Una Amore Cosi’ Grande - Софи Лав 6 стр.


Heather non era tipa da aggiungere orpelli e non c’erano foto a stimolare ulteriormente l’appetito di Keira (è troppo costoso stampare a colori, la voce della donna le risuonò nella mente) quindi prese il tablet dalla borsa e iniziò a fare ricerche online.

Le immagini che trovò le mozzarono il fiato. A differenza delle città europee che aveva visitato fino a quel momento, gli edifici nei paesi scandinavi avevano tutt’altra forma, a punta come le baite alpine. E c’erano enormi squarci rurali, magnifici alberi sempreverdi, laghi color blu profondo e montagne scoscese. Quasi non riuscì a star seduta per il resto del viaggio, avrebbe voluto arrivare subito a destinazione!

I sonnellini erano sempre un buon modo per passare il tempo, quindi Keira si accomodò nel suo sedile dell’aereo e si lasciò cullare nel sonno.

Sognò di essere in cima a una scogliera, a strapiombo sull’oceano, calmo e blu profondo. Tra le onde c’era un branco di delfini, che balzavano fuori dall’acqua e si tuffavano di nuovo. Li guardò, meravigliata, mentre saltavano in strane formazioni. Era quasi come se stessero ballando o stessero eseguendo una routine sincronizzata per lei. Come se stessero cercando di stupirla.

Ma poi notò qualcosa di strano nei delfini, nei loro musi. Anche da quella distanza, riusciva a distinguere le loro espressioni stranamente umane, e le diverse sfumature dei loro occhi. Uno aveva gli stessi penetranti occhi blu di Shane, e anche il suo sorriso sghembo. Un altro aveva profondi occhi color del cioccolato, e una dolcezza nell’espressione che le ricordò Cristiano. E un altro ancora aveva un’espressione sperduta, e un grande dispiacere e pentimento nello sguardo. Zachary.

Non appena ebbe notato quella somiglianza, le loro aggraziate acrobazie si trasformarono in qualcosa di diverso. Non più una routine coordinata, ma uno spettacolo aggressivo. Uno sfoggio di virilità. Il delfino Cristiano si gettò di testa verso Zachary, rompendogli il naso, o il muso, o come si chiamasse quella parte del corpo in un delfino. Poi Zachary lo colpì a sua volta, agitando la coda sia verso Cristiano che Shane. Il delfino Shane si alzò all’indietro sulla coda, agitando le grandi pinne come se fosse tutto uno scherzo. Poi si buttarono uno sull’altro, facendosi a brandelli mentre lei guardava inorridita, colorando di rosso le acque blu dell’oceano sotto i suoi occhi.

Cercò di gridare: “Smettetela! Non è una gara!” Ma la sua voce fu portata via dal vento.

Poi un nuovo pericolo catturò la sua attenzione. Diretta di gran carriera tra le onde, verso i delfini combattenti, c’era una enorme balena. Non sapeva chi fosse quell’animale, uno sconosciuto, ma si muoveva con risolutezza e una determinazione assassina. I suoi ex-delfini erano tanto impegnati ad attaccarsi l’un l’altro che non notarono nemmeno l’avvicinarsi della balena fino a quando non fu su di loro. In un enorme boccone, li mangiò tutti e tre. Poi svanì sotto le onde, creando un mulinello con il suo tuffo, lasciandosi dietro nient’altro che acqua insanguinata a dimostrazione che fosse mai successo qualcosa.

Keira si svegliò di colpo. Stava sudando, e aveva il collo bloccato in una posizione dolorosa. Se lo strofinò, riabituandosi alla luce della cabina, ai suoni e agli odori dell’aeroplano in volo attorno a lei: il fruscio dei pacchetti di patatine, le allegre chiacchiere dei vacanzieri emozionati, il ronzio dei potenti motori. Tornando alla fine in sé, Keira iniziò a ridacchiare.

Che strana, la sua mente! Trasformare in delfini i suoi ex… ma poi si chiese che cosa significasse la balena. Non un nuovo fidanzato, si disse. Non era nei piani, dopo tutto. Stabilì che la balena era il simbolo della sua carriera, del modo in cui avrebbe dato la priorità a se stessa e in cui avrebbe dimenticato i ex per poter eccellere. Non c’era nessuna relazione di ripiego all’orizzonte. Almeno, era quello il piano…

CAPITOLO SETTE

Keira atterrò a Berlino, in Germania, da dove la nave sarebbe salpata, diverse ore più tardi. Non aveva ancora superato del tutto lo strano e buffo sogno che la sua mente le aveva mostrato sull’aeroplano, quindi le servì una certa concentrazione per tornare al mondo reale.

Attraversò l’aeroporto Tegel di Berlino, recuperando la sua valigia e seguendo i cartelli che sperava l’avrebbero portata all’uscita. Quella volta trovò piacevole essere da sola. Nessuna guida che le mostrasse dove andare, o che alleggerisse la sua responsabilità. Quella volta era solo lei, e ciò la faceva sentire potente.

Uscì dall’aeroporto e fermò un taxi. L’autista era sulla cinquantina, con capelli che andavano ingrigendosi e un’espressione severa. Ma il suo atteggiamento era molto più amichevole di quanto suggerisse il volto aspro.

“Parteciperà alla crociera per la Scandinavia?” chiese in un inglese perfetto e con solo il più vago accenno di accento.

“Esatto.” Keira si illuminò. “Sono così emozionata.”

“Mi piacerebbe andarci un giorno,” disse lui. “Purtroppo è un po’ troppo costosa per un tassista. Le dispiace se le chiedo che lavoro fa?”

“Oh, sono una scrittrice,” spiegò Keira. “È tutto pagato dalla mia compagnia.”

“È molto fortunata,” replicò lui. “Che cosa scrive?”

“Articoli di viaggio. Beh, più o meno. Sono un po’ un misto, viaggio e sentimenti.”

Dai sedili posteriori, lei vide il suo riflesso nello specchietto retrovisore mentre l’uomo sollevava le sopracciglia.

“Viaggio e sentimenti?”

“Lo so, sembra strano. Ma si tratta più che altro di resoconti personali sui paesi e sulle mie esperienze, con i miei appuntamenti, le cose nuove che provo, e gli incontri con degli uomini. C’è un po’ di tutto, ma sto iniziando a farmi un certo seguito.”

“Ho una strana domanda,” disse lui. “Non è che scrive per quella rivista dal nome che sembra latino, vero? Viadus, o una cosa così?”

“Viatorum,” lo corresse Keira, leggermente sorpresa che avesse sentito parlare della sua pubblicazione newyorkese persino lì in Germania. Ma d’altra parte, pubblicavano anche online e chiunque al mondo poteva accedere ai loro contenuti tramite Internet. “Ne ha sentito parlare?”

“Mia moglie l’adora,” rispose il tassista, con aria frustrata. “Lei è la donna sulla copertina, non è vero? Ora riconosco il suo volto.”

La copertina. Con Cristiano. Keira gemette. Sapeva che un giorno quell’immagine sarebbe tornata a perseguitarla, ma aveva lasciato che Nina ed Elliot facessero come preferivano. Ora se ne pentiva.

“Sì, sono io,” disse, stringendosi nelle spalle in maniera difensiva.

“È colpa sua se la porterò a Parigi per il suo compleanno,” commentò l’uomo, giovialmente, nonostante il suo tono fosse in completo disaccordo con l’espressione severa. “Fantastico, così la prossima volta vorrà andare in crociera. Lei mi manderà in bancarotta.”

“Mi spiace,” borbottò Keira.

Guardò fuori dal finestrino, cercando di distogliere la propria attenzione da quella conversazione imbarazzante e di spostarla sulla vista della nuova città straniera che le stava scorrendo accanto.

Berlino era incredibile. Keira aveva sentito dire che la città si era reinventata e aveva superato la sua storia travagliata, ma non si era aspettata che fosse così vibrante e artistica. Sembrava giovane e cosmopolita, come certe zone più pittoresche di New York.

Il suo autista doveva averla notata mentre fissava fuori, perché le disse: “Presto passeremo vicino a una parte del muro.”

Keira non aveva saputo se sarebbe riuscita a dare uno sguardo al muro che un tempo aveva diviso la Berlino dell’Est da quella dell’Ovest, separando famiglie e spaccando in due la città per affiliazione politica. Tremò quando apparve all’orizzonte, un relitto sgretolato che il popolo tedesco aveva fatto a pezzi con le sue stesse mani. Sua madre aveva visto quell’evento storico al telegiornale, ed era orgogliosa di essere stata testimone di un momento di tale trionfo. A quella vista Keira si commosse e scattò una foto con il cellulare per poterla mostrare a Mallory, quando si sarebbero riviste a Natale.

Il taxi continuò ad avanzare, avvicinandosi sempre di più al porto. Keira notò la nave persino a quella distanza. Era enorme, una mostruosità bianco brillante. Si sentì le farfalle allo stomaco per l’emozione.

Il suo autista si fermò in un parcheggio temporaneo. Keira prese qualche euro dalla busta fornitale da Heather e glielo tese da sopra una spalla.

“Saluti sua moglie da parte mia,” disse, sentendosi un po’ strana nel pronunciare quelle parole.

“Si goda la crociera,” rispose l’uomo con la sua voce incongruamente calorosa e il volto impassibile.

Keira recuperò la valigia dal bagagliaio e alzò lo sguardo sull’enorme nave che sarebbe stata la sua casa nei seguenti quindici giorni. Fece un profondo respiro per calmare i nervi eccitati, poi si diresse con certezza verso di essa.

*

La nave da crociera era molto più bella di quanto Keira avrebbe pensato. All’interno era arredata in stile Art Deco, con colori intensi, forme audaci e ornamenti geometrici. E oltre all’inaspettato sfarzo e lusso, non si poteva che ammirare l’opulenza della piscina e della Jacuzzi sul ponte! Non si era aspettata tutto quel fasto. Avrebbe adorato vivere su quella nave.

Colpita, si diresse verso la prua, dove partiva un percorso che portava fino alla punta della nave. Le vennero in mente Jack e Rose sul Titanic, anche se sapeva che non c’erano storie d’amore in serbo per lei, e pregò che non ci fossero nemmeno iceberg!

Dopo una rapida occhiata al ponte superiore, Keira andò in cerca della sua stanza. Credeva di doversi dirigere sotto coperta, ma con sua sorpresa, la sua cabina in realtà era sul ponte superiore. Trovò la porta e vi entrò.

C’era un oblò rotondo, uno di quelli cerchiati di ottone come nei film, e la vista dava direttamente sull’oceano. Lei si era aspettata una stanza economica, poco più di un ripostiglio vicino alle cucine, che odorasse di cibo e fosse sempre rumorosa, ma quella era tutto l’opposto. Tranquilla, accogliente e lussuosa.

Il suo letto era in legno di castagno, laccato perché brillasse, e sopra c’erano lenzuola candide di seta. Su uno dei piccoli comodini era stato lasciato un cestello d’argento pieno di ghiaccio e una bottiglia di champagne. Si chiese chi della rivista le avesse organizzato quell’accoglienza. Elliot non avrebbe pensato a essere tanto gentile, e Heather avrebbe detestato tutte quelle spese extra e inutili. Allora pensò che ci fosse la mano di Nina. Non erano state in buoni rapporti dopo il pasticcio durante il viaggio a Parigi, in cui l’amica si era tanto concentrata sul risultato da dimenticarsi che Keira era una persona con pensieri e sentimenti. Ma poi notò un bigliettino vicino al cestello dello champagne. Lo prese e lo aprì.

Benvenuta a bordo, Keira Swanson! Vorremmo cogliere l’occasione per esprimere la nostra più profonda gratitudine alla sua rivista per aver scelto la nostra compagnia di crociere per il suo più recente articolo. Siamo grandi fan del Viatorum e non vediamo l’ora di apparire nel vostro prossimo numero.

Keira smise di leggere, accantonando il biglietto. Quindi lo champagne non veniva dai suoi affezionati colleghi di lavoro, ma dalla compagnia di crociere, in un tentativo di lusingarla perché ne scrivesse commenti positivamente. Tutto il tour sarebbe stato una faccenda promozionale? Una specie di scambio di favori tra società?

Afferrò il telefono e mandò un messaggio a Nina.

La compagnia di crociere ci fa pubblicità?

Nina rispose rapidamente.

Finanziano il tuo viaggio. Credevo che Elliot te lo avesse detto.

Keira sospirò. Quindi l’articolo era solo una grossa pubblicità? Sarebbe stato meglio se glielo avessero detto in anticipo. Almeno così si spiegava perché Elliot avesse prenotato il viaggio senza chiederglielo come aveva promesso di fare l’ultima volta. Non voleva sembrare una bambina viziata, ma il Viatorum stava davvero esagerando. Aveva la sensazione che le loro pretese nei suoi confronti crescessero a vista d’occhio, mentre i riguardi per lei svanivano sempre di più.

Mandò un altro messaggio a Nina.

Come faccio a scrivere di una nave da crociera? Una barca non è un paese.

Quando Nina le rispose, le sue parole la sconvolsero.

Non ci serve il Grande Romanzo Americano. Non è Sulla Strada. Basta che dici qualcosa di carino così verremo tutti pagati.

Keira fece una smorfia e mise via il cellulare. Nina era di cattivo umore. Di nuovo. Non voleva rovinarsi il divertimento, quindi accantonò l’irritazione.

Proprio allora qualcuno bussò alla sua porta. Keira si accigliò e l‘aprì. In piedi, di fuori, c’era un giovane uomo vestito come il portiere di un albergo. Capì subito che doveva essere un rappresentante dalla compagnia di crociere, mandato lì per farle una sviolinata. Non aveva davvero voglia di ascoltare la sua tiritera.

“Salve, mi chiamo Vince,” esordì il ragazzo, sorridendo e porgendole la mano. Keira la strinse con poco entusiasmo. “Sono venuto a lasciarle qualche brochure della nostra nave,” continuò lui. “La Revontulet, che è la parola finlandese che significa Aurora Boreale.”

Keira si sentì tornare di buonumore. Era emozionata di sapere che di lì a pochi giorni avrebbe visto il famoso spettacolo di luci!

Accettò le brochure da Vince, molto più bendisposta.

“Grazie. E anche per lo champagne. È stato un bel tocco.”

Vince annuì, facendo rimbalzare il cappellino con il movimento. “Il suo minibar è anche stato rifornito di liquori e snack, tutti offerti dalla casa, ovviamente.”

Keira fece un sorrisino. Cercavano di comprarsi la sua benevolenza a partire dallo stomaco. Era una buona strategia, doveva ammetterlo.

Vince rimase fermo sulla soglia. “Se gradisce fare un tour, posso tornare quando le è più comodo per mostrarle le strutture.”

“Va bene così,” disse Keira, rifiutando l’offerta. “Preferisco esplorare da sola.” Sollevò le brochure che le aveva lasciato. “Oltretutto, qui ho tutte le informazioni che mi servono.”

“Okay. Se le serve qualcosa, basta che venga al banco informazioni e chieda di Vince.”

“Lo farò,” rispose Keira, sapendo che di non lo avrebbe fatto di certo.

Chiuse la porta e iniziò a sfogliare le brochure. All’interno c’erano tutti i dettagli sulle attività da godersi a bordo della nave: c’erano spettacoli comici, eventi musicali dal vivo, il karaoke, balli, persino un cinema! Non le sarebbero mancati gli eventi con cui distrarsi, pensò ironicamente. Sarebbe stato difficile combattere la procrastinazione a bordo della Revontulet.

Poi le brontolò lo stomaco, per ricordarle che una dieta a base di cibo da aeroplano non era affatto sufficiente per sostenerla tutta una giornata. Cercò le informazioni sui pasti. La cena sarebbe stata servita nella sala da pranzo principale. Ancora una volta, non riuscì a non pensare al Titanic.

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