“Grazie a Dio anche io non sono lì” pensò.
I suoi appuntamenti con il dottor Field erano ora a cadenza mensile e nell'agosto del 1918, ebbe il suo controllo finale.
“Come si sente ora?” chiese il medico.
“Fisicamente bene. Ho camminato molto e anche fatto qualche breve corsetta sul bagnasciuga. Non sono riuscito a convincermi ad entrare in acqua – troppi brutti ricordi.”
“Bene, credo che lei sia pronto per tornare in servizio. Tuttavia, suggerirei che lei faccia un lavoro d'ufficio per alcuni mesi fino a quando saremo realmente sicuri che è fisicamente in forma. Non mi ha detto che una volta lavorava in Ammiragliato?”
“Sì, esatto. Parlo tedesco e traducevo documenti – codici, quel genere di cose.”
“Bene. Suggerirò che lei torni per ora a far quello. Se più avanti si sentirà forte a sufficienza forse potrà riprendere il servizio in mare. Ora però ci sono gli americani e dubito che durerà molto a lungo.”
Così, a settembre, fu richiamato a svolgere servizi leggeri presso l'Ammiragliato, giusto in tempo per vedere la sconfitta delle forze tedesche nel novembre di quell'anno. Venne a sapere poi di essere stato solo uno dei tre che erano stati così fortunati a sopravvivere al catastrofico affondamento della ‘Indefatigable’ nella battaglia dello Jutland. In realtà, visto che era stato assegnato a quell'incarico in una data così ravvicinata a quel terribile giorno, lui non compariva neppure nella lista degli uomini imbarcati sulla nave. Nonostante la sua terribile esperienza, almeno era sopravvissuto alla guerra, contrariamente a molti dei suoi compagni.
Non tornò mai più di nuovo in mare, fino all’ultima volta.
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Il superiore di Ernest entrò nel suo ufficio poco dopo l'Armistizio. "Lei parla tedesco piuttosto bene, vero?" Non aspettandosi una risposta – la domanda era completamente retorica – proseguì "ci serve che vada in Francia. La commissione dell'Armistizio si sta riunendo per discutere i termini della resa. Dobbiamo decidere cosa fare per quanto riguarda la marina tedesca e dobbiamo trarne il massimo vantaggio. Si sente in grado di farlo? So che era nello Jutland, è in grado di reggere questa situazione?"
"Sì, credo di sì. Ormai l'ho superata."
Non era vero, stava ancora dormendo male e si svegliava spesso da un sogno in cui sentiva i terribili rumori della nave che scompariva sotto il mare. Le ustioni e le ferite erano guarite, ma le cicatrici tiravano dolorosamente la sua pelle per ricordargli la sua disavventura. Doveva andare avanti – e cosa c’era di meglio se non aiutare a costruire la pace?
Il suo viaggio a Parigi da Cricklewood, in un giorno tetro, nuvoloso e umido, fu la prima volta che salì in aereo. Il bombardiere Handley Page riconvertito non era molto confortevole – freddo e rumoroso. Il suo sedile era un pezzo di tela sopra a una montatura di metallo, che scavava nelle sue cosce e di cui poteva sentire il freddo del metallo anche attraverso il suo caldo pastrano della marina. I motori andarono su di giri, e sentì l'aereo rilasciare i freni. Poi sbandò lungo la pista in erba e sentì la coda alzarsi mentre accelerava. Si aggrappò al sedile quando l'aereo si mosse pesantemente lungo il terreno, temendo che potesse proseguire fino a colpire gli edifici che aveva visto alla fine della pista. Con i motori che rombavano, l'aereo si sollevò, inizialmente in modo piuttosto riluttante, e vide gli edifici dell'aeroporto passare sotto di loro mentre a poco a poco salivano. Passarono sopra la parte occidentale di Londra e si diressero verso sud. Dopo poco meno di un'ora, superarono le scogliere e una spiaggia e attraversarono le torbide acque. Sotto di loro navi da carico passavano la Manica in entrambe le direzioni, portando merci a e dai porti indaffarati di Olanda e Gran Bretagna. Il mare era marrone e punteggiato dalla spuma delle onde. Rabbrividì ricordando l'ultima volta che aveva visto il mare dall'alto mentre era sul ponte della ‘Indefatigable’ destinata ad affondare. Si sentì sollevato quando raggiunsero la costa francese e cominciarono ad abbassarsi verso terra all'aeroporto di Le Bourget. L'aereo discese verso una pista in erba che sembrò scorrere sempre più velocemente sotto di loro mentre si avvicinavano. Con un brusco sbandamento, colpì il terreno e sentì azionare i freni e rallentare i motori.
L'aereo si diresse verso una tenda sull'erba e gli si fermò vicino. Un uomo era in piedi proprio vicino all'entrata della tenda, elegante e ben vestito in un cappotto scuro alla moda con una sciarpa di seta attorno al collo, guanti in pelle e un cappello di feltro in testa. Ernest notò che, nonostante il tempo umido, le sue scarpe luccicavano. L'uomo aspettò che i motori dell'aereo smettessero di girare e si fermassero e poi andò verso lo sportello per salutare Ernest. Non porse la mano ma fece un leggero inchino e disse, "Comandante Jenkins? Lieto di conoscerla. Il mio nome è John Smith – non è uno pseudonimo, glielo assicuro."
John Smith aveva un aspetto aperto e amichevole e a Ernest piacque subito quel giovane. In auto verso Parigi, Smith lo ragguagliò sul piano di ridurre la marina tedesca a una forza puramente difensiva. "Il problema sono i francesi. Vogliono la loro parte e molto di più. La Germania andrà completamente in bancarotta se faranno come vogliono loro."
"Non posso dire che mi importi particolarmente" disse Ernest, "hanno cominciato questo disastro e si meritano la punizione adeguata se vuole sapere il mio parere."
"Forse. Mi han detto che lei era nello Jutland?"
"Sì e anche nel bagno di sangue che c'è stato."
"Spero non le dispiaccia quello che sto per dire, ma vorrei che cercasse di metterlo da parte, se può. Siamo stati tutti colpiti in modo piuttosto sanguinoso – da entrambe le parti. Quello che vogliamo fare ora è di andare avanti in modo che questa guerra che abbiamo combattuto sia l'ultima, OK?"
"Sì, sì, certo". Ernest si sentì a disagio per quello che aveva detto Smith. “Lei dove era?”
“La Marna, Ypres, la Somme; maledettamente fortunato, lo posso dire. Devo avere qualcuno che mi protegge, sono stato ferito un paio di volte, non troppo seriamente, grazie a Dio, e alla fine mi hanno lasciato tornare a casa quando si sono resi conto che non sarei stato di molto aiuto – difficile premere un grilletto, capisce.”
Alzò la sua mano destra e Ernest si rese conto che dentro al suo guanto elegante c'era solo un pugno di legno.
"Ho capito che lei parla tedesco. Fluentemente?" disse Smith.
"Piuttosto bene, sì."
"Come mai?"
"Beh, ho avuto molti contatti con i tedeschi prima della guerra. Vivevamo a Deal, e andavo in barca, quindi li incontravo alle regate. Ho studiato un po' di tedesco a scuola così ho potuto rinfrescarlo quando ci siamo trovati tutti assieme."
"Veramente? É stato a Cowes?"
"E in altri posto, ma, sì, ero lì quando il ‘Meteor’ ci ha battuti di nuovo."
"Lo yacht del Kaiser Bill? Ho sentito che era decisamente buono."
Iniziarono a parlare di yacht – un argomento che si rivelò di reciproco interesse – e proseguirono fino a Parigi. L'auto li portò a uno dei grandi riccamente ornati di Quai D’Orsay, dove c'erano alcuni degli uffici della Commissione per la Pace. Smith lo guidò in una grande stanza piena di dattilografe e impiegati e poi in un piccolo ufficio.
“Questo è il suo ufficio. Mi dispiace, è piuttosto piccolo – siamo in molti a lavorare qui.”
La scrivania era piena di fogli e cartelline e Smith le indicò con aria di scusa. “Il suo lavoro, temo – letture arretrate” disse. “Le abbiamo destinato una segretaria – la farò venire e si presenterà da sola. Le mostrerà dove sono le cose. Forse potremo cenare assieme una di queste sere, una volta che si sarà sistemato.”
Pochi minuti dopo che Smith se ne fu andato, una ragazza dall'aspetto piuttosto stressato entrò e si presentò come la sua segretaria, Jane, e gli mostrò dove erano tutte le cose. “Le hanno procurato alcune stanze in un appartamento in ‘Boule Miche’. Le darò una mappa – è proprio qui vicino.”
Ernest iniziò a lavorare alla pila di documenti. Il loro contenuto piuttosto arido e noioso riguardava le discussioni tra gli Alleati e i rappresentanti tedeschi e alcune note sulle posizioni di negoziazione delle parti. Era chiaro che i francesi non avevano alcuna volontà di essere flessibili, che gli inglesi e gli americani erano più preparati a un compromesso e che i tedeschi, alcuni di loro almeno, non volevano ammettere che la responsabilità della guerra spettava interamente a loro o che in realtà l'avevano persa.
Esausto alla fine della prima giornata, Ernest lasciò l'edificio dopo essersi assicurato di avere un pass per tornare il mattino successivo. Jane gli aveva data una mappa per mostrargli la strada per arrivare al suo appartamento e lui la seguì, camminando lungo la strada vicino alla Senna verso la Isle de la Cité e girando poi a destra quando arrivò al Pont Saint Michel, lungo Boulevard Saint Michel.
L'appartamento era in un edificio alto, proprio vicino alla Sorbona. Era in un quartiere carino anche nel periodo successivo alla tremenda guerra che aveva quasi distrutto la città. La via, costeggiata da tigli, era immacolata e la sua strada acciottolata ospitava studenti che andavano e venivano dalle lezioni e c’erano bar aperti giorno e notte. La musica – soprattutto jazz, una nuova moda importata dagli Stati Uniti – usciva nelle strade mentre passava. La porta di ingresso dava su un cortile dove la tipica portinaia francese sedeva alla sua finestra guardando con sospetto chiunque passasse. Ernest andò verso la sua porta. “Il mio nome è Smith” disse, in francese, “Credo che qui ci sia un appartamento riservato per me”.
La portinaia bofonchiò un sì e gli porse un portachiavi con una chiave grande e una piccola. “Quella grande è per la porta esterna, che di notte è chiusa. La più piccola è per il suo appartamento, terzo piano, numero due. Non dia le sue chiavi a nessuno – i visitatori non sono i benvenuti a meno che non siano accompagnati dai miei inquilini.” Lo guardò severamente, “non voglio nessuno di notte. Se vuole fare una festa, la faccia da qualche altra parte.” Detto questo, tornò nella sua stanza e chiuse la porta prima che Ernest potesse rispondere.
Ernest fu molto occupato al Quai d’Orsay. Prese l’abitudine di fermarsi in uno dei bar studenteschi tornando verso casa dopo il lavoro per vivere l'eccitante atmosfera del dopo guerra. Nel frattempo, Smith stava diventando un buon amico e gli fece vedere la città nei loro giorni liberi. Quando la primavera lasciò posto all'estate, camminarono lungo le rive del fiume, scrutando le bancarelle dei libri in svendita. Si sedevano nei caffè lungo il marciapiede e confrontavano le loro esperienze di guerra. Smith era rimasto mutilato durante la seconda battaglia della Somme quando un proiettile di mitragliatrice gli aveva fatto a pezzi il polso. La ferita si era infettata e alla fine i chirurghi avevano dovuto amputargli la mano. “Brutto inconveniente – ho dovuto imparare a scrivere con la sinistra, se capisci cosa intendo. Comunque, poteva andare peggio – almeno ho avuto una scusa quando i miei di sono lamentati che non davo notizie.”
Il lavoro di Ernest consisteva soprattutto nel tradurre testi tedeschi per la Commissione. Mentre lavorava divenne sempre più convinto che, come aveva detto Smith, stessero facendo un grosso errore nel punire i tedeschi così duramente. Fino a quando fosse stato raggiunto effettivamente un accordo, i paesi erano ancora tecnicamente in guerra, ma sotto un Armistizio. Questo significava che, se i tedeschi non avessero accettato i termini della resa, la guerra poteva riprendere, ma con i tedeschi in una situazione indifendibile. Questo rendeva molto nervosi Ernest e i suoi colleghi. “Non possiamo veramente andare di nuovo in guerra, vero?” chiese a Smith.
“No, è solo un bluff. I francesi stanno giocando al gatto col topo con i tedeschi, per avere quanto vogliono.”
“Giocando? Stai scherzando!”
“No, purtroppo no. I francesi – e noi e, in misura minore, gli americani – vogliono la loro vendetta. Ma non preoccuparti, non ci sarà un'altra guerra. Ora hanno concordato con le nostre condizioni.”
“Sì, ma sembra che questo li manderà in una completa bancarotta. Conosco i tedeschi molto bene e temo che se andremo avanti con tutti questi risarcimenti di guerra, creeremo solamente un altro mostro.”
“Spero che tu abbia torto, Ernest. Questa non era la ‘guerra per terminare tutte le guerre’?”
Ernest gli lanciò un'occhiata torva. “Spero sia veramente così. Vedremo.”
La sua prima assistente, Jane, riuscì a farsi rimandare in Inghilterra e fu sostituita da una ex Wren piuttosto carina di nome Margaret. Era stata nelle Wren durante la guerra ed era rimasta a libro paga del governo dopo che il loro corpo era stato dismesso. Era stata assegnata alla Commissione per l'Armistizio perché parlava francese.
Smith gliela presentò e lui ne fu immediatamente impressionato. Aveva un'aria intelligente e comprensiva al contrario di Jane, che aveva passato la maggior parte del tempo a lamentarsi di essere intrappolata in città. Interrogò il suo amico su di lei. “É un bel tipo – in realtà non il mio genere, ma piuttosto carina. Ma dico, non ti starai mica innamorando?”
“Certo che no!” disse Ernest imbarazzato. “Ma in realtà non so nulla di lei.”
“Oh, è tutto molto semplice. Suo padre è un parroco da qualche parte sulla costa meridionale. Aveva un fratello, credo, ma è stato ucciso sulla Marna all'inizio della guerra. Si è unita alle Wren per dare una mano durante lo sforzo bellico – credo lavorasse come autista. Sembra abbia studiato da segretaria e a causa del suo lavoro con le Wren, aveva un buon grado di nulla osta nella sicurezza ed è stata assegnata alla Commissione per l'Armistizio quando è finita la guerra. Credo che sua madre sia mezza francese e per questo è stata un contatto utile qui.”
“Sai che ti dico: la mia ragazza è una sua buona amica. Perché non organizziamo una serata insieme?”
“Sì, perché no? Sarebbe divertente.”
Un paio di giorni dopo Smith lo invitò ad andare a un varietà alle Folies-Bergère: “un po' spinto, mi sa” disse Smith “donne nude, così sembra.”
Lo spettacolo fu, in effetti, audace rappresentando le “piccole donne nude” di Paul Derval che divenne il segno distintivo del varietà. Sebbene mostrassero tutto, fu piuttosto tranquillo – fondamentalmente quadri statici dove il sesso era del tutto soppresso. Fu audace ma poco solleticante. Ernest all'inizio fu imbarazzato per la sua accompagnatrice, ma Margaret sembrò essere di larghe vedute e lei e l'amica di Smith, Pauline, risero per alcuni degli effetti e parlarono in modo entusiastico degli elaborati costumi succinti.
Dopo lo show, Ernest accompagnò Margaret agli alloggi che lei e Pauline condividevano, lasciando Smith e la sua ragazza per conto loro. “Un po' scandaloso, no?” disse Ernest.
“Suppongo di sì. Ma era anche piuttosto coraggioso, no?”
“Non l'ha sconvolta, quindi?”
“No, certo che no. Ho pensato che le donne nude fossero piuttosto divertenti, no?”
“Sì, ora che me lo dice, lo erano” disse Ernest, poi scoppiò a ridere, “Che strana conversazione! ‘Divertenti’ – ‘Pruriginose’ sarebbe una parola migliore.”
“Ne è rimasto solleticato quindi?”