Il Regno Delle Ombre - Морган Райс 5 стр.


Barcollando, si aggrappò al corrimano per tenersi in piedi, mentre le gambe affondavano nell’acqua, acqua così gelida da fargli pensare che sarebbe morto congelato. Si tenne con una sola mano, per lo più sommerso, e mentre si guardava alle spalle il cuore gli balzò in gola vedendo un branco di squali rossi che improvvisamente gli si avvicinavano. Provò un tremendo dolore mentre i denti iniziavano ad affondargli in un polpaccio e vide nell’acqua del sangue che seppe essere il suo.

Un attimo dopo Lorna si avvicinò e colpì l’acqua con il suo bastone. Subito una luce bianca e brillante si propagò sulla superficie e gli squali si allontanarono. Con lo stesso movimento Lorna afferrò la mano di Merk e lo trascinò di nuovo a bordo.

La barca si raddrizzò mentre il vento calava e Merk sedeva sul ponte, bagnato e infreddolito, respirando affannosamente e con un terribile dolore al polpaccio.

Lorna esaminò la ferita, strappò un pezzo di stoffa dalla propria camicia e glielo avvolse attorno alla gamba tamponando il sangue.

“Mi hai salvato la vita,” le disse Merk con immensa gratitudine. “Ce n’erano a decine di quei cosi là sotto. Mi avrebbero ammazzato.”

Lei lo guardò con i suoi grandi e ipnotici occhi azzurri.

“Quelle creature sono la minima delle tue preoccupazioni qui,” gli disse.

Continuarono a navigare in silenzio e Merk si rimise lentamente in piedi guardando l’orizzonte, tenendosi saldo al corrimano, questa volta con entrambe le mani. Scrutava l’orizzonte, ma per quanto guardasse non vedeva alcun segno dei Tre Pugnali. Guardò in basso ed esaminò le acque della Baia della Morte, ora con nuovo rispetto e paura. Guardò con attenzione e vide branchi di piccoli squali rossi sotto la superficie, appena visibili, per lo più nascosti dall’acqua. Ora sapeva che immergersi in quelle acque significava morte certa, e non poteva fare a meno di chiedersi quali altre creature popolassero quel mare.

Il silenzio si fece più profondo, interrotto solo dall’ululare del vento. Dopo che furono passate altre ore, Merk, sentendosi desolato là fuori, provò la necessità di parlare.

“Cos’hai fatto con quel bastone?” chiese voltandosi verso Lorna. “Non ho mai visto niente di simile.”

Lorna rimase impassibile e continuò a guardare l’orizzonte.

“Dimmi di te,” insistette lui.

Lei gli lanciò un’occhiata, poi si rigirò verso l’orizzonte.

“Cosa vorresti sapere?” gli chiese.

“Qualsiasi cosa,” rispose Merk. “Tutto.”

Lei fece silenzio a lungo, poi alla fine disse: “Inizia tu.”

Merk la guardò sorpreso.

“Io?” chiese. “Cosa vuoi sapere?”

“Dimmi della tua vita,” gli disse. “Qualsiasi cosa che tu voglia raccontarmi.”

Merk fece un respiro profondo e si voltò a guardare l’orizzonte. La sua vita era argomento del quale non voleva parlare.

Alla fine, rendendosi conto che avevano un lungo viaggio davanti a loro, sospirò. Sapeva di dover affrontare se stesso prima o poi, anche se non ne era fiero.

“Per la maggior parte della mia vita sono stato un assassino,” disse lentamente, con rammarico, fissando l’orizzonte. La sua voce era greve e piena di ripugnanza per se stesso. “Non ne sono fiero. Ma ero il migliore in ciò che facevo. Venivo richiesto da re e regine. Nessuno poteva rivaleggiare con me quanto ad abilità.”

Merk fece silenzio a lungo, intrappolato nei ricordi di una vita che rifiutava, ricordi che avrebbe volentieri dimenticato.

“E ora?” chiese lei sottovoce.

Merk fu grato di non trovare alcun giudizio nella sua voce, diversamente da quanto accadeva solitamente con altre persone. Sospirò.

“Ora,” disse, “non lo faccio più. Non sono più quella persona. Ho giurato di rinunciare alla violenza. Di mettermi al servizio di una causa. Eppure, per quanto ci provi, sembra che non mi ci possa allontanare. Sembra che la violenza mi trovi ovunque. Sembra che ci sia sempre un’altra causa.”

“E qual è la tua causa?” chiese Lorna.

Merk ci pensò.

“Inizialmente era di diventare Sorvegliante,” rispose. “Di dedicarmi al servizio. Di sorvegliare la Torre di Ur, di proteggere la Spada di Fuoco. Quando la torre è crollata, ho sentito che la mia causa era di raggiungere la Torre di Kos, di salvare la spada.”

Sospirò.

“E ora eccoci qui, nel mezzo della Baia della Morte, la spada sparita, i troll al seguito, diretti verso un desolato arcipelago di isole,” continuò Lorna.

Merk si accigliò, per niente divertito.

“Ho perso la mia causa,” disse. “Ho perso lo scopo della mia vita. Non mi riconosco più. Non so dove andare.”

Lorna annuì.

“Questo è un buon punto,” disse. “Un luogo di incertezza è sempre un luogo di possibilità.”

Merk la fissò pensieroso. Era toccato dalla sua mancanza di condanna. Chiunque sentisse la sua storia lo disprezzava.

“Tu non mi giudichi,” osservò, stupefatto, “per ciò che sono.”

Lorna lo fissò con occhi così intensi che pareva di avere di fronte la luna.

“Questo è ciò che eri,” lo corresse. “Non ciò che sei adesso. Come posso giudicarti per ciò che eri un tempo? Io giudico solo gli uomini che ho di fronte.”

Merk si sentì rincuorato dalla sua risposta.

“E chi sono adesso?” chiese, desideroso di conoscere la risposta, insicuro lui stesso di quale fosse.

Lei lo fissò.

“Vedo un bravo guerriero,” rispose. “Un uomo generoso. Un uomo che vuole aiutare gli altri. E un uomo pieno di desideri. Un uomo perduto. Un uomo che non si è mai conosciuto.”

Merk soppesò le sue parole e quelle calarono profondamente dentro di lui. Sentiva che erano tutte vere. Verissime.

Calò un lungo silenzio tra loro, mentre la piccola imbarcazione dondolava tra le acque dirigendosi lentamente verso occidente. Merk ricontrollò la situazione dietro di loro e vide che la flotta dei troll era sempre all’orizzonte, ancora a discreta distanza.

“E tu?” chiese alla fine. “Sei la figlia di Tarnis o no?”

Lei scrutò l’orizzonte con occhi luccicanti e alla fine annuì.

“Sì,” rispose.

Merk era stupito di sentirlo.

“Allora perché eri lì?” chiese.

Lei sospirò.

“Sono stata nascosta lì fin da bambina.”

“Ma perché?”

Lorna scrollò le spalle.

“Suppongo fosse troppo pericoloso tenermi nella capitale. La gente poteva venire a sapere che ero la figlia illegittima del re. Qui ero più al sicuro.”

“Più al sicuro qui?” chiese Merk. “Ai confini della terra?”

“Mi è stato consegnato un segreto da sorvegliare,” spiegò lei. “Ancora più importante del regno di Escalon.”

Il cuore di Merk batteva forte mentre pensava di cosa potesse trattarsi.

“Me lo dirai?” le chiese.

Ma Lorna si voltò lentamente e indicò davanti a loro. Merk seguì il suo sguardo e lì, all’orizzonte, vide il sole che illuminava tre isole desolate che si ergevano dal mare, l’ultima con l’aspetto di una fortezza di solida roccia. Era il luogo più desolato ma bello che Merk avesse mai visto. Un luogo abbastanza lontano per detenere i segreti della magia e del potere.

“Benvenuto,” disse Lorna, “a Knosso.”

CAPITOLO NOVE

Duncan, solo, zoppicante per il male alle caviglie e ai polsi, correva tra le strade di Andros ignorando il dolore, spinto dall’adrenalina e con un unico pensiero in mente: salvare Kyra. Il suo grido di aiuto gli riecheggiava nella mente, nell’anima, e gli faceva dimenticare le ferite mentre sfrecciava tra le vie, sudando, diretto verso quel suono.

Duncan correva girando di qua e di là lungo stretti vicoli, sapendo che Kyra si trovava dietro quelle spesse pareti. Tutt’attorno a lui i draghi volavano e sputavano fuoco sulle strade facendo irradiare il tremendo calore dalle pareti. Era così caldo che Duncan poteva sentirlo anche dall’altra parte dei muri. Sperava e pregava che non scendessero nel suo vicolo, altrimenti sarebbe finita.

Nonostante il dolore Duncan non si fermò. Né mai si voltò. Guidato dall’istinto paterno, fisicamente non sarebbe potuto andare da nessun’altra parte che verso la voce di sua figlia. Gli passò nella mente che forse stava correndo incontro alla sua morte, che si stava lasciando scappare una possibilità di fuga, ma questo non lo rallentò. Sua figlia era in trappola e questo era tutto ciò che contava per lui in quel momento.

“NO!” ripeté il grido.

Duncan aveva la pelle d’oca. Eccolo ancora il suo strillo. Sentì una scossa al cuore udendolo. Corse ancora più veloce, dando tutto se stesso, imboccando un altro vicolo.

Alla fine, svoltando un’altra volta, passò oltre un basso arco di pietra e il cielo si aprì davanti a lui.

Duncan si ritrovò in un piazzale aperto e rimanendone al limitare fu stupito dalla vista che si presentò davanti ai suoi occhi. Le fiamme riempivano la parte opposta del cortile mentre i draghi volavano in cielo soffiando verso il basso, e dietro a una bassa balza di pietra, a malapena protetta da tutto quel fuoco, si trovava sua figlia.

Kyra.

Era lì, in carne e ossa, viva.

E la cosa ancora più scioccante fu la vista di un cucciolo di drago che giaceva accanto a lei. Duncan rimase a guardare, confuso dalla scena. All’inizio pensò che Kyra stesse lottando per uccidere un drago caduto dal cielo, ma poi vide che il drago era schiacciato a terra da un masso. Era confuso vedendo sua figlia che cercava di spingere via l’enorme sasso. Cosa stava cercando di fare? Liberare un drago? Perché?

“Kyra!” gridò.

Duncan attraversò di corsa il cortile, evitando le fiammate, evitando i colpi degli artigli dei draghi. Corse fino a che non la raggiunse.

Subito lei lo guardò rimanendo scioccata. Poi la gioia apparve sul suo volto.

“Padre!” gridò.

Corse tra le sue braccia e Duncan la abbracciò. Mentre la teneva stretta si sentì ristorato, come se una parte di sé fosse tornata al suo posto.

Lacrime di gioia scorsero lungo le sue guance. Non poteva credere che Kyra fosse davvero lì, e viva.

Lei lo teneva stretto e lui teneva stretta lei, sollevato mentre la sentiva tremare tra le sue braccia, illesa.

Ricordando si ritrasse da lei, si voltò verso il drago, sguainò la spada e la sollevò con l’intento di tagliargli la testa per proteggere sua figlia.

“No!” gridò Kyra.

Stupì Duncan correndo avanti e afferrandogli il polso – una stretta sorprendentemente forte – per evitare il colpo. Non era più la ragazzina che aveva lasciato Volis: ora era chiaramente un guerriero.

Duncan la guardò a bocca aperta.

“Non fargli del male,” gli ordinò lei con voce sicura, la voce di un guerriero. “Theon è un mio amico.”

Duncan la guardò stupefatto.

“Un tuo amico?” chiese. “Un drago?”

“Ti prego padre,” disse. “C’è poco tempo per spiegare. Aiutaci. È schiacciato a terra. Non riesco a spostare questo masso da sola.”

Duncan, per quanto fosse scioccato, si fidò di lei. Rinfoderò la spada, le si avvicinò e spinse il masso con tutte le sue forze. Ma per quanto tentasse, lo mosse di ben poco.

“È troppo pesante,” disse. “Non ci riesco, mi spiace.”

Improvvisamente sentì uno sferragliare di armature dietro a lui e voltandosi fu felice di vedere Aidan, Anvin, Cassandra e Bianco correre verso di loro. Erano venuti lì per lui, avevano rischiato anche loro la vita. Un’altra volta.

Senza esitare corsero fino al masso e si misero a spingere.

Quello rotolò un poco, ma non si spostò del tutto.

Si sentì un respiro ansimante e Duncan si girò vedendo Motley che pure correva per raggiungere gli altri, ormai senza fiato. Si unì a loro e scagliò il proprio peso contro il masso. Questa volta il pezzo di roccia iniziò davvero a rotolare. Motley, l’attore, il folle sovrappeso, quello da cui si sarebbero aspettati meno di tutti, fece la differenza e liberò il drago dal sasso.

Con un’ultima spinta il masso atterrò di schianto in una nube di polvere e il drago fu libero.

Theon balzò in piedi e ruggì, inarcando la schiena e stendendo gli artigli. Infuriato guardò verso il cielo. Un grosso drago viola l’aveva scorto e si stava lanciando dritto verso di loro. Theon, senza esitare un momento, saltò in aria, aprì le fauci e volò versò l’alto andando ad azzannare la giugulare del drago nemico in maniera del tutto inaspettata.

Theon strinse con tutte le sue forze. Il grosso drago ringhiava di rabbia, preso alla sprovvista e chiaramente non aspettandosi così tanto da un cucciolo. I due caddero al di sopra di un muro di pietra dall’altra parte del cortile.

Duncan e gli altri si scambiarono un’occhiata scioccata mentre Theon lottava con l’altro drago, rifiutandosi di lasciar andare la presa e bloccando l’avversario a terra dall’altra parte del piazzale. Theon, feroce, si contorceva ringhiando e senza lasciare la presa fino a che il drago più grosso non si lasciò afflosciò.

Per un momento tutti ebbero un attimo di tregua.

“Kyra!” gridò Aidan.

Kyra abbassò lo sguardo e vide il fratellino. Duncan guardò con gioia mentre Aidan correva tra le braccia di Kyra. Lei lo abbracciò mentre Bianco saltava e le leccava le mani, chiaramente emozionato.

“Fratello mio!” disse Kyra piangendo, gli occhi pieni di lacrime. “Sei vivo.”

Duncan sentì il sollievo nella sua voce.

Gli occhi di Aidan subito si abbassarono tristi.

“Brandon e Braxton sono morti,” le disse.

Kyra impallidì. Si voltò a guardare Duncan e lui annuì dandole solenne conferma.

Improvvisamente Theon si librò in volo e atterrò vicino a loro, sbattendo le ali e facendo cenno a Kyra di saltargli in groppa. Duncan sentiva i ruggiti provenire dal cielo e sollevando lo sguardo vide che i draghi stavano tutti volando in cerchio preparandosi a scendere a terra.

Con stupore di Duncan Kyra montò in groppa a Theon. Eccola lì, su un drago, forte e fiera, con il perfetto portamento di un grandioso guerriero. Se n’era andata la ragazzina che conosceva un tempo: era stata sostituita da un fiero guerriero, una donna che poteva comandare intere legioni. Non si era mai sentito più orgoglioso prima di quel giorno.

“Non abbiamo tempo. Venite con me,” disse loro. “Tutti quanti. Venite con me.”

Tutti si guardarono sorpresi, e Duncan provò una morsa allo stomaco all’idea di volare su un drago, soprattutto dato che stava sbuffando verso di loro.

“Sbrigatevi!” ripeté Kyra.

Duncan, vedendo il branco di draghi scendere e sapendo che avevano ben poca scelta, scattò in azione. Corse insieme ad Aidan, Anvin, Cassandra, Septin, Motley e Bianco e tutti balzarono in groppa al drago.

Duncan strinse le forti e antiche scaglie, meravigliandosi di trovarsi veramente a cavallo di un drago. Era come un sogno.

Si tenne stretto con tutte le sue forze mentre il drago si levava in aria. Lo stomaco si fece più leggero e stentava a credere a quella sensazione. Per la prima volta in vita sua stava volando in aria, sopra le strade, più veloce che mai.

Theon, più veloce di tutti loro, volava al di sopra delle vie, svoltando e roteando, così rapido che gli altri draghi non riuscivano a raggiungerlo nel mezzo della confusione e nella polvere della capitale. Duncan guardava verso il basso, stupito di vedere la città dall’alto, di vedere le cime degli edifici, le serpeggianti strade che conducevano fuori come un labirinto.

Kyra guidava Theon brillantemente e Duncan era così fiero di sua figlia, così stupefatto che fosse capace di controllare una bestia come quella. Nel giro di pochi istanti erano liberi, in cielo aperto, oltre le mura della capitale, sfrecciando in volo al di sopra della campagna.

“Dobbiamo andare verso sud!” gridò Anvin. “Ci sono delle formazioni rocciose lì, oltre il perimetro della capitale. Tutti i nostri uomini ci aspettano! Si sono ritirati lì!”

Kyra guidò Theon e presto furono in direzione sud, diretti verso un grosso ammasso di rocce che si vedeva all’orizzonte. Duncan vide davanti a loro, all’orizzonte a sud della capitale, le centinaia di enormi massi tra cui si trovavano piccole caverne.

Mentre si avvicinavano scorse le armature e le armi all’interno delle caverne, che scintillavano nella luce del deserto. Il cuore gli si riempì di gioia nel vedere i suoi uomini là dentro, che lo aspettavano in quel punto di raggruppamento.

Назад Дальше