non sapeva se sentirsi ferita o in colpa. Senz’altro, era delusa.

I pensieri di Riley furono interrotti dalla voce di April dietro di lei.

“Oh mio Dio! Blaine, tu e Crystal ve ne andate? Crystal è ancora qui?”

Blaine annuì.

“Devo andare a salutarla” April disse.

April si precipitò fuori dalla porta, diretta a quella accanto.

Riley stava ancora lottando con le proprie emozioni.

“Mi dispiace” lei disse.

“Ti dispiace per cosa?” Blaine chiese.

“Lo sai.”

Blaine annuì. “Non è stata colpa tua, Riley” le disse con voce gentile.

Riley e Blaine stettero a guardarsi per un momento. Alla fine, Blaine forzò un sorriso.

“Ascolta, non stiamo mica lasciando la città” disse. “Possiamo rivederci quando vogliamo. Così come le ragazze. E resteranno sempre nella stessa scuola. Sarà come se nulla fosse cambiato.”

Un gusto amaro si formò nella bocca di Riley.

Non è vero, pensò. Tutto è cambiato.

La delusione stava cominciando a cedere il posto alla rabbia. Riley sapeva che era sbagliato provare quel sentimento. Non ne aveva alcun diritto. Non sapeva nemmeno perché si sentisse in quel modo. Tutto ciò di cui era consapevole era che non riusciva a farne a meno.

E che cosa avrebbero dovuto fare ora?

Abbracciarsi? Stringersi le mani?

Sentiva che Blaine era, allo stesso modo, a disagio ed indeciso.

Riuscirono a salutarsi freddamente.

Blaine tornò in casa.

Riley rientrò, trovando Jilly intenta a fare colazione in cucina. Gabriela aveva preparato la colazione anche per lei, in modo che potesse mangiare con Jilly.

“Allora, sei emozionata per oggi?”

Non aveva ancora completato la domanda che già Riley si rese conto di quanto fosse infelice e banale.

“Credo di sì” la ragazzina disse, infilzando i pancake con una forchetta. Non degnò Riley nemmeno di uno sguardo.

*

Poco dopo, Riley e Jilly attraversavano l’ingresso della Brody Middle School.

L’edificio era bello; spiccavano gli sportelli degli armadietti dai colori sgargianti lungo tutto il corridoio e le opere realizzate dagli studenti appese ovunque.

Una studentessa, educata e gentile, si offrì di aiutarle indicando loro la segreteria della scuola. Riley la ringraziò e proseguì lungo il corridoio, tenendo il materiale per l’iscrizione di Jilly con un mano e stringendo la mano della ragazza con l’altra.

Prima, avevano proceduto all’iscrizione, in un altro ufficio del complesso scolastico. Avevano portato i documenti che i Servizi Sociali di Phoenix avevano fornito, i registri delle vaccinazioni, le trascrizioni degli esami scolastici, il certificato di nascita di Jilly, e un documento che individuava in Riley la tutrice della ragazza.

Al padre di Jilly era stata sospesa la potestà genitoriale, sebbene l’uomo avesse minacciato di opporsi a tale decisione. Riley era consapevole delle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare per completare la pratica di adozione

Jilly le strinse forte la mano e Riley avvertì il forte disagio della ragazza.

Non era difficile intuirne le ragioni: per quanto dura la vita a Phoenix si fosse rivelata, restava il solo posto in cui Jilly avesse vissuto.

“Perché non posso andare a scuola con April?” la ragazza chiese.

“L’anno prossimo sarai nello stesso liceo” Riley disse. “Prima, devi terminare la scuola media.”

Trovarono la segreteria e Riley mostrò le carte al receptionist.

“Vorremmo parlare con qualcuno per l’iscrizione a scuola di Jilly” Riley disse.

“Vi occorre un consigliere d’orientamento” l’uomo replicò con un sorriso. “Venite da questa parte.”

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