“Non so tutti i particolari” disse Underwood. “Tutto quello che so è che, quando sono arrivato quella mattina e sono andato in giro per il capannone come sempre, ho visto qualcosa di rosso lungo il bordo della porta dell'unità. Avevo capito immediatamente di cosa si trattava, ma ho cercato di convincermi che avevo torto. Invece, quando ho aperto il box, lei era lì, stesa sul pavimento, morta in una pozza di sangue.”
Parlava come se fosse seduto attorno ad un falò a raccontare una storia. Mackenzie lo trovava irritante, ma sapeva anche spesso erano proprio le persone con una tendenza al melodrammatico a rivelarsi buone fonti di informazione.
“Aveva mai trovato niente del genere prima d'ora?” volle sapere Ellington.
“No. Però... ho avuto circa una dozzina di depositi abbandonati. È scritto nel mio contratto che, se l'unità non viene aperta almeno una volta in tre mesi, chiamo l’affittuario per assicurarmi che sia ancora interessato a quello spazio. Se dopo sei mesi non vengo contattato, metto le unità all'asta, compresi gli effetti personali all’interno.”
Mackenzie sapeva che si trattava di una pratica comune, ma le sembrava al limite della legalità.
“A volte le cose che la gente lascia in questi magazzini sono... ecco, inquietanti” proseguì Underwood. “In tre delle unità abbandonate che mi sono capitate, c'erano giocattoli erotici di ogni tipo. Qualcun altro ci teneva quindici fucili, compresi due AK-47. Un’unità doveva essere di un tassidermista, perché dentro c'erano quattro animali impagliati... e non sto parlando di peluche.”
Underwood li accompagnò oltre una porta in fondo all’ingresso. Oltrepassando la soglia, si trovarono direttamente in un corridoio molto ampio. Il pavimento era di cemento e il soffitto si innalzava per sei metri sopra le loro teste. Adesso Mackenzie aveva la certezza che quel luogo fosse stato un capannone di qualche tipo. I magazzini erano divisi in gruppi di cinque, e ogni gruppo era interrotto da un corridoio che correva al lato dell'edificio in entrambi i sensi. Guardando lungo il corridoio centrale, sembravano esserci infinite unità. Adesso che si trovavano all’interno, Mackenzie realizzò che il capannone era enorme, lungo almeno un centinaio di metri.
“L'unità che volete vedere è da questa parte” disse Underwood. Camminarono per circa due minuti, mentre Underwood continuava a parlare degli strani oggetti che aveva trovato in alcune delle unità abbandonate, così come alcuni piccoli tesori, come giochi nuovi di zecca, fumetti rari, e una cassaforte chiusa che conteneva più di cinquemila dollari.
Finalmente si fermò davanti a un'unità contrassegnata come C-2. A quanto pareva, si era preparato in anticipo, perché tirò fuori dalla tasca una sola chiave, che subito inserì. Dopo aver sbloccato la serratura, alzò la porta avvolgibile, rivelando l’interno che puzzava di chiuso. Underwood azionò un interruttore a parete e la luce si accese rivelando una stanza per lo più vuota.
“Non si è presentato nessun familiare a reclamare le sue cose?” chiese Mackenzie.
“Ho ricevuto una chiamata da sua madre, quattro giorni fa” rispose l’uomo. “Prima o poi passerà, ma non ha fissato una data.”
Mackenzie si aggirò nel magazzino, alla ricerca di qualcosa di simile a quello che avevano visto in quello di Claire Locke, ma non trovò niente. Forse Elizabeth Newcomb non aveva lo stesso spirito combattivo di Claire, oppure le prove della sua lotta erano già state ripulite dalla polizia.
Mackenzie andò verso i pochi oggetti accatastati in fondo alla stanza. Per lo più si trattava di contenitori di plastica, etichettati con nastro adesivo e pennarello nero: Libri e riviste, Infanzia, Roba della mamma, Decorazioni natalizie, Vecchie stoviglie.
Anche il modo in cui erano impilati sembrava molto organizzato. C'erano alcune scatole di cartone piene di album fotografici e foto incorniciate. Mackenzie sfogliò alcuni degli album, ma non vide nulla che potesse essere d'aiuto. C’erano solo famigliari sorridenti, viste sulla spiaggia e un cane che, a quanto pareva, doveva esserle stato molto caro.
Ellington si avvicinò e osservò le scatole. Aveva le mani sui fianchi, segno che non sapeva bene cosa fare. Di tanto in tanto ancora si stupiva di quanto lo conoscesse bene.
“Credo che, se ci fosse qualche indizio, sia stato già trovato dalla polizia” disse Ellington. “Forse possiamo trovare qualcosa nei verbali.”
Mackenzie annuì, ma i suoi occhi erano caduti su qualcos'altro. Raggiunse l'angolo più lontano, dove tre dei contenitori di plastica erano stati impilati uno sopra l'altro. Incastrata nell’angolo, tanto nascosta che non l'aveva notata durante la sua ispezione iniziale, c’era una bambola. Era vecchia, con i capelli ingarbugliati e macchie di sporco sulle guance. Sembrava uscita da un film horror di serie B.
“Inquietante” commentò Ellington, seguendo lo sguardo di Mackenzie.
“E stranamente fuori posto” rispose lei.
Prese la bambola, facendo attenzione a non toccarla troppo, nel caso in cui potesse costituire una prova. Certo, a prima vista sembrava solo un oggetto casuale, forse gettato nel mucchio all'ultimo minuto, quasi come per un ripensamento.
Ma tutto il resto qui dentro è meticolosamente organizzato e catalogato. Questa bambola salta all’occhio. Anzi, sembra quasi che sia stata messa lì intenzionalmente.
“Credo che dovremmo metterla in una busta per la raccolta prove” disse. “Perché questo è l’unico oggetto a non essere dentro una scatola? Questo posto è davvero ordinato. Perché lasciare fuori solo la bambola?”
“Pensi che sia stato l'assassino a metterla lì?” chiese Ellington. Non aveva ancora finito di formulare quella domanda, che iniziò a considerarla estremamente plausibile.
“Non lo so” ammise lei. “Ma penso di voler andare a dare un'altra occhiata al magazzino di Claire Locke. E voglio anche vedere in quanto tempo riusciamo ad ottenere il dossier completo degli omicidi in Oregon a cui hai lavorato... ai vecchi tempi.” Pronunciò l’ultima parte ridendo, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di prenderlo in giro per il fatto che aveva sette anni più di lei.
Ellington si voltò verso Underwood, che era rimasto sulla porta, fingendo di non origliare. “Immagino che non abbia mai parlato con la signorina Newcomb al di fuori delle questioni legate all’affitto, vero?”
“Temo di no” disse Underwood. “Cerco di essere amichevole e ospitale con tutti, ma ce ne sono tantissimi, sa?” Poi vide la bambola che Mackenzie aveva ancora in mano e si accigliò. “Ve l’ho detto... ci sono un sacco di stranezze qui dentro.”
Mackenzie non ne dubitava. Ma quella bambola in particolare sembrava completamente fuori posto. E aveva intenzione di scoprire cosa significasse.
CAPITOLO NOVE
A causa dell'ora tarda, Quinn Tuck era comprensibilmente seccato quando Mackenzie l’aveva chiamato. Tuttavia, disse loro come entrare nel complesso e dove si trovavano le chiavi di riserva. Era quasi mezzanotte quando Mackenzie ed Ellington aprirono di nuovo il magazzino di Claire Locke. Mackenzie non poteva fare a meno di sentire che stavano girando in tondo – e quella sensazione non era particolarmente incoraggiante all'inizio del caso – ma pensava anche che fosse la mossa giusta.
Mackenzie entrò mentre ancora pensava alla bambola trovata nel magazzino di Elizabeth Newcomb. Forse era solo una suggestione causata dall'ora tarda, ma stavolta quel luogo le appariva più inquietante. Gli scatoloni impilati sul retro non erano perfetti come quelli dell'unità di Elizabeth Newcomb, ma erano comunque in ordine.
“È un po’ triste, vero?” commentò Ellington.
“A cosa ti riferisci?”
“A tutte queste cose... le cassette, gli scatoloni. È probabile che non li aprirà più nessuno a cui importi del loro contenuto.”
Era effettivamente un pensiero triste, che Mackenzie cercò di scacciare in un angolo della sua mente. Si avvicinò agli effetti personali di Claire, sentendosi quasi un’intrusa. Con l’aiuto di Ellington, aprirono ogni scatolone per verificare l'eventuale presenza di bambole o altre stranezze, ma non trovarono nulla. Poi Mackenzie si rese conto che si aspettava di trovare qualcosa di lampante, come quella bambola, ma forse c'era qualcosa di diverso, qualcosa di più piccolo...
O forse non c'è alcun collegamento, pensò.
“Ehi, guarda qui” disse Ellington.
Era in ginocchio vicino alla parete destra. Indicò nell'angolo, in un anfratto tra il muro e una pila di scatole di cartone. Anche Mackenzie si mise in ginocchio e vide quello a cui si riferiva Ellington.
Era una teiera in miniatura – non nel senso di una teiera piccola, ma più simile a una teiera da gioco, di quelle usate dalle bambine per fare finta di prendere il tè.
Mackenzie si chinò e la raccolse dal pavimento. Era piuttosto sorpresa di scoprire che non era fatta di plastica, bensì di ceramica. Sembrava una vera teiera, solo che non era più alta di quindici centimetri. Poteva stare benissimo nel palmo di una mano.
“Se vuoi il mio parere” disse Ellington “Non credo proprio che sia finita lì per caso, lasciata da qualcuno che si era stufato di mettere a posto.”
“E non è semplicemente caduta fuori da una scatola” aggiunse Mackenzie. “È di ceramica. Se fosse caduta fuori da una scatola, si sarebbe frantumata sul pavimento.”
“Allora, che diavolo significa?”
Mackenzie non aveva una risposta. Entrambi rimasero ad osservare la teiera, piuttosto graziosa, ma al tempo stesso sporca, esattamente come la bambola nel magazzino di Elizabeth Newcomb. Nonostante le dimensioni, Mackenzie aveva l’impressione che rappresentasse qualcosa di molto più grande.
***
Era l’una e cinque minuti quando finalmente fecero il check-in in un motel. Mackenzie era stanca, ma al tempo stesso rianimata dall’enigma offerto dalla bambola e dalla teiera. Una volta arrivata nella stanza, si cambiò rapidamente, indossando una maglietta e pantaloncini da ginnastica. Mentre Ellington si cambiava a sua volta, accese il portatile e aprì la casella di posta elettronica. McGrath aveva incaricato qualcuno di inviare loro ogni singolo file che avevano sugli omicidi di Salem, in Oregon, di otto anni prima.
“Cosa stai facendo?” chiese Ellington raggiungendola. “È tardi e domani sarà una lunga giornata.”
Ignorandolo, Mackenzie gli chiese: “Non c'era niente nei casi dell'Oregon che riconduca a tutto questo? Una bambola, una teiera... niente del genere?”
“Onestamente, non ricordo. Come ha detto McGrath, io ho avuto solo piccoli incarichi nelle indagini. Ho interrogato alcuni testimoni, ho riordinato rapporti e documenti, cose del genere. Se c'era qualcosa di simile, non è saltato all’occhio. Non sono pronto ad affermare che i casi siano collegati. Certo, sono terribilmente simili, ma non identici. Eppure... non farebbe male controllare in modo più approfondito. Magari potremmo parlare con il dipartimento di polizia di Salem per vedere se qualcuno più vicino al caso ricorda qualcosa del genere.”
Mackenzie si fidava della sua parola, ma non poté fare a meno di studiare diversi file prima di arrendersi al bisogno di dormire. Sentì la mano di Ellington sulla spalla e poi la sua voce nell’orecchio.
“Sono pigro se mi metto a dormire?”
“No. E io sono troppo ossessiva se non lo faccio?”
“No. Sei solo molto dedita al tuo lavoro.” La baciò sulla guancia, poi si buttò sull’unico letto della stanza.
Mackenzie era tentata di unirsi a lui – non per qualche attività extracurricolare, ma solo per godersi un po’ di sonno prima di una nuova, frenetica giornata di lavoro. Tuttavia, sentiva di dover trovare almeno qualche altro pezzo del puzzle, anche se probabilmente erano sepolti in un caso di otto anni prima.
Ad una prima occhiata, non c'era nulla di rilevante. Erano state uccise cinque persone, tutte ritrovate dentro a magazzini. In uno erano state trovate figurine di baseball per un valore di diecimila dollari, in un altro una macabra collezione di armi medievali. Sette persone erano state interrogate in merito alle morti, ma nessuna era mai stata condannata. La teoria condivisa da polizia ed FBI era che l'assassino rapisse le sue vittime per poi costringerle ad aprire i loro magazzini. Stando ai verbali originali, sembrava che l'assassino non avesse rubato nulla, anche se era ovviamente quasi impossibile esserne certi.
Da quello che Mackenzie poteva vedere, sulle scene del crimine non erano stati lasciati oggetti particolari. I dossier contenevano foto delle scene del crimine e delle cinque vittime. Tre dei magazzini erano piuttosto disordinati; evidentemente non erano usati da persone maniache dell’ordine come Elizabeth Newcomb.
Due delle fotografie erano sorprendentemente nitide. Una ritraeva il magazzino della seconda vittima, l'altra quello della quinta. Entrambi gli ambienti erano in uno stato che Mackenzie avrebbe definito un “caos organizzato”: c'erano pile di oggetti qua e là, ma erano stati messi insieme alla rinfusa.
Guardando la seconda scena del crimine, Mackenzie ispezionò la parete di fondo, ingrandendo il più possibile senza che l’immagine si sgranasse. Vicino al centro della stanza, in cima a tre scatole accatastate precariamente, le parve di notare qualcosa di interessante. Sembrava una brocca, di quelle dove mettere l’acqua o la limonata. Era poggiata su quello che sembrava un piatto. Nonostante non fossero gli unici oggetti a non essere chiusi in una scatola, la brocca e il piatto sembravano essere stati posizionati con cura al centro della stanza.
Mackenzie fissò lo schermo finché la vista cominciò ad offuscarsi per la stanchezza. Era probabilmente un tentativo alla cieca, ma non poteva ignorare il suo istinto. Così si mise a scrivere un’e-mail indirizzata a due agenti che sapeva avrebbero agito in modo rapido ed efficiente. Le venne in mente in quell’istante che lei ed Ellington non li avevano ancora invitati al loro matrimonio: si trattava degli agenti Yardley e Harrison.
Allegò i file che aveva ricevuto all'e-mail e scrisse un messaggio conciso: Uno di voi due potrebbe esaminare i dossier di questi casi e verificare se qualcuno abbia fatto un inventario di ciò che si trovava all'interno dei magazzini? Potreste chiedere ai proprietari dei complessi.
Sapendo che c'era ben poco da fare, Mackenzie finalmente si lasciò cadere sul letto. Era talmente esausta che si addormentò in meno di due minuti.
Anche se nella sua mente si affacciò l’inquietante immagine della bambola del magazzino di Elizabeth Newcomb, riuscì ad ignorarla e a dormire sonni tranquilli.
CAPITOLO DIECI
Mackenzie non fu affatto sorpresa di svegliarsi alle 6:30 e scoprire che l'agente Harrison aveva già risposto. Era praticamente un guru della ricerca e aveva rapidamente imparato a orientarsi tra file, cartelle e grandi quantità di dati. La sua e-mail conteneva due allegati e un messaggio che andava dritto al punto, com’era sua abitudine.
I due documenti che trovi allegati sono inventari stilati dall’FBI. Sono tutto ciò che abbiamo, perché le famiglie di due delle altre vittime hanno negato al Bureau il permesso di esaminare i loro effetti personali. Il quinto manca perché il proprietario della struttura ha messo all'asta il contenuto tre giorni dopo la morte. Sembra una bastardata, ma la vittima non aveva una famiglia che potesse ritirare i suoi effetti personali.