Se fosse fuggita - Блейк Пирс 2 стр.


«Ah, diavolo. L’ho lasciato silenzioso dopo che sono andata dal dentista. Scusami.»

«No, scusami tu. Odio chiederti questo favore all’ultimo minuto quando chiaramente hai dei programmi. Però… non so che altro fare. Scusa se ti sembra che mi stia approfittando di te, ma tu sei… sei tutto quello che ho, mamma. Però ultimamente pare che tu stia andando avanti. Tu adesso hai Allen e quella specie di lavoro con il bureau. Mi pare che tu ti stia dimenticando di me… che io e Michelle siamo più una seccatura che altro.»

A Kate si spezzò il cuore a sentire quelle parole. Si sistemò Michelle in grembo, le teneva le manine e la faceva saltellare.

«Non mi sono dimenticata di voi» disse Kate. «In effetti forse sto cercando di riscoprire me stessa. Attraverso il lavoro, attraverso Allen… attraverso te e Michelle. Non siete mai state una seccatura.»

«Mi dispiace. Non sarei dovuta venire dopo che non avevi risposto al telefono. Possiamo fare un’altra volta, magari tra qualche giorno… che ne dici?»

«No» disse Kate. «Stasera. Prendetevi stasera.»

«Ma il tuo appuntamento…»

«Allen capirà. Si è affezionato parecchio a Michelle, sai.»

«Mamma… sei sicura?»

«Sicurissima.»

Si sporse e avvolse Melissa in un abbraccio. Michelle le si dimenò in grembo, sollevando la mano libera per afferrare i capelli della nonna. «Anch’io ho avuto paura quando Michelle era in ospedale» disse mentre si abbracciavano. «Forse Terry non ha mai superato la cosa. Dagli l’opportunità di spiegarsi. E se te ne fa passare delle belle, ricordagli che tua madre ha una pistola.»

Melissa rise mentre si lasciavano. Anche Michelle rise, battendo le mani grassocce.

«Di’ ad Allen che mi dispiace» disse Melissa.

«Sì. E se stasera le cose si fanno strane, fammelo sapere. Sei sempre la benvenuta qui se ti serve una pausa.»

Melissa annuì e baciò Michelle sul capo. «Fa’ la brava con la nonna, ok?»

Michelle a questo non aveva risposte da dare, dato che al momento stava schiaffeggiando uno dei bottoni della camicia di Kate. Kate guardò Melissa andarsene e vide chiaramente quanto fosse combattuta. Le venne da chiedersi se le cose a casa non fossero peggiori di quanto desse a intendere.

Chiusa la porta, Kate abbassò lo sguardo su Michelle e le rivolse un sorriso. Michelle glielo restituì felicemente cercando di prenderle il naso.

«La mamma è contenta a casa?» chiese Kate. «La mamma e il papà se la cavano bene?»

Michelle le afferrò il naso e strinse, come ricordandole i suoi doveri. Kate fece un sorrisone e cacciò fuori la lingua, capendo che forse badare a Michelle poteva già essere un appuntamento di suo.

***

Quando quindici minuti dopo Kate aprì la porta ad Allen, lui parve sia felice che confuso. Aveva gli occhi lucenti e brillanti, come sempre quando vedevano Kate. Poi vide la bimba di dieci mesi tra le sue braccia, e gli occhi gli si strinsero in confusione. Sorrise lo stesso, perché Kate meno di mezz’ora prima aveva detto la verità a Melissa; Allen adorava Michelle quasi quanto la adorava Kate.

«Penso che sia un po’ giovane per fare da terzo incomodo» disse Allen.

«Lo so. Senti, Allen, mi dispiace. Ma c’è stato un cambio di programma… nell’ultima mezz’ora. Melissa e Terry stanno passando un momento difficile. Terry è molto distante e strano. Devono lavorare su delle cose…»

Allen fece spallucce con noncuranza. «Sono sempre invitato a entrare?»

«Certo.»

Le baciò entrambe – Kate sulle labbra e poi Michelle sulla fronte – prima di entrare. A Kate si scaldò il cuore tutto in una volta nei suoi confronti. Innanzitutto, era bello come sempre. Si era vestito bene per l’uscita, ma non troppo bene. Riusciva sempre a vestirsi in modo da sembrare adatto sia a un cocktail party su un patio sulla spiaggia che a un ristorante chic del centro.

«Pensi che sistemeranno tutto?» chiese Allen.

«Penso di sì. Penso che lo spavento preso quando Michelle era in ospedale abbia scosso Terry più di quanto si sia accorto. Lo sta patendo solo adesso, e credo che la cosa forse stia minando il matrimonio.”

«È dura» disse Allen. Aprì le mani verso Michelle e lei si allungò istantaneamente verso di lui. Mentre lui la coccolava e lei gli dava schiaffetti alla guancia, Allen guardò Kate con quella che non era proprio preoccupazione, ma un qualcosa di simile.

«Non aveva neanche chiamato?» chiese.

«Ci ha provato e… diamine. Mi sono dimenticata di nuovo di mettere la suoneria. Ero dal dentista per un controllo.»

Prese il telefono dalla borsa e riaccese la suoneria. Vide d’un colpo che un’ora e venti minuti prima Melissa aveva davvero cercato di chiamarla.

«Be’, sai, il nostro appuntamento può essere qui» disse lui. «Possiamo ordinare una cena tailandese e guardare un film. E la parte finale può essere uguale.»

Kate annuì e sorrise, ma la sua attenzione era ancora sul telefono. Aveva anche un’altra chiamata persa. E il numero che aveva provato a chiamare due volte, l’ultima volta aveva lasciato un messaggio.

Era una telefonata da Washington DC – dal direttore Duran.

«Kate?»

Sbatté le palpebre e distolse lo sguardo dal telefono. Odiava la sensazione di essere stata beccata a fare qualcosa di male.

«Tutto bene?»

«Sì. Solo… solo che ha chiamato anche il lavoro. Circa tre ore fa.»

«Richiama, allora» disse Allen. Stava fingendo di ballare con Michelle, e anche se aveva un volto felice Kate percepiva dell’irritazione in agguato. Però sapeva anche che non avrebbe fatto che insistere ulteriormente perché chiamasse, se si fosse rifiutata di farlo.

«Un secondo» disse andando in cucina e richiamando Duran.

Il telefono squillò solo due volte prima che rispondessero. Pure in qualcosa di così semplice come un «pronto», Duran sembrava arrabbiato.

«Kate, eccoti. Dov’eri finita?»

«Avevo il telefono silenzioso. Scusa. Tutto bene?»

«Be’, l’ultima volta che non hai risposto ho dato un po’ i numeri.»

«Per cosa?»

«C’è un caso nell’Illinois – due omicidi che sembrano legati, ma non c’è collegamento forte. Ha lasciato sconcertata la polizia del posto, e la succursale fuori Chicago ha evidenziato che a te la zona era familiare… il caso Fielding che hai risolto nel 2002. Hanno detto che sono felici di metterci degli agenti loro, ma chiedevano se ti piacerebbe accettarlo. Sono piuttosto entusiasti all’idea di riaverti lì.»

«Quando?»

«Vorrei che salissi su un aereo stasera. Perché siate lì, tu e DeMarco, belle fresche domattina presto.»

«Quali sono i dettagli?»

«Ti posso mandare quello che ho, ma c’è dell’altro in arrivo. Rapporti della polizia, della scientifica, tutto quanto. Posso contare su di te?»

Kate guardò Allen, che ancora ballava con Michelle. Gli dava dei colpetti al naso e alla bocca mentre lui le cantava un pezzo di Bob Dylan. Se avesse accettato il caso, avrebbe dovuto richiamare Melissa per dirle che non poteva tenere Michelle. Non quella sera. E avrebbe anche dovuto cancellare i programmi fatti con Allen.

«Che succede se non posso?» chiese a Duran.

«Allora lo passo alla succursale di Chicago. Ma penso proprio che voi siate la coppia perfetta. Tutto quello che dovete fare è trovare delle piste e cominciare. Dopo possono proseguire gli agenti del posto.»

«Ci posso pensare?»

«Kate, devo saperlo adesso. Devo far sapere che succede alla polizia del posto e alla succursale.»

Col cuore, lo sapeva cosa voleva fare. Voleva accettarlo. Disperatamente, voleva accettarlo. E se ciò faceva di lei un’egoista, be’… e allora? C’era un’enorme differenza tra mettere al primo posto la famiglia e negarsi le opportunità e l’occasione di vivere la propria vita. Sapeva che se avesse rifiutato quell’occasione solo perché all’ultimo minuto si era offerta di badare a Michelle per Melissa, sarebbe stata indispettita verso entrambe. Le doleva ammetterlo, ma eccola la onesta e brutale verità.

«Ok, sì, contami. Ci sono già i dettagli del volo?»

«Se ne sta occupando DeMarco» disse Duran. «Ti contatterà presto.»

Kate chiuse la telefonata, gli occhi che si spostavano ancora su Allen e Michelle. Lo sguardo provato sul volto di Allen le diceva che aveva sentito la conversazione.

«Quando parti?» chiese.

«Non lo so. Dell’itinerario si occupa DeMarco. Stasera, a una qualche ora. Allen… mi dispiace.»

Lui non disse nulla, e distolse lo sguardo sedendosi sul divano con Michelle. «È così e basta» disse alla fine. «E non sentirti troppo male… mi si prospetta ancora una bella seratina, qui.»

«Non fare lo sciocco, Allen. Chiamo Melissa e le spiego le cose.»

«No. Se hanno bisogno di un po’ di respiro, lasciaglielo. Come forse sai, sono assolutamente capace di badare a questa piccolina.»

«Allen, non posso proprio chiedertelo!»

«E mai lo faresti. È per questo che mi offro volontario.»

Kate andò al divano a sederglisi accanto. Gli posò la testa sulla spalla. «Lo sai quanto sei incredibile?»

Lui scrollò le spalle. «Tu lo sai?»

«Che vuoi dire?» chiese percependo del risentimento nel tono.

«Voglio dire a proposito di questa cosa con te e il lavoro. Doveva essere una volta ogni tanto, giusto? E sinceramente, a essere onesti, così è. Ma quando c’è, c’è. Vogliono che molli tutto per correre, quando ti chiamano.»

«Fa parte del lavoro, però.»

«Di un lavoro da cui sei andata in pensione due anni fa. Ti manca davvero così tanto?»

«Allen… non è giusto.»

«Forse no. Non fingerò di sapere che richiamo abbia su di te quel lavoro. Però mi trovo a bordocampo come Melissa e Michelle. Ci sono dei limiti a quello che posso sopportare.»

«Se ti senti così, questo lavoro non lo accetto. Richiamo Duran e…»

«No. Devi accettarlo. Non voglio che te la prendi con me o con tua figlia se te lo lasci scappare. Quindi, va’. Accettalo. Ma da persona che si sta rapidamente innamorando sempre di più di te, dovrei dirti che avrai delle belle discussioni da fare, quando torni. Con me, con tua figlia, e forse persino con te stessa.»

La prima reazione di Kate fu di rabbia e risentimento. Però forse aveva ragione lui. Dopotutto, non aveva capito che la sua decisione era sul confine dell’egoismo, poco prima? Fra tre settimane avrebbe compiuto cinquantasei anni. Forse era davvero ora di segnare dei confini, per quanto riguardava il lavoro. E se ciò significava che il suo piccolo accordo con Duran e il bureau dovevano giungere a un termine, che così fosse.

«Allen… devi essere sincero. Se il fatto che lo accetti porterà della tensione tra di noi…»

«No. Stavolta no. Ma non so in futuro per quanto potrò andare avanti così.»

Aprì la bocca per rispondere ma le squillò il telefono, interrompendola. Controllò il display e vide che era Jo DeMarco, la giovane che le faceva da partner da un anno in quel piccolo esperimento in corso tra lei e l’FBI.

«È DeMarco» disse. «Devo avere i dettagli del viaggio.»

«Va bene» disse lui. «Non devi farti dare il mio permesso.»

Quello che Kate non disse, anche se lo sentiva in fondo al cuore, era: E allora perché mi sembra di sì?

Era una domanda che non aveva voglia di affrontare in quel momento. E, come aveva fatto negli ultimi mesi quando le si presentavano domande come quella, rivolse la sua attenzione al lavoro. Con una punta di senso di colpa, rispose alla telefonata.

«Ehi, DeMarco. Dimmi tutto.»

CAPITOLO DUE

Kate e DeMarco erano riuscite tutte e due a dormire un po’ sul volo notturno da Washington a Chicago. Ma nel caso di Kate era stato un sonnellino come minimo molto intermittente. Quando si svegliò durante l’atterraggio a Chicago alle 6:15, non si sentiva molto riposata. I pensieri le andarono istantaneamente a Melissa, Michelle e Allen. Il senso di colpa la colpì come un mattone quando guardò Chicago apparire nella tenue luce dell’alba attraverso il finestrino dell’aereo.

Trascorse quel primo momento a Chicago odiandosi. Andò meglio quando lei e DeMarco attraversarono l’aeroporto per andare allo sportello del noleggio auto.

Ora, mentre guidavano nella piccola cittadina di Frankfield, Illinois, il senso di colpa c’era ancora ma più come un fantasma nella testa, con catene sbattute e assi del pavimento scricchiolanti.

DeMarco era al volante, a sorseggiare la bevanda di Starbucks che aveva preso all’aeroporto internazionale O’Hare. Guardò Kate, che guardava fuori dal finestrino, e le diede una gomitata.

«Ok, Wise» disse DeMarco. «C’è un elefante bello grosso nella stanza, e puzza. Che succede? Sembri infelice.»

«Siamo già a livello profondità?»

«Non ci siamo sempre state?»

Kate si raddrizzò e sospirò. «Stavo facendo da babysitter a Michelle quando mi sono accorta della chiamata persa di Duran. Me la sono dovuta filare. Peggio, l’ho lasciata con Allen perché Melissa e suo marito stanno passando un brutto momento. Questa faccenda mi divora.»

«Sono contenta che tu sia qui con me» disse DeMarco. «Ma avresti anche potuto dirgli di no. Non sei sotto stretto contratto, no?»

«No. Ma dire di no non è semplice come penseresti. Forse ci sono troppo dentro. È così che sto trovando il mio scopo, penso.»

«Fare la nonna non basta come scopo?» chiese DeMarco.

«Oh, sì. Però… non so.»

Lì la voce le morì, e DeMarco le concesse il suo silenzio… per un attimo. «Dunque, il caso» disse DeMarco. «Pare chiarissimo, giusto? Hai letto i fascicoli?»

«Sì. E sembra proprio bello chiaro. Ma senza piste né indizi e nemmeno la più piccola indicazione da parte di forze dell’ordine del posto, sarà una sfida.»

«Allora… l’ultima vittima era una donna di cinquantaquattro anni. A casa da sola due pomeriggi fa. Nessun segno di ingresso forzato. Trovata dal marito quando è tornato dal lavoro. Pare che sia stato un brutto strangolamento che le ha penetrato in profondità il collo.»

«E questa potrebbe essere la pistola fumante della situazione» disse Kate. «Che diavolo usi per uno strangolamento che riesca anche a segare il collo della vittima?»

«Filo spinato?»

«Ci sarebbe stato più sangue» commentò Kate. «La scena sarebbe stata assolutamente raccapricciante.»

«E i rapporti dicono che era piuttosto pulita.»

«Questo spiega perché la polizia del posto sta avendo tanti problemi. Ma ci deve essere un inizio, no?»

«Be’, scopriamolo» disse DeMarco rallentando a passo d’uomo e facendo un cenno col capo avanti a destra. «Siamo arrivate.»

***

C’era un solo poliziotto in loro attesa quando risalirono il vialetto a U. Sedeva nell’auto di pattuglia sorseggiando una tazza di caffè. Rivolse un cenno educato a Kate e DeMarco quando si avvicinarono all’auto. Portava l’uniforme, e il distintivo a forma di stella indicava che era lo sceriffo. Se avesse dovuto tirare a indovinare, Kate avrebbe detto che non avrebbe mantenuto quella posizione ancora per tanto. Era tranquillamente vicino ai sessant’anni; lo dimostrava soprattutto nelle sopracciglia e nella lucentezza quasi completamente grigia dei capelli.

«Agenti Wise e DeMarco» disse Kate mostrandogli il distintivo.

«Sceriffo Bannerman» disse il poliziotto anziano. «Contento che ce l’abbiate fatta. Questo caso ci lascia stupefatti.»

«Le va di accompagnarci dentro e darci i dettagli?» chiese Kate.

«Ma certo.»

Bannerman le condusse su per le ampie scale del portico decorato al minimo. L’interno era ugualmente minimalista, e faceva sembrare la casa già enorme ancora più grande. La porta principale si apriva su un ingresso piastrellato che cedeva poi il passo a un ampio corridoio e a una rampa di scale ricurve che andavano al primo piano. Bannerman le accompagnò giù per il corridoio a destra. Entrarono in uno spazioso salottino, con la parete in fondo occupata da una gigantesca libreria incassata nel muro. Il salotto conteneva un unico ed elegante divano e un pianoforte.

Назад Дальше