MARITI NEL MIRINO
(UN MISTERO DI RILEY PAIGE—LIBRO 13)
B L A K E P I E R C E
TRADUZIONE ITALIANA
A CURA
DI
IMMACOLATA SCIPLINI
Blake Pierce
Blake Pierce è l’autore della serie di successo dedicata ai misteri di RILEY PAGE, che comprende quattordici libri (e altri in fase di pubblicazione). Blake Pierce è anche autore della serie sui misteri di MACKENZIE WHITE, composta da nove libri, di quella sui misteri di AVERY BLACK, che include sei libri, della nuova serie dedicata ai misteri di KERI LOCKE, composta al momento da cinque libri, ed infine di quella che racconta GLI INIZI DI RILEY PAIGE, il cui primo volume si intitola LA PRIMA CACCIA.
Accanito lettore, da sempre appassionato di romanzi gialli e thriller, Blake apprezza i vostri commenti; pertanto siete invitati a visitare il sito www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto.
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LIBRI DI BLAKE PIERCE
GLI INIZI DI RILEY PAIGE
LA PRIMA CACCIA (Libro #1)
IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)
I MISTERI DI RILEY PAIGE
IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)
IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)
OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)
IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)
KILLER PER CASO (Libro #5)
CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)
MORTE AL COLLEGE (Libro #7)
UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)
UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)
IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)
LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)
VITTIME SUI BINARI (Libro #12)
MARITI NEL MIRINO (Libro #13)
IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)
I MISTERI DI MACKENZIE WHITE
PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)
UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)
PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)
PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)
PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)
PRIMA CHE SENTA (Libro #6)
PREMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)
PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)
PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)
I MISTERI DI AVERY BLACK
UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)
UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)
UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)
UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)
UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)
CAUSE TO DREAD (Libro #6)
I MISTERI DI KERI LOCKE
TRACCE DI MORTE (Libro #1)
TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)
TRACCE DI PECCATO (Libro #3)
TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)
TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)
INDICE
PROLOGO
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÉ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO TRENTADUE
CAPITOLO TRENTATRÉ
CAPITOLO TRENTAQUATTRO
CAPITOLO TRENTACINQUE
CAPITOLO TRENTASEI
CAPITOLO TRENTASETTE
PROLOGO
Morgan Farrell non aveva idea di dove si trovasse o da dove provenisse. Le sembrava di essere sbucata fuori da una nebbia fitta e spessa. E qualcosa, o qualcuno, era proprio lì di fronte a lei.
Fece qualche passo in avanti, aguzzando lo sguardo, e notò il volto di una donna che la guardava: sembrava persa e confusa, esattamente come si sentiva Morgan.
“Chi sei?” le chiese.
Quel volto ripeteva le parole che pronunciava all’unisono … infine Morgan comprese …
Il mio riflesso.
Stava guardando il suo volto in uno specchio.
Si diede della stupida; come aveva fatto a riconoscersi? Ma non era del tutto sorpresa.
Il mio riflesso.
Era ormai consapevole del fatto che il volto che aveva di fronte era il suo, riflesso da uno specchio, ma era come guardare un’estranea. Quello era il viso che aveva sempre avuto, il viso che in genere tutti giudicavano elegante e bello. Ma in quel momento le appariva fasullo.
Il volto allo specchio non sembrava neppure … vivo.
Per alcuni istanti, Morgan si domandò se fosse morta. Poi focalizzò la sua attenzione sul suo respiro, lievemente affaticato. Sentì il suo battito cardiaco accelerare leggermente.
No, non era morta. Ma sembrava essersi persa.
Provò a ragionare.
Dove sono?
Che cos’ho fatto prima di ritrovarmi qui?
Benché il fatto di non conoscere le risposte la facesse sentire strana, era un problema familiare. Non era la prima volta che si ritrovava da qualche parte dell’enorme casa senza sapere come ci fosse finita. Gli episodi di sonnambulismo erano causati dai vari tranquillanti che il medico le aveva prescritto, certamente sommati al troppo scotch.
Morgan sapeva soltanto una cosa: era meglio che Andrew non la vedesse in quello stato. Non era truccata, e i capelli erano un disastro. Sollevò una mano per sistemare una ciocca sulla fronte, e a quel punto vide qualcosa di sorprendente …
La mia mano.
E’ reale.
E’ coperta di sangue.
Vide la sua bocca, riflessa nello specchio, spalancarsi per lo shock.
Poi, sollevò l’altra mano e si accorse che anche quella grondava sangue.
Ebbe un istintivo moto di repulsione e si pulì le mani sui vestiti.
Quando si accorse di quello che aveva fatto, ne rimase ancora più sconvolta: si era appena ripulita dal sangue sulla sua costosissima vestaglia di seta.
Andrew si sarebbe infuriato, se lo avesse scoperto.
Ma come poteva fare per ripulirsi in un altro modo?
Si guardò intorno ed afferrò frettolosamente un asciugamano appeso accanto allo specchio. Mentre tentava di ripulirsi le mani, vide il monogramma …
AF
Era l’asciugamano di suo marito.
Si sforzò di focalizzare la sua attenzione sull’ambiente … i costosi asciugamani monogrammati …. le luccicanti pareti dorate.
Si trovava nel bagno del marito.
Morgan sospirò, disperata.
Già in passato, il suo girovagare notturno l’aveva condotta nella camera da letto del marito: sapeva che, se lo avesse svegliato, l’uomo avrebbe reagito male, perché si sarebbe sentito violato nella sua privacy.
Non solo era entrata nella camera del marito ma l’aveva attraversata entrando nel bagno annesso.
Rabbrividì. Le punizioni del marito erano sempre crudeli.
Che cosa mi farà stavolta? pensò.
Morgan scosse il capo, provando a scacciare la confusione. La testa le faceva molto male e aveva la nausea. Ovviamente, aveva preso troppi tranquillanti e, dopo, aveva bevuto molto …
In quel momento vide che, non solo, aveva sporcato di sangue uno dei preziosi asciugamani di Andrew, ma aveva anche lasciato le impronte su tutto il piano del bagno. C’era sangue persino sul pavimento in marmo.
Da dov’è venuto tutto questo sangue? si chiese.
Una strana idea si formò nella sua mente …
Ho tentato di uccidermi?
Non riusciva a ricordare di averlo fatto, ma era una possibilità da considerare. Aveva considerato l’idea di suicidarsi più di una volta, da quando era sposata con Andrew. E, se fosse davvero morta per propria mano, non sarebbe stata la prima a farlo in questa casa.
Mimi, la precedente moglie di Andrew, si era suicidata.
Ed anche il di lui figlio, Kirk, soltanto lo scorso novembre.
Quasi sorrise con amara ironia …
Ho appena tentato di continuare la tradizione di famiglia?
Indietreggiò, per guardarsi meglio.
Tutto questo sangue …
Non vide alcuna ferita.
Perciò, da dove veniva il sangue?
Voltandosi, notò che la porta che conduceva alla camera da letto di Andrew era spalancata.
Lui è dentro? si chiese.
Era rimasto addormentato per tutto il tempo, qualsiasi cosa fosse accaduta?
Quella possibilità la lasciò sollevata. Se dormiva così profondamente, forse sarebbe riuscita a sgattaiolare via senza che si accorgesse della sua presenza lì.
Poi, soffocò un gemito, realizzando che non sarebbe stato affatto facile. C’era ancora tutto quel sangue da gestire.
Se Andrew fosse entrato in bagno ed avesse scoperto quella scena orribile, non avrebbe che potuto incolparla, in quale modo.
Andava sempre a finire così.
Il panico in lei aumentò; tentò di ripulire il piano con l’asciugamano. Ma si accorse che non serviva ad alcunché. Non stava facendo altro che spargere sangue ovunque. Avrebbe dovuto usare l’acqua per ripulire tutto.
Fece per aprire il rubinetto ma si fermò in tempo: il suono dell’acqua avrebbe senz’altro svegliato Andrew. Pensò che, forse, avrebbe potuto chiudere la porta del bagno con molta delicatezza e, solo a quel punto, far scorrere l’acqua più silenziosamente possibile.
Attraversò in punta di piedi l’enorme bagno, raggiungendo la porta. A quel punto, infilò con molta circospezione la testa nella camera da letto.
Quello che vide la fece sobbalzare.
Le luci erano soffuse, ma non c’era alcun dubbio: Andrew era disteso a letto, ricoperto di sangue. Anche le lenzuola ne erano impregnate. Vide delle macchie anche sulla moquette.
Morgan si avvicinò precipitosamente al letto.
Gli occhi del marito erano spalancati, cristallizzati in un’agghiacciante espressione di terrore.
E’ morto, comprese. Non era lei ad essere morta, bensì Andrew.
Si era suicidato?
No, questo era impossibile. Andrew non provava altro che disprezzo per coloro che si toglievano la vita, inclusi sua moglie e suo figlio.
“Le persone serie non lo facevano” aveva spesso detto.
Ed Andrew si era sempre vantato di essere una persona seria, chiedendo spesso a Morgan …
“Sei una persona seria?”
Guardando con maggiore attenzione, vide che il corpo di Andrew presentava diverse ferite aperte su tutto il corpo. E, nascosto tra le lenzuola impregnate di sangue, sotto il corpo vide un grosso coltello da cucina.
Chi può averlo fatto? Morgan si chiese.
Poi, una calma strana ed euforica si impadronì di lei, quando comprese …
Finalmente l’ho fatto.
L’ho ucciso.
L’aveva fatto nei suoi sogni molte volte.
E, finalmente, aveva messo davvero in atto quell'idea.
Sorrise e disse ad alta voce, rivolgendosi al cadavere…
“Chi è una persona seria adesso?”
Ma rimase consapevole di non potersi crogiolare in quella sensazione calda e piacevole. Un omicidio restava un omicidio, e sapeva di doverne affrontare le conseguenze.
Non aveva paura e non si sentiva in colpa; provava un profondo senso di appagamento.
Era stato un uomo orribile. Ed era morto. Qualunque cosa potesse succedere, ne era davvero valsa la pena.
Prese il telefono accanto al letto con la mano appiccicosa e fece per digitare il 911 ma poi pensò …
No.
C’è qualcun altro che deve saperlo prima.
Si trattava di una donna gentile, che si era mostrata preoccupata per il suo benessere un po’ di tempo fa.
Prima di ogni altra cosa, doveva telefonare a quella donna e raccontarle che non avrebbe più dovuto preoccuparsi di Morgan.
Finalmente tutto andava bene.
CAPITOLO UNO
Riley notò che Jilly aveva un sonno agitato. La quattordicenne era seduta nel sedile adiacente a lei, la testa appoggiata alla spalla di Riley. Il loro aereo era partito ormai tre ore, e ce ne sarebbero volute altre due, prima di atterrare a Phoenix.
Sta sognando? Riley si domandò, augurandosi che, nel caso, fossero bei sogni.
Jilly aveva avuto delle tremende esperienze durante la sua breve vita, e aveva ancora molti incubi. La sua ansia era aumentata, quando i servizi sociali di Phoenix avevano scritto una lettera, informando dell’intenzione del padre di Jilly di riaverne la custodia. Ora erano in volo dirette a Phoenix, per un’udienza che avrebbe risolto la questione una volta per tutte.
Anche Riley era preoccupata. Che cosa sarebbe successo alla ragazzina se il giudice non le avesse permesso di restare con Riley?
L’assistente sociale l’aveva rassicurata, escludendo un epilogo del genere.
Ma se si fosse sbagliata? Riley si chiese.
Jilly prese ad agitarsi ancora di più. Iniziò a lamentarsi leggermente.
Riley la scosse gentilmente e disse: “Svegliati, tesoro. Stai avendo un incubo.”
Jilly si svegliò di soprassalto, lo sguardo fisso davanti a sé per un istante. Poi, scoppiò in lacrime.
Riley mise un braccio intorno a Jilly, e prese un fazzoletto nella sua borsa.
Chiese: “Che cosa c’è? Che cosa stai sognando?”
Jilly singhiozzò silenziosamente per alcuni momenti. Poi disse: “Non è niente. Non preoccuparti.”
Riley sospirò. Sapeva che Jilly custodiva dei segreti di cui non le piaceva parlare.
Accarezzò i capelli scuri della ragazza e disse: “Puoi dirmi tutto, Jilly. Lo sai.”
Jilly si asciugò le lacrime e si soffiò il naso.
Infine, disse: “Ho sognato una cosa che è accaduta per davvero. Alcuni anni fa. Mio padre era davvero ubriaco, e mi accusava di tutto, come sempre …del fatto che mia madre se ne fosse andata e della sua incapacità a mantenere un lavoro. Di tutto. Mi disse di volermi fuori dalla sua vita. Mi prese per un braccio e mi trascinò fino ad un armadio, per poi buttarmi dentro e chiudere la porta e …”
Jilly divenne silenziosa e chiuse gli occhi.
“Ti prego, continua” Riley la incitò.
Jilly si scosse un po’ e poi proseguì: “All’inizio, avevo paura di urlare, perché pensavo che mi avrebbe trascinata fuori e mi avrebbe picchiata. Mi ha soltanto lasciata lì, come se mi avesse completamente dimenticata. E poi …”
Jilly soffocò un singhiozzo.
“Non so quante ore siano passate, ma tutto è diventato davvero tranquillo. Pensavo che fosse svenuto o andato a letto. Ho aspettato per un tempo infinito, e tutto è rimasto così tranquillo. Infine, ho supposto che avesse lasciato la casa. Lo faceva qualche volta. Andava via per giorni, e non sapevo quando sarebbe tornato, o se lo avrebbe fatto.”
Riley rabbrividì, provando ad immaginare l’orrore della povera ragazza.
Jilly continuò: “Infine, ho cominciato a gridare e a colpire la porta, ma, naturalmente, nessuno poteva sentirmi, e non potevo uscire. Sono rimasta da sola in quell’armadio per … neppure adesso so per quanto tempo. Diversi giorni, probabilmente. Non avevo nulla da mangiare, e certamente non potevo dormire, ed avevo fame e paura. Ho dovuto persino andare al bagno lì dentro e ho dovuto pulire, dopo. Ho iniziato a vedere e sentire cose strane al buio, immagino che fossero allucinazioni. Credo di aver quasi perso la testa.”
Poco da meravigliarsi, Riley pensò con orrore.
Jilly riprese: “Quando ho sentito di nuovo dei rumori nella casa, ho pensato che forse stavo sentendo delle cose. Ho gridato, e papà è venuto all’armadio e l’ha aperto. In quel momento era sobrio, e sembrava sorpreso di vedermi. “Come sei finita qui dentro?” ha chiesto. Si comportò come se fosse stato dispiaciuto, per avermi messa in quella situazione, e mi trattò BENE per un po’ dopo.”