“Mio Dio, Chloe. Lascia perdere. Questo tuo nuovo lavoro in teoria non dovrebbe tenerti occupata a risolvere altri crimini? Cavolo... Pensavo di essere io quella che continuava a vivere nel passato.”
“Perché ti turba così tanto?” chiese Chloe. “Il fatto che lo vada a trovare...”
“Perché secondo me gli abbiamo già dato abbastanza della nostra vita. E so che, se parlerai con lui, verrà fuori anche il mio nome, e preferirei che non succedesse. Ho chiuso con lui, Chloe. Vorrei che riuscissi a farlo anche tu.”
Sì, lo vorrei anch’io, pensò Chloe, ma tenne il commento per sé.
“Chloe, ti voglio bene, ma se hai intenzione di continuare a parlare di lui, ti saluto subito.”
“Quand’è che devi lavorare?” chiese Chloe.
“Questa settimana tutte le sere, tranne sabato.”
“Magari verrò a trovarti venerdì pomeriggio. Mi aspetto che mi servirai il drink che consideri la tua specialità.”
“Allora sarà meglio che non pensi di metterti alla guida, dopo” disse Danielle.
“Lo terrò presente.”
“E tu? Quando inizi il tuo nuovo lavoro?”
“Domani mattina.”
“Nel mezzo della settimana?” si stupì Danielle.
“È una specie di orientamento. Per lo più riunioni e incontri per i primi giorni.”
“Sono emozionata per te” disse Danielle. “So quanto desideravi tutto questo.”
Era bello sentire Danielle non solo parlare bene del suo lavoro, ma anche fingere di interessarsi.
Tra loro calò un pesante silenzio, a cui pose misericordiosamente fine Danielle, con una frase piuttosto insolita per lei. “Stai attenta, Chloe. Per il lavoro... per papà... per tutto.”
“Lo farò” disse Chloe, colta alla sprovvista.
Danielle chiuse la chiamata, e Chloe si ritrovò a guardare la zona giorno del suo appartamento. Era difficile avere una visione d’insieme, a causa di tutto il disordine, ma la sentiva già casa sua.
Niente di meglio che una conversazione impacciata con Danielle per sentirsi di nuovo come a casa dopo un trasloco, pensò pigramente.
Lentamente, stirando la schiena, Chloe si alzò dalla poltrona e raggiunse lo scatolone più vicino a lei. Iniziò a tirare fuori tutti i suoi averi, facendosi un'idea di come sarebbe stata la sua vita se non avesse imparato come recuperare i rapporti con le persone. Che si trattasse di sua sorella, di suo padre o del suo ex fidanzato, non era molto brava a tenersi strette le persone.
Pensando al suo ex fidanzato, trovò diverse foto incorniciate in fondo al primo scatolone. C'erano tre foto in tutto, di lei e Steven; due erano state scattate al tempo dei primi appuntamenti, quando l’idea del matrimonio ancora non li aveva nemmeno sfiorati. La terza invece era stata scattata dopo che lui le aveva chiesto la mano... dopo che lei aveva detto sì, mettendosi quasi a piangere.
Raccolse le foto dallo scatolone e le mise sul bancone della cucina. Frugò in giro e trovò il suo cestino, dall'altra parte della stanza, accanto al materasso. Prese le foto e ve le gettò. Il rumore del vetro infranto delle cornici le sembrò fin troppo bello.
È stato facile, pensò. Non vedo l'ora di lasciarmi alle spalle quel disastro. Allora perché non riesco a lasciarmi alle spalle anche tutta la storia con papà?
Non aveva una risposta per quello. E la cosa che la spaventava di più era che sospettava che l’avrebbe potuta trovare solo parlando con lui.
Con quel pensiero, l'appartamento le sembrò più vuoto di prima, e Chloe si sentì molto sola. Andò al frigorifero e aprì una confezione da sei di birra, che aveva acquistato quel giorno. Aperta la prima bottiglia, mandò giù un sorso, un po’ preoccupata per quanto le sembrasse squisito.
Quel pomeriggio fece del suo meglio per tenersi occupata. Non svuotò gli scatoloni, ma li passò in rassegna uno ad uno, valutando se gli oggetti che contenevano le servissero davvero o no. Il trofeo che aveva vinto con il gruppo di discussione del liceo finì nel cestino. Il CD di Fiona Apple che ascoltava quando aveva perso la verginità al secondo anno di liceo, invece, lo tenne.
Tutte le foto di suo padre finirono nella spazzatura. Faceva male all'inizio, ma dopo la quarta bottiglia di birra, divenne più indolore.
Era arrivata in fondo a due scatoloni... e probabilmente avrebbe continuato se, andando al frigorifero, non avesse scoperto di essersi scolata l'intera confezione di birra. Guardò l'orologio sui fornelli e sussultò vedendo l’ora: mezzanotte e quarantacinque.
Addio lunga dormita in vista del primo giorno di lavoro, pensò.
Ma la cosa più preoccupante era che le dava più fastidio essere rimasta senza birra, che aver fatto tardi e rischiare di andare al lavoro mezza intontita, il giorno dopo. Dopo essersi lavata i denti, si infilò a letto. La stanza sembrava girare leggermente, e Chloe si rese conto che si era ubriacata per non provare niente mentre tentava di cancellare i ricordi di suo padre.
CAPITOLO DUE
Chloe non sapeva bene cosa aspettarsi quando entrò nel quartier generale dell'FBI il mattino seguente, ma l’ultima cosa che si aspettava era di essere accolta da un agente più anziano nella hall. Appena la vide, si incamminò verso di lei. Per un momento, Chloe pensò che fosse l'agente Greene, l'uomo che le aveva fatto da istruttore e partner nel caso che aveva portato alla scoperta della verità su suo padre.
Ma guardandolo meglio in viso, si accorse che non era affatto lui. L’uomo che aveva davanti sembrava duro come la pietra, e aveva le labbra serrate in una linea sottile.
“Chloe Fine?” chiese l'agente.
“Sì?”
“Il direttore Johnson vorrebbe parlare con lei prima dell'orientamento.”
Si sentì eccitata e spaventata al tempo stesso. Il direttore Johnson aveva fatto delle eccezioni per lei quando era stata partner di Greene. Aveva forse dei ripensamenti? Le sue azioni nell'ultimo caso gli avevano forse causato problemi? Era arrivata fin lì solo per vedere i suoi sogni infranti il primo giorno?
“A proposito di cosa?” chiese Chloe.
L'agente scrollò le spalle, come se non gli importasse granché. “Da questa parte, prego” disse solamente.
La condusse agli ascensori e, per un attimo, Chloe ebbe la sensazione di essere tornata indietro nel tempo. Poteva vedere se stessa entrare in quegli stessi ascensori poco più di due mesi prima, con lo stesso identico nodo di preoccupazione allo stomaco, sapendo che avrebbe incontrato il direttore Johnson. E, proprio come l'ultima volta, quel nodo di preoccupazione cominciò a stringere sempre di più, mentre l'ascensore iniziava a salire.
L'agente dalla faccia di pietra la fece uscire dall'ascensore una volta giunti al secondo piano. Superarono diversi uffici e stanze, prima di fermarsi davanti a quello di Johnson. La segretaria dietro la scrivania le rivolse un educato cenno del capo e disse: “Entri pure, la sta aspettando.”
L'agente le rivolse un analogo cenno del capo, non altrettanto educato, e fece un gesto verso la porta dell'ufficio. Era chiaro che non sarebbe entrato con lei.
Facendo del proprio meglio per rimanere calma, Chloe si avvicinò alla porta del direttore Johnson. Di cosa ho paura? si chiese. L'ultima volta che sono stata convocata nel suo ufficio, mi sono state assegnate responsabilità e doveri che di solito non ricevono i nuovi agenti. Questo era vero, ma non servì per calmare i suoi nervi.
Il direttore Johnson era seduto alla scrivania, intento a leggere qualcosa sul suo portatile, quando lei entrò. Quando alzò lo sguardo, tutta la sua attenzione fu su di lei; chiuse persino il portatile.
“Agente Fine” esordì. “Grazie per essere venuta. Ci vorrà solo un minuto. Non voglio che si perda niente dell'orientamento - che, ci tengo a farle sapere, sarà abbastanza rapido e indolore.”
Sentirsi chiamare Agente Fine era ancora esaltante per lei, ma cercò di non darlo a vedere. Si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania e sorrise nel modo più composto possibile. “Nessun problema” disse. “C’è... ecco, c'è qualcosa che non va?”
“No, no, no, niente del genere. Volevo presentarle un'opzione riguardante il suo ruolo. Mi pare di capire che vuole intraprendere una carriera nella Squadra Ricerca Prove. È qualcosa a cui ha sempre aspirato?”
“Sì, signore. Ho buon occhio per i dettagli.”
“Già, è quello che mi è stato riferito. L'agente Greene mi ha parlato molto bene di lei. A parte qualche piccolo intoppo negli eventi di due mesi fa, devo ammettere che anch'io sono rimasto molto colpito. Dimostra di possedere un’estrema sicurezza e fiducia nelle sue capacità, il che è raro nei nuovi agenti. Ed è per questo motivo, oltre al riscontro ricevuto dall'agente Greene e da alcuni dei suoi istruttori dell'Accademia, che vorrei chiederle di cambiare idea sul dipartimento in cui entrare.”
“C'è un dipartimento in particolare che aveva in mente?”
“Conosce il ViCAP?”
“Il programma per la cattura dei criminali violenti? Sì, ne ho sentito parlare.”
“Il titolo si spiega da sé, ma penso che il dipartimento sia anche adatto al suo talento con le prove. Inoltre, ad essere sinceri, la Squadra Ricerca Prove ha già un gruppo abbastanza nutrito di agenti del primo anno. Piuttosto che perdersi tra la folla lì, penso che potrebbe trovarsi bene al ViCAP. È qualcosa che potrebbe interessarla?”
“A essere sincera, non saprei. Non ci avevo mai pensato.”
Johnson annuì, ma Chloe era abbastanza sicura che avesse già preso la sua decisione. “Se è disposta, vorrei che facesse un tentativo, per qualche giorno. Se capirà che non fa per lei, mi assicurerò personalmente che sia inserita senza problemi nel gruppo della Ricerca Prove.”
Onestamente, non era sicura di cosa dire o cosa fare. Quello che sapeva, però, era che la faceva sentire alquanto orgogliosa sentire che il suo superiore era disposto a collocarla in un dipartimento esclusivamente in base sulle sue capacità e ai riscontri positivi su di lei.
“Va bene, facciamo così” rispose infine.
“Fantastico. C'è già un’indagine a cui voglio che prenda parte. Dovrebbe iniziare domani mattina. Finora se n’è occupata la polizia dello Stato del Maryland, ma stamattina ha lanciato una richiesta di assistenza. La affiancherò a un altro agente che si ritrova senza un partner. Quello che le era stato assegnato non ha retto alla pressione e ha chiesto le dimissioni ieri.”
“Posso chiedere perché?”
“Con il programma per la cattura dei criminali violenti, alcuni omicidi sono piuttosto raccapriccianti. Succede ad alcune nuove reclute... superano l’addestramento senza problemi, con casi finti e simulazioni della realtà. Ma alla fine, quando realizzano che in quella realtà dovranno viverci... per alcuni è troppo.”
Chloe non disse nulla. Cercò di comprendere le ragioni che potevano spingere alcune persone ad agire così, ma in realtà non le capiva. Aveva desiderato quel lavoro da che aveva memoria, fin da quando era stata in grado di capire la differenza tra giusto e sbagliato.
“Avrò bisogno di ulteriore addestramento?”
“Io le consiglierei di allenarsi con le armi da fuoco” disse Johnson. “Mi assicurerò che sia tutto pronto. I suoi punteggi precedenti con le armi, quelli relativi all'iscrizione alla Ricerca Prove, sembrano abbastanza buoni, ma sarebbe meglio affinare la sua tecnica, se deciderà di restare nel ViCAP.”
“Capisco.”
“Bene, a meno che non abbia delle domande, direi che possa andare al piano di sotto e iniziare con l'orientamento. Ha ancora tre minuti, prima che inizi.”
“Non ho domande, al momento. La ringrazio per l'opportunità e la fiducia.”
“Prego. Sbrigherò io le pratiche e qualcuno la chiamerà a proposito del suo incarico entro la fine della giornata. E, agente Fine... ho un buon presentimento. Penso che sarà un’utile risorsa per il ViCAP.”
Fu allora, mentre si alzava per lasciare il suo ufficio, che si rese conto che non era mai stata molto brava ad accettare i complimenti. Forse perché non ne aveva mai ricevuti molti. Così si limitò a sorridere impacciata e se ne andò. Il nodo di preoccupazione che le aveva stretto la bocca dello stomaco scomparve, sostituito da una sensazione di leggerezza che le diede l’impressione di non toccare nemmeno terra con i piedi, mentre raggiungeva gli ascensori.
***
L'orientamento era quello che si era aspettata. Consisteva in un elenco di cose da fare e da non fare spiegato da un gruppo di agenti con più esperienza. Furono riportati esempi di casi andati male, casi così gravi che avevano spinto alcuni colleghi a dimettersi o addirittura a suicidarsi. Gli istruttori raccontarono storie orribili di bambini assassinati e stupratori seriali che fino ad oggi non erano ancora stati arrestati.
Mentre ascoltava queste testimonianze, Chloe poteva sentire piccoli mormorii di disagio sollevarsi tra la folla. Due posti alla sua sinistra, sentì una donna sussurrare all'uomo accanto a lei.
“A quanto pare, il mio partner ha sentito queste storie prima di noi. Forse per questo se l’è filata.” Lo disse in modo maligno, e Chloe fu istantaneamente infastidita da lei.
Con la mia fortuna, sarà lei la partner senza partner a cui Johnson mi vuole abbinare.
La sessione si concluse per ora di pranzo. Gli istruttori sul palco divisero i nuovi agenti in gruppi, a seconda dei reparti specifici. Quando Chloe sentì chiamare la Squadra Ricerca Prove, provò una piccola fitta di dolore. Osservò circa venti reclute radunarsi a destra del palco. Pensare che, fino a poco più di tre ore prima, avrebbe dovuto essere tra loro la fece sentire un po’ isolata, soprattutto quando vide che alcuni agenti sembravano già aver fatto amicizia.
Quando furono chiamati gli agenti del Programma per la Cattura dei Criminali Violenti, si alzò e avanzò. Il gruppo in mezzo a cui camminava era più ristretto di quello della Squadra Ricerca Prove. Compresa lei stessa, erano solo in nove. E una di loro era davvero la donna che aveva fatto il commento di prima.
Era così concentrata su di lei che non si accorse dell'uomo che si avvicinò mentre avanzavano.
“Non so tu” disse, “Ma io sento che dovrei nascondermi il volto. Fare parte di un programma che include la parola violenti... mi fa pensare di essere giudicato.”
“Non credo di averlo mai considerato in questo modo” disse Chloe.
“Allora, sei portata per la violenza?”
Lo chiese con un sorrisetto che le fece notare che quel ragazzo era estremamente bello. Naturalmente, il commento sulla violenza stonava un po’.
“Non che io sappia” rispose imbarazzata mentre raggiungevano il punto dove doveva riunirsi il loro gruppo.
“Bene” disse l'istruttore, un signore che indossava jeans e maglietta nera. “Prima pranziamo, poi ci incontreremo nella Sala Riunioni Tre per esaminare alcuni dettagli e rispondere alle vostre domande. Ma prima...” Si fermò e guardò un foglio di carta, scorrendo con un dito “È presente Chloe Fine?”
“Sono io” disse Chloe, iniziando a sudare per essere stata messa al centro dell’attenzione in un gruppo di persone che non conosceva.
“Vorrei parlarle un attimo, per favore.”
Chloe si diresse verso l'istruttore e vide che il signore stava facendo cenno di avanzare anche a qualcun’altro.
“Agente Fine, vedo che è una nuova aggiunta al ViCAP, su raccomandazione del direttore Johnson.”
“Esatto.”
“È un piacere averla tra noi. Ora vorrei presentarle il suo partner, l'agente Nikki Rhodes. "
Indicò l'altro agente a cui aveva fatto cenno di avvicinarsi. Naturalmente era la stronza di prima. Nikki Rhodes sorrise a Chloe in un modo che rendeva chiaro che sapesse di essere bella. E anche Chloe doveva ammetterlo. Slanciata, pelle perfettamente abbronzata, luminosi occhi azzurri, capelli biondi incredibilmente lisci.