Trovata - Морган Райс 7 стр.


Gerusalemme, Caitlin pensò. Sembrava così lontano. Avevano volato fino a lì, a Cafarnao. E ora, le sembrava di inseguire un'oca selvatica. Dopo tutto questo, dovevano tornare indietro a mani vuote.

Ma poteva sentire la Stella di Davide bruciare nella sua mano, ed era certa che dovesse esserci una ragione per cui erano stati inviati a Cafarnao. Sentiva che c'era qualcosa di più, qualcosa che avevano bisogno di trovare.

“Uno dei suoi discepoli è ancora qui,” disse un pescatore. “Paolo. Potete chiederlo a lui. Potrebbe sapere esattamente dove stanno andando.”

“Lui dov'è?” Caitlin chiese.

“Dove tutti trascorrono il loro tempo. Nella vecchia sinagoga,” l'uomo rispose. Si voltò e puntò sopra la sua spalla con il pollice.

Caitlin si voltò e notò su una collina, affacciato sull'oceano, uno splendido piccolo tempio di calcare. Persino in quell'epoca, sembrava antico. Adornato da meravigliose colonne, guardava il mare, con una vista diretta sulle onde che s'infrangevano. Perfino da lì, Caitlin poteva percepire che si trattava di un luogo sacro.

“Era la sinagoga di Gesù,” uno degli uomini disse. “Era lì che trascorreva tutto il suo tempo.”

“Grazie,” Caitlin disse, cominciando ad incamminarsi verso l'edificio sacro.

Mentre camminava, l'uomo le si avvicinò e le afferrò il braccio, con la sua nuova mano sana. Caitlin si fermò e lo guardò. Poteva sentire l'energia pulsare attraverso la sua mano, nel suo braccio. Era diversa da qualsiasi altra cosa avesse mai sentito. Era un'energia guaritrice, confortante.

“Non sei di qui, vero?” l'uomo chiese.

Caitlin lo sentì guardarla negli occhi, e poté affermare che lui stava percependo qualcosa. Realizzò che sarebbe stato inutile mentirgli.

Lei scosse lentamente la testa. “No, non lo sono.”

Lui stette a guardarla a lungo, poi annuì lentamente, soddisfatto.

“Tu lo troverai,” le disse. “lo sento.”

*

Caitlin e Caleb camminarono lungo la riva, con le onde che s'infrangevano accanto a loro e l'odore del sale che permeava l'aria. La dolce brezza era rinfrescante, specialmente dopo tanto tempo trascorso al caldo del deserto. Svoltarono e scalarono una piccola collina, in cima alla quale era eretta l'antica sinagoga.

Caitlin guardò in alto mentre si avvicinavano: costruito in calcare eroso dal tempo, sembrava che fosse lì da migliaia di anni. Poteva sentire l'energia provenire dal luogo; quello era un luogo sacro, poteva già dirlo. La sua enorme porta ad arco era socchiusa e stridente, mentre oscillava al vento, scossa dalla brezza oceanica.

Mentre raggiungevano la cima della collina, passarono dinnanzi a gruppi di fiori selvatici, che sembravano crescere negli anfratti della roccia, in una varietà di colori brillanti nel deserto. Erano i fiori più belli che Caitlin avesse mai visto, così inaspettati, così insoliti per quel luogo desolato.

Raggiunsero la cima della collina e si diressero alla porta. Caitlin sentì bruciare la Stella di Davide nella tasca e seppe che era il posto giusto.

Lei guardò in su e vide oltre l'entrata, incastonata nella pietra, un'enorme stella di Davide d'oro, circondata da lettere ebraiche. Era stupefacente pensare che stava per entrare in un luogo dove Gesù aveva trascorso così tanto tempo. In qualche modo, si era aspettata di entrare in una chiesa – ma, naturalmente, riflettendoci, realizzò che non avrebbe avuto senso, visto che le chiese non erano state ancora costruite, naturalmente, se non dopo la sua morte. Sembrava strano pensare a Gesù in una sinagoga – ma, dopotutto, lei sapeva che era stato ebreo, e un rabbino, e pertanto, aveva perfettamente senso.

Ma quale rilevanza aveva tutto questo per la sua ricerca del padre? Dello scudo? Si convinceva sempre di più del fatto che tutto questo era connesso, tutti i secoli, le epoche ed i luoghi, tutte le ricerche avvenute nei monasteri e nelle chiese, tutte le chiavi e tutte le croci. Sentiva che un filo comune risiedeva lì, proprio davanti ai suoi occhi. Ma ancora non sapeva che cosa fosse.

Chiaramente, c'era una sorta di elemento sacro, spirituale legato a qualcosa che lei doveva trovare. Il che le sembrava anche strano, perché dopotutto, quello era un mondo di vampiri. Ma, immediatamente, si rese conto che era anche una guerra spirituale tra le forze soprannaturali del bene e del male, quelle che volevano proteggere il genere umano e quelle che invece intendevano danneggiarlo. E chiaramente, qualunque cosa fosse, avrebbe avuto enormi conseguenze non solo per la razza vampira, ma anche per quella umana.

Guardò la porta socchiusa, e si chiese se dovessero semplicemente entrare.

“Salve?” Caitlin chiamò.

Attese qualche secondo, con la voce che riecheggiò. Non ci fu risposta.

Guardò Caleb, che annuì, confermandole silenziosamente che anche lui sentiva che si trovavano nel luogo giusto. Lei si avvicinò, posò il palmo sull'antica porta di legno, e la spinse gentilmente. Questa cigolò, mentre si aprì, ed entrarono nell'edificio oscuro.

L'interno, riparato dal sole, era più fresco e a Caitlin occorse un istante perché la vista le si adeguasse. Lentamente lo fece e la ragazza lasciò vagare lo sguardo nella stanza.

Era magnifica, diversa da qualsiasi altra cosa che avesse mai visto. Non era grandiosa, come molte chiese in cui era stata; in realtà, era un umile edificio, fatto di marmo e calcare, decorato con colonne, e con complesse incisioni sul soffitto. Non c'erano panche, nessun posto in cui sedersi – soltanto un enorme spazio aperto. All'estremità c'era un semplice altare – su cui campeggiava non una croce ma un'enorme Stella di Davide. Dietro di essa, c'era un armadio dorato, con immagini di due grandi rotoli incise sopra.

Soltanto poche e piccole finestre ad arco occupavano le pareti, e, anche se la luce del sole filtrava qua e là, l'illuminazione rimaneva debole. Quel luogo era così silenzioso, così calmo. Caitlin poteva sentire l'infrangersi delle onde, a distanza, dietro di lei.

Caitlin e Caleb si scambiarono uno sguardo, poi s'incamminarono assieme lungo la navata, dirigendosi verso l'altare. Mentre camminavano, i loro passi riecheggiarono sul marmo, e Caitlin non riusciva a scuotersi di dosso la sensazione di essere osservata.

Raggiunsero la fine della navata e si fermarono dinnanzi all'armadio. Caitlin studiò i disegni incisi nell'oro: erano così dettagliati, così complessi, le ricordavano di quella chiesa a Firenze, nel Duomo, alle sue porte dorate. Sembrava che qualcuno avesse speso un'intera vita a intagliare anche questa. Oltre alle immagini dei rotoli, c'erano incise lettere ebraiche tutte intorno. Caitlin si chiese che cosa contenesse.

“La Torah,” giunse una voce.

Caitlin si voltò, scioccata da sentire un'altra voce. Non comprendeva come qualcuno potesse essersi celato così bene, senza farsi notare – e come potesse, soprattutto, leggerle la mente. Solo una persona molto speciale poteva farlo. Che si trattasse di un vampiro o di una persona sacra, o entrambi.

Un uomo si avvicinò loro, con indosso una veste bianca ed il cappuccio abbassato, con lunghi e arruffati capelli castano chiaro e una barba dallo stesso colore. Aveva degli splendidi occhi blu e un viso compassionevole, illuminato da un sorriso. Sembrava senza età, poteva avere forse una quarantina d'anni, e camminava verso di loro zoppicando leggermente, tenendo in mano un bastone.

“Sono i rotoli del Vecchio Testamento. I cinque libri di Mosé. Questo si cela dietro quelle porte d'oro.”

Lui continuò ad avvicinarsi, fino a pochi metri di distanza, e qui si fermò davanti a Caitlin e Caleb. La guardò e Caitlin poté scorgere l'intensità provenire da lui. Chiaramente non era una persona ordinaria.

“Sono Paolo,” lui disse, tenendo la mano poggiata sul suo bastone.

“Sono Caitlin e questo è mio marito Caleb,” lei rispose.

Lui sorrise ampiamente.

“Lo so,” rispose.

Caitlin si sentì sciocca. Chiaramente, quell'uomo, in grado di leggerle la mente così facilmente, doveva sapere molto di lei. Era una sensazione angosciosa, che tutte quelle persone, in tutti quei secoli e luoghi, sapessero di lei, e che tutti la stessero aspettando. Ciò le fece sentire un senso di scopo, un senso di missione, ancor di più. Ma la rese ancora più frustrata, visto che non sapeva che cosa fosse, o dove andare dopo.

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