“Un uomo fedele,” disse la nobildonna, voltandosi per andarsene. “Chiunque ella sia, spero sappia quanto è fortunata.”
“Se solo le cose fossero così semplici,” disse Jan scuotendo la testa.
Si mosse attraverso la festa cercando di non essere il fantasma dei festeggiamenti. L’ultima cosa che voleva fare era rovinare la gioia di tutti per questa giornata, meno che meno quella di Sofia. Quello era l’aspetto più difficile dell’amarla così tanto: era impossibile essere egoista come avrebbe dovuto mostrarsi al riguardo. Avrebbe dovuto provare gelosia per Sebastian, avrebbe dovuto odiarlo con passione. Avrebbe dovuto essere furente con Sofia per aver scelto un uomo che l’aveva messa da parte una volta.
Ma non poteva farlo. Amava talmente tanto Sofia. Voleva che fosse felice più di qualsiasi altra cosa al mondo.
“Stai bene, Jan?” chiese Lucas avvicinandoglisi con il genere di silenzio che rendeva Jan felice del fatto che non avrebbero mai dovuto combattere uno contro l’altro. Jan aveva sempre pensato di essere capace di combattere, ma i fratelli di Sofia erano qualcosa di completamente diverso.
Forse era un bene che avesse la mente chiusa alla lettura di altri, altrimenti poteva anche darsi che fossero costretti a combattere. Jan dubitava che Lucas l’avrebbe presa bene se fosse venuto a sapere quanto Jan era perdutamente innamorato di sua sorella.
“Sto bene,” rispose Jan. “Forse un po’ troppe donne che cercano di prendermi come un pescatore farebbe con un pescespada.”
“Ho avuto lo stesso problema,” disse Lucas. “Ed è dura festeggiare quando allo stesso tempo stai pensando a qualcos’altro.”
Per un momento Jan pensò che Lucas avesse potuto in qualche modo vedere oltre le protezioni che lui aveva eretto, vedendo cose che non avrebbe dovuto vedere. Forse era solo così chiaramente scritto in faccia che non ci voleva qualcuno capace di leggere la mente per capirlo.
“Sono felice per mia sorella,” disse Lucas con un sorriso. “Solo c’è una parte di me che vorrebbe i miei genitori qui come testimoni di tutto questo, e quella parte sa che potrei essere là fuori a cercarli. Forse avrei potuto portarli qui per il matrimonio di Sofia, e per la nascita del loro nipote.”
“O forse a volte dobbiamo solo essere forti e accettare che le cose non accadano nel modo che vorremmo,” suggerì Jan. “E significa che arrivi ad essere qui. Arrivi a vedere la tua nipotina o il tuo nipotino.”
“Nipotina,” disse Lucas. “Le visioni tolgono il divertimento dell’indovinare. Però hai ragione, Jan. Aspetterò. Sei un brav’uomo, cugino.”
Strinse il braccio di Jan.
“Grazie,” gli disse Jan, anche se non era sicuro di crederci a volte. Un vero brav’uomo non avrebbe sperato che alla fine Sofia mettesse tutto da parte e lo amasse come lui amava lei.
“Ora,” disse Lucas, “ti stavo cercando perché è arrivato tramite uccello un messaggio per te. Il ragazzo che l’ha portato dalle voliere è laggiù.”
Jan guardò e vide un giovane in piedi vicino a uno dei tavoli del banchetto, intento a prendere di soppiatto del cibo, probabilmente insicuro che fosse destinato a quelli come lui.
“Grazie,” disse Jan.
“Di niente. Dovrei tornare da Sofia. Voglio essere presente quando mia nipote verrà al mondo.”
Lucas si allontanò e lasciò Jan libero di dirigersi verso il messaggero. Il ragazzo sembrava un po’ colpevole mentre Jan si avvicinava, infilandosi il dolce in bocca e masticandolo frettolosamente.
“Non ti devi preoccupare,” disse Jan. “La festa è per tutti, te incluso. Ci sono delle cose che tutti dovrebbero poter festeggiare.”
“Sì, mio signore,” disse il ragazzo. Gli porse un biglietto. “È arrivato questo per voi.”
Gli porse un foglietto ben arrotolato perché lo prendesse. Jan lo aprì e lesse.
Jan. Endi ha preso Ishjemme. Sta uccidendo la gente. Rika è prigioniera. Io devo fare quello che dice. Abbiamo bisogno di aiuto. Oli.
Jan rimase immobile dopo aver letto il messaggio. Non voleva crederci. Endi non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non avrebbe mai tradito Ishjemme a quel modo. Oli però non avrebbe raccontato bugie, ed Endi… beh, gli era sempre piaciuto sgattaiolare nell’ombra, ed era stato sospetto il modo in cui molte delle loro navi si erano girate a metà strada dalla battaglia per Ashton.
Lo stesso l’idea che suo fratello avesse montato una sorta di colpo di stato era difficile da comprendere. Se qualsiasi altra persona avesse inviato quel messaggio, Jan non avrebbe avuto problemi a dichiararlo un bugiardo. Ma dati i fatti… non sapeva cosa fare.
“Non posso dirlo agli altri,” disse a se stesso. Se l’avesse raccontato ai suoi fratelli, avrebbero voluto correre a Ishjemme per assicurarsi che fosse al sicuro, e questo avrebbe privato Sofia del supporto di cui aveva disperatamente bisogno. Però non poteva neanche ignorare un messaggio come quello.
Ciò significava che doveva andare a casa.
Jan non voleva andare a casa. Voleva restare qui, più vicino possibile a Sofia. Voleva essere presente nel caso ci fosse stata altra violenza, nel caso che lei o i suoi fratelli avessero bisogno di lui. Ashton si stava appena riprendendo dai conflitti che l’avevano rovinata, e lasciarla ora era come abbandonarla. Era come abbandonare Sofia.
“Sofia non ha bisogno di me,” disse Jan.
“Cos’è successo, mio signore?” chiese il messaggero.
“Niente,” disse Jan. “Puoi portare un messaggio da parte mia a… portalo a Sofia quando sarà in grado di sentirlo. Portale il messaggio che mi hai portato, e dille che sono andato a gestire le cose. Dille che…” In quel momento non poteva dire niente di ciò che avrebbe voluto. “Dille che tornerò presto.”
“Sì, mio signore,” disse il messaggero.
Jan partì in direzione del molo. Le navi dell’invasione erano ancora lì, e alcune di loro avrebbero ascoltato se avesse chiesto il loro aiuto. Non ne avrebbe prese molte, non poteva sopportare il pensiero di lasciare Sofia senza protezione, ma avrebbe avuto bisogno di qualche dimostrazione di forza se voleva convincere suo fratello a farsi indietro.
Sofia non aveva bisogno di lui in quel momento, ma sembrava che il suo fratello più giovane e sua sorella ne avessero di più. Per quanto Jan odiasse l’idea di lasciare Ashton, non poteva ignorare questo. Non poteva stare da parte mentre Endi prendeva Ishjemme con la forza. Sarebbe andato lì, avrebbe scoperto ciò che stava realmente accadendo e avrebbe gestito la situazione. Magari, una volta finito, avrebbe anche capito cosa fare per quanto riguardava la donna che amava.
CAPITOLO SETTE
Sofia stava sdraiata sul letto che la levatrice le aveva preparato, le servitrici raccolte attorno a lei insieme as alcune nobili, e francamente così tanta gente che le venne da chiedersi se una regina potesse mai avere un po’ di privacy. Avrebbe ordinato che uscissero se avesse avuto il fiato per farlo. Non poteva neanche chiedere a Sebastian che lo facesse lui, perché la levatrice era stata piuttosto chiara sul fatto che non voleva nessun uomo nella stanza, neanche un re.
“Stai facendo bene,” la rassicurò la donna, anche se Sofia poteva vedere la preoccupazione nella sua mente, i preparativi per centinaia di cose che potevano andare storte. Era impossibile trattenere i propri poteri in quel momento, dato che i pensieri le si riversavano addosso in ondate che sembravano coincidere con il dolore delle sue contrazioni.
“Sono qui,” disse Kate correndo nella stanza. Guardò la gente presente.
Chi sono tutte queste persone? chiese a Sofia con il pensiero.
Non le voglio qui, riuscì a rispondere lei nel dolore. Ti prego, Kate.
“Ok,” gridò Kate con voce che era probabilmente ben adatta al suo nuovo ruolo con l’esercito. “Chiunque non sia attivamente me o la levatrice, se ne vada! No, no, nessuna discussione. Questo è un parto, non un’esibizione pubblica! Fuori!”
Il fatto che tenesse la mano sull’elsa della spada probabilmente le fu di aiuto a far sloggiare la gente, e in meno di un minuto la stanza fu vuota, eccetto per loro tre.
“Meglio?” chiese Kate prendendole la mano.
“Grazie,” disse Sofia, poi gridò mentre un’altra ondata di dolore la colpiva.
“Ci sono delle foglie di valeriana in una ciotola lì,” disse la levatrice. “Daranno una mano con il dolore. Dato che vi siete appena sbarazzata di tutte le servitrici, penso che vi offrirete volontaria per aiutarmi, altezza.”
“Sofia non ne avrà bisogno,” disse Kate.
Sofia sentiva decisamente di averne bisogno, ma poi capì quello che intendeva sua sorella. Kate le toccò la mente, e sentì anche Lucas, tutti e due che lavoravano insieme per distogliere la sua mente dal dolore, tirandola fuori dai confini del suo corpo.
Siamo qui per te, le inviò Lucas, e anche il tuo regno.
Sofia sentì il regno attorno a sé, nel modo in cui le era successo solo poche volte prima. La connessione era innegabile. Lei non ne era solo la regina, ma era parte di esso, in sintonia con il potere vivente di tutto ciò che respirava all’interno dei suoi confini, con l’energia del vento e dei fiumi, con la fresca forza delle colline.
La voce della levatrice arrivò da lontano. “Dovete spingere alla prossima contrazione, vostra altezza. State pronta. Spingete.”
Spingi, Sofia, le disse Kate.
Kate sentì il suo corpo rispondere, anche se sembrava essere da qualche parte distante ora, così lontano che il dolore pareva essere in attesa, come qualcosa che stava accadendo a qualcun altro.
Devi spingere più forte, le disse Kate.
Sofia fece del proprio meglio, e poté sentire delle grida di dolore che le parvero essere le proprie, anche se non sembravano toccarla. Toccavano il regno, però. Vide delle nuvole di tempesta raccogliersi sopra di sé, sentì la terra rombare sotto. Con il poco controllo che aveva su quel collegamento, non poteva fermare quella turbolenza.
Le nuvole di tempesta esplosero in un torrente di pioggia che fece gonfiare i fiumi e inzuppò la gente che vi stava sotto. La tempesta fu breve e potente, il sole riapparve in cielo rapidamente, come se niente fosse mai accaduto, un arcobaleno che si dispiegava al suo seguito.
Puoi tornare in te adesso, Sofia, le inviò Lucas. Vedi tua figlia.
Lui e Kate riportarono Sofia in sé, tirandola in modo che potesse di nuovo guardare la stanza, respirando sonoramente mentre la levatrice stava poco distante, già intenta ad avvolgere in dei panni un piccolo corpo. Lucas allora era lì, avendo ovviamente ignorato gli ordini della levatrice.
Sofia provò un’ondata di gioia attraversarla mentre sentiva il pianto di sua figlia, il gorgoglio che fanno i neonati quando vogliono stare con la mamma.
“Sembra forte,” disse Kate prendendo la bambina con sorprendente delicatezza e aspettando che la levatrice gliela lasciasse prima di porgerla a Sofia. Sofia allungò le braccia per prendere sua figlia, guardando quegli occhi che sembravano contenere il mondo intero. In quel momento sua figlia era il mondo intero.
La visione colpì Sofia tanto forte da lasciarla quasi senza fiato.
Una giovane donna con i capelli rossi stava in una stanza del trono, i rappresentanti di un centinaio di paesi inginocchiati davanti a lei. Usciva nelle strade, distribuiva pane ai poveri, raccoglieva fiori lanciati ai suoi piedi in modo da poter lietamente costruire una corona per un gruppo di bambini. Allungò una mano verso un fiore mezzo appassito e lo riportò in vita…
… Camminava in mezzo a un campo di battaglia, una spada in mano, conficcandola nei corpi dei morenti, mettendo fine ai loro tentativi di tenersi aggrappati alla vita. Allungò una mano verso un giovane e gli strappò la vita solo con un tocco, usandola poi per riempire il grande pozzo di potere che le avrebbe permesso di guarire le sue truppe…
… Ballava al centro di una festa, ridendo mentre roteava, ovviamente amata da coloro che la circondavano. Degli artisti si esibivano a bordo stanza con ogni strumento, dai colori, alla pietra, alla magia, creando opere così belle da far quasi male agli occhi di chi le guardava. Lei accoglieva i poveri nella sua festa, non come forma di carità, ma perché non vedeva alcuna differenza tra dar da mangiare ai suoi amici e a chiunque avesse fame…
… stava in piedi sul ciglio di una fossa per i combattimenti, davanti a un gruppo di nobili che tremavano mentre si inginocchiavano, sollevando lo sguardo verso di lei con un misto di paura e odio che fece rabbrividire Sofia a vederli.
“Mi avete tradito,” disse la ragazza con una voce dalla bellezza quasi perfetta. “Avreste potuto avere tutto, e tutto quello che dovevate fare era seguire i miei ordini.”
“Ed essere niente di più che schiavi!” disse uno degli uomini.
Lei avanzò verso di loro, una spada in mano. “Deve esserci un prezzo per questo.”
Si portò più vicina e l’uccisione iniziò mentre attorno a lei la folla cantava una parola, un nome, più e più volte: “Christina, Christina…”
Sofia si risvegliò di scatto, fissando sua figlia, non comprendendo ciò che era appena successo. Capiva la sensazione di una vera visione ormai, ma non capiva cosa significasse tutto questo. Sembravano due serie di visioni contemporaneamente, una che contraddiceva l’altra. Non potevano essere entrambe vere, no?
“Sofia, cosa c’è?” chiese Kate.
“Io… ho avuto una visione,” disse Sofia. “Una visione su mia figlia.”
“Che genere di visione?” chiese Lucas.
“Non capisco,” disse Sofia. “L’ho vista, e per la metà del tempo stava facendo cose bellissime e meravigliose, e il resto… era crudele e malvagio.”
Facci vedere, suggerì Kate.
Sofia fece del proprio meglio, inviando le immagini della sua visione a entrambi. Anche così non aveva la sensazione che la cosa avesse senso. Non riusciva a trasmettere quanto meraviglioso e terrificante sembrasse, quanto fosse potentemente reale, anche confronto ad altre visioni che aveva avuto.
“Posso toccarle la mente?” chiese Lucas quando Sofia ebbe finito.
Sofia annuì, immaginando che stesse controllando per la presenza di ogni segno che sua figlia non fosse ciò che appariva essere. Dopo ciò che Siobhan aveva tentato di fare, cercare di prendere la forma della sua bimba non ancora nata era una prospettiva terrificante.
“È ancora lei,” disse Lucas, “ma posso sentire il potere. Sarà più forte di tutti noi, penso.”
“Ma cosa significano le visioni?” chiese Sofia. Sua figlia sembrava così perfetta nelle sue braccia. Sofia non poteva immaginarla a camminare in mezzo a un campo di battaglia, succhiando la vita della gente nel modo in cui avrebbe fatto il Maestro dei Corvi con i suoi uccelli.
“Forse sono delle possibilità,” suggerì Kate. “Siobhan era solita parlare di guardare stralci di futuro, cogliendo gli elementi che avrebbero fatto accadere altre cose. Magari quelli erano due modi in cui la sua vita potrebbe verificarsi.”
“Ma noi non sappiamo cosa faccia la differenza,” disse Sofia. “Non sappiamo come essere certi che accadano le cose buone.”
“Crescila con amore,” disse Lucas. “Insegnale bene. Insegnale ad andare verso la luce, non al buio. La piccolo Christina avrà il potere, qualsiasi cosa tu faccia, ma tu puoi aiutarla a usarlo bene.”
Sofia si ritrasse a quel nome. Poteva anche essere quello di sua madre, ma dopo la visione non poteva darlo a sua figlia. Non l’avrebbe fatto.
“Tutto, ma non Christina,” disse. Pensò ai fiori che aveva visto intrecciare a sua figlia in mezzo alla strada. “Viola. La chiameremo Viola.”
“Viola,” disse Kate con un sorriso, porgendo un dito alla piccolina perché lo afferrasse. “È già forte, come sua madre.”