“Il peggior giorno della mia vita,” continuò Dierdre, “è stato quando mio padre ha ceduto alla legge pandesiana, quando ha permesso che quelle navi entrassero nei nostri canali e ha fatto abbassare le nostre bandiere. Fu un giorno molto triste, addirittura più triste di quando concesse che mi portassero via.”
Kyra capiva tutto anche troppo bene. Capiva il dolore che Dierdre aveva passato, il senso di tradimento.
“E quando tornerai?” chiese Kyra. “Vedrai tuo padre?”
Dierdre abbassò lo sguardo. Alla fine disse: “È ancora mio padre. Ha fatto un errore. Sono certa che non si è reso conto di cosa ne sarebbe stato di me. Penso che non sarà mai più lo stesso quando saprà cosa mi è successo. Voglio raccontarglielo. A quattr’occhi. Voglio che capisca il dolore che ho provato. Il suo tradimento. Deve capire cosa succede quando un uomo decide il destino di una donna.” Si asciugò una lacrima. “Una volta era il mio eroe. Non capisco come abbia potuto vendermi così.”
“E ora?” chiese Kyra.
Dierdre scosse la testa.
“Non più. Ho smesso di fare degli uomini i miei eroi. Ne troverò di altri.”
“E tu?” chiese Kyra.
Dierdre la guardò confusa.
“Cosa intendi dire?”
“Perché guardare oltre te stessa?” le chiese. “Non puoi essere tu il tuo eroe?”
Dierdre ridacchiò.
“E perché dovrei?”
“Tu sei un eroe per me,” disse Kyra. “Quello che hai sofferto là dentro io non potrò mai soffrirlo. Sei sopravvissuta. E più ancora, sei di nuovo in piedi e continui a crescere anche adesso. Questo ti rende un eroe ai miei occhi.”
Dierdre sembrò riflettere sulle sue parole mentre continuavano nel silenzio.
“E tu, Kyra?” chiese infine Dierdre “Dimmi qualcosa di te.”
Kyra scrollò le spalle pensierosa.
“Cosa ti piacerebbe sapere?”
Dierdre si schiarì la gola.
“Dimmi del drago. Cos’è successo? Non ho mai visto nulla del genere. Perché è venuto da te?” Esitò. “Chi sei?”
Kyra fu sorpresa di scorgere della paura nella sua voce. Soppesò le sue parole, volendo rispondere sinceramente e desiderando avere una risposta.
“Non lo so,” rispose alla fine con tutta sincerità. “Suppongo sia quello che scoprirò.”
“Non lo sai?” insistette Dierdre. “Un drago scende dal cielo per combattere per te e tu non sai perché?”
Kyra pensò a quanto folle apparisse, eppure non poté fare altro che scuotere la testa. Sollevò lo sguardo riflessiva verso il cielo e tra i rami intricati, nonostante tutta la speranza, sperò di scorgere un segno di Theo.
Ma non vide altro che buio. Non udì alcun drago e il suo senso di isolamento si fece più profondo.
“Sai che sei diversa, vero?” insistette Dierdre.
Kyra scosse le spalle con le guance in fiamme sentendosi in imbarazzo. Si chiedeva se la sua amica la considerasse un qualcosa di strano.
“Una volta ero sicura di tutto,” rispose Kyra. “Ma adesso… onestamente non lo so più.”
Continuarono a cavalcare per ore, di nuovo in un agiato silenzio, a volte trottando quando il bosco si apriva un poco, altre volte con gli alberi così fitti che avevano bisogno di scendere e portare i cavalli a mano. Kyra si sentiva all’erta per tutto il tempo, sentendosi come se potessero essere attaccate in ogni momento, mai capace di rilassarsi in quella foresta. Non sapeva cosa le facesse più male: il freddo o la fame che le lacerava lo stomaco. Le facevano male i muscoli e non sentiva più le labbra. Era in una condizione misera. Non poteva concepire che la loro impresa fosse appena iniziata.
Dopo altre ore Leo iniziò a piagnucolare. Era un suono strano, non il solito mugolio, ma il verso che faceva quando sentiva odore di cibo. Nello stesso momento anche Kyra fiutò qualcosa e Dierdre si voltò a guardare verso la stessa direzione.
Kyra scrutò nel bosco, ma non vide nulla. Quando si fermarono ad ascoltare iniziò ad udire un lieve rumore di movimento più avanti.
Si sentiva allo stesso eccitata per l’odore e nervosa per quello che poteva significare: altri stavano condividendo quella foresta con loro. Ricordò l’avvertimento di suo padre e l’ultima cosa che voleva era un confronto. Non lì e non in quel momento.
Dierdre la guardò.
“Sto morendo di fame,” disse.
Anche Kyra sentiva le fitte della fame.
“Chiunque sia, in una notte come questa,” le rispose, “ho la sensazione che non sia saggio condividere con lui.”
“Abbiamo un sacco di oro,” disse Dierdre. “Forse ci venderanno qualcosa.”
Ma Kyra scosse la testa provando una brutta sensazione mentre Leo piagnucolava e si leccava le labbra, chiaramente affamato.
“Non penso sia una cosa saggia,” disse nonostante il dolore allo stomaco. “Dovremmo continuare lungo il nostro cammino.”
“E se non troviamo cibo?” insistette Dierdre. “Potremmo morire tutti di fame qua fuori. Anche i nostri cavalli. Potrebbero passare giorni e questa potrebbe essere la nostra unica possibilità. E poi abbiamo poco di cui temere. Tu hai le tue armi. Io ho le mie, e poi abbiamo Leo e Andor. Se ne hai bisogno, puoi infilzare qualcuno con tre frecce prima ancora che sbatta le palpebre e potremmo scappare in tempo.”
Ma Kyra esitava, poco convinta.
“Inoltre dubito che un cacciatore con un poco di carne potrebbe farci mai del male,” aggiunse Dierdre.
Kyra, percependo la fame di tutti gli altri, il loro desiderio di mangiare, non poté più resistere.
“Non mi piace,” disse. “Andiamo lentamente e vediamo chi è. Se percepiamo pericolo, devi convenire con me e ce ne dobbiamo andare prima di arrivare troppo vicini.”
Dierdre annuì.
“Te lo prometto,” rispose.
Si diressero tutti velocemente nel mezzo del bosco. Mentre l’odore si faceva più forte Kyra vide un lieve bagliore davanti a loro e mentre vi si dirigevano il cuore iniziò a batterle forte in petto chiedendosi chi potesse trovarsi là fuori.
Rallentarono man mano che si avvicinavano, muovendosi con cautela e facendosi strada tra gli alberi. Il bagliore si fece più chiaro, il rumore più forte e Kyra percepì che si trovavano nei pressi di un grande gruppo di persone.
Dierdre, meno cauta, lasciando che la propria fame prevalesse su di lei, andò più veloce muovendosi davanti e guadagnando un po’ di distanza.
“Dierdre?” sibilò Kyra ordinandole di tornare indietro.
Ma Dierdre continuò ad avanzare apparentemente sopraffatta dalla fame.
Kyra si affrettò a raggiungerla e il bagliore si fece più intenso mentre Dierdre di fermava ai margini di una radura. Quando Kyra si fermò accanto a lei guardò oltre e fu scioccata da ciò che vide.
Lì, nella radura, c’erano decina di maiali arrostiti su spiedi, grandi falò che illuminavano la notte. Il profumo era accattivante. Nella radura si trovavano anche decine di uomini e strizzando gli occhi Kyra rimase di sasso vedendo che si trattava di soldati pandesiani. Fu scioccata di vederli lì seduti attorno ai falò, ridendo, scherzando gli uni con gli altri, bevendo da fiaschi di vino e mangiando da mani piene di tozzi di carne.
Dalla parte opposta della radura Kyra vide con sconforto un ammasso di gabbie di ferro con sbarre. Decine di volti scarni fissavano famelici, i volti di ragazzi e uomini, tutti disperati, tutti prigionieri. Kyra si rese conto all’istante di cosa si trattava.
“Le Fiamme,” sibilò a Dierdre. “Li stanno portando a Le Fiamme.”
Dierdre, ancora cinque metri buoni avanti a lei, non si voltò, gli occhi fissi sui maiali arrostiti.
“Dierdre!” sibilò Kyra provando un senso di allarme. “Dobbiamo andarcene da qui all’istante!”
Ma Dierdre non la ascoltò e Kyra, lanciando la cautela al vento, corse in avanti per afferrarla.
L’aveva appena raggiunta quando improvvisamente percepì del movimento con la coda dell’occhio. Nello stesso momento Leo e Andor ringhiarono, ma era troppo tardi. Dal bosco emersero improvvisamente dei soldati pandesiani lanciando una grossa rete sopra di loro.
Kyra si voltò e istintivamente allungò le mani dietro per afferrare il suo bastone, ma non ce ne fu il tempo. Prima che potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo sentì la rete cadere su di lei e legarle le braccia e si rese conto con il cuore spezzato che ora erano schiavi di Pandesia.
CAPITOLO SETTE
Alec si dimenava mentre cadeva indietro sentendo la fredda aria che lo sferzava, lo stomaco che gli si stringeva mentre precipitava verso il suolo dove lo aspettava il branco di wilvox. Vide la vita scorrergli davanti agli occhi. Era fuggito al morso velenoso di una creatura là sopra solo per cadere verso quella che sarebbe sicuramente stata una morte istantanea di sotto. Accanto a lui anche Marco di dimenava mentre entrambi cadevano insieme. Era di poco sollievo. Alec non voleva veder morire anche l’amico.
Alec sentì che sbatteva contro qualcosa, un dolore sordo gli attraversò la schiena e si aspettò di sentire le zanne affondargli nella carne. Ma fu sorpreso di accorgersi che era il corpo muscoloso di un wilvox quello che si dimenava sotto di lui. Era caduto così rapidamente che i wilvox non avevano avuto il tempo di reagire e lui era atterrato sui loro dorsi che avevano così attutito il colpo rimanendo schiacciati a terra.
Udì un tonfo accanto a sé e vide Marco finire sopra un’altra di quelle creature mandando a terra anche quella, abbastanza almeno da evitare lo schiocco delle sue fauci. Questo lasciava solo pochi altri wilvox contro cui difendersi. Uno di essi scattò in azione calando i denti contro la pancia di Alec.
Alec, ancora sdraiato di schiena con un wilvox sotto di sé, lasciò che il suo istinto avesse la meglio e mentre la bestia gli saltava addosso si tirò indietro, sollevò uno stivale e lo mise a protezione al di sopra della testa. La bestia atterrà sul suo piede e subito Alec lo spinse via facendolo volare indietro.
Quello atterrò parecchi metri lontano, nella neve, facendo guadagnare ad Alec del tempo prezioso, oltre a una seconda possibilità.