Contro Ogni Nemico - Джек Марс 8 стр.


Passò un altro mormorio tra la folla raccolta.

Kurt sollevò la mano. “La faccenda migliora. Kleine Brogel in Belgio è una questione politica. Molti belgi odiano il fatto che lì ci siano le bombe, e le vogliono fuori dal paese. Nel 2009 un gruppo di attivisti pacifisti belgi ha deciso di mostrare a tutti quanto siano poco sicure le bombe lì. Hanno violato la sicurezza della base.”

Sullo schermo riapparve la mappa. Kurt indicò una zona lungo il margine della base. “A sud dell’aerodromo ci sono delle fattorie casearie. Gli attivisti hanno attraversato a piedi la terra della fattoria, poi hanno scavalcato la recinzione. Hanno vagato per la base per almeno quarantacinque minuti prima che qualcuno si accorgesse della loro presenza. Quando alla fine sono stati intercettati – da un aviatore belga con un fucile scarico, tra l’altro – erano appena fuori dal bunker dove erano immagazzinate alcune delle bombe. Avevano già dipinto con gli spray degli slogan sul bunker e affisso alcuni adesivi.”

Nella stanza esplose di nuovo il chiacchiericcio, più forte e più pronunciato stavolta.

“Okay, okay. È stata una seria distrazione da parte della sicurezza. Ma prima che ci facciamo prendere, riconosciamo un paio di cose. Per dirne una, i bunker erano ben chiusi – non c’era pericolo che gli attivisti entrassero. In più le bombe sono accatastate in delle camere sotterranee – anche se gli attivisti in qualche modo fossero riusciti a entrare, non sarebbero stati in grado di azionare gli ascensori idraulici per portare le bombe alla superficie. Gli attivisti erano a piedi, quindi anche se fossero riusciti ad azionare gli ascensori, non avrebbero fatto molta strada con un’arma di trecentodiciassette chili.”

“Quindi, con tutto ciò in mente, qual è la sua stima del livello di rischio?” disse Haley Lawrence.

Kurt fece una lunga pausa. Parve fissare qualcosa di lontanissimo, per un momento. Per Luke fu come se la mente di Kurt fosse un calcolatore, che attualmente attaccava numeri ai vari elementi che aveva appena descritto, poi li aggiungeva, sottraeva, moltiplicava e divideva.

“Alto,” disse.

“Alto?”

Kurt annuì. “Sì, certo. È una minaccia di livello alto. È possibile che un gruppo stia progettando il furto di una bomba da Kleine Brogel? Sicuramente. Non è la prima volta che sentiamo quest’idea – di tanto in tanto sorge nelle chiacchiere delle reti terroristiche raccolte dall’NSA e dal Pentagono. Una cellula terroristica a Bruxelles potrebbe avere un contatto o dei contatti alla base aerea che possono aiutarla – anzi, questo è uno scenario molto probabile. Sì, le bombe non sono operative senza i codici nucleari, e sì, devono essere sganciate da velivoli supersonici. Ma se gli iraniani vogliono le bombe solo per un processo di reverse engineering, o anche solo per analizzarle a fondo per il materiale nucleare? I militanti di Molenbeek tendono a essere sunniti, e loro l’Iran lo odiano. I nostri militanti potrebbero essere mercenari, disposti a farsi assumere dall’offerente più generoso.

“Oppure considerate questo,” proseguì Kurt. “L’aviazione somala ha una manciata di jet supersonici obsoleti. Per la maggior parte sono in rovina, ma io scommetto che uno o due possono ancora alzarsi in volo. Il governo somalo è debole, sotto costante attacco dall’Islam radicale, e vacilla sull’orlo del collasso. E se i militanti islamisti sequestrassero uno di quei velivoli, ci montassero una bomba e facessero precipitare l’intero aereo in un attentato nucleare suicida?”

“Non hai appena detto che le bombe senza i codici non funzionerebbero?” disse Susan.

Kurt fece spallucce. “I codici nucleari sono tra i criptaggi più avanzati del pianeta. A quel che sappiamo noi, non sono mai stati violati, persi, o rubati. Ma ciò non significa che non accadrà. Nel peggior scenario prevedibile possibile, io direi che la supposizione più sicura è che un giorno i codici verranno violati, se non è già accaduto.”

“Allora che cosa suggerisci di fare?”

Kurt non esitò. “Rimpolpare la sicurezza alla base aerea di Kleine Brogel. Farlo immediatamente. Lì abbiamo delle truppe, ma sono in costante stato di tensione con i belgi. Per avere un significativo aumento della sicurezza, dovremo calpestare qualche piede. Io riesaminerei anche le misure di sicurezza in altre basi NATO in cui sono tenute armi nucleari americane. Penso che scopriremo che quelle sono in condizioni piuttosto buone. Per quanto riguarda il lassismo nella sicurezza, i belgi esagerano proprio.

“Infine, farei una cosa che voglio fare da un po’ – mettere qualche operativo delle operazioni speciali sul campo a Bruxelles, nello specifico a Molenbeek. Fargli ficcare il naso qua e là e fargli fare qualche domanda. Questo è il tipo di cosa che i belgi dovrebbero fare con regolarità, ma non lo fanno. Non necessariamente deve essere un’operazione segreta – potrebbe essere anche meglio, in caso contrario. Mandarci gli agenti giusti, agenti che normalmente non accettano un no come risposta, e che facciano una bella pressione su un po’ di gente.”

Quasi esausto, Luke ascoltava solo a metà. Stava più che altro cercando di reggere fino alla fine della riunione. Lentamente, divenne consapevole che molte delle persone nella stanza lo stavano fissando.

Sollevò i palmi delle mani e si appoggiò allo schienale.

“Grazie,” disse, “ma no.”

* * *

“Allora, chi sta cercando di ucciderti?” chiese Susan.

Luke sedeva su una sedia in pelle dall’alto schienale nel salottino dello Studio Ovale. Sotto ai suoi piedi si trovava il sigillo presidenziale degli Stati Uniti. L’ultima volta che era stato lì, i servizi segreti lo avevano messo faccia in giù contro a quel sigillo. Però, ovviamente, era un altro tappeto – anche se sembrava identica, quella era una stanza totalmente nuova. L’altra era stata distrutta. Per un attimo se l’era dimenticato.

Cavolo se era stanco.

Un assistente aveva portato a Luke del caffè in una tazza termica. Forse l’avrebbe aiutato a svegliarsi. Lo sorseggiò – il caffè della presidente era sempre buono.

“Non lo so,” disse. “L’ultima che ho sentito è che stavano analizzando del DNA e che stavano facendo dei test delle impronte sul morto.”

Luke studiò il viso di Susan. Era invecchiata. Le rughe sulla sua pelle si erano fatte più profonde ed erano diventate grinze. La pelle stessa non era fissa e fiorente. In qualche modo aveva mantenuto la sua bellezza adolescenziale fino alla mezza età, ma in sei mesi da presidente il tempo l’aveva raggiunta.

Luke pensò al giovanile Abramo Lincoln di mezza età che diventava presidente, un uomo così energico e fisicamente forte da essere rinomato per le sue imprese di forza da salotto. Quattro anni dopo, appena prima di essere assassinato, lo stress della Guerra civile lo aveva trasformato in un fragile e appassito vecchietto.

Susan era ancora bella, ma adesso era diverso. Sembrava quasi segnata da ciò che aveva vissuto. Si chiese che cosa ne pensasse lei, o se se ne fosse già accorta. Poi si rispose da solo – certo che se n’era accorta. Era un’ex top model. Probabilmente aveva notato i più piccoli cambiamenti nel suo aspetto. Per la prima volta, notò il vestito che indossava. Era blu, molto elegante, e le cadeva perfettamente sulla figura. La scollatura era increspata – però leggermente.

“Ehi, bel vestito,” disse.

Lei gli fece un gesto di finto sdegno. “Questo vecchio abito? È solo una cosuccia che mi sono messa su. Lo sapevi che avevamo una cerimonia oggi, no?”

Luke annuì. Lo sapeva. “È fantastico,” disse. “Che abbiano rimesso a posto questo luogo esattamente com’era prima.”

“È un po’ inquietante, se lo chiedi a me,” disse Susan. Si guardò intorno nella stanza dall’alto soffitto. “Ho vissuto all’Osservatorio navale per cinque anni. Adoro quella casa. Non mi dispiacerebbe vivere lì per il resto della vita. Mi ci vorrà un po’ per abituarmi a questo posto.”

Caddero nel silenzio. Luke era lì semplicemente per portare i suoi omaggi. Entro un altro minuto le avrebbe chiesto un’auto, o preferibilmente un elicottero, che lo portasse a Eastern Shore.

“Allora, tu che ne pensi?” disse lei.

“Che cosa ne penso? Di cosa?”

“Della riunione che abbiamo appena fatto.”

Luke sbadigliò. Era stanco. “Non so che cosa pensare. Abbiamo delle armi nucleari in Europa? Sì. Sono vulnerabili? Sembra che potrebbero essere più sicure di quello che sono. Oltre a questo…”

Si fermò.

“Ci andrai?” disse lei.

Luke quasi rise. “Non ti servo in Belgio, Susan. Metti un altro distaccamento della sicurezza nella base, preferibilmente degli americani, e preferibilmente con armi cariche addosso. Dovrebbe bastare.”

Susan scosse il capo. “Se si tratta di una minaccia credibile, dovremmo andare alla fonte. Senti, con i belgi ci siamo fatti piedino per troppo tempo. Ci sono stati troppi attentati saltati fuori da Bruxelles, e io vorrei spezzare quelle reti. È inaccettabile che dopo gli attentati di Parigi non abbiano isolato tutto il quartiere di Molenbeek. A volte mi chiedo da che parte stiano.”

Luke alzò le mani. “Susan…”

“Luke,” disse. “Mi serve che lo faccia tu. C’è una cosa di cui nella riunione non si è parlato. Rende il tutto molto più urgente di quanto potresti pensare. Kurt lo sa, io lo so, ma nessun altro che era presente lo sa.”

“Che cosa?”

Esitò. “Luke…”

“Susan, mi hai chiamato ieri e mi hai chiesto di prendere un aereo per il Colorado con due ore di preavviso. Io ho fatto quello che mi hai chiesto. Adesso vuoi che vada in Belgio. Dici che è importante, ma non vuoi dirmi perché. Lo sai che mia moglie ha il cancro? Te lo dico solo perché tu sappia esattamente che cosa mi stai chiedendo di fare.”

Per un secondo, pensò che le avrebbe detto dell’altro, che forse le avrebbe detto tutto. Lui e sua moglie si erano lasciati. Lei apparteneva a una famiglia benestante, ma Luke non aveva voluto soldi. Voleva solo vedere suo figlio con regolarità, e Becca stava minacciando la cosa. Si stava preparando a una battaglia per la custodia, ma adesso, improvvisamente, aveva il cancro. Probabilmente sarebbe morta. E voleva ancora combattere. L’intera cosa aveva messo Luke a terra. Non aveva idea di cosa fare né di dove girarsi. Si sentiva completamente smarrito.

“Luke, mi dispiace molto.”

“Grazie. È dura. Avevamo molti problemi, e adesso questo.”

Lo fissava direttamente negli occhi. “Se può essere di qualche aiuto, ti capisco. I miei genitori sono morti quando ero giovane. Mio marito sembra essere uscito dal nostro matrimonio, ed è diventato un recluso. Non gliene faccio neanche una colpa. Chi ne vorrebbe mai ancora, di ciò che gli hanno fatto passare? Però si è preso le mie ragazze. Lo so com’è sentirsi soli – immagino che sia questo che sto dicendo.”

Luke rimase sorpreso dal fatto che si fosse aperta così con lui. Gli fece capire quanto si fidasse di lui, e gli fece venire ancor più voglia di aiutarla.

“Okay,” disse Luke. “Allora dimmi perché è così importante.”

“C’è stata una violazione dei dati al dipartimento dell’energia. Nessuno ne conosce la portata ancora, se è stato un incidente o una cosa pianificata. Nessuno sa niente. Però molte informazioni sono sparite, inclusi migliaia di codici nucleari datati. Nessuno può neanche dire se la cosa abbia importanza – funzionerebbero ancora? Ci vorrà del tempo per risolvere la cosa, ma nel frattempo l’ultima cosa che possiamo permetterci è perdere un’arma nucleare.”

Luke si posò allo schienale della sedia. Sarebbe andato. Con un po’ di fortuna, sarebbe andato laggiù, avrebbe sbattuto l’una contro l’altra un paio di teste, stretto i protocolli di sicurezza, e sarebbe stato di ritorno in un paio di giorni. Con l’occhio della mente, vide Gunner nel giardino sul retro a fare qualche canestro.

Da solo.

“Okay,” disse Luke. “Mi servirà la mia squadra. Ed Newsam, Mark Swann. E mi manca un membro. Mi serve un agente addetto alle informazioni per rimpiazzare Trudy Wellington. Qualcuno di bravo.”

Susan annuì e lasciò andare un sorriso di gratitudine.

“Tutto ciò che ti serve.”

CAPITOLO OTTO

17:15 (ora legale orientale)

I cieli sopra l’oceano Atlantico


“Siamo pronti, ragazzi?”

Il Learjet a sei posti sfrecciava a nordest attraverso il cielo del pomeriggio. Il jet era blu con il sigillo dei servizi segreti sul fianco. Dietro, il sole cominciava a tramontare. Luke guardò fuori dal finestrino, a oriente. Era già buio davanti a loro – era tardo autunno, e le giornate si stavano accorciando. Sotto, lontano, l’oceano era vasto, infinito e verde profondo.

Luke usava il suo tipico gergo per caricarsi, ma era una semplice ripetizione meccanica. Non la sentiva. Era sveglio da troppo tempo. Aveva troppo peso addosso. E aveva accettato un lavoro che probabilmente non avrebbe dovuto accettare.

Lui e la sua squadra usavano i quattro posti passeggero anteriori come zona riunione. Avevano sistemato i bagagli, e le attrezzature, nei sedili sul fondo.

Sul sedile dall’altra parte del corridoio rispetto a lui sedeva il grosso Ed Newsam, in pantaloni cargo cachi, t-shirt dalle maniche lunghe e giacca leggera. Si buttò gli occhiali da sole sul naso, contro il sole che si diffondeva dal suo finestrino. Quando era rilassato, come sembrava essere in quel momento, tutta la tensione muscolare lasciava il corpo forzuto e super atletico di Ed. Era come una gomma piatta stesa sul sedile. Ed era alla armi e tattiche, e Luke raramente aveva incontrato un uomo più qualificato – lo stesso Ed era l’arma più devastante che si potesse chiedere.

A sinistra di Luke e di fronte a lui, c’era Mark Swann. Era alto e magro, con lunghi capelli biondo rossiccio raccolti in una coda di cavallo e costosi occhiali dalla montatura nera rettangolare – Calvin Klein. Allungava le lunghe gambe nel corridoio. Indossava un vecchio paio di jeans sbiaditi e un paio di grossi stivali neri da combattimento Dr. Martens. Gli stivali fecero sorridere Luke – quell’uomo non aveva mai visto un solo minuto di combattimento vero in vita sua, non che Luke lo volesse. Swann era dei sistemi informatici – uno spiritoso ex hacker che era stato beccato e che era entrato nel governo per evitare una lunga condanna in prigione.

Swann e Newsam erano tornati dal Grand Canyon un paio di giorni prima – dicevano che non era lo stesso senza Luke e Gunner.

“A fare da babysitter a delle testate nucleari obsolete?” disse adesso Swann. “Immagino di essere pronto.”

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