“Per quando credi che dovremmo scegliere una data?” chiese Emily.
Daniel la guardò con gli occhi spalancati. “Oh. Non lo so. Vuoi che lo facciamo subito?”
L’avvertimento di Jayne le fece eco nella mente. “Non c’è bisogno che scegliamo una data specifica, ma pensiamo di sposarci tra qualche mese o il prossimo anno? Vuoi un matrimonio estivo? O autunnale, dato che siamo nel Maine?”
Emily sorrise, ma stancamente. Dall’espressione sul viso di Daniel, capì che non si era spinto tanto in là con i progetti.
“Devo pensarci,” disse in modo evasivo.
“Io voglio un matrimonio estivo,” disse Chantelle. “Al porto. Con la barca di papà.”
“Pensare a cosa?” disse Emily ignorando Chantelle e concentrandosi su Daniel. “Ci sono solo quattro opzioni. Sole, burrasca, neve, o brezza. Quale preferisci?”
Daniel fu preso un po’ alla sprovvista dal tono piuttosto stizzoso di Emily. Anche Chantelle sembrava perplessa.
“Non lo so,” balbettò Daniel. “Ci sono pro e contro in ogni caso.”
Emily sentì le emozioni rimestarla dentro. Aveva ragione Jayne? Daniel le aveva chiesto di sposarlo senza neanche pensare al fatto che alla fin fine ci sarebbe stato per davvero un matrimonio?
“L’hai detto a qualcuno?” indagò Emily.
Grinze di frustrazione apparvero sulla fronte di Daniel. “È successo meno di ventiquattr’ore fa,” affermò chiaramente, nascondendo l’irritazione che Emily sapeva di avergli alimentato dentro. Aggiunse tra i denti, “Non possiamo goderci il momento?”
Chantelle fece scorrere lo sguardo da Emily a Daniel con la preoccupazione negli occhi. Non bisticciavano spesso e vederli fare così chiaramente la allarmava.
Vedere la piccola preoccupata toccò nel profondo Emily. Qualunque preoccupazione potesse avere, non era giusto tirare in mezzo Chantelle. Era una questione che dovevano risolvere lei e Daniel.
“Hai ragione,” disse Emily, sospirando.
Prese la mano di Chantelle per rassicurarla. Proprio allora arrivò Joe con le cataste di pancake. Si misero tutti a mangiare in silenzio.
Emily era arrabbiata con se stessa per aver lasciato che le parole di Jayne e Amy le rovinassero l’entusiasmo. Non era giusto. Appena ieri era al settimo cielo.
“Può fare Bailey la ragazza dei fiori?” chiese Chantelle. “E io posso fare la damigella?”
“Ancora non lo sappiamo,” spiegò Emily tenendo sotto controllo le emozioni.
“Ma voglio camminare lungo la navata con te,” aggiunse Chantelle. “Ci sarà una navata, no? Vi sposate in chiesa?” La bambina rovistò nello zaino e prese un blocco per gli appunti rosa e una penna con i brillantini. “Facciamo una lista,” disse.
Nonostante l’ansia sottostante, Emily non poté evitare di sentirsi bene nel vedere Chantelle entrare nella modalità organizzativa. Sembrava sempre così seria, così grande rispetto agli anni che aveva.
“La prima cosa che dovete decidere è il posto,” disse Chantelle con tono tanto efficiente che Emily si immaginò che un giorno avrebbe potuto gestire la locanda.
“Hai ragione,” disse Emily guardando Daniel. “Pensiamo prima al posto, e poi partiamo da lì.” Era determinata a non permettere al suo buonumore di sgonfiarsi. “Non prendiamo decisioni in fretta.”
Per la prima volta da quando l’aveva seccato con le domande, Daniel sembrò rilassarsi. Il cipiglio sulla fronte scomparve. Emily si sentì sollevata.
Fuori dalla finestra del ristorante Emily vide che era stato sistemato un albero nel centro della città. Con tutta quell’agitazione si era completamente dimenticata dell’albero di Natale; veniva sistemato ogni anno il giorno dopo il Ringraziamento. Era andata a vederlo da bambina quando veniva lì con la famiglia per le vacanze invernali. Le tornò in mente che c’era anche una speciale illuminazione che la sera veniva accesa ogni anno sull’albero.
“Dovremmo andare a vedere le luci dell’albero, stasera,” disse Emily.
Chantelle alzò lo sguardo dagli appunti, che adesso erano pieni di un lungo elenco puntato scritto con la sua grafia scarabocchiata. “Possiamo?” Sembrava entusiasta.
“Ma certo,” disse Emily. “Però prima dovremmo prendere il nostro albero. Se la città ne ha uno, anche la locanda deve averne uno. Che ne dici, Chantelle?”
Emily sentì la sua gioia crescere quando realizzò che la locanda avrebbe accolto un enorme albero di Natale. Quando era bambina suo padre ne metteva solo uno piccolo nel soggiorno, dato che nella casa ci stavano solo per le vacanze. Ma adesso che quella era casa sua poteva mettere nell’atrio un enorme albero di tre metri. Magari anche di quattro! Lei e Chantelle l’avrebbero addobbato insieme, usando una scala per raggiungere i rami più alti. Il pensiero la riempì di aspettativa infantile.
“Possiamo, papà?” chiese Chantelle a Daniel, che se ne stava più che altro in silenzio a mangiare i pancake. “Possiamo prendere un albero di Natale?”
Daniel annuì. “Certo.”
“E poi possiamo andare a vedere le luci in città?”
“Ah-ah.”
Emily si accigliò, chiedendosi che cosa stesse pensando Daniel, perché l’idea di un’uscita in famiglia così deliziosa non lo riempisse di gioia come faceva con lei e con Chantelle. Daniel per lei era un mistero come sempre, anche se adesso aveva un anello al dito ed era prontissima a impegnarsi con lui per sempre. Si chiedeva se avrebbe mai davvero saputo che cosa gli frullava in testa, oppure se una volta diventata la signora Morey sarebbe stata ancora lasciata nel dubbio.
CAPITOLO TRE
Il vivaio di alberi di Natale di Dory si trovava nella vicina periferia di Sunset Harbor. La famiglia ci andò con l’arrugginito pick-up rosso di Daniel. C’era ancora un po’ di neve del giorno del Ringraziamento sulle banchine, e mentre procedevano Emily si toccò l’anello al dito, ricordandosi della neve che era caduta su di loro durante la proposta di matrimonio di Daniel.
Accostarono nel parcheggio di fortuna e scesero dal furgoncino. C’erano molte famiglie; chiaramente avevano avuto tutti la stessa idea. I genitori vagavano mentre i figli correvano agitati per il posto, infilandosi tra le file di alberi.
Invece di Dory fu una giovane sulla soglia dell’adolescenza ad accoglierli. Si presentò come Grace, la figlia di Dory, e aveva gli stessi capelli biondi sottili di Chantelle. Portava un marsupio pieno di banconote e un blocco di carta per le fatture.
“Questi sono gli alberi pronti per la raccolta,” disse sorridendo con sicurezza, indicando il campo di pini. “Tutti hanno tra i sette e i nove anni.” Sorrise a Chantelle. “Quindi hanno più o meno la tua età, vero?”
Chantelle annuì timidamente.
“Quando avete trovato l’albero che vi piace,” proseguì Grace, “tagliatelo e portatelo alla zona di carico. Mio padre porterà voi e l’albero all’imballatore col carrettino, lo incarterà e poi potrete pagare me. Vendiamo anche cioccolata calda e castagne tostate, se volete qualcosa che vi tenga caldo durante la passeggiata.”
Emily portò a tutti della cioccolata calda in una tazza termica e un sacchetto di castagne, e poi si diressero verso i campi. Chantelle correva avanti, più agitata di quanto Emily l’avesse mai vista.
Il profumo di pino era forte – risvegliò in Emily il sentimento del Natale. Era entusiasta della prospettiva di festeggiare il suo primo Natale con Daniel e Chantelle, con la sua famiglia accanto al focolare. Sarebbe stato il primo di molti.
Lei e Daniel camminavano mano nella mano, seguendo in silenzio il percorso di Chantelle. Poi Emily si sporse verso Daniel.
“Quanti anni credi che abbia Grace?” chiese.
“Undici, dodici,” sparò Daniel. “Perché?”
“Per sapere,” rispose Emily. “Mi ricorda Chantelle. Mi ha fatto pensare a come sarà quando sarà cresciuta.”
Davanti, Chantelle correva tra i sentieri degli alberi, fermandosi a saggiarne l’altezza, la densità dei rami e la rigogliosità del colore prima di passare al successivo. Emily non faticava a immaginarsela un po’ più grande, appunti alla mano, che faceva il suo primo lavoretto per guadagnarsi qualche soldo.
Però, mentre si interrogava sul futuro, Emily sentì la mente riandarle al passato. Chantelle, che le ricordava così tanto Charlotte, le ricordava anche la perdita della sorella, e il fatto che non aveva mai avuto la possibilità di crescere, che non aveva mai potuto trovarsi un lavoro durante le vacanze invernali. Aveva saltellato per quello stesso vivaio moltissimi anni prima, piena di promesse e potenziale, e poi, senza preavviso, la vita le era stata strappata via nel giro di un battito di ciglia.
Emily guardò Chantelle, e sotto al suo sguardo la bambina si trasformò in Charlotte. Poi Emily si sentì rimpicciolire, finché non si trovò ad abitare un corpo a misura di bambino. Le mani d’un tratto erano fasciate da muffole. La neve prese a cadere, aggrappandosi ai rami degli alberi di pino. Emily allungò la sua piccola mano guantata e scosse uno dei rami. Una nuvola di neve sbuffò nell’aria, e la fine polvere bianca si disperse. Davanti, Charlotte rideva, spensierata e felice, e il suo fiato caldo si avvolgeva in spirali nell’aria. Anche lei indossava le muffole, e i suoi stivali rosso brillante preferiti risaltavano contro lo scenario bianco.
Emily osservò Charlotte fermarsi sotto all’albero più alto di tutto il vivaio e alzare lo sguardo con meraviglia.
“Voglio questo!” esclamò la bambina.
Emily corse da lei, scalciando un po’ di neve nella fretta. Quando ebbe affiancato Charlotte, anche lei alzò lo sguardo all’enorme albero. Era sorprendente, tanto alto che riusciva a malapena a vederne la cima.
Il rumore dei passi nella neve le fece distogliere lo sguardo dall’albero per osservare oltre la spalla. Lì, che si muoveva a grandi falcate nella neve, c’era suo padre.
“Ragazze, dovete rallentare,” ansimava mettendosi accanto a loro. “Vi ho quasi perse.”
“Abbiamo trovato l’albero!” esclamò Emily tutta agitata.
Si unì anche Charlotte, saltando e indicandolo col dito.
“È grandino,” disse Roy.
Oggi sembrava stanco. Depresso. Aveva dei cerchi neri sotto agli occhi.
“Non è troppo grande,” disse Emily. “Il soffitto è altissimo.”
Charlotte, come sempre, seguì la pista tracciata dalla sorella. “Non è troppo grande! Ti prego, papà, possiamo prenderlo?”
Roy Mitchell si massaggiò il viso con una mano, esasperato. “Non mettere alla prova la mia pazienza, Charlotte,” sbottò. “Scegli qualcosa di più piccolo.”
Emily vide Charlotte ritrarsi. A nessuna delle due piaceva far arrabbiare il padre, né capivano come facessero. Sembrava che la più piccola delle cose lo infastidisse, di recente. Era sempre distratto da qualcos’altro, stava sempre a guardarsi alle spalle in cerca di ombre che solo lui poteva vedere.
Ma la preoccupazione maggiore di Emily era Charlotte. Sempre Charlotte. La piccola sembrava essere sull’orlo delle lacrime. Emily le prese la mano guantata nella sua.
“Per di qua,” esclamò raggiante. “Ci sono alberi più piccoli!”
E così Charlotte si tirò su di morale, confortata dalla sorella più grande. Corsero insieme sulla neve, lasciando il padre accigliato e distratto a rincorrerle.
Proprio allora Emily tornò alla realtà. La neve del passato non cadeva nel presente, gli alberi di Natale di decine di anni prima erano stati abbattuti e rimpiazzati con questi alberi giovani e nuovi. Era tornata al qui e ora, ma le ci volle un attimo per orientarsi nell’ambiente, per vedere davanti a lei Chantelle invece di Charlotte.
Durante il blackout di Emily, si erano inoltrati nelle profondità del campo. Lì gli alberi erano così alti da gettare ombre su tutto, bloccando la luce del giorno. Emily fremette, sentendo più freddo ora che il sole dell’inverno era nascosto.
Davanti, Chantelle osservava l’albero più alto del vivaio. Misurava almeno quattro metri e mezzo.
“Questo qui!” esclamò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Emily sorrise. Lei non sarebbe stata come suo padre, lei non avrebbe distrutto il buonumore di una bambina. Se Chantelle voleva l’albero più alto del vivaio, lei glielo avrebbe preso.
Le si avvicinò e allungò il collo per vedere la cima dell’albero. Proprio come quando era bambina, l’albero era maestoso sotto ai suoi occhi.
“Questo qui,” acconsentì Emily.
Chantelle batté le mani dalla contentezza. Daniel sembrava disapprovare la scelta complicata, pensò Emily, ma non le sfidò. Si accucciò e aiutò Chantelle a fare il primo taglio con l’accetta. Emily li osservava, padre e figlia che sorridevano e ridevano insieme, e provò della calda gioia diffondersi nel corpo.
Daniel passò l’accetta a Emily in modo che potesse contribuire anche lei, e poi si spostarono in circolo, a turno, cooperando. Quando l’albero cadde esultarono tutti.
Il padre di Grace arrivò col carro.
“Wow, hai scelto proprio un gran bel pezzo,” scherzò con Chantelle mentre lei tentava di aiutarlo a mettere l’enorme albero sul carro.
“È il più alto che sono riuscita a trovare!” disse Chantelle sorridendo.
La famiglia salì sul retro del carro e si strinse. Le ruote girarono e iniziarono il lento viaggio di ritorno verso l’entrata del vivaio.
“Ti ho persa per un momento, prima,” disse Daniel a Emily lungo il percorso. “Hai avuto un altro flashback?”
Emily annuì. Il ricordo l’aveva lasciata tremante. Vedere l’espressione desolata di Charlotte, udire il tono tagliente del padre. Anche allora era un uomo con molte cose per la testa. Si chiedeva se c’entrasse Antonia, la donna con cui aveva una relazione, o la loro madre, che era a casa a New York, o qualcosa di completamente diverso. Sebbene Emily fosse convinta che suo padre fosse ancora vivo e vegeto da qualche parte, Roy per lei era sempre più un mistero.
“Continuo a ricordarmi cose nuove su mio padre,” confessò Emily. “Da quando ho trovato quelle lettere. Vorrei sapere cosa l’ha fatto fuggire. Ho sempre pensato che fosse accaduto qualcosa d’improvviso quando ero una ragazzina, ma credo che avesse dei problemi fin da molto prima. Per quanto riesco ad andare indietro con i ricordi, a essere onesta. Ogni volta che vedo il passato gli leggo la preoccupazione negli occhi.”
Daniel la strinse a sé. Era bello essere confortata da lui, essere di nuovo vicini. Era sembrato così distante da Joe.
“Scusami se sono stato un po’ silenzioso, prima,” disse Daniel, come se le avesse letto nella mente. “Le vacanze fanno riaffiorare anche i miei ricordi.”
“Davvero?” chiese Emily delicatamente. “Che genere di ricordi?”
Era così raro che Daniel si aprisse che lei coglieva ogni opportunità per incoraggiarlo.
“Potrebbe sorprenderti, ma in realtà sono ebreo,” disse Daniel. “Mio padre no, però. Lui era cristiano. Festeggiavamo il Natale e l’Hanukkah quando lui era ancora a casa, ma quando se n’è andato si è portato via il Natale. Mia madre festeggiava solo l’Hanukkah. Una volta che io e mio padre abbiamo ripreso i contatti, in casa sua si festeggiava solo il Natale. Era strano. Un modo un po’ particolare di crescere, come di certo puoi immaginare.”
“Deve essere stato difficile,” lo confortò Emily, cercando di nascondere la sorpresa che provava nel venire a sapere che Daniel in realtà era ebreo. Si chiedeva che altro non sapesse di lui, e fu colta da un’improvvisa ansia su come avrebbero potuto crescere i loro figli, se mai ne avessero avuti. Di sicuro a Emily sarebbe piaciuto celebrare entrambe le festività, ma Daniel sembrava conservare dei ricordi traumatici delle vacanze che avrebbero potuto rendere le cose un po’ più difficili.