Erano diventate amiche molto rapidamente. Era molto, dato che Kate era sempre stata brava a tracciare la spessa linea vigente tra partner e amico. Ma in DeMarco c’era qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri partner che aveva avuto. C’era più di una promettente carriera e del carisma di una che non molla mai. Era una donna a tutto tondo che a volte ricordava a Kate fin troppo la se stessa più giovane. E rimanere in contatto con lei era stato uno dei fondamenti più cruciali della vita di Kate nelle ultime sei settimane.
Sorridendo, recuperò il numero di DeMarco e chiamò. Non la sorprese troppo udire la segreteria dopo quattro squilli. Non si curò di lasciare un messaggio; probabilmente stava lavorando a un caso e, anche se le mancava, non voleva interferire col suo lavoro.
Posò il telefono e si recò in cucina. Lei e Allen avevano in programma di uscire per cena, quindi non avrebbe dovuto cucinare. Si appoggiò contro al bancone e scrutò dalla finestra il giardino sul retro.
Così doveva essere la pensione vera e propria, immaginava. Sì, ne aveva fatto un po’ di esperienza un anno e mezzo prima, ma quella se l’era aspettata. Si era tenuta occupata con piccoli hobby e l’occasionale viaggio al poligono di tiro. Stavolta però si sentiva annoiata e fuori posto. Forse perché sapeva che Duran avrebbe potuto chiamare in qualsiasi momento per farla tornare nel flusso di cose.
O forse, pensava, si trattava di una sorta di presagio – dell’universo o di Dio o di qualcosa di simile che le diceva che a breve questa sarebbe stata la sua vita. Quindi meglio allacciare la cintura per la partenza e abituarcisi.
***
Per la cena avevano scelto il tailandese, cosa che a Kate stava bene dato che si trattava di una delle cucine da lei preferite degli ultimi anni. Era lo stesso ristorante in cui si recavano almeno due volte al mese. Mentre si accomodavano, Kate sentì la familiarità del posto e si chiese se anche quello non fosse un altro aspetto della pensione (oppure, nel caso suo, della pensione parziale): che i ristoranti e i negozi del posto si facessero tutti troppo familiari, incastrati in un loop di cui pareva non esistere uno scopo vero e proprio.
La monotonia del ristorante veniva infranta dalla conversazione, però. Allen sarebbe andato in pensione dal lavoro di advertising executive fra tre mesi. Tra due giorni sarebbe partito per Chicago per star via circa una settimana e probabilmente quello sarebbe stato l’ultimo viaggio. L’azienda stava chiudendo un enorme accordo e Allen negli ultimi giorni era stato proprio contento.
«Dicono che posso portare qualcuno» disse Allen tuffandosi sulla cena. “Tutto spesato. Perciò, se vuoi trascorrere qualche giorno a Chicago con me…»
«Sarebbe fantastico» disse Kate.
«Ho notato che sei un po’… non so… distante. Non in senso negativo. Sembri annoiata. Ferma…»
«Descrizione accurata» disse Kate. «Pensavo di nasconderlo meglio, però.»
«No, per niente» disse Allen con un sorriso. «Dunque, se vieni con me lavorerò molto. Conto che da sola starai bene, che ti godrai i panorami e che farai un po’ di shopping nella città ventosa.»
«Sì, penso che sarò in grado di cavarmela da sola.»
Il flusso della conversazione tra i due era naturale. Era passato quasi un anno da quando avevano cominciato a frequentarsi e quasi cinque mesi da quando le cose si erano fatte serie. Non avevano parlato di matrimonio e avevano appena toccato l’argomento convivenza effettiva – e a Kate stava bene così. Un’enorme parte del suo cuore era ancora riservata al suo defunto marito, Michael. Ogni volta che cercava di immaginare di vivere il resto della sua vita con Allen, salivano alla superficie ricordi di Michael e non sapeva se era pronta.
«Hai parlato con Melissa ultimamente?»
«Ieri. Mi ha chiamata per dirmi che Michelle quasi cammina. Non ancora, però manca poco…»
«Spaventoso» disse Allen. «Quando cominciano a camminare…»
«Oh, lo so. Melissa divenne un incubo assoluto quando fu in grado di spostarsi da sola. Ricordo una volta in cui…»
Le squillò il telefono nella borsetta, interrompendola. Fece per prenderlo, presumendo che si trattasse di Melissa, come invocata da loro. Ripensandoci, lo ignorò. Avrebbe lasciato un messaggio e Kate l’avrebbe richiamata.
Proseguirono con la cena, abbandonandosi ai ricordi dei due viaggi recenti che avevano fatto. Kate si era accorta di come la guardava Allen ultimamente. C’era della profondità lì, la sensazione che Allen la stesse quasi studiando. Un pensiero presuntuoso, però si chiedeva se non avesse in testa il matrimonio. Alla loro età trascorrere così tanto tempo insieme non significava necessariamente che il matrimonio fosse imminente, ma ogni giorno che passava doveva pur contare qualcosa. Non aveva idea di come avrebbe reagito se lui avesse varcato quella linea, ma era comunque bello pensarci.
La cena terminò, venne portato il conto e Allen lo raccolse rapidamente. Sapeva che lei non aveva alcun problema finanziario; anzi, quando era andata in pensione la prima volta si era messa alla ricerca di un piano pensionistico che le permettesse di trascorrere il resto della vita in non pochi agi. Ma Allen adorava farla sentire al sicuro quando poteva, come se fossero davvero una coppietta. E per lui ciò significava che doveva pagare l’uomo.
«Ti raggiungo tra un attimo» disse Kate mentre lui si alzava con il conto in mano. «Penso che abbia chiamato Melissa mentre cenavamo. Vorrei richiamarla.»
«Salutamela» disse Allen dirigendosi alla cassa.
Kate pescò il telefono dalla borsetta e vide che la chiamata persa non era di Melissa. Era di Duran.
L’agitazione e il senso di colpa la lacerarono. Sapeva che Duran avrebbe chiamato solamente – e a quell’ora per giunta – per un’unica ragione. E se la pancia aveva ragione (e di solito ce l’aveva), probabilmente poteva pure dimenticarsi del viaggio a Chicago con Allen.
Non ha senso pensarci, pensò.
Richiamò subito, sapendo che Duran non era tipo da stare tanto al telefono. Squillò una sola volta.
«Kate, come stai?»
«Bene.» Sapeva che se usava il suo nome proprio voleva dire che aveva fretta – che non si sarebbe preoccupato delle formalità.
«Se ti interessa, ho un caso per te. Non dovrebbe essere un lavoraccio, niente di straordinario.»
«Be’, ovvio che lo voglio. Che dettagli hai?»
«È nel Delaware. Finora due omicidi molto probabilmente collegati. Mi serviresti lì domani. Per quanto riguarda le specifiche, lascio che ti informi l’agente in capo.»
«Chi è?»
«DeMarco» disse Duran. Pareva avesse un po’ troppa gioia nella voce nel rivelarlo. Persino lui vedeva la collaborazione fiorente che le due erano riuscite a costruire. «Finora ha gestito le cose a meraviglia, ma la cosa sta cominciando a incepparsi e ha bisogno di una mano. Ovviamente lei non lo ammetterà mai.»
«Lo sa che sto arrivando?»
«La chiamo per farglielo sapere quando chiudiamo qui. Ti spiace guidare? Il bureau ti rimborserà la benzina.»
«Ottimo.» E anche se la cosa era davvero ottima, non poté evitare di pensare ad Allen e a Chicago.
«Fantastico. Chiamo DeMarco e le dico di avvisarmi quando arrivi. Grazie, Wise.»
Riagganciò lasciando Kate seduta al tavolino a scandagliare le proprie emozioni. Quando si mise in piedi, scorse Allen in sua attesa alla porta. Aveva un sorrisetto in faccia mentre lei lo raggiungeva.
«Non era Melissa, eh?»
«Come hai fatto a capirlo?»
«Sei molto rilassata quando parli con lei. La conversazione che hai appena fatto… ti ha illuminato il volto. Sedevi drittissima, concentratissima. Era Duran, vero?»
«Sì.»
Annuì aprendole la porta. Quando furono di nuovo nella strada inondata dal bagliore dei lampioni, le prese la mano. «Presumo che il viaggio a Chicago sia saltato, eh?»
«Mi è stata proposta un’opportunità» disse. «Ho pensato che potevamo parlarne stasera.»
«Un caso?»
«Sì.»
«Quando partiresti?»
«Domattina presto.»
«Allora non c’è nulla di cui parlare» disse. «Kate, ci siamo già passati. Lo so quanto significa questo lavoro per te. Quindi va’. Diavolo, io comunque devo lavorare. Sarebbe stato bello averti lì con me, certo, ma ci saremmo visti appena.»
«Allen, posso…»
«Va tutto bene. Sai… diverse settimane fa ti ho dato un ultimatum. Penso ancora quello che ho detto all’epoca, però… credo che non ci sia problema. Penso che dobbiamo tenerlo a mente per quando finalmente darò addio al mondo del lavoro.»
«Tre mesi» disse lei con un sorriso.
«Lo so. Difficile a credersi.»
Il tailandese si trovava a solo un miglio e mezzo da casa di Kate e avevano scelto di andare a piedi – cosa che cercavano di fare almeno due volte a settimana. Era una bella serata e cominciava a fare un po’ di freddo a mano a mano che scendeva la notte.
«Allora se parto verso le quattro e mezza del mattino non ti arrabbierai?» chiese qualche momento dopo.
«No. Voglio che ti godi il lavoro finché ce la facciamo entrambi. Non mi arrabbierò tanto. Però prima di andare dammi un bacio.»
Kate si sporse verso di lui, chiedendosi come avesse fatto a trovare un uomo tollerante e comprensivo come Allen. E, con ciò, si chiese anche fin quando avrebbe sopportato il suo strano lavoro.
«Se continui con questa comprensione» gli disse «avrai molto più di un bacio.»
Rise, le cinse la vita e proseguirono nella notte.
CAPITOLO DUE
Erano secoli che non guidava nelle prime ore del mattino. Si ritrovò fuori dal labirinto di uscite e carreggiate di Washington DC per le quattro e cinquanta, in direzione nordest verso il Delaware. Aveva controllato la mail la sera precedente e non aveva trovato nulla da parte di Duran. Ma poco dopo il suono della sveglia, aveva ricontrollato e aveva scoperto, senza troppa sorpresa, che Duran le aveva inviato una location specifica insieme a copie elettroniche dei dossier del caso poco dopo mezzanotte.
Il posto in cui si erano svolti gli omicidi si chiamava Estes, una cittadina costruita attorno al lago Fallows. Graziata dalla luce del sole lungo la strada, le venne da pensare alla vacanza al mare fatta con Allen; avevano trascorso una mattinata, presto, in spiaggia, mangiando bagel e fragole guardando l’alba. Anche se una cittadina sulla sponda di un lago non aveva molto a che spartire con una vacanza sulla spiaggia, immaginava che possedesse comunque un po’ dello stesso fascino… soprattutto nel limbo stagionale delle settimane tra le ultime vere giornate estive e i primi giorni freddi d’autunno.
Il ricordo la scaldò ma la fece anche sentire in colpa. Allen era sembrato quasi troppo comprensivo su quel caso improvviso. Le veniva da chiedersi se di lì a tre mesi avrebbe insistito con l’ultimatum, dopo essere andato in pensione. Ne avrebbe avuto il diritto, immaginava Kate. E ciò significava che aveva delle cose importanti a cui pensare.
Per il momento c’era il caso. E se l’ultimo le aveva insegnato qualcosa, era che avrebbe dovuto assolutamente separare la vita personale da quella professionale. Sotto alcuni aspetti, adesso era ancora più difficile rispetto a quando era sposata con una bambina piuttosto difficile con l’abitudine di crescere in fretta per le mani.
Entrò nella città di Estes alle sette e quaranta del mattino, venti minuti prima dell’appuntamento con DeMarco sull’ultima scena del crimine. Pur trovandosi a circa un miglio dal lago, Estes era costruita in modo da farti sentire proprio sulla riva. Diavolo, la zona aveva caratteristiche che davano l’idea che dietro l’angolo invece di un lago ci fosse l’oceano. Le case erano tutte costiere in apparenza e lungo la via principale c’erano molti negozietti di souvenir che parevano arrivare dritti dalle spiagge del Delaware situate ottanta miglia a est. Dato che era presto, fece un salto a un baretto e ordinò un caffè dalla tostatura scura prima di recarsi sulla scena.
Quando arrivò, con cinque minuti di anticipo, trovò già lì DeMarco. Aveva parcheggiato nel vialetto pavimentato, sorseggiava il suo caffè appoggiata contro a quella che chiaramente era un’auto del bureau. Sorrise e la salutò con la mano mentre questa le parcheggiava accanto.
«Ehi» disse Kate smontando dalla macchina. «Scusa se ti ho rovinato la festa.»
«Sarò sincera» disse DeMarco. «Sono stata contenta quando Duran mi ha chiamata per dirmi che mi stava mandando te.»
«Il caso ti sta un po’ sfuggendo di mano?»
«No, non proprio. Ma è il mio primo caso in solitaria e finora non salta fuori niente.» Alzò lo sguardo sul cielo e sorrise. «Lo so che è un semplice lago, ma ti sei mai accorta che persino il cielo sembra diverso vicino all’acqua?»
«No, non me n’ero accorta» disse Kate guardando su. Capì che DeMarco stava semplicemente cercando di sorvolare sul fatto che, in sostanza, Duran aveva chiamato Kate perché lei non era stata capace di mandare avanti il caso da sola. Si chiese per quanto ancora DeMarco sarebbe riuscita a evitare di dirlo a voce alta.
«Duran ti ha mandato i dossier?» chiese avviandosi verso la casa. Si trattava dell’imitazione di una casa al mare a due piani, un’altra delle abitazioni che sarebbero state perfette lungo la costa del Delaware. C’era un cartello VENDESI sul fondo del giardino, adornato dal viso sorridente di una bella donna. Il nome – Tamara Bateman – e il numero erano indicati sotto al suo profilo luminoso.
«Sì, però ho pensato che sentirlo direttamente da te mi avrebbe fatto risparmiare tempo ed evitare un mal di testa.»
«Pare abbastanza semplice» disse DeMarco. «Due omicidi a Estes a una settimana l’uno dall’altro. L’ultima vittima è quella bella signora che c’è lì.» Fece un cenno col capo all’indietro, verso il cartello.
«Quando è stata uccisa?»
«Due giorni fa. Io sono stata chiamata ieri, sono arrivata un po’ tardi per i miei gusti. Ho parlato con quelli dell’agenzia immobiliare, ma non sono stati molto utili. Alcuni erano sinceramente addolorati. Altri troppo spaventati per parlare con un’agente dell’FBI per paura di eventuali ripercussioni sulle vendite. Però mi hanno dato la chiave.»
DeMarco pescò la chiave dalla tasca mentre salivano i gradini del portico. Aprì il portone ed entrarono. Kate scoprì che la casa era stata completamente svuotata – non c’era neanche un mobile. Si sentiva anche odore di pittura fresca e di una specie di lucido per pavimenti.
«E lei è stata la seconda?» chiese chiudendosi la porta alle spalle.
«Sì. Anche la prima era un’agente immobiliare, in una casa proprio come questa. La prima vittima però è stata uccisa in una casa più nuova. Di due anni circa, credo. La casa in cui ci troviamo adesso deve averne una quindicina.»
«Qualcosa di interessante riguardo alla vita personale delle vittime?»
«Ancora no. Ho fatto dei controlli dell’ambiente e ho avuto l’aiuto del dipartimento di polizia locale quando ho cercato precedenti di arresto. Non c’è nulla… solo qualche multa per eccesso di velocità e un’unica condanna per guida in stato di ebrezza. Nemmeno le famiglie sono d’aiuto. Ci è stato detto che erano donne eccezionali, che non avrebbero fatto del male a una mosca. Cose così.»
Kate si guardò intorno. Sul pavimento, appena oltre l’ingresso, c’erano macchie di sangue. Un’alta rampa di scale partiva appena oltre l’entrata. C’erano strisciate di sangue rappreso sugli scalini di legno massiccio e una serie correva persino giù per il ciano della parete tra le scale e il soffitto. Le scale erano del tipo completamente visibile fino al primo piano, con un solo corrimano spesso a spezzare lo spazio tra gli scalini e l’aria aperta.