Keira fece una smorfia. Detestava già il modo in cui gli aveva affibbiato un soprannome. Era fin troppo familiare. Lei stessa non lo aveva mai chiamato con altri nomi, se non Cristiano! Sarebbe dovuta essere lei a trovargli un nomignolo!
“Vino, rosso,” rispose Cristiano. “Uno Syrah della Nuova Zelanda, se lo hai.”
Bryn ridacchiò con voce acuta, con il suo solito fare provocante. “Vedrò cosa posso fare,” mormorò. Poi guardò Keira. “Puoi riordinare un po’ la casa?” chiese, agitando le mani in direzione del disordine che riempiva la sala.
Lei digrignò i denti. Sentiva già il calore salirle alle guance.
Mentre si aggirava aggressiva per l’appartamento a radunare la spazzatura, sentiva Bryn e Cristiano che chiacchieravano attorno all’isola della cucina.
“Quindi, per quanto tempo rimarrai in città, Cris?” stava chiedendo Bryn.
Keira smise di mettere ordine e si lanciò un’occhiata alle spalle. Lei e Cristiano non ne avevano ancora discusso. In effetti, la loro relazione era stata un tale vortice sin dal primo giorno che avevano pianificato molto poco. Non aveva nemmeno pensato al fatto che c’era solo un letto a casa di Bryn! Dove avrebbero dormito?
“Ancora non lo so,” rispose Cristiano. “Stiamo vivendo il presente. Prendiamo ogni minuto così come viene.”
Keira esalò. Era una risposta rassicurante.
Finì di sistemare tutto rapidamente per poi andare nel piccolo cucinotto per supervisionare l’interazione tra sua sorella e Cristiano. Bryn versò un altro bicchiere di vino.
“Penso che dovrei lasciarvi dormire nel mio letto,” disse lei, facendo scivolare il bicchiere attraverso il tavolo. “Non stareste entrambi sul divano.”
“Davvero?” domandò Keira, sorpresa dalla sua generosità. Non era da lei pensare agli altri. “Ma tu cosa farai?”
Bryn indicò il divano. “Tanto la maggior parte delle notti mi addormento davanti alla televisione. Sempre se sono a casa.”
Sollevò le sopracciglia e le agitò. Keira gemette; pensare alle frequenti e numerose conquiste di Bryn la fece sentire decisamente a disagio.
“È molto gentile da parte tua,” disse Cristiano, ignorando chiaramente le sfumature.
“Trovare un appartamento è in cima alla lista delle mie priorità,” aggiunse Keira. “Ti prometto che presto ci toglieremo dai piedi.”
Sulla sedia accanto a lei, Cristiano all’improvviso raddrizzò la schiena. Sorseggiò il suo vino, distogliendo lo sguardo. Si era teso? E in quel caso, che cosa lo aveva irritato nel suo commento?
Allora Keira fu colpita da un terrore inaspettato. Cristiano aveva pensato che volesse prendere un appartamento insieme a lui?
L’imbarazzo la travolse. Keira si incurvò nella sua sedia. Non era stato affatto quello che stava suggerendo! Sarebbe stato assurdamente presuntuoso da parte sua aspettarsi che Cristiano volesse trasferirsi subito con lei, anche perché non avevano ancora parlato di niente. E soprattutto perché non aveva idea di quanto tempo lo avrebbe voluto con sé. C’era un’intera gamma tra il presente e per sempre! All’improvviso, il modo in cui avevano gettato al vento la prudenza in preda allo stordimento del romanticismo sembrò un po’ precipitoso. Era apparso incredibile sull’aereo, ma lì nel suo territorio era diverso. Era reale. A un certo punto avrebbe dovuto trovare il coraggio di avere una conversazione vera e propria con lui sugli aspetti concreti di una relazione a distanza, ma l’ultima cosa che voleva era farlo scappare.
Keira cadde in silenzio, persa tra i suoi pensieri, prendendo piccoli sorsi di vino. Da partecipante alla conversazione, si trasformò in una spettatrice, continuando a guardare mentre Bryn ridacchiava per le battute di Cristiano e commentava sul suo incantevole accento, fissandolo con sguardo adorante. Quando si tese dall’altra parte dell’isola della cucina e gli toccò delicatamente il braccio, Keira tornò alla realtà. Era il momento di una strategia di fuga. Si esibì in un rumoroso sbadiglio.
Bryn sussultò sorpresa, come se si fosse completamente dimenticata che Keira fosse lì.
“Sei stanca?” chiese. “Non sentirti obbligata a rimanere in piedi per me. Hai solo un giorno prima di tornare a lavoro e non vorrai essere esausta.”
Di solito Keira trovava irritante la scena della chioccia di Bryn, ma quella volta apprezzò l’invito a ritirarsi presto per la notte. E ad allontanarsi dalla sorella.
Si alzò. “Mi dispiace, sono così esausta dopo il viaggio. Parliamo meglio domani, e ho anche un regalo per te.”
Bryn sorrise. “Fantastico, non vedo l’ora.”
Anche lei si alzò in piedi e le sorelle si abbracciarono. Poi Keira guardò Cristiano, che era ancora seduto.
“Tu vieni?” chiese.
Cristiano sembrò sorpreso, come se non gli fosse nemmeno passato per la mente che Keira si aspettasse che andasse a letto insieme a lei.
“Ah, sì, certo,” rispose, sembrando tutt’altro che sicuro.
“Non sei costretto,” intervenne Bryn in fretta. “Se non sei stanco, sentiti libero di rimanere alzato insieme a me e a chiacchierare. Ho dell’altro Syrah neozelandese. ”
Keira guardò la sorella con gli occhi stretti. Cristiano spostò lo sguardo da una donna all’altra come se fosse sospeso tra qualcosa che non capiva del tutto. Alla fine si alzò, decidendo chiaramente di seguire Keira. Lei annuì con decisione in riconoscimento della propria vittoria.
“A domani,” disse Cristiano a Bryn. “Grazie per il vino.”
Keira notò che non aveva finito il suo bicchiere. Si sentì in colpa per averlo strappato via così dalla serata, ma conosceva Bryn meglio di lui. Lasciarlo da solo con la sorella sarebbe stato potenzialmente pericoloso!
“Buona notte,” disse Keira a Bryn, mentre trascinava la valigia in camera da letto.
Cristiano entrò dopo di lei. Non appena fu dentro, Keira si chiuse la porta alle spalle. Vi si appoggiò contro e fece un profondo respiro.
“Mi dispiace moltissimo,” dichiarò.
Cristiano sembrò perplesso. “Non capisco. Mi è sembrata gentile.”
“Stava flirtando con te!” rispose lei, scuotendo la testa.
Cristiano non apparve affatto turbato. “Non mi dà fastidio.”
“Beh, a me sì,” gli disse Keira. “È mia sorella. È scortese.”
Lui si limitò a scuotere le spalle. Si avvicinò e avvolse le braccia attorno a Keira. “Lo sai che ho occhi solo per te,” rassicurò la donna, stringendo il suo corpo al proprio.
“Non sei tu quello che mi preoccupa,” rispose Keira, rilassandosi contro di lui. “Sono tutte le donne dal sangue caldo del mondo.”
In quel momento fu colpita da un’improvvisa epifania. In Italia, Cristiano, anche se indubbiamente attraente, era uno tra i tanti. Lì a New York invece era una creatura esotica, un autentico maschio italiano, un modello che sembrava uscito dalle pagine di un catalogo di moda. La sua città natale poneva una serie di sfide tutte nuove alla loro relazione che lei non aveva ancora considerato.
C’era una sola soluzione. Avrebbe dovuto tenerlo completamente impegnato dall’alba al tramonto, supervisionando mattina, mezzogiorno e sera!
“Dovremmo svegliarci presto domani,” disse, liberandosi dal suo abbraccio. Iniziò a svestirsi per il letto. “Solo un giorno del fine settimana per divertirsi prima che debba tornare a lavoro. Abbiamo molte cose da vedere.”
Cristiano sorrise. “Non vedo l’ora. Ma non andiamo subito a dormire, non è vero?” Le lanciò uno dei suoi sguardi suggestivi. “Sono stato rinchiuso su un aeroplano per ore. Ho un sacco di energia da scaricare.”
Anche l’espressione di Keira si ravvivò. Si tese verso l’interruttore della luce. “Qualsiasi cosa desideri,” mormorò, e poi la spense, sprofondandoli nel buio.
CAPITOLO TRE
Keira fu svegliata dal suono stridulo della sua sveglia. Segnava le sette del mattino, ma grazie al jet-lag e alla parte relativamente breve di notte in cui lei e Cristiano avevano usato il letto per dormire, il suo corpo si sentiva come se fosse ancora notte fonda. Era intontita, come se avesse fatto un sonnellino nel momento sbagliato del giorno.
Nonostante il disagio fisico, mentalmente era molto emozionata per la giornata che li aspettava. Saltò immediatamente giù dal letto, alimentata dall’eccitazione e dall’adrenalina creata dalla stanchezza.
Si voltò per guardare Cristiano. L’uomo era ancora profondamente addormentato.
“Sveglia,” disse, chinandosi su di lui e baciandogli la fronte.
I suoi occhi si aprirono faticosamente. “Devo proprio?” chiese, sbadigliando. “Quel lungo volo mi ha sfinito.”
“Ah, è stato il volo a sfinirti, eh?” disse maliziosamente Keira, facendo un occhiolino.
Ma capì che si era già riaddormentato!
Decise di lasciarlo riposare e andò a lavarsi e prepararsi per la giornata.
Si diresse con cautela verso il soggiorno. Era buio e Bryn russava rumorosamente. Facendo attenzione a essere più silenziosa possibile e a non svegliare la bestia addormentata, superò la sorella in punta di piedi e si fece una rapida doccia, ripulendosi dal residuo dell’aeroplano e dagli ultimi ricordi dell’Italia che le rimanevano sulla pelle.
Quando tornò in camera da letto, vide che Cristiano era ancora profondamente e pacificamente addormentato. Sospirò e decise che tanto valeva portare i suoi vestiti sporchi alla lavanderia giù all’angolo. Non aveva senso perdere tempo, dato che il giorno successivo sarebbe tornata in ufficio.
Svuotò rapidamente la valigia, radunò i vestiti sparsi della notte prima, aggiungendoli al mucchio prima di affrettarsi fuori dall’appartamento, lungo il corridoio, giù per i gradini e in strada.
Era una mattina eccezionalmente gelida, e provò uno splendido senso di nostalgia. Negli ultimi due mesi non era stata quasi per niente a New York ed era davvero piacevole essere tornata a casa: i rumori familiari del traffico, le normali esalazioni delle auto. Le facevano venire in mente il Ringraziamento, e sorrise tra sé e sé sapendo che non mancava molto alla sua festa preferita. Quell’anno sarebbe stato particolarmente speciale, grazie alla presenza di Cristiano insieme a loro. Se fosse rimasto tanto a lungo, in ogni caso.
La lavanderia automatica era vuota e Keira infilò i vestiti sporchi di diverse settimane in una macchina, riempì il cassetto con il detergente e aggiunse delle monete. Aveva con sé solo gli spiccioli per un lavaggio rapido, perché non aveva ancora avuto il tempo di recuperare della moneta locale, ma un giro di trenta minuti era meglio che niente.
Non appena la macchina iniziò il ciclo, riuscì rapidamente, desiderosa di tornare da Cristiano, per svegliarlo ed estrarlo dall’appartamento (e dalle grinfie) di Bryn il prima possibile.
Ma una volta tornata in camera, scoprì che Cristiano dormiva ancora. Lo baciò di nuovo per cercare di svegliarlo.
“Bell’addormentato,” disse, più intensamente quella volta, con voce un po' più alta e più esigente. “Dobbiamo alzarci e muoverci!”
Cristiano gemette. “Non possiamo passare una giornata pigra a letto?” mugugnò. “Abbiamo camminato per settimane. Meritiamo di rilassarci una mattina, no?”
Keira scosse la testa, pensando a Bryn nell’altra stanza. Dovevano scappare prima che lei si svegliasse.
“No,” rispose. “L’intera New York ci aspetta!”
Cristiano sbadigliò, girandosi per allontanarsi dalla sua voce squillante. “E sarà ancora lì nel pomeriggio, dopo la colazione.”
“Ma è meglio godersela al mattino,” contestò Keira, sollevandogli le coperte di dosso. “Te lo dice una del posto.”
Cristiano smise di discutere, e tremando si alzò dal letto.
“Perché sei tanto di fretta?” si lamentò.
“Perché ci sono tantissime cose da fare!” ripose lei, infilandosi rapidamente un paio di stivali invernali di Bryn. Tutte le sue calzature pesanti erano conservate da qualche parte in una scatola, le sue cose prese dall’appartamento di Zach sparse in vari luoghi, dalla sua stanza a casa della madre, all’attico di Shelby e David, fino all’armadio di Bryn. C’era persino un scatola nascosta sotto la sua scrivania al Viatorum.
“Posso farmi almeno una doccia?” chiese Cristiano.
Keira si morse il labbro. Ogni minuto sprecato era un minuto più vicino al risveglio di Bryn e ai suoi tentativi di mettere le mani su Cristiano. Ma non poteva negargli le necessità umane fondamentali.
“Certo,” disse allegramente, fingendo calma. Andò verso l’armadio di Bryn e ne estrasse un soffice asciugamano. “Ecco,” aggiunse, tendendoglielo insieme a dello shampoo e al doccia schiuma che prese dalla valigia. “La doccia è proprio in fondo al corridoio.”
Lui la baciò per ringraziarla e uscì dalla stanza. Keira si accasciò a sedere sul letto, già esausta. Non sarebbe stato facile. Avrebbe dovuto trovare un nuovo appartamento il prima possibile. Tipo tornando indietro nel passato.
Ma quello dipendeva dalla caparra del vecchio appartamento che Zach doveva restituirle. Non avrebbe voluto mettersi in contatto con lui, ma era chiaramente il minore tra i due mali in quella particolare situazione. Prese il cellulare e spedì un messaggio.
Novità sulla caparra? K.
Avventatamente aggiunse una x, un bacio, alla fine. Adulare Zach non era qualcosa che le piaceva fare, ma se significava che avrebbe riavuto indietro la sua caparra ne valeva la pena.
Sbirciò fuori dalla camera da letto verso la zona del soggiorno. Le tapparelle erano abbassate e la stanza era buia. Gli unici suoni erano la doccia in fondo al corridoio e il rumoroso russare di Bryn. Per fortuna neanche Cristiano l’aveva svegliata superandola.
Ma lei iniziò a spazientirsi. Cristiano ci stava mettendo troppo tempo! Controllò l’orologio e vide che i suoi vestiti nella lavanderia automatica avrebbero raggiunto presto la fine del ciclo. Decise di recuperarli, piuttosto che correre il rischio che qualcuno glieli rubasse nel momento in cui la porta della macchina si fosse aperta. Anche alle sette e mezza della domenica mattina non si poteva mai abbassare la guardia!
Uscì di nuovo dall’appartamento e corse fino alla lavanderia. Dentro c’erano un paio di persone, entrambe donne di mezza età dall’aria organizzata che chiaramente stavano tentando di evitare la fila. Keira radunò i suoi vestiti caldi e umidi. Non aveva abbastanza monete per l’asciugatrice quindi avrebbe dovuto appenderli nell’appartamento di Bryn.
Uscì, riprendendo la strada per tornare a casa. Era davvero bello sbrigare di nuovo le normali faccende, tornare a essere una persona semplice piuttosto che una scrittrice di viaggio in un’eccitante paese straniero. A quanto pareva anche una cosa buona poteva finire per stancare.
Il telefono le vibrò in tasca proprio mentre iniziava a salire le scale per l’appartamento. Era un messaggio di Zach. Si morse il labbro per l’anticipazione e lesse quel che le aveva scritto.
Bon jour, Keira! Sono in Francia per lavoro. Una conferenza di una settimana che inizierà domani! Possiamo parlare di soldi quando sarò tornato?
Sospirò per le frustrazione. Sarebbe passata un’altra settimana prima che ne parlassero di nuovo, non che capisse che cos’altro ci fosse da dire! Avrebbe semplicemente dovuto trasferirle la sua quota di denaro nel conto in banca, ma ovviamente non aveva intenzione di renderle le cose facili.
Con lo sguardo ancora sul cellulare, Keira entrò a casa di Bryn. Fu immediatamente sorpresa dal suono di risate, e alzò gli occhi.
Era cambiato tutto. Le tapparelle erano alzate, le luci accese, la macchina del caffè ribolliva e Bryn era in cucina, sembrando fin troppo sveglia per qualcuno che aveva passato l’ultima giornata a bere. Seduto con la schiena appoggiata al bancone c’era Cristiano, con il torso nudo rilucente di gocce d’acqua, solamente un asciugamano legato attorno alla vita per proteggere la sua modestia.