La ragazza si fermò, e Sam accanto a lei, basito.
Davanti a loro vi era un immenso campo aperto, che conduceva, in lontananza, fino a degli splendidi giardini all'italiana, in cui l'erba era tagliata in forme elaborate di varie grandezze. Era bello, come un'opera d'arte vivente.
Ma ancora più sorprendente era quel che si intravedeva oltre i giardini: un palazzo, più grande di ogni edificio che Sam avesse mai visto nella sua vita. Interamente costruito in marmo, si estendeva per quanto lui poteva vedere in ogni direzione. Aveva uno stile classico, con dozzine di enormi finestre, e una grossa scalinata marmorea che conduceva alla sua entrata. Sapeva di aver visto delle fotografie di quell'edificio da qualche parte, ma non riusciva a ricordare che cosa fosse.
“Versailles,” Polly disse, fornendogli la risposta, come se gli avesse letto la mente.
Lui la guardò, e lei gli sorrise.
“E' dove viviamo. Sei in Francia. Nel 1789. E sono sicura che Aiden ti accoglierà in mezzo a noi, sempre che Maria lo permetta.”
Sam la guardò, con aria interrogativa.
“Maria?” le chiese.
Il suo sorriso si allargo e scosse la testa. Si voltò e saltellò per il campo, diretta al palazzo. Frattanto, ribattè:
“Perché, Maria Antonietta, naturalmente!”
*
Sam camminò al fianco di Polly, fino all'immensa scalinata marmorea, diretti verso le porte d'entrata del palazzo. Man mano che si avvicinavano, Sam notava sempre nuovi particolari. La magnificenza e le proporzioni di quel palazzo erano incredibili. Tutto intorno a lui, in ogni direzione, c'erano persone che credeva facessero parte della corte reale, con alcuni degli abiti più belli che avesse mai visto. Non riusciva a credere di trovarsi davvero in quel posto. Se qualcuno gli avesse detto che stava sognando, gli avrebbe creduto. Non era mai stato in presenza di un re prima di allora.
Naturalmente Polly non aveva smesso di parlare e Sam si costrinse a concentrarsi su quello che stava dicendo. Apprezzava che gli stesse intorno, gli piaceva la sua compagnia, sebbene prestarle attenzione fosse davvero difficile. La trovava anche carina. Ma c'era qualcosa in lei che lo rendeva incerto: non capiva se fosse attratto da lei o se gli piacesse soltanto come amica. Con le sue ex, era stata passione a prima vista. Con Polly, era più come una sorta di cameratismo.
“Vedi, la famiglia reale vive qui,” Polly disse, “ma anche noi viviamo qui. Ci vogliono qui. Dopotutto, siamo la miglior protezione che hanno. Viviamo insieme in quella che potresti definire un'amichevole armonia. Serve ad entrambi. Con questa enorme foresta, possiamo cacciare illimitatamente, un gran posto in cui vivere, e un'ottima compagnia. E, in cambio, collaboriamo nella protezione della famiglia reale. Senza contare che alcuni di loro sono dei nostri, comunque.”
Sam la guardò, sopreso.
“Maria Antonietta?” le chiese.
Polly annuì leggermente, come se provasse a mantenere un segreto, ma non ne fosse in grado.
“Ma non dirlo a nessuno,” sussurrò. “E anche qualcun altro. Ma la maggior parte dei reali è umana. Vogliono stare in mezzo a noi. Ma ci sono delle regole strette qui, e non è consentito. Siamo noi e loro, e non è permesso superare il confine. Ci sono alcuni membri della famiglia reale che non vogliono che abbiamo troppo potere. E anche Maria insiste su questo”.
“Ad ogni modo, questo è proprio un posto favoloso. Non posso immaginare che tutto questo finisca. Ci sono feste dopo feste, balli infiniti, danze, concerti …. Ci sarà l'evento più incredibile di tutti questa settimana. Un'opera, in realtà. Ho già scelto che cosa indossare.”
Appena si avvicinarono alle porte, diversi servi si precipitarono ad aprile. Le porte dorate erano imponenti, e Sam le guardò, stupito, mentre varcava la soglia.
Polly si incamminò per un enorme corridoio in marmo, come se lei stessa fosse la padrona del palazzo, e Sam si affrettò a tenere il passo. Mentre avanzano, Sam si guardava intorno, stupito da tutta quella opulenza. Percorsero infiniti corridoi pavimentati in marmo, con enormi candelabri appesi al soffitto, che illuminavano dozzine di specchi dorati. La luce del sole filtrava e si spingeva in ogni direzione.
Passarono di porta in porta, e, infine, entrarono in un enorme salotto, fatto anch'esso di marmo, con colonne tutte intorno ad esso. Diverse guardie si misero sull'attenti appena Polly entrò.
Polly scoppiò a ridere, senza dar segno di averlo notato. “Veniamo anche per allenarci qui,” disse. “Le loro attrezzature sono le migliori. Aiden ci costringe ad un programma duro. Sono sorpresa che mi abbia permesso di saltarlo per venire da te. Devi essere molto importante.”
“Allora dov'è?” Sam chiese. “Quando potrò incontrarlo?”
“Accidenti, sei impaziente, non è così? E' un uomo molto impegnato. Potrebbe decidere di incontrarti tra un po' di tempo. O potrebbe decidere di farlo subito. Non preoccuparti, saprai quando intenderà incontrarti. Dai tempo al tempo. Nel frattempo, mi è stato chiesto di mostrarti la tua camera.”
“La mia camera?” Sam chiese, sorpreso. “Aspetta un attimo. Non ho detto che posso restare qui. Come ho detto, devo davvero trovare mia sorella,” Sam cominciò a protestare quando un'enorme serie di doppie porte si aprì dinnanzi a loro.
Un gruppo di cortigiani entrò all'improvviso, raccolto intorno ad una donna che trasportavano su un trono reale.
Lo poggiarono a terra; appena lo fecero, Polly s'inchinò, indicando a Sam di fare lo stesso. Lui obbedì.
Una donna, e poteva trattarsi solo di Maria Antonietta, scese dal trono lentamente, facendo diversi passi verso di loro, e si fermò proprio davanti a Sam, facendogli cenno di alzarsi. Lui, di nuovo, obbedì.
La regina guardò Sam dall'alto in basso, come se fosse un oggetto interessante.
“Allora, tu sei il nuovo ragazzo,” lei disse, impassibile. I suoi occhi verdi bruciavano con un'intensità che lui non aveva mai visto, e potè, tuttavia, percepire che lei apparteneva alla sua stessa specie.
Infine, dopo quella che sembrò un'eternità, lei annuì. “Interessante.”
Ciò detto, passò dritta davanti a loro, e il suo entourage la seguì rapidamente.
Ma una ragazza si attardò; chiaramente, faceva parte della corte. Sembrava avere circa 17 anni, ed indossava un abito blu in velluto, dalla testa ai piedi. Aveva la pelle più bella che Sam avesse mai visto, lunghi e ricci capelli biondi e profondi occhi del colore del mare. Li fissò dritti su Sam, che ricambiò.
Lui si sentì indifeso davanti al suo sguardo, incapace di guardare altrove.
Era la ragazza più bella che avesse mai visto.
Dopo svariati secondi, lei fece un passo in avanti, e lo guardò negli occhi ancor più profondamente. Gli porse la mano, con il palmo verso il basso, chiaramente aspettandosi che lui la baciasse. Si muoveva lentamente, con una posa orgogliosa.
Sam le prese la mano e fu elettrizzato al tocco della sua pelle. Tenne ferme le dita di lei e le baciò.
“Polly?” la ragazza disse. “Non vuoi presentarci?”
Non era una domanda. Era un ordine.
Polly si schiarì la gola, con riluttanza.
“Kendra, Sam,” lei disse. “Sam, Kendra.”
Kendra, Sam pensò, guardandola negli occhi, sorpreso da come lo guardasse aggressivamente, come se lui fosse già una sua proprietà.
“Sam,” lei echeggiò, sorridendo. “Un po' semplice. Ma mi piace.”
CAPITOLO SEI
Kyle sfasciò il sarcofago di pietra con un singolo pugno. Lo distrusse in un milione di pezzi, e uscì fuori dalla tomba, in piedi e pronto ad entrare in azione.
Girovagò e si guardò intorno, pronto a combattere contro chiunque si avvicinasse. Infatti, sperava proprio che qualcuno gli si avvicinasse per sfidarlo. Questo viaggio nel tempo era stato particolarmente noioso, ed era pronto a scatenare la sua rabbia su qualcuno.
Ma, guardandosi intorno rimase deluso accorgendosi che la stanza era vuota. C'era soltanto lui.
Lentamente, la sua rabbia cominciò a scemare. Almeno, era finito nel posto giusto, e poteva già percepire che era l'epoca giusta. Sapeva di essere molto più esperto nei viaggi nel tempo rispetto a Caitlin: perciò era in grado di riapparire nel luogo e nel tempo voluto, in modo più specifico. Si guardò intorno, e con grande soddisfazione, comprese di essere finito esattamente dove intendeva essere: Les Invalides.
Les Invalides era un luogo che aveva sempre amato, che era sempre stato importante per i più malvagi della sua specie. Era un mausoleo, con profondi sotterranei, costruito in marmo; era adornato splendidamente, con i sarcofagi allineati lungo le pareti. L'edificio aveva una forma cilindrica ed un soffitto alto decine di metri, che culminava in una cupola. Era un luogo austero, il perfetto luogo di riposo per tutti i soldati d'elite di Francia. Era anche il sito, Kyle lo sapeva, in cui un giorno Napoleone sarebbe stato sepolto.
Ma non ancora. Era solo il 1789, e Napoleone, quel piccolo bastardo, era ancora vivo. Uno dei vampiri preferiti di Kyle. Doveva avere circa 20 anni ora, pensò Kyle, ed era ancora in procinto di iniziare la sua carriera. Non sarebbe stato sepolto in quel luogo se non dopo diversi anni. Naturalmente, essendo della sua razza, la sepoltura di Napoleone era solo uno stratagemma, soltanto un modo per lasciare che le masse di umani pensassero che fosse uno di loro.
Kyle sorrise a quel pensiero. Eccolo lì, il luogo delle spoglie mortali di Napoleone, prima che Napoleone fosse ancora “morto”. Avrebbe atteso di rivederlo di nuovo, per rammentare i vecchi tempi. Dopotutto, lui era una delle poche persone della sua specie, che Kyle quasi rispettava. Ma era anche un arrogante piccolo bastardo. Kyle avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Camminò lentamente lungo il pavimento di marmo, ed i suoi passi riecheggiarono nel silenzio mentre si guardava intorno. Aveva avuto giorni migliori. Aveva perso un occhio a causa di quell'orribile ragazzino, il figlio di Caleb, e il suo volto era ancora sfigurato per la punizione subita da Rexius, quando era a New York. E, come se non bastasse, ora aveva un'enorme ferita alla guancia, a causa della lancia che Sam gli aveva scagliato contro al Colosseo. Era un rottame, lo sapeva.
Ma, in un certo senso, questo gli piaceva. Era un sopravvissuto. Era vivo, e nessuno era stato in grado di fermarlo. Ed era più furioso che mai. Non solo era determinato a impedire a Caitlin e Caleb di trovare lo Scudo, ma ora era determinato a farla pagare ad entrambi. A farli soffrire, proprio come lui aveva sofferto. Anche Sam era sulla sua lista. Tutti e tre — li avrebbe fermati ad ogni costo, fino a quando non avesse torturato ognuno di loro lentamente.
Con pochi balzi, Kyle raggiunse la sommità della scalinata in marmo, e salì al livello superiore della tomba. Ci girò intorno, camminando fino alla fine della cappella, sotto all'enorme cupola, e raggiunse l'altare. Tastò la sua parete calcarea, cercando.
Infine, trovò quello che cercava. Spinse un chiavistello nascosto, e si aprì uno scompartimento segreto. Allungò la mano e ne estrasse una lunga spada d'argento, la cui impugnatura era ricoperta di pietre preziose. La sollevò verso la luce, e la studiò con soddisfazione. Era proprio come la ricordava.
Se la infilò dietro la schiena, si voltò e si diresse verso il corridoio, raggiungendo la porta d'ingresso. Caricò il colpo e, con un forte calcio, abbattè la grande porta in quercia scardinandola; un boato riecheggiò in tutto l'edificio vuoto. Kyle ne fu soddisfatto: aveva avuto conferma di aver recuperato tutta la sua forza.
Uscito all'aperto, vide che era ancora notte, e si rilassò. Se avesse voluto, avrebbe potuto volare per tutta la notte, dirigendosi verso il proprio obbiettivo—ma intendeva godersi il momento. La Parigi del 1789 era un luogo speciale. Lo ricordava bene, era piena di prostitute, alcolizzati, scommettitori, criminali. Nonostante i monumenti e l'eleganza della superficie, lì viveva un immenso sottobosco. Lui l'amava. La città aspettava solo di essere dominata da lui.
Kyle restò immobile, ad occhi chiusi, intento ad ascoltare ed a raccogliere informazioni. Riusciva a sentire fortemente la presenza di Caitlin in quella città. E quella di Caleb. Di Sam non si sentiva sicuro, ma sapeva che almeno i due c'erano. Questo andava bene. Ora, non gli restava che trovarli. Li avrebbe colti di sorpresa, e, immaginò, li avrebbe uccisi entrambi abbastanza facilmente. Parigi era proprio un luogo adatto. Non aveva un grande Consiglio di vampiri, come a Roma, a cui doveva rispondere. Ancor meglio, lì dimorava un potente covo malvagio, gestito da Napoleone. E Napoleone era in debito con lui.
Kyle decise che il suo primo compito era quello di localizzare il nanetto e indurlo a pagare il debito. Avrebbe assoldato tutti gli uomini di Napoleone per fare tutto quanto ritenuto necessario a trovare Caitlin e Caleb. Sapeva che gli uomini di Napoleone sarebbero stati utili, se lui ne avesse avuto bisogno. Stavolta, non avrebbe lasciato nulla al caso.
Ma aveva ancora tempo. Per prima cosa, si sarebbe potuto nutrire, ed avrebbe messo i piedi saldamente a terra. Inoltre, il suo piano era già in atto. Prima di lasciare Roma, aveva rintracciato il suo vecchio tirapiedi Sergei, e lo aveva spedito indietro nel tempo lì, dov'era lui. Se tutto fosse andato come aveva progettato, Sergei era già lì, e stava già lavorando proprio per eseguire la sua missione, infiltrandosi nel covo di Aiden. Kyle allargò il suo sorriso. Non c'era nulla che amasse di più di un traditore, di una piccola donnola come Sergei. Era diventato più che un utile piccolo burattino.
Kyle saltellò come uno scolaro, allegro, pronto a piombare dritto in città, e a prendere tutto quello che voleva.
Non appena Kyle si avviò per la via più vicina, un artista di strada gli si accostò, tenendo in mano una tela e un pennello, chiedendo a Kyle il permesso di ritrarlo. Se c'era qualcosa che Kyle odiava era qualcuno che intendesse fargli un ritratto. Nonostante ciò, era di buon uomore, e decide di lasciar vivere l'uomo.
Ma l'uomo cominciò ad insistere, seguendo Kyle aggressivamente, spingendo la sua tela verso di lui: era andato un po' troppo oltre. Kyle si voltò, afferrò il suo pennello, e glielo affondò proprio in mezzo agli occhi. Un istante dopo, l'uomo piombò a terra privo di vita.
Kyle prese la tela e la spaccò sopra il cadavere.
Poi proseguì, soddisfatto di sé. La notte si stava rivelando sempre più grandiosa.
Appena svoltò in un vicolo in ghiaia, diretto al distretto che ricordava, tutto cominciò a tornargli familiare. Diverse prostitute occupavano la strada, chiamandolo. Allo stesso tempo, due grossi uomini erano fuori ad un bar, chiaramente ubriachi, e urtarono brutalmente Kyle, senza guardare dove stessero andando.
“Hey, tu idiota!” uno di loro gli gridò contro.
L'altro si voltò verso Kyle. “Hey, uomo dall'occhio solo!” gridò. “Guarda dove vai!”
Il grosso uomo si fece avanti, spintonando brutalmente Kyle al petto.
Ma i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, quando si accorse che la sua spinta non aveva sortito alcun risultato. Kyle non si era affatto mosso; era stato come colpire una parete di pietra.
Kyle scosse lentamente il capo, meravigliato dalla stupidità di quei due energumeni. Prima che potessero reagire, impugnò la spada appesa sulla schiena, la estrasse con un rumore metallico e, con una sola mossa, li decapitò entrambi in una frazione di secondo.