“Si sta solo allenando, però,” disse Ed. “Allevia un po’ la noia.”
Entrarono.
*
L’uomo indossava una tuta giallo brillante. Sedeva su una sedia pieghevole di metallo nel mezzo di una stanza vuota. Era grande, con spalle ampie, braccia e gambe grosse e uno stomaco prominente.
Aveva un cappuccio nero sulla testa. Aveva i polsi ammanettati dietro la schiena. Le gambe ammanettate insieme all’altezza delle caviglie. Era chino in avanti, come se dormisse. Con il cappuccio sulla testa, era impossibile a dirsi.
Luke gli levò il cappuccio dalla testa. L’uomo si riscosse in apparente sorpresa, e si mise seduto dritto. Aveva i capelli nero lucido scompigliati – in alcuni punti se ne stavano alti a ciuffi, in altri appiattiti. Persino senza il cappuccio indossava ancora una mascherina – una di quelle che la gente si mette sul viso per dormire durante i lunghi viaggi aerei.
Sbadigliò, come risvegliandosi da un sonnellino pomeridiano.
“Li Quiangguo,” disse Luke. “Ni hui shuo yingyu ma?”
In cinese mandarino, le suo parole tradotte erano Parli inglese?
L’uomo fece un gran sorriso. “Chiamami Johnny,” disse. “Per favore. È il nome che uso qui in Occidente. E parliamo inglese. Rende le cose più facili per tutti, soprattutto per me.”
L’inglese dell’uomo era la versione americana, sicuramente, ma senza accento né intonazione regionale di qualsiasi tipo. Luke avrebbe potuto dire che sembrava che venisse dal Midwest. Ma in realtà sembrava che non venisse da nessuna parte. Poteva anche essere stato sparato giù da un’astronave con un raggio laser.
“Perché ti è più facile?” disse Luke.
“Mi è più facile nelle orecchie. Vuol dire che così non sono costretto a sentire persone come te massacrare la bellissima lingua cinese.”
Adesso sorrise Luke. “Dimmi, Li. Perché non ti sei ucciso quando ne hai avuto l’opportunità?”
Li fece una faccia di sorpresa esagerata, persino di disgusto. “Perché avrei dovuto? L’America mi piace. E finora sono stato trattato piuttosto bene.”
Era una cosa interessante da dire, considerando che veniva da un uomo che era rimasto ammanettato a una sedia di metallo tutta la notte, con un cappuccio nero e una benda sugli occhi, in un centro di detenzione che non esisteva, e con nessun modo di contattare il mondo esterno. Tecnicamente non era in arresto, e non aveva visto un avvocato. Molte persone avrebbero potuto non essere d’accordo sul fatto che la sua disposizione costituisse un buon trattamento. Alcune avrebbero potuto dire che era scomparso. Sì, non era stato torturato, ma per la maggior parte delle persone la mancanza di tortura era un limite bassino.
Li sembrò quasi leggere nella mente di Luke. “Stamattina ho sentito gli uccellini cinguettare, fuori. È stato così che ho capito che era un nuovo giorno.”
Luke allungò una mano e gli levò la mascherina per gli occhi. “Uccellini all’alba. Molto carino. Sono contento di sentire che finora ti sei divertito. Purtroppo le cose stanno per cambiare.”
“Ah.” Gli occhi dell’uomo si strizzarono all’improvvisa luce. Scrutò la stanza, esaminò Swann e Ed Newsam. Gli occhi gli si fermarono su Ed.
Ed era appoggiato a una parete. Sembrava molto rilassato, e allo stesso tempo minaccioso. Il suo corpo si muoveva appena. C’era così tanta energia potenziale immagazzinata dentro di esso che Ed era come una tempesta sul punto di abbattersi. I suoi occhi non lasciarono mai gli occhi del cinese.
“Vedo,” disse Li.
Luke annuì. “Sì. Vedi.”
Li indurì il volto. “Sono un turista. È tutta una questione di scambio di identità.”
“Se sei un turista,” disse Ed, “magari ti andrebbe di darci i nomi e le informazioni di contatto della tua famiglia, in modo che possiamo farle sapere dove sei. Sai, per dirle che stai bene.”
Li scosse la testa. “Vorrei contattare l’ambasciata cinese.”
“I nostri superiori l’hanno già fatto per te,” disse Luke. Non era vero, per quanto ne sapesse. Aveva cominciato a sbilanciarsi di un centimetro, ma di un centimetro che sapeva avrebbe retto il suo peso.
“È stata una conversazione non ufficiale, come puoi immaginare, data la sensibilità della situazione,” disse. “Potrebbe turbarti sapere che il governo cinese dice che tu non sei reale. Non ci sono registri scolastici, lavorativi, nessuna città natale né storia familiare. Hanno visto una scansione del tuo passaporto, e hanno determinato che si tratta di una furba contraffazione.”
Li fissava dritto avanti a sé. Non rispose.
Luke estese il momento. Non c’era ragione di riempirlo con altre chiacchiere. Aveva visto soggetti spezzarsi non appena compreso che i loro responsabili li avevano disconosciuti. Spezzarsi non era neanche la parola giusta. A volte, quando si scoprivano improvvisamente privi di Paese, cambiavano semplicemente bandiera.
“Li, mi hai sentito? Non ti proteggeranno. Non te la caverai. Non hai preso la tua pillola quando avresti potuto farlo, e adesso sei qui. Non c’è via d’uscita. Per quanto riguarda i tuoi, tu non esisti, e non sei mai esistito. L’edificio in cui ti trovi adesso non esiste. Potresti finire ammucchiato in un cilindro da duecento litri nel fondo dell’oceano, o in un fosso poco profondo nella landa desolata, con i corvi a mangiarti gli occhi… Non importerà a nessuno. Non lo saprà nemmeno nessuno.”
L’uomo ancora non diceva una parola. Continuava solo a fissare davanti a sé.
“Li, che cosa sai della diga di Black Rock, e come si sono aperte le saracinesche?”
“Non ne so niente.”
Luke aspettò pochi istanti, poi proseguì. “Okay, lascia che ti dica cosa so io. Secondo le ultime cifre, sono morte più di mille persone. Hai idea di quanto la cosa mi faccia arrabbiare? Mi fa venir voglia di vendicare le loro morti. Mi fa venir voglia di trovare un capro espiatorio, e di fargliela pagare personalmente. Tu sei un capro espiatorio efficace, non è vero, Li? Un uomo di cui a nessuno importa, che nessuno ricorda, e di cui nessuno sentirà la mancanza. Ti dirò un’altra cosa. Lo so che sei stato addestrato a resistere agli interrogatori. Questo mi rende solo più felice. Vuol dire che posso prendermi tutto il tempo che voglio. Possiamo stare qui giorni, o addirittura settimane. Abbiamo della gente che sta lavorando al problema della diga. Capiranno loro cos’è successo. Non ci serve qualsiasi patetica informazione che potresti avere tu. Io non la voglio neanche, a essere sincero. Voglio solo farti del male. Più te ne stai seduto lì, più ne ho voglia.”
Adesso Luke si piegò sulle cosce vicino al viso di Li. Stava a pochi centimetri di distanza, così vicino da esalargli il fiato sulle guance. “Ci conosceremo piuttosto bene qui dentro, okay, Li? Alla fine saprò tutto di te.”
Luke guardò Swann. Swann era in un angolo vicino alla finestra con le sbarre di acciaio. Non aveva detto una parola da quando erano entrati. Guardava fuori l’agglomerato di cemento e le verdi colline lussureggianti che lo circondavano. Swann era un analista, un tipo da dati. Luke immaginava che potesse anche non aver mai pensato a come quei dati a volte venivano estratti. Le minacce di morte erano solo l’inizio.
“Li, ti sta parlando,” disse Ed.
Li allora riuscì a sorridere. Era un sorriso malaticcio, e non aveva traccia di humor. “Per favore,” disse. “Chiamami Johnny.”
* * *
Passò un’ora. Luke e Ed avevano fatto i turni per parlare con Li, ma senza risultato effettivo. Anzi, Li si stava facendo più sicuro. Evidentemente aveva deciso che più di qualche duro ceffone di Ed non avrebbe avuto.
Adesso Luke guardava di nuovo Swann.
“Okay, Swann,” disse. “Questo è un buon momento per fare quella passeggiata per il campo.”
Qualche minuto prima, Luke aveva aperto l’armadietto con la chiave che gli aveva dato Pete Winn. L’armadietto era più un ripostiglio che un vero e proprio armadietto. Dentro c’era un tavolo pieghevole, una specie di asse da stiro ma più larga e più bassa e molto più robusta. Era lunga circa due metri e larga uno e venti.
Quando Luke e Ed la aprirono, la tavola aveva un’inclinazione evidente. Sul lato più alto c’erano delle manette per le caviglie del soggetto. Nel mezzo c’erano cinghie in pelle per legare i polsi del soggetto, e una cinghia grande nel centro per la vita. Sul lato più basso c’era un anello di metallo per assicurare la testa del soggetto al tavolo.
Era una piattaforma per la tortura della goccia.
Quando estrassero la tavola, Li si agitò visibilmente. Capì subito di che cosa si trattasse. Ovvio che lo capì subito. Era un agente dell’intelligence, operativo sul campo, e tutti loro l’avevano vista durante l’addestramento. Americani, cinesi, chiunque. Luke aveva guardato una dimostrazione live della tecnica, una volta. Un incallito agente della CIA, un uomo che era arrivato all’agenzia dai Navy SEAL, che era stato presente in numerosi hotspot del Paese, era il soggetto del test.
Come avevano fatto a convincere quell’uomo a proporsi come volontario era una cosa che Luke non aveva mai scoperto. Magari aveva avuto un bonus. Doveva essere un bonus bello grosso. L’agente sembrava rilassato prima della dimostrazione. Rideva e scherzava con i suoi futuri torturatori. Una volta cominciata la procedura, si era trasformato istantaneamente. Era durato ventiquattro secondi prima di usare la parola di sicurezza per farla finire. L’avevano cronometrato.
“Dovete sapere che va contro le convenzioni di Ginevra,” disse Li, la voce che gli tremava un pochino. “Va contro…”
“L’ultima volta che ho controllato, non eravamo a Ginevra,” disse Luke. “Anzi, non siamo da nessuna parte. Come ho detto prima, questo edificio non esiste, così come non esiste nessuno di nome Li Quiangguo.”
Luke si impegnò con gli altri attrezzi che aveva preso dall’armadietto. Includevano due grandi annaffiatoi, come quelli che una cara vecchietta userebbe per dar l’acqua al giardino. C’erano anche delle sicure per le manette e le cinghie di pelle della tavola. E infine c’era un numero di pesanti teli di media grandezza e un rotolo di cellophane. Se i teli non avessero funzionato, sarebbero sempre potuti passare al cellophane. Luke sapeva che la CIA non perdeva tempo con i teli.
“Bello,” disse Ed. “Non faccio cose del genere dall’Afghanistan. Sono passati almeno cinque anni.”
“Allora la tua esperienza è più recente della mia,” disse Luke. “Perciò lasceremo a te l’onore. Com’è stato quando l’hai fatto?”
Ed fece spallucce. “Spaventoso. Ce ne sono morti un paio. Non è come gli altri metodi che ho visto. Puoi folgorare persone tutto il giorno, finché la corrente è giusta. Fa male, ma non li uccide. Con questo la gente muore davvero. Affogano. Hanno dei danni cerebrali. Hanno arresti cardiaci. Questo è reale.”
“Sentite,” disse Li. Adesso gli tremava tutto il corpo. “Il waterboarding va contro qualsiasi diritto bellico. È riconosciuto come tortura da ogni corpo internazionale. Violerete i diritti umani.”
“Bello, all’improvviso sei tutto regole e norme,” disse Ed. “Per come la vedo io, uno che annega deliberatamente migliaia di persone non è umano. Direi che hai rinunciato ai tuoi diritti umani.”
“Ragazzi,” disse Swann. “Questa cosa non mi piace.”
Luke lo guardò. “Swann, ti avevo detto che era un buon momento per andartene. Prenditi una ventina di minuti. Dovrebbero bastare.”
Swann si fece rosso in viso. “Luke, tutto ciò che ho letto dice che questa cosa non ti darà neanche delle informazioni decenti. Mentirà per farti smettere.”
Luke non ricordava una singola volta in cui Swann avesse messo in discussione le sue azioni, prima. Sarebbe stato curioso di sapere se Swann stesse mettendo in discussione le sue azioni adesso. Comunque, scosse la testa.
“Swann, non puoi credere a tutto ciò che leggi. Ho visto questa cosa far ottenere fattibili e accurate informazioni nel giro di minuti. E dato che il signor Li è nostro ospite qui, saremo in grado di verificare rapidamente ogni affermazione che farà. Possiamo anche rivedere quelle affermazioni con lui se si scopre che sono errate. La verità è che non vogliono che si faccia questa cosa perché, come Li ha accuratamente indicato, è qualificata come tortura. Però funziona, e nelle circostanze giuste funziona molto, molto bene.”
Luke fece un cenno alla stanza vuota. “E queste sono le circostanze giuste.”
Swann adesso lo fissava. “Luke…”
Luke sollevò una mano. “Swann. Fuori. Per piacere.” Indicò la porta.
Swann scosse la testa. Aveva il viso molto rosso adesso. Sembrava sul punto di tremare lui stesso. “Perché mi hai chiamato per questa roba?” disse. “Non lavoro più per l’FBI, e neanche tu.”
Luke quasi sorrise. Non sapeva come si sentisse davvero Swann, ma non avrebbe potuto reagire meglio neanche avesse avuto un copione sotto al naso. Il poliziotto buono, e il poliziotto cattivo sotto steroidi.
“Entro la fine della giornata avrò bisogno delle tue competenze,” disse Luke. “Ma non per questo. Adesso fatti un giro. Per piacere. E nota quanto sono stato educato finora. Entro un minuto perderò la calma.”
“Presenterò reclamo formale,” disse Swann.
“Fallo, dai. Lo sai per chi lavoro. Il tuo reclamo se ne andrò dritto al trita documenti. Cadrà dritto nel buco della memoria. Ma fallo lo stesso, come esercizio intellettuale.”
“Ho in programma di farlo,” disse Swann. Con quello, uscì dalla porta. La tirò alle sue spalle, ma senza sbatterla.
Luke sospirò. Guardò Ed. “Ed, puoi per favore riempire quegli annaffiatoi al lavandino della cucina? Ci serviranno tra un attimo.”
Ed fece un sorriso diabolico. “Con piacere.”
Sollevò gli annaffiatoi guardando Li. Mostrò a Li la folle occhiataccia da gigante che a volte usava con le persone. Era uno sguardo che dava i brividi anche a Luke. Faceva sembrare Ed psicotico. Lo faceva sembrare come un uomo che trovava piacevole il sadismo. Luke non era sicuro dell’origine di quello sguardo, né di cosa significasse. Non lo voleva proprio sapere.
“Fratello,” disse Ed a Li. “La tua giornata sta per diventare molto più lunga.”
Mentre Ed trafficava nella minuscola cucina della cabina, Luke osservò bene Li. L’uomo adesso tremava di brutto. Tutto il corpo vibrava come se gli passasse attraverso della corrente elettrica a basso voltaggio. Gli occhi gli si erano fatti grandi e spaventati.
“L’hai già visto fare, vero?” disse Luke.
Li annuì. “Sì.”
“Su prigionieri?”
“Sì.”
“È brutto,” disse Luke. “Molto brutto. Nessuno resiste.”
“Lo so,” disse Li.
Luke guardò la cucina. Ed stava prendendo tempo di là. “E Ed… devi sapere com’è. Queste cose gli piacciono.”
Li non disse nulla in proposito. Il viso gli si fece rosso acceso, e poi gradualmente passò al rosso scuro. Sembrava che dentro di lui fosse in corso un’esplosione, e che stesse cercando di contenerla. Strinse forte gli occhi. Digrignò i denti, che poi cominciarono a battere. Tutto il corpo cominciò a sussultare.
“Ho freddo,” disse. “Non posso farlo.”
Proprio allora a Luke venne in mente una cosa.
“Te l’hanno fatto,” disse. “I tuoi.” Non era una domanda. Lo sapeva come sapeva il proprio nome. Li aveva subito il waterboarding prima di ora, e con tutta probabilità era stato il governo cinese a farglielo.
Improvvisamente la bocca di Li si aprì in un urlo. Era un urlo silenzioso, la mascella si aprì al massimo. In qualche modo ricordò a Luke un lupo mannaro che ulula di agonia durante la transizione spaccaossa dalla forma umana a quella canina. Solo che non c’era suono. Da Li non uscì quasi nulla, solo una specie di basso rumore strozzato dal profondo della gola.
Adesso aveva tutto il corpo rigido, ogni muscolo teso come se la corrente elettrica fosse appena salita di dieci tacche.
“Tu eri un traditore,” disse Luke. “Un nemico dello stato. Però in prigione sei stato riabilitato. La tortura era parte del processo. Ti hanno fatto agente, ma non di valore. Sei uno dei sacrificabili. È per questo che eri qui sul campo, ed è per questo che avevi le pillole di cianuro. Se fossi stato preso, avresti dovuto ucciderti. Non c’era praticamente modo in cui non potessi essere preso, giusto? Ma tu non l’hai fatto, Li. Non ti sei ucciso, e adesso noi siamo la sola speranza che hai.”