Salirono sul portico e Kate bussò alla porta. Riusciva a udire il brusio della musica venire da dentro, qualcosa di potente ma a basso volume. Udì anche dei passi pesanti avvicinarsi alla porta. Quando questa molti secondi dopo si aprì, fu accolta da un uomo dall’aria giovane vestito con una canotta e un paio di pantaloncini cachi. Una barbetta di giornata gli incorniciava il viso. Aveva l’intero braccio sinistro coperto da tatuaggi e piercing su entrambe le orecchie.
All’inizio sorrise alla vista delle due donne sul suo portico, ma poi la realtà dei fatti parve venirgli alla mente. Non erano solo due donne – erano due donne vestite in maniera professionale con sguardi severi in viso.
«Chi siete?» chiese.
DeMarco mostrò il distintivo, avvicinandosi di un passo alla porta. «Agenti DeMarco e Wise» disse. «Speravamo di fare due parole con Jeremy Branch.»
Il giovane parve legittimamente confuso e leggermente spaventato. Retrocesse dalla porta di un passettino, facendo passare lo sguardo da una all’altra con cautela. «Sono… be’, sono io. Ma cosa volete da me?»
«Presumiamo che lei ormai abbia sentito la notizia su una ragazza di Deton» disse Kate. «Una ragazza di nome Mercy Fuller.»
Lo sguardo sul suo volto disse a Kate tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Senza dire una parola, Jeremy non fece che confermare di conoscere Mercy. Annuì e poi guardò indietro all’interno della roulotte, forse in cerca di assistenza da parte del fratello maggiore.
«Può confermarmelo?» chiese Kate.
«Sì, ho sentito. È scomparsa. I suoi genitori sono stati uccisi, giusto?»
«Giusto. Signor Branch, possiamo per favore entrare e parlare un attimo?»
«Be’, questa non è casa mia. È di mio fratello. E non so se lui…»
«Non so se lei sa come funziona la cosa» disse Kate. «Vorremmo entrare a fare una chiacchierata. Possiamo farla qui oppure, sulla base di quello che abbiamo sentito su di lei, possiamo farla alla stazione di polizia di Deton. Scelta sua.»
«Oh» disse. Il ragazzino sembrava del tutto all’angolo, come un animale braccato in cerca di una via d’uscita. «Be’, allora immagino di poter…»
Poi si interruppe sbattendo la porta in faccia alle due. Dopo il fragore e un rapido scatto all’indietro dovuto all’azione inaspettata, Kate udì dei passi veloci nella casa.
«Sta scappando» disse Kate.
Ma prima che potesse riaprire la porta, DeMarco stava già saltando giù dal portico in direzione del retro della roulotte. Kate estrasse l’arma da fianco, aprì la porta con una spinta ed entrò.
Udì solo qualche altro passo dal fondo della roulotte e poi il rumore di un’altra porta che si apriva. Una porta sul retro, pensò Kate. Speriamo che DeMarco gli tagli la strada.
Kate attraversò di corsa la casa, scoprendo che le sue previsioni erano esatte. C’era un leggerissimo aroma di erba mischiato all’odore della birra versata. Attraversando di corsa la cucina entrò in un corridoio che portava sul retro verso due camere da letto. Lì, alla fine del corridoio, una porta ancora oscillava nella cornice dopo che qualcuno l’aveva attraversata di corsa. Scattò verso la porta e la aprì, pronta da attaccare se necessario. Ma aveva visto la paura negli occhi di Jeremy. Lui non avrebbe attaccato per niente; aveva tutte le intenzioni di fuggire. E se fosse riuscito ad arrivare al bosco che distava non più di quattro metri e mezzo dalla porta sul retro, poteva tranquillamente riuscirci.
Lo vide, che sfrecciava verso gli alberi, ma poi vide anche DeMarco. Lo stava avvicinando dal fianco sinistro della casa. Non si preoccupava di estrarre la pistola né di urlare a Jeremy di fermarsi. Kate era sconcertata da quanto veloce fosse la sua partner, a fiondarsi dietro a Jeremy a una velocità che vinceva facilmente l’adolescente.
Lo raggiunse proprio quando Jeremy ebbe raggiunto la prima riga di alberi che conduceva nella foresta. DeMarco si allungò, lo afferrò per una spalla e lo fece voltare verso il suo viso. Così facendo, Jeremy finì col girare come una trottola, eseguendo una completa giravolta di trecentosessanta gradi prima di perdere l’equilibrio e cadere a terra.
Kate si precipitò giù per una traballante serie di gradini e raggiunse DeMarco, aiutandola ad ammanettare Jeremy Branch.
«Quando scappi» disse Kate «ci viene da pensare che hai qualcosa da nascondere. E hai anche reso la nostra scelta più facile. Con te ci parliamo in stazione.»
Jeremy Branch a questo non ebbe nulla da dire. Ansimava pesantemente mentre DeMarco lo trascinava in piedi con le mani ammanettate dietro la schiena. Sembrava sbalordito e fuori di sé mentre lo portavano alla macchina. E quando tornò a guardare nervosamente la roulotte, Kate fu piuttosto sicura che avrebbe trovato delle prove abbastanza sospette da mettere in un bel po’ di guai Jeremy e il fratello, anche senza contare la scomparsa di Mercy Fuller.
***
La perquisizione dell’interno della casa non richiese molto tempo. Mentre DeMarco rimaneva fuori, Kate rovistò nella casa e nel giro di quindici minuti aveva trovato elementi più che sufficienti a mettere i fratelli Branch in un mare di guai.
Erano stati trovati venti grammi di cocaina in una delle camere da letto, insieme a una mezza dozzina di pillole di ecstasy. In un’altra camera c’erano numerosi sacchetti di plastica di erba, un’altra dozzina di pillole di ecstasy e qualche contenitore di antidolorifici che richiedevano la ricetta. Il vero colpo di scena era giunto quando Kate aveva trovato un piccolo blocco degli appunti nero sotto al letto della seconda camera. Sembrava essere una specie di registro dei conti, dove era segnato chi doveva del denaro e per cosa.
Capì pure che la prima stanza che aveva perlustrato era quella di Jeremy Branch. Lo sapeva per la foto piuttosto provocane che stava sul comodino e che ritraeva lui stesso e Mercy Fuller, che era per lo più nuda. Però non riuscì a trovare diari, laptop, nulla che potesse fornire indizi del suo coinvolgimento nella scomparsa della ragazza o nella morte dei suoi genitori.
Una cosa di valore però la trovò. Qualcosa che rispondeva ad almeno una domanda. Nel piccolo bagno appena fuori dalla camera di Jeremy, Kate trovò un nuovo dentifricio da viaggio, un deodorante da donna e un nuovo spazzolino di dimensioni ridotte. Apparentemente Mercy aveva comprato quelle cose per tenerle lì, nel tentativo di coprire qualsiasi traccia di essere stata con un ragazzo prima di andare a casa.
Tornò fuori, guadando l’alta erba fino alla macchina. «Tutta la roba da viaggio si trova nel bagno di Jeremy. Apparentemente Mercy teneva tutto qui.»
«Be’… carino, diciamo?»
«O un po’ ossessivo» suggerì Kate mettendosi dietro al volante. «Ah, adesso conosciamo una delle ragioni per cui è scappato.»
Dal retro parlò Jeremy, la voce terrorizzata e inanellata di paura. «Tutta quella roba è di mio fratello.»
«E ne teneva un po’ in camera tua, eh?»
«Sì, la vende e… e…»
«Risparmia il fiato per la stazione» disse Kate. «A dire la verità, la droga è solo secondaria adesso.»
«Non avevo niente a che vedere con Mercy o con i suoi genitori» disse. «Lo giuro.»
«Spero di no» disse Kate partendo con l’auto. «Però immagino che si vedrà.»
CAPITOLO CINQUE
Stavolta, quando entrarono nella stazione di polizia di Deton, l’ampia scrivania di fronte agli uffici era occupata da una donna che sembrava essere stata piantata lì e non essersene mai andata. Viaggiava tranquillamente sui sessanta, e quando alzò lo sguardo su Kate, DeMarco e Jeremy Branch offrì un sorriso provato più volte. Quando si accorse che stava succedendo qualcosa, però, il sorriso svanì e tornò subito a farsi professionale.
«Siete le agenti?» chiese.
«Sì, signora» disse DeMarco. «Dove possiamo parcheggiare il signor Branch?»
«Nella sala interrogatori, per il momento. Chiamo al telefono lo sceriffo e gli dico che siete qui. Seguitemi.»
La donna più anziana le condusse lungo gli uffici, giù per lo stesso corridoio per il quale prima le aveva accompagnate Barnes. Aprì la porta della seconda stanza sulla destra. Sembrava proprio la stessa in cui avevano conosciuto l’agente Foster quella stessa giornata. C’era una vecchia scrivania segnata con una sedia parcheggiata su ciascun lato.
«Siediti» disse DeMarco dando a Jeremy una piccola spinta in direzione del tavolo.
Jeremy fece quello che gli era stato chiesto, senza opporre alcuna resistenza. Quando ebbe messo il sedere sul sedile, incrociò le mani ammanettate di fronte a sé e le fissò.
«Che relazione c’era fra te e Mercy Fuller?» chiese Kate.
«La conoscevo appena.»
«Ho visto una foto in camera tua che dice altrimenti.»
«Cosa direbbe se le dicessi che era così… be’, così amichevole con la maggior parte dei ragazzi?»
«Direi che si tratta di un’accusa piuttosto ardita da fare a qualcuno. Soprattutto in una cittadina come questa, a una ragazza che ha appena perso entrambi i genitori.»
Jeremy sospirò e scrollò le spalle. La sua noncuranza stava indispettendo Kate, ma fece del suo meglio per rimanere professionale.
«Ve l’ho detto… non so niente di quella famiglia.»
«Menti» disse Kate. «E sentimi bene. Puoi continuare a mentire, ma questa è una città piccola, ragazzino. Posso smascherare la tua bugia facilmente. E se scopro che mi menti, allora cominceremo a indagare sulla droga. Magari troviamo alcune delle persone che il tuo poco brillante fratellone ha elencato nel blocco nero sotto al letto. Magari diciamo loro che sei stato tu a dirci dove trovare il blocco.»
Gli occhi di Jeremy si spalancarono al pensiero, e cominciò ad agitarsi sulla sedia. Kate si chiese anche se quella del fratello maggiore potesse essere una carta da giocarsi. Si chiese quale dei due sarebbe crollato sotto pressione per primo.
Però, apparentemente, non le sarebbe stato necessario seguire quella strada. Praticamente poté vedere il momento in cui Jeremy Branch decise che la sua autoconservazione era la cosa più importante.
«Okay, la conosco. Però non uscivamo insieme né niente del genere. Andavamo a letto insieme ogni tanto.»
«Quindi era una relazione sessuale?»
«Sì. Ed era più o meno tutto.»
«Non ti importava che avesse quindici anni?»
«Un po’ sì. Pensavo di rompere quando avrei compiuto diciotto anni. In modo da non finire nei guai, sapete.»
«Quand’è stata l’ultima volta che l’hai vista?» chiese DeMarco.
«Forse più o meno una settimana fa.»
«Veniva a casa tua?»
«Sì. Avevamo questa specie di sistema. Quando voleva passare mi mandava un messaggio e io la andavo a prendere sulla Waterlick Road. Lei diceva ai suoi che stava andando a casa di un’amica e io la andavo a prendere e tornavamo a casa mia.»
«Per quanto tempo è durata?» chiese Kate.
«Quattro o cinque mesi. Però, senta, lo so che sembra osceno o quel che è, ma davvero non la conosco bene. Era solo sesso. Tutto qua. Sono stato il primo per lei… e lei era tipo curiosa, sapete? Non era una fanatica del sesso né niente del genere, però ci siamo visti molto.»
«Pensavo che avessi detto che era amichevole con la maggior parte dei ragazzi» disse DeMarco.
La sua sola risposta a quella apparente bugia in un tentativo di salvare la faccia fu una scrollata di spalle.
«E i suoi genitori?» chiese Kate. «Che cosa puoi dirmi di loro?»
«Niente. Sapevo chi era suo padre, sapete? Cioè, è una città piccola. Praticamente si conoscono tutti. In più lei scherzava sempre sul fatto che se suo padre avesse scoperto che stavamo sco… facendo sesso» disse, apparentemente non trovando appropriato lasciarsi sfuggire altra terminologia di fronte a due agenti donne «quello mi avrebbe ucciso.»
«E tu le credevi?»
«Non lo so. Ma immagino di sì. Non si vuole mai davvero pensare che il padre della ragazza con cui si va a letto lo scopra. Non sapevo che cosa pensare dei suoi. Cioè, lei li odiava. Tipo che li detestava, sapete?»
«Sul serio?»
«Sulla base del modo in cui ne parlava, sì, penso di sì. Se posso…»
Si fermò lì, e parve pensare a qualcosa per un minuto. Poi guardò Kate e DeMarco come se stesse cercando di comprendere quali fossero i suoi confini.
«Che c’è?» chiese Kate.
«Sentite. Sì, è un casino che siamo andati a letto insieme tipo venti volte e non la conosca tanto bene. Però ho sempre pensato che fosse un po’ strano sentirla parlare dei genitori così.»
«Così come?»
Prima che potesse rispondere, bussarono alla porta. Lo sceriffo Barnes la aprì e fece capolino con la testa. Ci fu un rapido scambio di sguardi tra Barnes e Jeremy, e a Kate venne da pensare che probabilmente non era la prima volta che Jeremy trascorreva del tempo in quella stanza.
«Jeremy Branch?» chiese. «Che cavolo ci fa lui qui?»
«Vuoi dirglielo tu o dovremmo farlo noi?» chiese DeMarco. Diede a Jeremy qualche secondo, e quando lui non cominciò a parlare mise lei al corrente Barnes. «Andava a letto con Mercy Fuller… fino alla settimana scorsa. Ci stava proprio dicendo che trovava strano che Mercy parlasse così negativamente dei suoi genitori. Che li odiava.»
«Andavi a letto con lei?» chiese Barnes. «Diavolo, figliolo… quanti anni hai?»
«Diciassette. Non ne compio diciotto fino al mese prossimo.»
«Va’ avanti» disse Kate reindirizzandolo al punto. «Dicci che cosa diceva Mercy sui suoi genitori.»
«Solo che non le lasciavamo mai fare niente. Che non si fidavano di lei. Penso che ce l’avesse molto con sua madre perché so che ci sono state almeno due o tre volte in cui ha detto una cosa tipo “voglio solo uccidere quella stronza”. Odiava sua madre.»
«Ha mai parlato del rapporto che c’era tra i suoi?» chiese Kate.
«No. Raramente parlava di loro. Si sfogava un po’, si incazzava, e poi di solito era a quel punto che facevamo sesso. Non… non so. Non avevo mai pensato che l’avrebbe fatto davvero.»
«Fatto cosa?» chiese Barnes.
Jeremy allora alzò lo sguardo su di loro come se non avessero capito nulla del nocciolo del discorso. «Siete seri? Sentite… come ho detto. Sembra innocente, a parte che è una specie di ninfomane, ma se state cercando l’assassino dei suoi genitori… trovate lei. Vi garantisco che Mercy ha ucciso i suoi e poi se l’è squagliata dalla città.»
CAPITOLO SEI
Finora nessuno aveva davvero occupato il lato opposto della scrivania; Kate, DeMarco e Barnes erano ancora tutti in piedi. Ma quando Jeremy fece un’affermazione così ardita, lo sceriffo Barnes andò lentamente alla sedia e si sedette direttamente davanti all’adolescente. C’era un misto di tristezza e furia nei suoi occhi quando puntò un dito accusatorio in faccia a Jeremy.
«Sono lo sceriffo di questa città da sedici anni. Conosco Wendy e Alvin Fuller piuttosto bene. E, a quanto ne so, Mercy Fuller era un’onesta giovane donna. Sicuramente non un pezzo di merda combina guai come te. Quindi, se hai intenzione di startene seduto qui a fare accuse del genere, ti suggerisco di avere una storia buonissima a corroborarle.»
Jeremy annuì, adesso chiaramente molto spaventato. «Ce l’ho.»
Barnes incrociò le braccia, si appoggiò allo schienale della sedia e sogghignò a Jeremy. Cominciando a parlare, Jeremy non staccò mai gli occhi di dosso da Barnes. Se Kate avesse dovuto tirare a indovinare, probabilmente il ragazzo temeva che Barnes potesse lanciarsi attraverso il tavolo per strangolarlo da un momento all’altro.
«Ce la spassavamo da circa tre o quattro settimane la prima volta che ha detto di voler scappare di casa. Mi ha chiesto se sarei andato con lei. Ha detto che voleva andare da qualche parte nella Carolina del Nord o una cosa così. Io l’ho presa in giro, perché non vedevo la ragione di trasferirsi a un solo stato di distanza, no? In più quand’era così non mi piaceva. Mio fratello scherzando diceva che le ragazze si ossessionano col primo ragazzo con cui vanno a letto. Immagino che si sia ossessionata. Comunque, impossibile che scappassi con lei. Ma il modo in cui ne parlava… si capiva bene che ci pensava sul serio.»