“Muoviti,” gracchiò. “Muoviti.”
Cadde sulle ginocchia, forzò il recinto lacero da parte e strisciò dentro al buco. Era nell’erba fitta. Si mise in piedi, incespicò per qualche passo, inciampò in qualcosa che non riusciva a vedere e rotolò giù da un terrapieno. Non ci provò neanche a smettere di rotolare. Lasciò che lo slancio lo portasse sul fondo.
Arrivò a fermarsi, respirando pesantemente. Il dolore alla schiena era irreale. Aveva il viso nella terra. Era umido lì, infangato, e si trovava proprio lungo l’argine. Poteva ruzzolare nelle acque buie se voleva. Invece strisciò più a fondo nel sottobosco. Il sole non era ancora sorto. Se fosse rimasto lì, senza muoversi e senza fare rumori, era quasi possibile che…
Si toccò il petto con la mano. Ritirò le dita zuppe di sangue.
*
Ezatullah era in piedi davanti al buco nella recinzione. Il mondo attorno a lui girava. Gli erano venute le vertigini anche solo a rincorrere Eldrick.
Con la mano si aggrappava alla maglia di ferro della recinzione, che lo teneva in piedi. Pensava che avrebbe potuto vomitare. Era buio in quei cespugli. Avrebbero potuto perdere un’ora a cercarlo lì. Se ce l’avesse fatta a raggiungere il grande edificio abbandonato, allora magari non l’avrebbero mai più trovato.
Moahmmar era lì accanto. Era chino, le mani sulle ginocchia, respirava profondamente. Tremava in tutto il corpo. “Dovremmo andare?” chiese.
Ezatullah scosse la testa. “Non ne abbiamo il tempo. Gli ho sparato due volte. Se non lo finisce la malattia, lo faranno i proiettili. Lasciamolo morire solo. Forse Allah avrà pietà della sua codardia. Lo spero. In ogni caso, dobbiamo andare avanti senza di lui.”
Si voltò e riprese il cammino verso il furgone. Sembrava che fosse parcheggiato lontanissimo. Era stanco, ed era malato, ma continuò a mettere un piede davanti all’altro. Ogni passo lo portava più vicino ai cancelli del Paradiso.
Capitolo 9
6:05 a.m.
Centro di comando congiunto dell’antiterrorismo - Centro Manhattan
“Luke, la cosa migliore da fare è riunire i tuoi e tornare a Washington,” disse l’uomo in giacca e cravatta.
Luke era all’interno del vorticoso caos della sala principale del centro di comando. Era già giorno, e una fioca luce filtrava dalle finestre due piani al di sopra degli uffici. Il tempo passava troppo velocemente, e il centro di comando era un cazzo di casino.
Duecento persone riempivano la stanza. C’erano almeno quaranta postazioni di lavoro, alcune delle quali con due o tre persone sedute davanti a cinque schermi di computer. Sul megaschermo di fronte c’erano venti diverse schermate televisive e di computer. Questi mostravano mappe digitali di Manhattan, del Bronx, sequenze live di entrate nei tunnel Holland e Lincoln, foto segnaletiche di terroristi arabi che risiedevano nel paese.
Tre adesso mostravano il sindaco DeAngelo, che con il suo metro e novantadue sovrastava gli assistenti al suo fianco, e che al microfono diceva ai coraggiosi newyorkesi di restare a casa e abbracciare i loro figli. Stava leggendo un discorso preparato.
“Nel peggiore dei casi,” disse il sindaco, la voce che usciva dagli altoparlanti disposti nella stanza, “l’esplosione iniziale ucciderà molte persone e creerà un panico di massa nell’area immediatamente limitrofa. L’esposizione alle radiazioni diffonderà la paura in tutta la regione e probabilmente in tutto il paese. Molte persone esposte all’attacco iniziale si ammaleranno, e alcune moriranno. I costi per ripulire l’aerea saranno enormi, ma sembreranno piccoli in confronto a quelli psicologici ed economici. Un attacco con una bomba sporca in un’importante stazione di New York paralizzerà i trasporti lungo la costa per il prossimo futuro.”
“Carino,” disse Luke. “Mi chiedo chi scriva questa roba.”
Analizzò la stanza. Qui erano rappresentati tutti, tutti a sgomitare per una posizione migliore. Era pastina alfabeto. NYPD, FBI, NSA, ATF, DEP, persino CIA. Diavolo, c’era la DEA qui. Luke non era sicuro di come il furto di scorie radioattive costituisse un crimine di droga.
Ed Newsam era andato a pescare lo staff dell’SRT tra la folla.
“Luke, mi hai sentito?”
Luke tornò alla questione in esame. Era con Ron Begley della Sicurezza Interna. Ron era un uomo che si stava stempiando, sul finire dei cinquant’anni. Aveva una grossa pancia tonda e piccole dita tracagnotte. Luke conosceva la sua storia. Era stato uno da scartoffie, un uomo che era venuto fuori dalla burocrazia del governo. L’11 settembre, era alla Tesoreria a coordinare un team che analizzava l’evasione fiscale e gli schemi Ponzi. Era passato all’antiterrorismo con la creazione della Sicurezza Interna. Non aveva mai fatto un arresto, o fatto fuoco in un momento di rabbia, nella sua vita.
“Hai detto che vuoi che me ne vada a casa.”
“Ci stai tra i piedi qui, Luke. Kurt Myerson ha chiamato il suo capo al NYPD e gli ha detto che all’ospedale trattavi la gente come schiavi personali. E che hai sequestrato un team della SWAT. Davvero? La SWAT? Senti, questo è il loro terreno. Devi seguire la loro guida. È così che si gioca.”
“Ron, è stato il NYPD a chiamarci. Immagino perché hanno ritenuto di aver bisogno di noi. La gente lo sa come lavoriamo.”
“Come i cowboy,” disse Begley. “Lavori come partecipassi a un rodeo di cowboy.”
“Don Morris mi ha buttato giù dal letto per farmi venire qui. Puoi parlarne con Don…”
Begley alzò le spalle. Una parvenza di sorriso gli apparve in faccia. “Don è stato richiamato. È salito su un elicottero venti minuti fa. Ti suggerisco di fare lo stesso.”
“Cosa?”
“È così. È stato promosso, se capisci cosa voglio dire. Promosso in senso lato. L’hanno chiamato a tenere un briefing sulla situazione al Pentagono. Roba davvero importante. Credo che non potessero mandarci un interno, così ci hanno portato Don.”
Begley abbassò la voce, nonostante Luke riuscisse comunque a sentirlo bene. “Un avvertimento. Cos’ha Don, altri tre anni prima della pensione? Don è una specie in via di estinzione. È un dinosauro, e così è l’SRT. Lo so io e lo sai tu. Tutte queste piccole agenzie segrete all’interno di un’unica agenzia stanno per essere scaricate. Stiamo accorpando e centralizzando, Luke. Adesso ci servono analisti di dati. È così che risolveremo i crimini del futuro. È così che prenderemo questi terroristi oggi. Non abbiamo bisogno di machi, di superspie e anziani ex commando che si calino giù dalle corde lungo le facciate degli edifici ormai. Proprio non ci servono. Basta giocare agli eroi. In realtà è un po’ ridicolo, se ci pensi bene.”
“Ottimo,” disse Luke. “Lo prenderò in considerazione.”
“Pensavo che insegnassi al college,” disse Begley. “Storia, scienze politiche, quella roba lì.”
Luke fece un cenno col capo. “Sì.”
Begley posò una mano carnosa sul braccio di Luke. “Dovresti continuare a farlo.”
Luke scosse via la mano e si tuffò nella folla, cercando i suoi.
*
“Che cosa abbiamo?” chiese Luke.
Il suo team aveva organizzato un campo in un ufficio fuori mano. Avevano preso un po’ di scrivanie vuote e imbastito la loro piccola stazione di comando con laptop e uplink satellitari. Ed Newsam e Trudy erano lì, insieme a pochi altri. Swann si era rintanato in un angolo da solo con tre laptop.
“Hanno richiamato Don,” disse Trudy.
“Lo so. Gli hai parlato?”
Annuì. “Venti minuti fa. Stava per partire. Ha detto di continuare a lavorare al caso finché lui non ce ne tira fuori personalmente. E di ignorare gentilmente chiunque altro.”
“Mi sta bene. Quindi a che punto siamo?”
Trudy parlò seria. “Ci muoviamo veloci. Abbiamo ristretto la ricerca a sei veicoli ad alta priorità. Tutti sono passati entro un isolato o due dall’ospedale la scorsa notte, e presentano caratteristiche strane o che non corrispondono.”
“Dammi un esempio.”
“Okay. Uno è un camion fornitore alimentare intestato a un ex paracadutista russo. Siamo stati in grado di seguirlo con le videocamere di sorveglianza, e a quanto sembra, è andato su e giù per Manhattan tutta la notte, a vendere hot dog e Pepsi a prostitute, magnaccia e clienti.”
“Ora dov’è?”
“È parcheggiato sull’11ma Avenue, a sud Centro Congressi Jacob Javits. Non si muove da un po’. Pensiamo che stia dormendo.”
“Okay, mi pare che sia appena diventato di bassa priorità. Passalo al NYPD, non si sa mai. Possono svegliarlo e rivoltargli il camion, scoprire se lì dentro ci vende anche qualcos’altro. Prossimo.”
Trudy scorse la sua lista. Un minivan convertito in auto Uber da un ex fisico nucleare caduto in disgrazia. Un articolato di quaranta tonnellate con richiesta d’indennizzo assicurativo che venne demolito in un incidente e rottamato. Un furgone delle consegne per un servizio commerciale di lavanderia, con le targhe registrate a una non collegabile attività di pavimentazione di Long Island. Un’ambulanza registrata come rubata tre giorni fa.
“Un’ambulanza rubata?” chiese Luke. “Sembra interessante.”
Trudy scrollò le spalle. “Di solito si tratta di commercio illegale di organi. Li recuperano dai pazienti deceduti a pochi minuti dalla morte. Devono recuperare gli organi, impacchettarli e portarli fuori dall’ospedale in fretta. Nessuno dà una seconda occhiata a un’ambulanza che aspetta nel parcheggio di un ospedale.”
“Ma stanotte forse non aspettavano organi. Sappiamo dove sono?”
Scosse la testa. “No. L’unico luogo che abbiamo è quello del russo. È ancora più un arte che una scienza. Le telecamere di sorveglianza non sono ancora dappertutto, specialmente appena si esce da Manhattan. Vedi un furgone sorpassare una videocamera, poi potresti non vederlo più. O potresti ribeccarlo con un’altra telecamera dieci isolati più in là, o a cinque miglia. L’articolato ha attraversato il ponte George Washington verso il New Jersey prima che lo perdessimo. Il furgoncino della lavanderia è passato per la 138ma Strada verso il South Bronx ed è sparito. Proprio adesso, li stiamo rintracciando tutti con altri mezzi. Abbiamo contattato la compagnia dell’autotrasporto, l’Uber, la compagnia di pavimentazione e il servizio di lavanderia. Dovremmo venire a sapere qualcosa presto. E ho otto persone al quartier generale che setacciano ore di video, in cerca dell’ambulanza.”
“Bene. Tienimi aggiornato. Che succede con la banca?”
Il viso di Trudy era di pietra. “Dovresti chiederlo a Swann.”
“Okay.” Fece un passo verso il piccolo feudo d’angolo di Swann.
“Luke?”
Si fermò. “Sì.”
Gli occhi di Trudy guizzavano per la stanza. “Possiamo parlare? In privato?”
*
“Mi licenzierai perché non infrango la legge per te?”
“Trudy, non ho nessuna intenzione di licenziarti. Perché lo pensi?”
“È quello che hai detto, Luke.”
Si trovavano in uno stanzino. C’erano due scrivanie vuote qui e una piccola finestra. La moquette era nuova. I muri erano bianchi e non vi era appeso niente. C’erano una piccola videocamera montata in un angolo, vicino al soffitto.
Sembrava che la stanza non fosse mai stata usata. Lo stesso centro di comando era aperto da meno di un anno.
I grandi occhi di Trudy lo fissavano con attenzione.
Luke sospirò. “Ti stavo dando una via d’uscita. Pensavo che lo avresti capito. Se ci sono dei guai, puoi dare la colpa a me. Tutto quello che hai fatto è stato eseguire i miei ordini. Temevi di perdere il lavoro se non avessi eseguito i miei ordini.”
Lei gli si avvicinò di un passo. Nell’isolamento della stanza, Luke poteva sentire il suo shampoo e il delicato profumo che portava spesso. La combinazione di odori gli fece qualcosa alle ginocchia. Le sentì tremare un po’.
“Non puoi neanche darmi un ordine diretto, Luke. Non lavori più per l’SRT.”
“Sono in congedo.”
Lei fece un altro passetto nella sua direzione. I suoi occhi erano concentrati su di lui come laser gemelli. C’era intelligenza in quegli occhi, e calore.
“E te ne sei andato… perché? Per causa mia?”
Scosse la testa. “No. Avevo le mie ragioni. Tu non eri fra queste.”
“I fratelli Marshall?”
Scrollò le spalle. “Quando uccidi due uomini in una sola notte, è un buon momento per prendersi una pausa. Forse anche di valutare quello che stai facendo.”
“Stai dicendo che non hai mai provato niente per me?” chiese.
Lui la guardò, sbalordito dalla domanda. Aveva sempre avuto l’impressione che Trudy flirtasse con lui, e lui non aveva mai abboccato all’amo. C’era stata qualche volta, ubriaco a qualche festa, dopo brutte litigate con la moglie, che ci era andato vicino. Ma il pensiero di sua moglie e suo figlio l’avevano sempre tenuto lontano dal precipitare in qualcosa di stupido.
“Trudy, noi lavoriamo insieme,” disse risolutamente. “E io sono sposato.”
Lei si avvicinò ancora di più.
“Non mi interessa il matrimonio, Luke,” disse piano, inclinandosi verso di lui, ormai vicinissima.
Era contro di lui adesso. Luke le mise le mani sui fianchi. Sentiva il calore provenire da lei, e quella vecchia incontrollabile voglia quando le stava vicino, l’eccitazione, l’energia… il desiderio. Lei riuscì a posargli le mani sul petto, e non appena i palmi gli toccarono la camicia, lui seppe che avrebbe dovuto agire subito o abbandonarsi a lei completamente.
Con un atto finale di supremo autocontrollo, Luke fece un passo indietro e le allontanò delicatamente le mani.
“Mi dispiace, Trudy,” disse, con la voce roca. “Ti voglio bene. Davvero. Ma non è una buona idea.”
Lei si accigliò, ma prima di poter dire qualcosa, un pesante pugno colpì la porta di legno.
“Luke? Sei lì?” Era la voce di Newsam. “Dovresti uscire e vedere questo. Swann ha trovato qualcosa.”
Si guardarono, Luke sentendosi colpevole come il diavolo al pensiero di sua moglie, anche se non aveva fatto niente. Se ne andò di lì prima che potesse accadere qualcos’altro senza poter fare a meno di chiedersi quanto ciò che era appena successo avrebbe avuto conseguenze sulla loro vita lavorativa insieme.
E poi, peggio di tutto, non poteva fare a meno di ammettere che, sotto sotto, non aveva nessuna voglia di lasciare la stanza.
*
Swann sedeva a una lunga tavola con i suoi tre monitor video allineati davanti a sé. Con la sua calvizie incipiente e gli occhiali, ricordava a Luke un fisico della NASA al controllo missione. Luke era in piedi dietro di lui con Newsam e Trudy, al di sopra delle strette spalle di Swann.
“Questo è il conto corrente di Ken Bryant,” disse Swann, muovendo il cursore nel centro dello schermo. Luke assorbì i dettagli: depositi, prelievi, saldo totale, un range di date che andava dal 28 aprile al 27 maggio.
“Quanto è sicura la connessione?” chiese Luke. Diede un’occhiata alla stanza e fuori dalla porta. La stanza principale del centro di comando era proprio in fondo al corridoio.
“Questa?” disse Swann. Alzò le spalle. “È indipendente dal centro di comando. Sono connesso alla nostra torre e ai nostri satelliti. È criptata dai nostri. Credo che la CIA o l’NSA potrebbero cercare di violarla, ma perché preoccuparsi? Facciamo parte della stessa squadra, no? Non me ne preoccuperei. Invece, mi concentrerei su questo conto bancario. Noti niente di strano?”
“Il saldo è più di $24,000,” disse Luke.
“Esatto,” disse Swann. “Un custode con un bel po’ di soldi nel suo conto corrente. Interessante. Ora andiamo indietro di un mese. Dal 28 marzo al 27 aprile. Il saldo arriva fino a $37,000, e adesso comincia a spendere. Ci sono trasferimenti qui da un conto anonimo, $5,000, poi $4,000, poi, be’, chi se ne frega delle tasse… dammene $20,000.”
“Okay,” disse Luke.
“Indietro di un altro mese. Dalla fine di febbraio alla fine di marzo. Il saldo iniziale è di $1,129. Entro la fine del mese, è di oltre $9,000. Indietro di un altro mese, dalla fine di gennaio alla fine di febbraio, e il saldo non è mai arrivato a $2,000 in tutto il tempo. Da qui, se andiamo indietro di tre anni, vediamo che il saldo raramente ha superato i $1,500. Ecco un tizio che vive giorno per giorno, che d’un tratto comincia a ottenere grossi trasferimenti di denaro in marzo.”